Discorso pronunciato all'Assemblea Generale degli operai 
  della Fabbrica Tessile Ariaguanabo per presentare i lavoratori di questo centro 
  idonei alla candidatura di membri del PURSC
  24 marzo 1963
  
  Compagni, avevamo deciso, con i responsabili dell'organizzazione in questa provincia 
  e di tutto il partito, di presenziare a questa assemblea, data l'importanza 
  che riveste per la produzione del paese la fabbrica tessile Ariguanabo, che 
  in questo momento è l'unità che occupa più lavoratori, 
  vale a dire è il nostro più grande centro industriale. 
  Inoltre ha un ruolo determinante all'interno di uno dei settori industriali 
  più importanti per il benessere del nostro popolo, perché ne garantisce 
  il vestiario, una delle cose fondamentali che la nostra rivoluzione deve dare 
  al popolo, quali che siano le condizioni, qualunque siano le difficoltà 
  nelle quali ci venissimo a trovare. 
  Siamo qui anche per analizzare questo nuovo processo, che vede mutati una serie 
  di concetti sull'organizzazione del partito e un ritorno alle masse. 
  Come avete potuto constatare, meglio ancora, come voi avete riportato, i membri 
  del PURSC (Partito Unito della Rivoluzione Socialista di Cuba) eletti da questo 
  centro di lavoro, sono uomini che possono contare sull'appoggio unanime dei 
  loro compagni. Le cellule che si stanno formando in questo momento, le organizzazioni 
  del partito, hanno da ora in poi tutto il sostegno necessario, e abbandonano 
  il lavoro quasi sotterraneo, quasi cospirativo, che per un periodo abbastanza 
  lungo ha caratterizzato il nostro partito. 
  Da quella penombra in cui si viveva, da quelle cellule clandestine elette in 
  modo meccanico senza un'analisi sufficiente della qualità dei compagni, 
  si passa a una nuova struttura, nella quale sono le masse che decidono a un 
  primo livello quali devono essere gli operai esemplari proposti come membri 
  del partito. 
  Di qui l'enorme differenza rispetto a prima. Di qui anche l'enorme forza che 
  deve acquistare il partito dirigente, in rapporto alle modifiche apportate nella 
  struttura e nell'organizzazione, nello schema generale della concezione del 
  partito, esso deve porsi con fermezza alla testa dello stato proletario, e guidare 
  con la sua azione, con il suo esempio, con il suo sacrificio, con la profondità 
  del suo pensiero e l'audacia delle sue azioni ogni momento della nostra rivoluzione. 
  Nonostante questo è ben lontano dall'essere perfetto, anzi, sono molte 
  le cose da correggere. 
  Senza andare tanto lontano, facevamo prima una piccola statistica: 197 compagni 
  sono stati riconosciuti in possesso di tutte le qualità necessarie per 
  far parte del PURSC in questo centro di lavoro, in cui ci sono più di 
  tremila operai. Qual è la cifra esatta? (risponde il pubblico...) D'accordo, 
  quattromila: ai fini statistici è lo stesso. Tra questi sono stati eletti 
  197 compagni, ma tra questi 197 compagni ci sono solo cinque donne. Senza dubbio 
  la percentuale di donne che lavorano qui ad Ariguanabo è molto superiore 
  a quel 2% che risulta dalla statistica. Questo indica che c'è una carenza 
  nell'inserimento della donna, a parità di diritti e a parità di 
  condizioni, nel lavoro attivo della costruzione del socialismo. E sarebbe una 
  buona cosa che tutti ci mettessimo ad analizzare il perché. 
  A prima vista due sono le cause che emergono più chiare e determinanti. 
  Una di queste è che effettivamente la donna non si è ancora liberata 
  da una serie di legami che la vincolano alla tradizione di un passato che è 
  morto. E per questa ragione essa non riesce a vivere la vita attiva del lavoratore 
  rivoluzionario. L'altra causa può essere il fatto che la massa dei lavoratori, 
  il cosiddetto sesso forte, ritiene che le donne non abbiano ancora sufficiente 
  coscienza, e quindi fa valere la maggioranza di cui dispone; in posti come questo 
  si notano di più gli uomini, il loro lavoro è più evidente, 
  e per questa realtà oggettiva si finisce con lo scordare che sul ruolo 
  della donna si stanno dando giudizi soggettivi. 
