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LENIN E LA COSTRUZIONE DEL PARTITO RIVOLUZIONARIO (1895-1912)


aprile 2000

 

1. La nascita del movimento operaio nella Russia di fine Ottocento

Alla fine del XIX secolo la Russia è ancora un enorme paese contadino. Nelle città vive poco più di un decimo della popolazione, mentre gli operai sono circa tre milioni su una popolazione complessiva di 129. I salari sono bassi, le condizioni di lavoro primitive, l'orario insopportabilmente lungo varia a piacimento dei padroni. I primi circoli operai, organizzati dai populisti, rappresentano più che l'embrione di un partito gruppi semicospirativi con un'ideologia confusa a cavallo tra anarchia e populismo che vede nell'operaio solo un contadino inurbato. A partire dal 1880 cominciano nelle principali città a sorgere circoli che si richiamano al marxismo e si dedicano ad una prima educazione dei lavoratori alla politica. Vengono organizzati gruppi di lettura delle opere di Marx e si inizia a propagandare i primi rudimenti di una teoria sindacale. A questo fenomeno non è estranea la nascita nell'emigrazione del gruppo dell'Emancipazione del Lavoro attorno a Georgij Plechanov, fondatore del marxismo russo. Nel 1883 questo gruppo elabora un progetto di programma per un partito socialdemocratico, ma i tempi non sono ancora maturi. In Russia la nuova corrente non ha che pochi seguaci. Per più di un decennio il gruppo dell'Emancipazione del lavoro resterà di fatto tagliato fuori dai fermenti di classe che vanno maturando in patria. La socialdemocrazia, scriverà Lenin, esiste senza movimento operaio. Nonostante questo isolamento il gigantesco lavoro teorico svolto da Plechanov, Aksel'rod e Vera Zasulic in stretto contatto con il vecchio Engels radica poco a poco il marxismo nelle nuove generazioni intellettuali. Declinata l'ondata terroristica, fallito il tentativo dei populisti di organizzare le masse contadine, la classe operaia inizia ad apparire come la protagonista di una nuova fase rivoluzionaria che si sta aprendo, conseguenza diretta dello sviluppo stesso del modo di produzione capitalistico. Gli anni Ottanta sono per la Russia un periodo di forte sviluppo economico, grazie ai massicci capitali affluiti dall'estero e all'intervento dello Stato che vuole modernizzare il paese. Movimento sociale e teoria marxista si intersecano nei loro processi di sviluppo, il risveglio alla lotta delle masse operaie crea le condizioni perchè la socialdemocrazia inizi a trasformarsi da ristretto movimento di intellettuali in partito politico. Sono anni intensi di lotte operaie e studentesche, di scontri sanguinosi con la polizia, di dure sconfitte e di feroci repressioni. Ma sono anni di crescita. Lenin definirà questa fase come "il periodo dell'infanzia e dell'adolescenza" (1) del movimento proletario. La maggior parte dei dirigenti sono giovanissimi e privi di esperienza. Quasi tutti vengono dal movimento studentesco e hanno a lungo simpatizzato per il movimento terrorista. Come sempre accade la rottura con il passato è traumatica. La nuova generazione rivoluzionaria è costretta a rompere con uomini, i vecchi dirigenti populisti, che hanno alle spalle una tradizione eroica di dedizione alla causa del popolo. Eppure quella del terrorismo appare ormai una via senza sbocco che va abbandonata. La necessità di rompere con il passato per dare nuova vita al movimento rivoluzionario costringe questa generazione di militanti, di cui Lenin rappresenta il principale esponente, "a istruirsi, a leggere delle opere illegali di ogni tendenza, a occuparsi delle questioni del populismo legale" (2) In altre parole, a passare dalla propaganda armata e dal sogno dell'atto eroico e risolutivo, al terreno tutto politico del paziente e quotidiano lavoro di organizzazione della nascente classe operaia. Lenin è il più deciso tra coloro che si battono perchè questo passaggio decisivo si compia. Nel 1895 a Pietroburgo fonda l'Unione di lotta per l'emancipazione della classe operaia, la prima organizzazione marxista realmente radicata all'interno delle fabbriche. Pur decimata dagli arresti, tra cui quello dello stesso Lenin, l'Unione svolge una parte decisiva nella grande ondata di scioperi dei tessili di Pietroburgo che coinvolge per quasi un anno oltre trentamila operai. Ma è sul piano teorico che il giovane Lenin offre il suo più importante contributo alla battaglia per il radicamento del marxismo nel movimento di classe russo. Con "Lo sviluppo del capitalismo in Russia" , redatto nell'esilio siberiano, egli riempie di "carne e sangue" l'ultradecennale attività teorica di Plechanov, dimostrando sulla base di un'impressionante mole di dati statistici la ormai raggiunta maturità capitalistica della Russia e demolendo così radicalmente le fantasie populiste di una "via russa", contadina e patriarcale, al socialismo.

