Biblioteca Multimediale Marxista
Il 1847 è stato senza dubbio l'anno più movimentato che si 
    sia avuto da lungo tempo. In Prussia una costituzione e una Dieta riunita, 
    in Italia un risveglio inaspettatamente rapido della vita politica e un armamento 
    generale contro l'Austria, in Svizzera una guerra civile, in Inghilterra un 
    nuovo parlamento a tinta decisamente radicale, in Francia scandali e banchetti 
    per la riforma, in America conquista del Messico da parte degli Stati Uniti, 
    insomma una serie di mutamenti e di movimenti quale non si era verificata 
    in nessuno degli ultimi anni.
    L'ultima svolta storica fu quella del 1830. La rivoluzione di Luglio in Francia, 
    il Reform bill(1) in Inghilterra assicurarono la vittoria definitiva della 
    borghesia e anzi, in Inghilterra, già la vittoria della borghesia industriale, 
    dei fabbricanti, sulla borghesia non industriale, sui redditieri. Seguirono 
    il Belgio e in parte la Svizzera; anche qui vinse la borghesia. La Polonia 
    insorse, l'Italia fremeva sotto il giogo di Metternich, la Germania era in 
    pieno fermento. Tutti i paesi si preparavano a grandi lotte.
    Ma a partire dal 1830 tutto marciò all'indietro. La Polonia cadde, 
    i romagnoli insorti furono sgominati, in Germania il movimento fu represso. 
    La borghesia francese batté i repubblicani nel proprio paese e tradì 
    i liberali di altri paesi, che essa stessa aveva incitato all'insurrezione. 
    In Inghilterra il ministero liberale non poté attuare nulla. Infine, 
    nel 1840 la reazione era in pieno rigoglio. La Polonia, l'Italia, la Germania, 
    erano politicamente morte, in Prussia saliva al trono il "Berliner politisches 
    Wochenblatt", a Hannover la sapientissima costituzione di Dahlmann era 
    abrogata, le risoluzioni della conferenza di Vienna del 1834 vigevano in pieno. 
    In Svizzera i conservatori e i gesuiti progredivano nel migliore dei modi. 
    In Belgio erano al potere i cattolici. In Francia vittoria di Guizot, in Inghilterra 
    ultimi sussulti del governo Whig sotto la pressione del potere crescente di 
    Peel e vani tentativi di riorganizzazione dei cartisti dopo la grande sconfitta 
    del 1839. Dappertutto vittoria del partito reazionario dappertutto completamente 
    disciolti o frantumati tutti i partiti progressisti. L'arresto del movimento 
    storico, questo sembrava il risultato finale delle grandi lotte del 1830.
    Ma il 1840 segnò anche il punto culminante della reazione, come il 
    1830 aveva segnato il punto culminante del movimento rivoluzionario della 
    borghesia. Dal 1840 in poi, i movimenti diretti contro l'ordine costituito 
    ripresero vita. Spesso sconfitti, alla lunga guadagnarono sempre nuovo terreno. 
    In Inghilterra, mentre i cartisti si riorganizzavano e diventavano più 
    forti che mai, Peel doveva tradire ripetutamente il suo partito, dargli il 
    colpo mortale con l'abrogazione delle leggi sul grano e infine dimettersi. 
    In Svizzera i radicali facevano progressi, in Germania e specialmente in Prussia 
    le rivendicazioni dei liberali si facevano ogni anno più energiche. 
    In Belgio, ancora i liberali vinsero alle elezioni del 1847. Solo la Francia, 
    alle elezioni del 1846, dava una maggioranza mai vista ai suoi ministri reazionari; 
    solo l'Italia rimaneva morta, finché Pio IX salì al trono e 
    fece alcuni tentativi di riforme, ancora assai dubbi alla fine del 1846.