  Proprio pochi mesi fa abbiamo dovuto sostituire una funzionaria del ministero 
  dell'Industria, una funzionaria capace. Perché? Perché il suo 
  lavoro la obbligava a viaggiare per le province, spesso con degli ispettori 
  o con il direttore generale. E questa compagna, che era sposata - credo con 
  un membro dell'Esercito Ribelle - per imposizione del marito non poteva viaggiare 
  da sola, e doveva subordinare tutti i suoi viaggi al fatto che il marito lasciasse 
  il proprio lavoro e l'accompagnasse ovunque lei dovesse andare. 
  Questa è un'ottusa manifestazione di discriminazione della donna. Forse 
  che la moglie deve accompagnare il marito ogni volta che questi deve fare un 
  viaggio per le province o in qualsiasi altro luogo, per vigilarlo, perché 
  non cada in tentazione, o qualcosa del genere? 
  Che cosa significa questo? Semplicemente che il passato continua a pesare su 
  di noi, che l'emancipazione della donna deve consistere nella conquista della 
  sua libertà totale, della sua libertà interiore, poiché 
  non si tratta tanto di costrizioni fisiche imposte alle donne perché 
  rinuncino a determinate attività: è anche il peso di una tradizione 
  anteriore. 
  Nella nuova fase in cui viviamo, nella fase della costruzione del socialismo, 
  si spazzano via tutte le discriminazioni e rimane solamente, come unica e caratterizzante 
  dittatura, la dittatura della classe operaia, come classe organizzata sulle 
  altre classi che sono state sconfitte. Si prepara un lungo cammino che sarà 
  ancora costellato di lotte e di delusioni, il cammino verso la società 
  perfetta, la società senza classi, la società in cui spariranno 
  tutte le differenze, in questo momento non si può permettere un diverso 
  tipo di dittatura se non la dittatura del proletariato come classe. 
  E il proletariato non ha sesso: è l'insieme di tutti gli uomini e tutte 
  le donne che in ogni posto di lavoro del paese lottano coerentemente per raggiungere 
  un fine comune. 
  Questo è un esempio di tutto quello che c'è da fare, però, 
  naturalmente, è solo un esempio e non esaurisce tutti i casi. Sono molte 
  le cose che rimangono da fare, più precisamente, senza stare a rifarci 
  alle tradizioni del periodo anteriore al trionfo della rivoluzione, permangono 
  una serie di tradizioni del passato postrivoluzionario, vale a dire del passato 
  che appartiene alla nostra storia prerivoluzionaria. 
  Per esempio, la tradizione per cui certi membri del partito, dei sindacati, 
  delle diverse organizzazioni di massa, dirigono, orientano, danno giudizi, ma 
  molto spesso non lavorano. E ciò è un elemento del tutto negativo. 
  
  Chi aspira a diventare dirigente deve essere in grado di affrontare, o meglio 
  di sottoporsi al giudizio delle masse, e avere la certezza di essere stato eletto 
  dirigente, o proposto per l'elezione, perché è il migliore tra 
  i buoni, per il suo lavoro, il suo spirito di sacrificio, il suo costante atteggiamento 
  di avanguardia in tutte le lotte che il proletariato deve condurre quotidianamente 
  per la costruzione del socialismo. 
  Quanto dicevamo pesa ancora su di noi. Le nostre organizzazioni non sono ancora 
  totalmente esenti da quel peccato, che si inserì nella rivoluzione fra 
  le nostre giovani tradizioni con conseguenze deleterie. Bisogna anche bandire 
  completamente la convinzione che l'elezione a membro di una organizzazione di 
  massa o del partito dirigente della rivoluzione - a qualsiasi livello di dirigenza 
  - consenta a questi compagni una qualche opportunità di ottenere qualcosa 
  in più rispetto al resto del popolo. 