2. La fondazione del Partito Operaio Socialdemocratico Russo (1898)

Le lotte economiche dei proletari russi indicano che i tempi sono ormai maturi per la politica. Nel marzo 1898 a Minsk nasce il Partito Operaio Socialdemocratico Russo (POSDR). Al congresso partecipano nove delegati di sei organizzazioni locali e tre del Bund, l'organizzazione socialdemocratica ebraica. Il congresso si pronuncia per il diritto all'autodeterminazione di tutti i popoli dell'impero, elegge un comitato centrale di tre membri e adotta un "Manifesto" redatto dal futuro marxista legale P.B. Struve. Nel manifesto si afferma per la prima volta che, a causa dell'arretratezza della borghesia, spetta al proletariato il compito di realizzare la democratizzazione della società: "Il proletariato russo può conquistare la libertà politica a lui necessaria soltanto da se medesimo. Quanto più si procede verso l'Europa orientale, tanto più debole, vile ed abbietta diviene dal punto di vista politico la borghesia, e a sua volta tanto maggiori compiti culturali e politici finiscono col ricadere sul proletariato. Sulle proprie forti spalle la classe operaia russa deve assumersi e si assumerà la causa della conquista della libertà". (3) Come si vede, si tratta di enunciazioni ancora molto generiche. Nulla si dice sulla conquista del potere politico da parte del proletariato, ne sul tipo di società da costruire una volta rovesciata l'autocrazia. Gli stessi partecipanti al congresso sono figure di secondo piano. I vecchi (Plechanov, Axelrod e la Zazulic) sono esiliati in Occidente, mentre i giovani emergenti, come Lenin e Martov, sono al confino in Siberia. In poche settimane la polizia smantella l'organizzazione e arresta l'intero comitato centrale, ma non può impedire che nelle sue risoluzioni e nel "Manifesto" il congresso abbia proclamato la costituzione del partito di classe del proletariato russo. E' proprio in questo atto formale, destinato a dare uno straordinario impulso alla propaganda rivoluzionaria, che risiede l'importanza storica del primo congresso del POSDR. Il proletariato russo ha finalmente raggiunto la maggiore età!

3. La lotta contro l'economismo

Nonostante le dimensioni di massa assunte dal movimento operaio, i gruppi socialdemocratici sono ancora prevalentemente composti da studenti e si caratterizzano per un accentuato primitivismo politico che solo a fatica verrà superato. Nel Che fare?, scritto nel 1902 in preparazione del secondo congresso del POSDR, Lenin tira un bilancio critico di questa fase decisiva del passaggio dai gruppi di propaganda al partito. Egli critica l'improvvisazione, la mancanza di prospettiva, l'incapacità di andare oltre i fini immediati del movimento, l'assolutizzazione degli obiettivi economici e rivendicativi. In una parola, l'assenza di "un piano sistematico per una lotta lunga ed accanita precedentemente meditato e minuziosamente preparato" (4). Ma non si tratta semplicemente di mancanza di preparazione pratica, di abilità nel lavoro organizzativo; "una malattia-annota- che colpisce tutti, anche quelli tra noi che fin dall'inizio sono rimasti sul terreno del marxismo rivoluzionario"(5). Il fatto è che sui limiti del movimento si è andata via via costruendo una vera e propria teoria, l'economismo, fondata sul rifiuto dell'azione politica e sull'esaltazione della spontaneità operaia. Gli economicisti respingono con ostentato disprezzo, come deviazione intellettuale, ogni discussione teorica, ogni più vasta questione politica, ogni progetto di organizzazione che vada oltre la mera contingenza. Per Lenin invece "senza teoria rivoluzionaria non può esistere movimento rivoluzionario. Non si insisterà mai troppo su questo concetto in un momento in cui la predicazione opportunistica venuta di moda è accompagnata dall'esaltazione delle forme più anguste di lotta politica...solo un partito guidato da una teoria d'avanguardia può adempiere la funzione di combattente d'avanguardia" (6). Occorre, dunque, impegnarsi con il massimo di impegno su due fronti: da una parte conducendo una lotta ideologica a fondo contro chi nega la necessità della costruzione del partito politico rivoluzionario della classe operaia e, dall'altra, sviluppando il massimo possibile di lavoro pratico all'interno del proletariato. Contro la deviazione piccolo-borghese degli economicisti che di fatto invitano il proletariato a occuparsi solo della lotta di fabbrica, lasciando ai liberali il campo della lotta politica, Lenin e il piccolo gruppo di militanti a lui vicino rivendica il carattere direttamente politico di ogni sciopero, vera e propria "scuola di guerra" per gli operai. "Lo sciopero -scrive- fa capire agli operai chi sono non soltanto i capitalisti, ma anche il governo e le leggi..." (7) , cioè insegna ai proletari a ragionare in termini di classe, oltrepassando i limiti angusti della fabbrica e del quartiere. Ma perchè questo avvenga è indispensabile la presenza del partito d'avanguardia, portatore di una visione d'assieme che sappia andare oltre la contingenza e combinare efficacemente lotta politica e lotta economica. Un partito, organizzato, disciplinato e centralizzato capace di far crescere le avanguardie operaie da una coscienza meramente sindacale ad una visione politica rivoluzionaria.