    Così spuntava l'anno trascorso, e con esso una serie di vittorie per 
    i partiti progressisti di quasi tutti i paesi. Anche là dove sono stati 
    battuti, la loro sconfitta li ha aiutati a progredire più di quanto 
    avrebbe fatto la vittoria immediata.
    L'anno 1847 non ha deciso nulla, ma dappertutto ha posto decisamente e chiaramente 
    i partiti gli uni di fronte agli altri; non ha risolto definitivamente nessuna 
    questione, ma ha posto tutte le questioni in maniera tale che ora esse devono 
    essere risolte.
    Dei movimenti e dei mutamenti del 1847 i più importanti sono stati 
    quelli di Prussia, d'Italia e di Svizzera.
    In Prussia Federico Guglielmo IV è stato finalmente costretto ad accordare 
    una costituzione. Dopo lunghe lotte e doglie lo sterile don Chisciotte di 
    Sanssouci ha partorito una costituzione che doveva assicurare per sempre la 
    vittoria della reazione feudal-patriarcale-assolutistico-burocratico-pretesca. 
    Ma aveva fatto male i conti. La borghesia era già diventata abbastanza 
    forte da trovare in questa stessa costituzione un'arma contro di lui e contro 
    tutte le classi reazionarie della società. Come dappertutto, anche 
    in Prussia essa cominciò a rifiutargli i denari. Il re era disperato. 
    Si può dire che i primi giorni dopo il rifiuto dei crediti la Prussia 
    non aveva un re; era in piena rivoluzione senza saperlo. Poi per fortuna arrivarono 
    i quindici milioni russi: Federico Guglielmo ridiventò re, i borghesi 
    della Dieta si accasciarono spaventati e le nubi temporalesche della rivoluzione 
    si dissiparono. Per il momento la borghesia prussiana era sconfitta. Ma aveva 
    fatto un grande passo avanti, si era conquistata una tribuna, aveva dato al 
    re una prova della sua forza e messo in agitazione tutto il paese. La questione 
    di sapere chi deve dominare in Prussia, se l'alleanza tra nobiltà, 
    burocrati e preti, col re alla testa, o la borghesia, ora è posta in 
    modo tale che deve essere decisa per l'una o per l'altra parte. Alla Dieta 
    riunita era ancora possibile un confronto tra i due partiti: ora non lo è 
    più. Ora si tratta di una lotta mortale tra essi. Per di più 
    in questo momento si riuniscono le commissioni, quest'infelice invenzione 
    dei fabbricanti di costituzioni berlinesi. Esse imbroglierranno così 
    completamente il problema giuridico, già imbrogliato per suo conto, 
    che nessuno ci capirà più niente. Ne faranno un nodo gordiano 
    che dovrà essere tagliato con la spada; porteranno a termine gli ultimi 
    preparativi per una rivoluzione borghese in Prussia.
    Possiamo dunque attendere con la massima tranquillità questa rivoluzione 
    prussiana. Nel 1849 la Dieta riunita dovrà essere nuovamente convocata, 
    che il re lo voglia o no. Diamo tempo a Sua Maestà fino a quella data, 
    non oltre. Allora egli dovrà cedere il suo scettro e la sua famosa 
    "inconcussa" ai borghesi cristiani ed ebrei del suo regno.
    Il 1847 è stato dunque un anno eccellente per gli affari politici dei 
    borghesi prussiani, nonostante la loro momentanea sconfitta. Se ne sono accorti 
    anche i borghesi e piccoli borghesi degli altri Stati tedeschi, che hanno 
    dimostrato loro la più viva simpatia. Essi sanno che la vittoria dei 
    borghesi prussiani è anche la loro vittoria.
    In Italia abbiamo assistito a uno spettacolo degno di nota: l'uomo che occupa 
    la posizione più reazionaria in tutta Europa, che rappresenta la fossile 
    ideologia del medioevo, il papa, si è messo alla testa di un movimento 
    liberale. Il movimento è divenuto possente da un giorno all'altro; 
    ha trascinato con sé l'arciduca austriaco di Toscana(2) e il traditore 
    Carlo Alberto di Sardegna, scalza il trono di Ferdinando di Napoli e le sue 
    ondate vanno a battere, oltre la Lombardia, sin sulle Alpi del Tirolo e della 
    Stiria.