  Mi riferisco alla politica di premiare il buono con beni materiali, di premiare 
  con beni materiali chi ha dimostrato di possedere maggiore coscienza e maggiore 
  spirito di sacrificio. 
  Ci sono due elementi che vanno a scontrarsi costantemente e a integrarsi dialetticamente 
  nel processo di costruzione del socialismo. È vero infatti che gli incentivi 
  materiali sono necessari, perché usciamo da una società che non 
  pensava ad altro che agli incentivi materiali e costruiamo una società 
  nuova sulla base di quella vecchia società, con tutta una serie di residui 
  nella coscienza della gente, e perché non abbiamo ancora quanto è 
  sufficiente per dare a ciascuno secondo i suoi bisogni. 
  Per queste ragioni l'interesse materiale sarà ancora presente per un 
  certo periodo nel processo di costruzione del socialismo. 
  Però è compito del partito d'avanguardia tenere alta la bandiera 
  opposta, quella dell'interesse morale, quella dell'incentivo morale, quella 
  degli uomini che lottano e si sacrificano senza desiderare altro che l'approvazione 
  dei loro compagni, senza desiderare altro che il riconoscimento che voi avete 
  dato oggi ai compagni eleggendoli membri del PURSC. 
  L'incentivo materiale è una remora del passato, è qualcosa con 
  cui dobbiamo fare i conti, ma bisogna togliergli il carattere di incentivo prevalente 
  nella coscienza della gente, man mano che il processo avanza. Il primo è 
  in netta ascesa, il secondo deve scomparire progressivamente. L'incentivo materiale 
  non avrà posto nella società nuova che stiamo creando, si estinguerà 
  lungo il cammino e bisogna preparare le condizioni perché questo tipo 
  di mobilitazione che oggi è reale, vada sempre più perdendo la 
  sua importanza e sia sostituito con l'incentivo morale, il senso del dovere, 
  la nuova coscienza rivoluzionaria. 
  Compagni, oggi abbiamo fatto il primo passo, si può dire che in questo 
  centro di lavoro esiste ormai ufficialmente il PURSC composto almeno per ora 
  da 197 compagni. Quali sono le qualità che si sono cercate in essi'? 
  Voi sapete quali sono, perché voi stessi li avete eletti. Voi conoscete 
  lo spirito di sacrificio, il cameratismo, l'amore per la patria, la volontà 
  di essere avanguardia in ogni momento della lotta, la volontà di essere 
  guida attraverso l'esempio (guida modesta, di guida senza stridori) che devono 
  caratterizzare un membro del partito. Ma un membro del nuovo partito deve anche 
  essere un uomo che sente interiormente, con tutto se stesso, le nuove verità: 
  ma deve sentirle con naturalezza, di modo che quanto per la gente comune rappresenta 
  un sacrificio, per lui è semplicemente azione quotidiana, quello che 
  si deve fare e che è naturale fare. 
  Voglio dire che si deve mutare completamente atteggiamento di fronte a determinati 
  obblighi dell'uomo nella sua vita quotidiana, e a determinati obblighi di un 
  rivoluzionario in un processo di sviluppo come il nostro, che sta affrontando 
  l'accerchiamento imperialista. 
  Pochi giorni fa, in una delle tante riunioni che purtroppo teniamo e che non 
  siamo ancora riusciti a bandire, un compagno raccontò l'ultima barzelletta 
  - o almeno l'ultima che è arrivata alle mie orecchie - che si riferisce 
  alla costituzione del partito. 
  Si tratta di un uomo che sta per entrare nel partito e i membri delle sezione 
  gli elencano i suoi doveri: dovrà lavorare delle ore extra, guidare con 
  l'esempio, utilizzare le ore del giorno per migliorare la sua preparazione culturale, 
  andare tutte le domeniche al lavoro volontario, lavorare volontariamente tutti 
  i giorni, scordarsi tutto ciò che è vanità, limitarsi a 
  lavorare tutto il tempo e a essere attivo in tutti gli organismi di massa esistenti. 