4. L'Iskra

Più volte negli anni successivi all'Ottobre, rievocando l'esperienza bolscevica, Lenin sottolineò il fatto che è nei primi anni del secolo, tra il 1900 e il 1903, che furono gettate in Russia le basi del partito rivoluzionario di massa del proletariato. Gran parte di questo lavoro venne svolto dall'Iskra, l'organo del gruppo socialdemocratico che dall'estero cercava di intervenire in Russia dove il quadro politico si andava evolvendo con grande rapidità. A sinistra l'egemonia dei marxisti veniva minacciata dal Partito Socialista Rivoluzionario, sorto nel 1901, che si dichiarava erede della Volontà del Popolo e tentava una confusa sintesi di populismo e marxismo. Mentre al centro dello schieramento politico stava intanto rapidamente crescendo l'influenza del Partito Costituzionale Democratico che raccoglieva vasti consensi tra la borghesia liberale e negli ambienti della democrazia radicale e del cosiddetto marxismo legale. I "vecchi" (Plechanov, Axelrod, la Zesulic) non sembravano dare soverchia importanza a questa situazione, traspariva anzi dai loro interventi un certo interesse verso la crescita di un movimento democratico in grado di svolgere i compiti propri della rivoluzione borghese. Per Lenin, invece, occorreva procedere ad una drastica riorganizzazione del partito, delimitandosi nettamente dagli ambienti democratici, respingendo ogni cedimento verso le tesi dei liberali e avendo ben chiaro che nell'arretrata situazione russa al proletariato spettava adempiere anche ai compiti storici che in Occidente erano stati propri della borghesia. Egli, giunto in Svizzera nel luglio del 1900, si era subito reso dei profondi contrasti che laceravano il mondo degli emigrati, della loro assoluta ignoranza della reale situazione russa, della loro totale mancanza di concretezza. Anche per questo, lasciato il terreno delle sterili dispute ai "vecchi", si era fin dedicato ad un instancabile lavoro di organizzazione di una rete clandestina di agenti dell'Iskra, incaricati di introdurre e diffondere il giornale all'interno della Russia e di conquistare alla sua concezione del partito quanti più circoli e gruppi locali possibili. L'Iskra stessa testimoniava di questo modo profondamente diverso di impostare il problema del partito: rivista teorica per i "vecchi", essa diventava nella visione strategica di Lenin, che più di tutti l'aveva fortemente voluta, strumento privilegiato di battaglia politica e chiave di volta dell'opera di costruzione del partito rivoluzionario. Gli anni svizzeri sono anni fruttuosi per Lenin. Pur partecipando al dibattito in corso nell'emigrazione, egli dedica gran parte del suo tempo a un capillare lavoro di costruzione di contatti con gli strati profondi della classe operaia russa. Praticamente non passa giorno senza che egli riceva qualche compagno appena uscito dal paese, intensissimi sono anche i rapporti epistolari. La Krupskaja, sua compagna di vita e di lotta, racconta nelle sue memorie, come in certi periodi fossero anche più di trecento al mese le lettere in partenza. E' un lavoro oscuro, ma efficace: nel 1902 grandi ondate di scioperi si susseguono in tutta la Russia per culminare nel grande lotta degli operai di Rostov sul Don. Tra la fine del 1902 e il 1903, una dopo l'altra, le principali organizzazioni operaie a Pietroburgo, Mosca, Irkutsk, Kharkov, Niznij Novgorod, Kazan, Ufa, Tula, Odessa ed Ekaterinoslav si schierano dalla parte dell'Iskra. L'economismo è definitivamente battuto. I tempi sono maturi per la fondazione vera del partito operaio. E' quello che avverrà al secondo congresso del POSDR nel 1903.