    Il movimento italiano attuale è lo stesso che si è avuto in 
    Prussia nel 1807-1812. Si tratta, come allora in Prussia, di due cose: indipendenza 
    verso l'esterno, riforme all'interno. Per ora non si chiedono costituzioni, 
    si chiedono soltanto riforme amministrative, per ora si evita ogni serio conflitto 
    col governo, per essere il più possibile uniti di fronte al predomino 
    straniero. Ma di che specie sono queste riforme? A chi giovano? Anzitutto 
    alla borghesia. La stampa viene favorita, la burocrazia viene posta al servizio 
    dell'interesse della borghesia (cfr. Le riforme in Sardegna, la Consulta a 
    Roma e la riorganizzazione dei ministeri), i borghesi ottengono una più 
    larga influenza sull'amministrazione comunale, il beneplacito della nobiltà 
    e della burocrazia viene limitato, la borghesia viene armata in qualità 
    di guardia civica. Finora tutte le riforme sono state esclusivamente nell'interesse 
    della borghesia e, dovevano esserlo. Si confrontino con queste le riforme 
    prussiane dell'età napoleonica. Sono precisamente le stesse, solo che 
    esse, sotto vari aspetti, sono ancora più avanzate: amministrazione 
    subordinata all'interesse della borghesia, soppressione dell'arbitrio della 
    nobiltà e della burocrazia, ordinamento cittadino, milizia territoriale, 
    riscatto delle servitù feudali. Come allora in Prussia, oggi in Italia 
    la borghesia, grazie alla sua crescente ricchezza e particolarmente grazie 
    alla crescente importanza dell'industria e del commercio per l'esistenza di 
    tutto il popolo, è diventata la classe dalla quale principalmente dipende 
    la liberazione del paese dalla dominazione straniera.
    Il movimento in Italia è pertanto un movimento decisamente borghese. 
    Tutte le classi entusiaste delle riforme, dai principi e dai nobili fino ai 
    pifferari e ai lazzaroni, si presentano per il momento come borghesi, e il 
    papa, per il momento, è il primo borghese d'Italia. Ma tutte queste 
    classi si troveranno molto disilluse, una volta scosso il giogo austriaco. 
    Allora i borghesi, quando l'avranno fatta finita col nemico esterno, separeranno 
    i montoni dalle pecore; allora i principi e i conti invocheranno di nuovo 
    l'aiuto dell'Austria, ma sarà troppo tardi; e allora i lavoratori di 
    Milano, di Firenze e di Napoli scopriranno che il loro lavoro comincia solo 
    ora.
    Infine la Svizzera. Per la prima volta nella sua esistenza la Svizzera ha 
    avuto una parte determinata nel sistema degli Stati europei, per la prima 
    volta ha osato un'azione decisa, ha avuto il coraggio di presentarsi non più 
    come agglomerato di 22 cantoni affatto estranei l'uno all'altro, ma come repubblica 
    federale. Attraverso una guerra civile repressa con grande decisione ha assicurato 
    la supremazia del potere centrale, in una parola si è centralizzata. 
    Con la prossima riforma del patto confederale la centralizzazione esistente 
    di fatto sarà legalizzata.