  Alla fine gli dicono: «Inoltre, come membro del partito, devi essere sempre 
  pronto a dare la tua vita per la rivoluzione: sei disposto?» Allora l'uomo 
  risponde: «Certo, se devo fare la vita che dite voi, che me ne faccio? 
  Sarò lieto di darla». 
  Perché queste cose? È la vecchia concezione quella espressa in 
  questa barzelletta non se controrivoluzionaria o rivoluzionaria, certo è 
  che ha un profondo contenuto controrivoluzionario. Per quale ragione? Proprio 
  perché un lavoratore d'avanguardia, un quadro del partito dirigente della 
  rivoluzione, tutti questi lavori che vengono considerati un sacrificio li sente 
  con un interesse nuovo, come una parte del proprio dovere, però non come 
  un dovere che gli viene imposto ma un suo dovere interiore, e lo compie con 
  passione. 
  E le cose più banali e più noiose, sotto la spinta dell'interesse, 
  dello sforzo interiore dell'individuo e dell'approfondirsi della propria coscienza, 
  si trasformano in cose importanti e sostanziali, in qualcosa che non si può 
  tralasciare di fare senza sentirsi insoddisfatti: è questo ciò 
  che chiamano sacrificio. Ma allora per un rivoluzionario il non sacrificarsi 
  diventa il vero sacrificio; ciò vuoi dire che certi concetti e certe 
  categorie mentali cominciano già a modificarsi. 
  Il vero rivoluzionario, il membro del partito dirigente della rivoluzione, dovrà 
  lavorare tutte le ore, tutti i minuti della sua vita, in questi anni di dura 
  lotta che ci aspettano, con un interesse sempre rinnovato, sempre crescente 
  e sempre vivo: questa è una qualità fondamentale. 
  Ciò significa sentire la rivoluzione, ciò significa che l'uomo 
  è rivoluzionario dentro di sé, che sente da rivoluzionario. E 
  allora il concetto di sacrificio acquista un nuovo significato. 
  Il militante del PURSC è un marxista, deve conoscere il marxismo e deve 
  applicare conseguentemente, nella sua analisi, il materialismo dialettico per 
  poter interpretare correttamente il mondo. 
  Ma il mondo è grande; in esso ci sono strutture sociali molto differenti, 
  si sono avvicendate varie civiltà, e addirittura in alcune regioni di 
  questo mondo ci sono strati della società o popoli che vivono nelle condizioni 
  più primitive che si conoscano: la società del comunismo tribale. 
  Ed esiste, purtroppo, anche lo schiavismo, e in America, per esempio, accanto 
  a molti residui di feudalesimo c'è il capitalismo e la sua ultima fase: 
  l'imperialismo. Inoltre ci sono popoli che iniziano la costruzione del socialismo, 
  e quelli - come l'Unione Sovietica - che si accingono a realizzare il comunismo. 
  
  Ma anche quando certi paesi hanno lo stesso sistema sociale, siano a regime 
  capitalista o invece impegnati nella costruzione del socialismo o di qualcos'altro, 
  essi sono approdati alla loro fase storica percorrendo strade diverse e nelle 
  condizioni peculiari di ciascuno. 
  Per queste ragioni il marxismo è solamente una guida per l'azione. Si 
  sono scoperte le grandi verità fondamentali, e partendo da esse, utilizzando 
  il materialismo dialettico come arma, si va interpretando la realtà in 
  ciascuna regione del mondo. Perciò nessuna costruzione sarà uguale, 
  ognuna avrà caratteristiche peculiari inerenti alla propria formazione. 
  E anche le caratteristiche della nostra rivoluzione sono peculiari. Queste caratteristiche 
  non possono prescindere dalle grandi verità, non possono ignorare le 
  verità assolute enunciate dal marxismo, verità non inventate, 
  non date come dogmi, ma scoperte con l'analisi dello sviluppo della società. 
  Però si presenteranno condizioni particolari, per cui i membri del PURSC 
  dovranno essere creativi, dovranno conoscere la teoria e creare una prassi in 
  accordo con la teoria e con le condizioni proprie del paese in cui ci è 
  dato di vivere e lottare. 