5. Il secondo congresso del POSDR e il "Che fare?"

L'idea di un partito centralizzato, disciplinato e compatto, per tutta la Russia era del tutto nuova per il movimento rivoluzionario e come tale molto difficile da fare accettare. Fino ad allora il POSDR aveva funzionato più come una federazione di gruppi, operanti all'interno del Paese e nell'emigrazione, dotati di amplissima autonomia. Mancava del tutto, l'idea di una linea politica al cui rispetto tutti fossero vincolati rigidamente. Ma quello che più di tutto fece scandalo e scatenò un coro quasi unanime di reazioni indignate fu l'affermazione che quello di cui c'era maggiormente bisogno era un partito organizzato in modo tale che ogni militante avesse un compito ben preciso da svolgere con rigore "professionale". Un partito di quadri, disciplinati e preparati, ben diversi dai "chiaccheroni", per usare la sarcastica definizione di Lenin, che infestavano le organizzazioni socialdemocratiche. Intellettuali per lo più, pronti a spaccare il capello in quattro su tutto, ma non disposti a impegnarsi concretamente su nulla. L'intera costruzione teorica leniniana poggiava su di una concezione del processo di formazione della coscienza di classe che rifiutava ogni concessione alla spontaneità. Lenin fondava il suo pensiero su una visione del processo di formazione della coscienza secondo cui gli operai, in quanto classe, sulla base della esperienza diretta delle lotte di fabbrica non possono che giungere ad una coscienza di tipo sindacale. Una coscienza socialista rivoluzionaria, ipotizzando una visione complessiva della società e dei rapporti reciproci e delle lotte di tutte le classi, non può che derivare al proletariato dalla partecipazione alla lotta politica per trasformazione rivoluzionaria della società e di conseguenza dal partito. Un partito di tipo nuovo, concepito come intellettuale collettivo, costituito da militanti di tipo nuovo formati sul modello del "tribuno popolare, il quale sa reagire contro ogni manifestazione di arbitrio e di oppressione, ovunque essa si manifesti o qualunque sia la classe o la categoria sociale che ne soffre, sa generalizzare tutti questi fatti e trarne il quadro completo della violenza poliziesca e dello sfruttamento capitalistico; sa, infine, approfittare di ogni minima occasione per esporre dinanzi a tutti le proprie convinzioni socialiste e le proprie rivendicazioni democratiche, per spiegare a tutti l'importanza storica mondiale della lotta emancipatrice del proletariato". (8) Lenin svilupperà in modo organico questi concetti nel "Che fare?", un opuscolo del 1902 destinato a diventare presto "l'opera prediletta, il vangelo di tutti i marxisti militanti". (9) Nessuno meglio della Krupskaja è riuscito in poche frasi a sintetizzare il significato storico del Che fare? quando ha scritto: "L'opuscolo fu un appello appassionato ad organizzarsi. Esso tracciò un progetto di organizzazione vasto, nel quale ognuno poteva trovare il suo posto, nel quale ognuno poteva diventare una piccola ruota del meccanismo rivoluzionario, una piccola ruota senza la quale, per quanto insignificante fosse in se stessa, tutto il meccanismo non sarebbe stato in grado di lavorare. L'opuscolo spinse a creare, con lavoro tenace e infaticabile, la base indispensabile perchè il partito, nelle condizioni russe di allora, potesse esistere, non solo come concetto, ma come realtà...". (10) E' altrettanto vero, però, che le tesi del Che fare? rendono più esplicite le divergenze già manifestatesi tra Lenin e il resto della redazione dell'Iskra. Non stupisce, dunque, che il secondo congresso del partito si svolga in un'atmosfera burrascosa e termini con una scissione destinata a segnare l'intera storia del proletariato russo. Iniziato a Bruxelles e terminato a Londra, il congresso riunisce una sessantina di delegati molti dei quali provenienti dalla Russia. Le sedute si rivelano subito agitate. Il Bund abbandona presto i lavori dopo che i delegati, a larga maggioranza, si sono espressi contro l'ipotesi di un partito federalista costruito su basi nazionali. Ma il contrasto più lacerante nasce sul primo paragrafo dello statuto, dedicato a definire le caratteristiche e gli obblighi dei militanti. Per Martov, appoggiato da buona parte degli emigrati e dai "vecchi", militante era chi aderisse al partito aiutando in un modo qualsiasi le sue organizzazioni. Per Lenin, invece, poteva essere considerato membro del partito solo chi facesse parte di una delle sue organizzazioni e svolgesse un'attività sistematica sotto il suo controllo. Pareva una questione meramente terminologica, tanto che molti, ad esempio Trotsky ma anche Rosa Luxemburg, non compresero il senso vero della disputa e accusarono Lenin di smania di protagonismo e di aspirazioni dittatoriali. In realtà il problema era cruciale, trattandosi di definire una volta per tutte se il partito da costruire dovesse essere un partito di semplici iscritti, di persone, noterà Lenin, che dedicano qualche serata libera alla politica, o un'organizzazione di militanti disciplinati, di "rivoluzionari di professione". Nonostante su questo punto Lenin fosse stato messo in minoranza, egli riuscì giocando sulle divisioni fra i sostenitori di Martov a riprendere in mano le fila del congresso e a ottenere la maggioranza nella redazione dell'Iskra e nel Comitato Centrale. Da qui i termini di bolscevichi (maggioritari) e menscevichi (minoritari) con cui da allora vennero denominate le due frazioni in cui il partito si era diviso. Il rifiuto dei menscevichi di accettare le decisioni del congresso, unitamente alle accuse a Lenin di troppa spregiudicatezza, determinarono la spaccatura del partito e di fatto la nascita di due organizzazioni distinte sul piano dell'azione politica. La conclusione burrascosa del congresso, fece si che la lotta in seno al partito divenisse ancora più acuta. Il fatto, poi, che dopo pochi mesi i bolscevichi si trovassero in minoranza negli organismi dirigenti per il brusco voltafaccia di Plechanov che dopo essersi schierato con Lenin al congresso era poi tornato sulle sue decisioni, cooptando nel CC Martov e altri menscevichi, avvelena talmente il clima interno da rendere impossibile ogni ulteriore coabitazione. Alla fine del 1904 i bolscevichi fondano un nuovo giornale, il Vpered (Avanti), e tentano, senza riuscirci, di convocare un nuovo congresso del partito costituendo un Ufficio dei comitati della maggioranza per coordinare il lavoro illegale in Russia.