  Voglio dire che il compito della costruzione del socialismo a Cuba deve essere 
  affrontato rifuggendo dal meccanicismo come dalla peste; il meccanicismo produce 
  solo forme stereotipate, cellule clandestine, favoritismi, e tutta una serie 
  di mali nell'organizzazione rivoluzionaria. Bisogna agire dialetticamente, fare 
  affidamento sulle masse, esser sempre a contatto con esse, dirigerle attraverso 
  l'esempio, utilizzare l'ideologia marxista, utilizzare il materialismo dialettico 
  ed essere creativi in ogni momento. 
  Detto ciò, quali sono i compiti più importanti dei membri del 
  PURSC? Ve ne sono due fondamentali, due che si ripetono costantemente e che 
  costituiscono le fondamenta di tutto lo sviluppo della società: la produzione 
  dei beni per il popolo, e l'approfondimento delle coscienze. 
  È superfluo starvi a spiegare perché è tanto importante 
  la produzione, perché la produzione deve rappresentare sempre una delle 
  maggiori preoccupazioni di un membro del partito. 
  Se il socialismo non è una società di beneficenza, non è 
  neppure un regime utopistico, fondato sulla bontà dell'uomo in quanto 
  tale. Il socialismo è un regime al quali si arriva storicamente, e che 
  si fonda sulla socializzazione dei mezzi di produzione, e sulla equa ripartizione 
  di tutte le ricchezze della società, in una realtà in cui ci sia 
  produzione socializzata. Vale a dire ciò che il capitalismo ha realizzato: 
  le grandi fabbriche, le grandi aziende agricole, luoghi in cui il lavoro, il 
  lavoro dell'uomo, veniva svolto in comunità, in società, ma il 
  frutto del lavoro collettivo veniva raccolto individualmente dai capitalisti, 
  dalla classe sfruttatrice, dai proprietari, secondo il diritto dei beni di produzione. 
  
  Ora le cose sono cambiare, ma il dato fondamentale continua ad essere lo stesso: 
  quello di una classe sociale, una struttura sociale, che arriva al potere e 
  si basa necessariamente su quella anteriore. Il processo di costruzione del 
  socialismo è il processo di sviluppo di tutta la nostra produzione. 
  E perché la coscienza? Bene, la coscienza, al limite, è ancora 
  più importante, ed è tanto importante per le caratteristiche nuove 
  prodotte dai processi di sviluppo delle società di questo secolo. 
  Quando Marx sviluppò la sua analisi dell'evoluzione della società, 
  si conosceva ed esisteva una società primitiva e una società feudale, 
  prima ancora una società schiavista, e si conosceva già la società 
  capitalista. Marx analizzò il perché di ognuna, dimostrò 
  che tutto dipendeva dalla produzione, che la coscienza dell'uomo era determinata 
  dal contesto sociale in cui viveva, e questo contesto era dato dai rapporti 
  di produzione. Però approfondendo l'analisi, Marx fece qualcosa di ancora 
  più importante: dimostrò che storicamente il capitalismo doveva 
  sparire e lasciare il campo a una nuova società, la società socialista. 
  Più tardi Lenin, portando avanti l'analisi, arrivò a queste conclusioni: 
  il passaggio da una società all'altra non è un passaggio meccanico, 
  e le condizioni per questo passaggio possono essere accelerate al massimo attraverso 
  alcuni catalizzatori, li potremmo chiamare così - non è una definizione 
  di Lenin, ma mia però è sua l'idea centrale -. Vale a dire che 
  se c'è una avanguardia del proletariato capace di fare proprie le fondamentali 
  rivendicazioni di questo, e di avere chiara la direzione in cui muoversi per 
  prendere il potere, per instaurare la nuova società, si può allora 
  avanzare bruciando le tappe. Inoltre, la società socialista si può 
  affermare anche in un solo paese, anche nelle condizioni del più accanito 
  accerchiamento imperialista, come quello che ha dovuto affrontare I 'Unione 
  Sovietica. E proprio per questi motivi si capisce perché la coscienza 
  abbia un'enorme importanza. 
  Noi stessi abbiamo verificato che lo sviluppo storico della società, 
  in determinate condizioni, può essere accelerato e che il partito d'avanguardia 
  è una delle armi fondamentali per accelerarlo. E sull'esempio che l'Unione 
  Sovietica ci ha dato già quarantacinque anni fa, a Cuba abbiamo fatto 
  lo stesso. Sotto la spinta del movimento d'avanguardia abbiamo potuto accelerare 
  i tempi a bruciare tappe e definire il carattere socialista della nostra rivoluzione 
  a due anni dal suo trionfo e perfino sancirlo istituzionalmente, quando di fatto, 
  nella prassi, essa aveva già carattere socialista, perché ci eravamo 
  impadroniti dei mezzi di produzione, perché stavamo andando verso il 
  possesso totale di questi mezzi, perché stavamo eliminando progressivamente 
  lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, e impostavamo la pianificazione di tutto 
  il processo produttivo per distribuire correttamente ed equamente i prodotti 
  tra tutti. Però questo processo di accelerazione sta lasciando molta 
  gente per strada; voglio dire che la vecchia società e i princìpi 
  su cui si basava pesano costantemente sulla coscienza degli uomini. Ed è 
  per questo che si ripropone il problema dell'approfondimento della coscienza 
  socialista. 
  Nelle condizioni attuali del nostro paese e in quelle di molti altri paesi che 
  hanno seguito esperienze analoghe, non si arriva al socialismo per l'esplosione 
  delle strutture anteriori. Ossia, non si arriva al socialismo attraverso un 
  cambiamento meccanico, perché si sono verificate tante condizioni oggettive 
  per cui il passaggio al socialismo è ormai solo una questione formare. 
  
  A Cuba no, a Cuba è stata l'avanguardia che ha dato coscienza e ha guidato 
  il popolo, è stata la tenace opera di Fidel che ha diretto il nostro 
  popolo, additandogli in ogni momento i compiti prioritari, dando una lezione 
  di dignità, di spirito di sacrificio, di coraggio, che noi tutti abbiamo 
  dovuto dare al mondo intero in questi quattro anni di rivoluzione. 
  E così il popolo, a volte per un impulso emotivo, ha cominciato a partecipare 
  al processo di costruzione del socialismo; però ci sono sempre quelli 
  che sono rimasti indietro, e la nostra funzione non è quella di liquidare 
  questi ritardatari, di schiacciarli e di obbligarli a seguire supinamente un'avanguardia 
  armata, ma è quella di educarli, di portarli avanti, di far sì 
  che ci seguano in virtù del nostro esempio, ciò che Fidel ha definito 
  la coercizione morale. Chi non ha voglia di fare e non sente la necessità 
  di fare, sarà trascinato dall'esempio dei suoi compagni migliori, che 
  lavorano giorno per giorno con entusiasmo, con fervore, con allegria. 
  L'esempio, il buon esempio come il cattivo esempio, è molto contagioso, 
  e noi dobbiamo contagiare con i buoni esempi, lavorare nella coscienza della 
  gente, dimostrare che cosa siamo capaci di fare, dimostrare che cosa può 
  un rivoluzionario quando è al potere, quando è sicuro del suo 
  obiettivo finale, quando ha fede nella giustezza dei suoi scopi e della linea 
  che ha seguito, e quando è disposto, come lo è stato tutto il 
  popolo cubano, a non cedere di un solo passo su ciò che era il nostro 
  sacrosanto diritto. 
  Dobbiamo amalgamare tutto ciò, spiegarlo e renderne intimamente convinto 
  ognuno di quelli che non lo hanno capito, e anche quelli che ancora non lo sentono 
  come una realtà interiore. Poco a poco dobbiamo riuscire a trasformarlo 
  anche per questi in una necessità. 
  Sarà un processo lungo e molto duro, però è proprio su 
  questo che dobbiamo battere. Noi siamo accerchiati quasi come lo era l'Unione 
  Sovietica in quegli anni terribili e meravigliosi della storia dell'umanità. 