6. La rivoluzione del 1905

Il 1904 è anche l'anno di inizio della guerra russo-giapponese destinata a sfociare in una sconfitta da cui l'autocrazia rischiò di restare travolta. Sia i bolscevichi che i menscevichi, ma anche i socialisti rivoluzionari, prendono apertamente posizione contro la guerra nella speranza che la sconfitta militare spiani la via alla rivoluzione democratica. Anche la borghesia liberale non appoggia la guerra, convinta che come nel secolo precedente la guerra di Crimea aveva portato alla liberazione dei servi, così il conflitto con il Giappone avrebbe costretto l'autocrazia a allentare le maglie del regime e a concedere la costituzione. Per l'ennesima volta si pone in modo drammatico il problema dei rapporti tra proletariato e borghesia nella rivoluzione democratica che già si era posto nel 1848 alla generazione rivoluzionaria di Marx e Engels. I menscevichi, pur con molti distinguo, sostengono la necessità di non spaventare la borghesia con rivendicazioni puramente proletarie, ma di sostenerne criticamente la battaglia per democratizzare la Russia. Ben diversa la posizione di Lenin e dei bolscevichi. La classe operaia è la forza decisiva anche nella rivoluzione democratica. Non si devono porre freni alle lotte operaie che anzi devono essere spinte sul terreno dell'insurrezione. Il proletariato deve mantenere la sua autonomia di classe. Il 9 gennaio la situazione precipita. L'esercito apre il fuoco su una pacifica manifestazione operaia organizzata da un ambiguo personaggio, il prete Gapon. Dopo la "domenica di sangue" i bolscevichi sono risolutamente per l'organizzazione dell'insurrezione armata e la costituzione di un governo rivoluzionario provvisorio. I menscevichi tergiversano, provocando così il distacco di chi, come Trotsky, pur non condividendo la tattica bolscevica, non è tuttavia disposto ad avallare un acritico appoggio della sinistra alla borghesia liberale in nome della democrazia. Di fronte al rapidissimo precipitare degli eventi, i bolscevichi rompono gli indugi e nel giugno organizzano a Londra il terzo congresso del partito, i menscevichi dal canto loro si riuniscono a Ginevra come prima conferenza panrussa del POSDR. Alla vigilia della rivoluzione il partito risulta più diviso che mai, frammentato in una miriade di organizzazioni. Lo storico B.D. Wolfe nella sua opera sulla rivoluzione russa conterà ben diciotto partiti socialisti operanti nel 1905 all'interno dell'impero zarista , di cui tre nella sola Polonia. Le sconfitte militari subite in Asia determinano una brusca accelerazione della crisi. Nel giugno 1905 a Odessa la corazzata "Potiomkin", orgoglio della flotta del Mar Nero, si ammutina. A ottobre a Pietroburgo nasce un soviet dei deputati operai di cui Trotsky assume la presidenza, mentre lo zar concede un simulacro di costituzione. A dicembre Mosca insorge. L'insurrezione, guidata dai bolscevichi, viene rapidamente e brutalmente soffocata nel sangue. La tempesta rivoluzionaria spinge menscevichi e bolscevichi a un riavvicinamento. La stragrande maggioranza degli operai manifesta apertamente la volontà che il partito sappia superare le sue divisioni e garantire uno sbocco vittorioso alla crisi. Lenin non si oppone a questa spinta dal basso all'unificazione, non perchè nutra illusioni sulla possibilità di recuperare alla causa rivoluzionaria i dirigenti menscevichi, ma perchè ritiene che la nuova leva di militanti operai che la rivoluzione porta al partito non può che rafforzare la battaglia dei bolscevichi per conquistare il POSDR ad una corretta linea marxista rivoluzionaria. Nessuna illusione, dunque, ne tantomeno alcun feticismo dell'unità contro la reazione, ma la convinzione profonda che le classi come i singoli individui apprendono dall'esperienza. Ancora una volta determinante è l'analisi concreta della situazione concreta e la capacità di non perdere il contatto con le masse.