  
  Però l'Unione Sovietica esiste, esiste il campo dei paesi socialisti, 
  un blocco immenso di forze che va sempre più coagulando nuove forze e 
  nuovi popoli attorno all'idea del socialismo. 
  In America noi siamo isolati; da una parte ci sono le manovre dell'OSA (in spagnolo: 
  OEA, Organizzazione degli Stati Americani - ndt.), dall'altra si danno da fare 
  gli Stati Uniti, preparano provocazioni in Guatemala, preparano provocazioni 
  in ogni paese d'America; aerei cubani cadono in modo sospetto in territori il 
  cui governo è nostro nemico, e saltano fuori lettere e rapporti informativi. 
  E tutto fa parte dello stesso volto della grande cospirazione dell'imperialismo 
  contro il popolo cubano. 
  Per quale ragione? Perché, anche se il nostro regime ha dei difetti - 
  e questo lo sappiamo - lungo il cammino percorso ci sono grandi vittorie ricche 
  di insegnamenti per l'America, tanto che l'imperialismo ci teme, e forse teme 
  più noi che altre importanti potenze mondiali. 
  Le fondamenta dell'imperialismo sono in America, l'imperialismo statunitense, 
  che è il più forte, è in America. 
  L'America parla spagnolo, l'America capisce noi, l'America ci ammira e vede 
  in noi l'immagine di quale può essere il futuro di tutti i suoi popoli, 
  e si prepara a questa vittoria. 
  Se ci sono guerriglie in America - e noi ne siamo a conoscenza e ne è 
  a conoscenza il Pentagono - esse non sono affatto nostre creazioni, non possiamo 
  farlo, non abbiamo forze disponibili, ma le salutiamo con autentica gioia. Partecipiamo 
  con entusiasmo alle vittorie dei venezuelani, alla radicalizzazione della loro 
  rivoluzione; ci riempiamo di entusiasmo quando veniamo a sapere che in Guatemala, 
  in Colombia, in Perù, si sono accesi focolai rivoluzionari; ci rallegriamo 
  quando le impalcature del potere imperialista cominciano a riportare crepe, 
  ancora piccole, ma sistematiche, in ciascuno di questi punti. 
  E questo, compagni, è molto ben visibile in America. È qualcosa 
  che parla loro in spagnolo, nella loro lingua, e che spiega in termini chiari 
  ciò che si deve fare per raggiungere la felicità, si chiama rivoluzione 
  cubana. Per questo hanno veramente paura di noi. 
  Non è una nostra stonatura, non è orgoglio infondato, né 
  sono false pretese di un piccolo paese: è analisi obiettiva dei fatti. 
  Tutti noi siamo responsabili del fatto che gli imperialisti ci temono e ci odiano. 
  Questo deve essere il nostro motivo d'orgoglio: la paura e l'odio che hanno 
  verso di noi! Deve essere un motivo d'orgoglio per noi che il signor Kennedy 
  senta questa rivoluzione cubana come un terribile bubbone che non lo lascia 
  dormire; o che tutti i fantocci d'America abbiano davanti agli occhi, come un'immagine 
  del loro futuro, ciò che è accaduto ai fantocci di Cuba. Che capiscano 
  la portata e il rigore della giustizia popolare quando conquista il potere libera 
  da ostacoli. 
  Questa è la nostra opera irreversibile e la nostra e la grande responsabilità 
  di fronte all'America intera, e anche di fronte a tutto il mondo. 
  Alla fine dell'anno scorso abbiamo dato una lezione di dignità che i 
  nordamericani non avrebbero mai immaginato possibile, e con le nostre azioni 
  continuiamo a darla. 
  Questo è ciò che conta in termini che superano il nostro piccolo 
  ambito e questo è anche il nostro più grande motivo d'orgoglio: 
  il fatto che un cubano in qualsiasi angolo del mondo sia rispettato, ammirato, 
  amato, e a volte sia temuto e odiato per ciò che rappresenta la rivoluzione, 
  per come è stata condotta a fondo, per le conquiste che ha ottenuto. 
  
  Voglio dire, compagni, che dobbiamo impegnarci a moltiplicare i nostri successi 
  e a diminuire i nostri errori, ad approfondire la coscienza della masse e ad 
  alimentare la produzione, a fare di più con le nostre forze, abituandoci 
  al principio che anche nella produzione possiamo camminare da soli, come abbiamo 
  già fatto in molti momenti difficili. 
  L'aiuto dei paesi amici - un aiuto generoso e fraterno che ci è stato 
  dato molte volte - deve servire a consolidarci e a rendere più sicura 
  la rivoluzione, ma le nostre forze non devono fondarsi su un altro paese per 
  quanto possa essere amico e disinteressato, perché non c'è vera 
  forza se non nasce dalla coscienza della propria forza. Quando un popolo prende 
  coscienza della propria forza, allora sì che la sua decisione di lotta, 
  la decisione di continuare ad avanzare, è forte, allora può affrontare 
  e tenere testa a qualsiasi nemico. 
  L'abbiamo fatto, e in linea di massima possiamo essere orgogliosi dei risultati. 
  Però, come voi avete analizzato e criticato l'operato dei vostri compagni, 
  così anche noi dobbiamo analizzare con la massima severità e obiettività 
  il nostro lavoro, ripeto: con la massima severità e obiettività, 
  e criticarlo quando risulta povero, quando non risolve i problemi fondamentali, 
  quando cade nel conformismo, nel meccanicismo, ogni volta che cessa di essere 
  creativo e vivo. 
  Questo è quanto si pretende da voi membri del Partito Unito della Rivoluzione 
  e anche da voi che non appartenete ancora al partito. 
  Noi pretendiamo che il popolo cubano marci tutto allo stesso passo, che la sua 
  avanguardia lotti e cammini molto velocemente tra le difficoltà perché 
  possa avanzare il reparto più forte, cioè tutto il popolo. Questo 
  è l'obiettivo. 
  I compagni del partito hanno dunque l'obbligo di essere l'avanguardia. Ricordate 
  quello che vi ha detto Fidel: «... lì ci saranno i migliori, i 
  Camilo (1), gli uomini fidati, gli uomini pronti al sacrificio e dallo spirito 
  forte ...» Però tutto il popolo deve diventare come quei guerriglieri 
  che incominciarono disorganizzanti, che avevano paura degli aerei, dei carri 
  armati, dei soldati nemici, e finirono con l'avanzare in tutta Cuba distruggendo 
  un esercito molto più potente che possedeva tutti i mezzi di distruzione, 
  ma non aveva forza morale. 
  E alla fine conquistammo la vittoria perché, anche se l'avanguardia poteva 
  essere coraggiosa e decisa, un poco di più, era però l'intero 
  Esercito Ribelle la vera forza del popolo. 
  E ogni volta che cresceva la sua forza, il suo coraggio e la sua decisione nella 
  lotta, il nemico cedeva, doveva abbandonare posizioni, andava perdendo la fiducia, 
  andava disgregandosi fino a dissolversi totalmente. 
  Questo è il nostro compito, può essere molto difficile o molto 
  semplice, tutto dipende da come lo affronteremo, tutto dipende da come ci comporteremo 
  di fronte alla realtà rivoluzionaria e da quello che saremo capaci di 
  fare, liberi il più possibile dalle tare della società che è 
  morta.
  (1) Camilo Cienfuegos. Figura leggendaria della rivoluzione cubana. Dirigente 
  del Movimento 26 luglio sulla Sierra Maestra, guidò insieme al Che la 
  colonna guerrigliera che affrontò in campo aperto, alla fine del 1958, 
  le truppe di Batista che vennero messe in fuga. Nell'ottobre del 1959, di ritorno 
  da una missione per stroncare un tentativo di sedizione controrivoluzionaria 
  capeggiato da Hubert Matos, scomparve sul suo aereo travolto da un fortunale. 
  Vana ogni ricerca in mare. 
  
  Testo tratto dal libro "La costruzione del partito nel pensiero del Che" 
  
  il Papiro Editrice 
  via Monte Sabotino, 34 
  20099 Sesto San Giovanni (MI)