7. La riunificazione del 1906

La sconfitta della rivoluzione costringe tutte le componenti del movimento operaio a interrogarsi sull'accaduto e sulle prospettive future. Per i menscevichi, ormai prigionieri di un'angusta ottica riformista, la causa della sconfitta risiede principalmente nel massimalismo delle richieste operaie che ha spaventato la borghesia democratica e l'ha spinta nelle braccia dello zarismo. Del tutto opposte le conclusioni dei bolscevichi: la sconfitta è dovuta all'interagire di un insieme di fattori fra cui principalmente il contesto internazionale non favorevole, la mancata alleanza fra operai e contadini, il sostanziale controllo dello zarismo sull'esercito, la manifesta incapacità della borghesia liberale di perseguire i suoi fini storici. Proprio questa è la principale lezione del 1905: la borghesia è definitivamente passata nel campo della controrivoluzione. Nel corso della rivoluzione il proletariato dovrà farsi carico anche dei compiti storici che la borghesia ha svolto in Occidente, ma che appare del tutto incapace di realizzare nella Russia arretrata. Tuttavia i bolscevichi e Lenin ritengono che il movimento non sia ancora definitivamente sconfitto. I problemi posti dalla rivoluzione non sono stati risolti. Quella del 1905 non è che il primo segnale della tempesta che si avvicina. Occorre prepararsi allo scontro definitivo, per questo è giusto assecondare la spinta operaia all'unità. L'intuizione è giusta, quello che fa difetto è il calcolo dei tempi. Occorrerà più di un decennio e lo scoppio di una guerra enormemente più distruttiva della scaramuccia russo-giapponese perchè l'analisi dei bolscevichi si concretizzi. Comunque sia nella primavera del 1906 si va rapidamente alla riunificazione del partito. Contrariamente ai calcoli di Lenin, il congresso di Stoccolma vede la prevalenza numerica dei menscevichi che impongono, anche se di stretta misura, le loro tesi. La sconfitta della rivoluzione inizia a far sentire i suoi effetti e a molti onesti militanti operai sembra che il cauto riformismo menscevico sia l'ultima spiaggia contro la reazione. Lenin formalmente non si oppone a questa deriva, di cui comprende le motivazioni profonde e si mantiene sul terreno della riunificazione. Tuttavia, non cessa un istante di denunciare i cedimenti e le illusioni della maggioranza, mentre rafforza l'organizzazione della frazione. Vero partito nel partito i bolscevichi, incuranti delle critiche e delle calunnie, formano un comitato centrale clandestino per coordinare la lotta di frazione. Lenin sa benissimo che la politica menscevica determina un accumulo di contraddizioni che non possono essere risolte che sul terreno dell'organizzazione. Quello che da più parti è stato definito il cinismo di Lenin altro non è che la lucida consapevolezza che una politica di compromesso e di mediazione tra interessi di classe inconciliabili non ha altro sbocco possibile che la disfatta. Da qui la scelta di prendere tempo, di sfruttare ogni possibile occasione per arrivare in condizioni di forza agli appuntamenti decisivi. Da qui il presunto immoralismo di Lenin, lo stare in un partito proprio allo scopo di costruirne un altro su più autentiche e correnti coordinate di classe. Lenin non si fa alcuna illusione sui suoi compagni di strada, non pensa mai che il POSDR in quanto tale possa essere riconquistato ad una linea rivoluzionaria. Proprio per questo non subirà gli sbandamenti che ben presto colpiscono molti militanti della stessa frazione bolscevica, spinti dalla disillusione sulla via dell'estremismo o dell'abbandono della politica.

8. La lotta contro il liquidazionismo e l'estremismo

Nel frattempo in Russia il partito cadetto aveva vinto le elezioni per la Duma, il parlamento concesso dallo zar mentre con le forche e le deportazioni di massa in Siberia venivano liquidati i soviet operai. Il tentativo di avviare una moderata riforma agraria porterà ben presto allo scioglimento del parlamento. In questo frangente si svolge il congresso di Londra, il quinto dalla fondazione del partito, il primo dopo la riunificazione. Il congresso dibatte soprattutto il tema della partecipazione al parlamento. Lenin e Rosa Luxemburg, portavoce della socialdemocrazia polacca che con il Bund era rientrata nel partito, conducono una vigorosa battaglia contro la persistente illusione menscevica di potere da sinistra condizionare la politica della borghesia liberale. Il congresso vede una lieve prevalenza numerica dei bolscevichi in una situazione di grande instabilità dovuta alle oscillazioni delle frazioni nazionali (lettoni, polacchi, bundisti). Di conseguenza, nonostante l'esito favorevole del congresso, il comitato centrale segreto della frazione bolscevica non viene sciolto. Al contrario, Lenin, che non si accontenta della vittoria di principio ottenuta, intensifica l'attività di frazione, del tutto incurante delle critiche di settarismo provenienti dai menscevichi che godono dell'appoggio dei gruppi dirigenti della Seconda Internazionale. In questo periodo egli si dedica alacremente a seguire i lavori della seconda Duma in cui siedono 18 deputati bolscevichi. Nel 1907 anche la seconda Duma viene sciolta, mentre la legge elettorale viene riformata per rendere più difficile per le opposizioni l'entrata in parlamento. Contemporaneamente, senza che la borghesia liberale avanzi la minima protesta, l'intero gruppo parlamentare socialdemocratico viene perseguito per incitamento alla ribellione armata. Lenin insiste perchè i bolscevichi partecipino alle elezioni di un parlamento che pure è ridotto a una caricatura, sulla base della consapevolezza dell'impossibilità di una sollevazione armata. Egli fa un'analisi realistica della situazione: il governo è solido perchè comprende le necessità dello sviluppo economico e sta operando per la creazione nelle campagne di una media borghesia sul modello dei farmer americani. E' una mossa abile che può immunizzare la Russia dal contagio rivoluzionario per molti anni. Prova ne è il forte riflusso verso il privato di gran parte dell'intellighentsja rivoluzionaria. Gli intellettuali, scrive a Gorkij, stanno allontanandosi dal partito. Ma il riflusso non colpisce solo gli intellettuali. Nel 1907 gli scioperi sono appena il 27% del totale registrato nel 1905, nel 1908 il 6%, nel 1910 il 2%. (11) In queste condizioni prendono piede tendenze liquidatorie dello stesso partito. Di fronte al dispiegarsi della reazione molti militanti lasciano le organizzazioni socialdemocratiche per dedicarsi al lavoro legale nel movimento cooperativo, nei sindacati o in campo culturale. Dal canto loro gran parte dei menscevichi, con l'eccezione dei "partitisti" di Plechanov, sostengono che il partito deve limitarsi all'attività legale nell'ambito delle modeste riforme introdotte dallo zar. Lenin non si nasconde le difficoltà del momento. "Questa crisi acuta, in un'atmosfera di depressione della lotta rivoluzionaria, di apatia e di disorientamento anche in una parte degli operai, in un periodo di distruzione delle organizzazioni operaie e di insufficienti capacità di resistenza di queste ultime alle influenze disgregatrici, ha ingenerato in una parte della classe operaia l'indifferenza verso la lotta politica...".(12) Proprio per questo occorre consolidare l'organizzazione illegale del partito e costruire in ogni azienda "comitati operai, puramente di partito, anche se poco numerosi". Perchè i bolscevichi "debbono andare costantemente dove va la massa, sforzandosi, ad ogni passo, di orientarne la coscienza nella direzione del socialismo, legando ogni questione particolare con i compiti generali del proletariato...". (13) Fondamentale per la sopravvivenza stessa del partito diventa in questa situazione la partecipazione alla Duma che da ai rivoluzionari la possibilità di sfruttare la tribuna parlamentare per la propaganda e l'agitazione. Lenin sa che i tempi della rivoluzione si sono di nuovo allungati, che all'ordine del giorno si pone un lungo e paziente lavoro di educazione, di organizzazione e di raggruppamento della parte più cosciente del proletariato. Ma su questo la frazione si spacca. Nel luglio 1907 al convegno indetto dal partito per decidere la partecipazione alla Terza Duma tutti i delegati bolscevichi con l'eccezione di Lenin sono favorevoli al boicottaggio delle elezioni. Per tutto il 1908 egli è in minoranza nella frazione, guidata da uomini come Bogdanov e Lunaciarskij, formatisi nel periodo della lotta armata e affascinati dalla durezza bolscevica. Veri e propri rivoluzionari romantici, Bogdanov e i suoi compagni accusano il loro vecchio leader di aver tradito il "vero bolscevismo", senza comprendere che a Lenin nulla importa della coerenza formale con una fase ormai superata della lotta di classe. Per Lenin restare prigionieri di vecchie parole d'ordine significa perdere il contatto con le masse. Ancora una volta determinante risulta essere l'analisi concreta della situazione concreta. Contro ogni dottrinarismo, contro lo stesso patriottismo di partito, Lenin rivendica la necessità di apprendere dall'esperienza e il coraggio di saper cambiare. Se nella fase precedente i bolscevichi si sono contraddistinti per l'uso, in qualche caso persino disinvolto, della lotta armata e della tattica degli espropri, ora devono sapersi riconvertire al lavoro parlamentare e all'attività nel sindacato. Pena la perdita di contatto con le masse e la scomparsa come forza politica significativa.

9. Gli anni della ripresa rivoluzionaria

La lotta per la riconquista della frazione durò per tutto il 1909. La situazione era particolarmente difficile per i bolscevichi frantumati in una pluralità di gruppi e frazioni in violenta polemica fra di loro. Fondamentale nella lotta contro la deviazione estremista di Bogdanov e Lunaciarskij è il saggio "Materialismo ed empiriocriticismo" in cui Lenin evidenzia la matrice idealistica delle posizioni filosofiche dei suoi avversari. Nel luglio nel corso della riunione della redazione allargata del "Proletari", nuovo organo bolscevico, Lenin riesce a ottenere con una maggioranza risicata l'espulsione dalla frazione del gruppo di Bogdanov. I dissidenti, che rappresentano una minoranza consistente, si proclamano gli unici "veri bolscevichi", accusano Lenin di essersi spostato a destra e, in segno di continuità con la storia del bolscevismo, danno al loro giornale il nome del vecchio organo della frazione: Vpered. L'espulsione dei vperedisti non riporta la calma fra i bolscevichi. Alla fine del 1909 prende piede una nuova tendenza quella dei "bolscevichi partitisti" o "conciliatori", contrari alla politica di delimitazione politica e organizzativa nei confronti dei menscevichi e favorevoli alla più vasta ricomposizione unitaria del POSDR. Essi accusano Lenin di settarismo, contestano l'espulsione dei vperedisti e si pronunciano per un riavvicinamento agli stessi menscevichi. Forte è l'influenza esercitata su essi da Trotsky che, non cogliendo la radice borghese delle posizioni mensceviche, tende a ridurre lo scontro nel partito al mero piano delle rivalità personali. Collocatosi fuori dal gioco delle frazioni, Trotsky anima con un certo successo dalle colonne della sua rivista "Pravda" una serrata campagna per l'abbandono delle posizioni divergenti e la riunificazione di tutte le anime del partito. Alla riunione del CC convocata a Parigi per l'inizio del 1910 Lenin è costretto a aderire alle decisioni prese da una maggioranza che comprende le frazioni di Trotsky, di Plechanov e dei "bolscevichi partitisti". In particolare Lenin accetta di chiudere il suo organo di frazione "Proletari", contribuire alla creazione di un nuovo organo unitario, a redazione paritetica, il "Sozial-Demokrat" e riconoscere la "Pravda" di Trotsky come organo centrale del partito. Il gennaio 1910 se da un lato segna il momento di maggior isolamento di Lenin, rappresenta tuttavia l'inizio di un'inversione di tendenza a livello di massa. Poco dopo l'assemblea di Parigi in Russia riprendono gli scioperi e i bolscevichi riescono a far apparire una serie di pubblicazioni legali nelle quali il punto di vista marxista rivoluzionario viene opposto a quello dei liquidatori. Attraverso un capillare lavoro nei sindacati la corrente leninista conduce una intensa battaglia, ideologica, politica e organizzativa per conquistare le avanguardie di fabbrica alla causa della rivoluzione. E' un lavoro poco visibile ma fondamentale per rinsaldare i legami fra classe operaia e partito dopo il temporaneo sbandamento dovuto alla sconfitta del 1905. E' Lenin a tirare dall'estero le fila di questo immenso lavoro attraverso il quale la frazione bolscevica diventa nei suoi stessi militanti corpo e sangue dell'avanguardia operaia. Nel lavoro operaio di massa si supera nei fatti la dicotomia tra intellettuali e classe così spesso rimproverata al Che fare?. "L'epurazione del partito dagli intellettuali semiproletari e semipiccoloborghesi comincia a risvegliare a una nuova vita nuove forze puramente proletarie, accumulate nel periodo dell'eroica lotta delle masse proletarie... Questa riorganizzazione del partito su un fondamento diverso, per così dire classista, è beninteso un lavoro difficile che è destinato a svilupparsi non senza oscillazioni... Il partito si è messo sulla nuova strada, cercando di far dirigere le masse operaie dagli "intellettuali" d'avanguardia usciti dalle fila della classe operaia". (14) I risultati di questo immenso lavoro di organizzazione diventano visibili nel corso dei congressi legali delle università popolari, delle donne, dei medici di fabbrica e d'officina e del movimento antialcolico. In tutti i bolscevichi esercitarono una grande influenza a dimostrazione del radicamento ormai avvenuto negli strati profondi della classe operaia. Altri riscontri vengono dalla diffusione della stampa operaia e dalla raccolta delle sottoscrizioni. La ripresa del movimento operaio pone nuovi compiti alla corrente leninista. Lenin pensa che stiano maturando le condizioni per una ripresa rivoluzionaria e che occorra farvi fronte con una organizzazione saldamente strutturata. La frazione non basta più, ora occorre il partito. Con coraggio viene fatta la scelta della costruzione indipendente. Il 18 gennaio 1912 si apre a Praga la sesta conferenza panrussa del POSDR a cui partecipano oltre 20 organizzazioni locali del partito, tutte controllate dai bolscevichi. Plechanov e Trotsky, invitati, rifiutano di aderire per il carattere frazionistico dell'iniziativa. Partecipa, invece, gran parte della frazione menscevica partitista e molti militanti non allineati. Lenin dimostra ancora una volta di non farsi in alcun modo condizionare dal passato. Nella costruzione del nuovo partito egli non fa distinzione tra vecchia guardia bolscevica e ex-menscevichi. Quello che conta è l'accettazione da parte dei militanti della linea politica e la qualità del lavoro politico svolto, non come essi si sono schierati in passato nelle lotte di frazione che hanno travagliato il partito. "Questi uomini -ricorda Zinov'ev- rappresentavano una nuova generazione di bolscevichi, cresciuta durante la controrivoluzione; per noi era assai importante utilizzare l'esperienza che avevano acquisito e legarci organicamente a loro". (15) La conferenza dichiara di rappresentare l'intero partito, esclude i liquidatori e si pronuncia per la creazione di "nuclei socialdemocratici illegali circondati da una rete il più estesa possibile di società operaie legali". La conferenza elegge un nuovo Comitato Centrale e crea un ufficio "pratico" per dirigere l'attività rivoluzionaria in Russia. Da frazione i bolscevichi si organizzano, dunque, in un partito indipendente: nel Partito Operaio Socialdemocratico Russo (bolscevico). La conferenza di Praga segna la nascita di un partito di tipo nuovo, il partito comunista, partito della rivoluzione proletaria nell'epoca dell'imperialismo.

 

NOTE

1)Lenin, Che fare?, Roma 1968, p.221
2)Ibidem, p. 222
3)Migliardi, Lenin e i menscevichi. L'"Iskra", Milano 1979, p. 20
4)Lenin, Che fare?, cit., p. 139
5)Ibidem, p. 142
6)Ibidem, p. 55
7)Lenin, Sugli scioperi, in Opere, vol. IV, Roma 1957, p. 321
8)Lenin, Che fare?, cit., p. 117
9)G.E. Zinov'ev, La formazione del partito bolscevico, Genova 1996, p. 76
10)N. Krupskaja, La mia vita con Lenin, Roma 1956, pp. 59-60
11)A.B. Ulam, Lenin e il suo tempo, Firenze 1967, p. 479
12)Lenin, Gli anni della reazione e della ripresa rivoluzionaria, Roma 1950, p.25
13)Ibidem, pp. 17-18
14)Lenin, Sulla buona strada, in Opere, vol. XV, Roma 1967, p.12
15)G.E. Zinov'ev, La formazione..., cit., p. 143