    A chi giovano, ci chiediamo di nuovo, i risultati della guerra, la riforma 
    confederale, la riorganizzazione dei cantoni del Sonderbund? Al partito vittorioso, 
    al partito che negli anni 1830-1834 aveva vinto in singoli cantoni, ai liberali 
    e ai radicali, cioè ai borghesi e ai contadini. Il dominio dei patrizi 
    delle antiche città imperiali era già stato rovesciato in seguito 
    alla rivoluzione di Luglio. Dove esso si era ricostituito di fatto, come a 
    Berna e a Ginevra, ci furono le rivoluzioni del 1846. Dove si era conservato 
    intatto, come a Basilea città, nello stesso anno subì forti 
    colpi. La nobiltà feudale era poca cosa in Svizzera, e dove esisteva 
    ancora trovava la sua forza principale nell'alleanza con i pastori delle Alte 
    Alpi. Questi erano gli ultimi, i più testardi, i più furiosi 
    nemici dei borghesi. Costituivano la riserva degli elementi reazionari dei 
    cantoni liberali. Avvolgevano tutta la Svizzera nella rete di una cospirazione 
    reazionaria ordita dai gesuiti e dai pietisti (cfr. Vaud). Alla Dieta facevano 
    fallire tutti i piani della borghesia. Nelle ex città imperiali impedivano 
    la sconfitta definitiva del patriziato piccolo-borghese.
    Questi ultimi avversari dei borghesi svizzeri sono stati completamente sbaragliati 
    nel 1847.
    Finora i borghesi svizzeri avevano già abbastanza mano libera per il 
    loro commercio e la loro industria in quasi tutti i cantoni. Le corporazioni, 
    per quel che esistevano ancora, ostacolavano poco i loro progressi. Dogane 
    interne praticamente non ce n'erano. Dove la borghesia si era in qualche misura 
    sviluppata, il potere politico era nelle sue mani. Ma mentre nei singoli cantoni 
    essa faceva progressi e trovava appoggio, le mancava proprio la cosa principale, 
    la centralizzazione. Mentre il regime feudale, patriarcale e piccolo-borghese 
    si sviluppa in province separate e in singole città, la borghesia per 
    svilupparsi ha bisogno di un terreno il più possibile esteso; invece 
    di 22 piccoli cantoni, le occorreva una sola grande Svizzera. La sovranità 
    cantonale, la forma più adatta per la vecchia Svizzera, per i borghesi 
    era diventata un intralcio opprimente. Essi avevano bisogno di un potere centrale 
    abbastanza forte per assegnare una determinata direzione alla legislazione 
    dei singoli cantoni, per appianare con la sua preponderanza le differenze 
    tra le costituzioni e le leggi, per eliminare i resti della legislazione feudale, 
    patriarcale e piccolo-borghese, e per rappresentare energicamente all'estero 
    gl'interessi dei borghesi svizzeri.
    Questo potere centrale è stato conquistato.
    Ma non hanno collaborato anche i contadini ad abbattere il Sonderbund? Certamente. 
    Per quanto riguarda i contadini, per il momento essi faranno di fronte ai 
    borghesi la stessa parte che per lungo tempo hanno fatto di fronte ai piccolo-borghesi. 
    Resteranno i poveri sfruttati dei borghesi, combatteranno per conto di essi, 
    tesseranno le loro cotonine e i loro nastri e recluteranno il loro proletariato. 
    Che altro vogliono fare? Proprietari come i borghesi, per ora hanno quasi 
    tutti gl'interessi in comune con i borghesi. Tutte le misure politiche che 
    essi hanno la forza di far passare giovano assai più ai borghesi che 
    a loro stessi. Ma di fronte ai borghesi sono deboli, perché questi 
    sono più ricchi e hanno in pugno la leva di tutto il potere politico 
    del nostro secolo: l'industria. Con i borghesi essi possono molto, contro 
    i borghesi non possono nulla.
    Verrà peraltro un tempo in cui la parte sfruttata, impoverita dei contadini 
    si unirà al proletariato, che intanto si sarà sviluppato, e 
    dichiarerà guerra alla borghesia; ma ciò ora non ci interessa.
    Ci basta osservare che l'espulsione dei gesuiti con i loro affiliati, questi 
    avversari organizzati dei borghesi, la generale introduzione dell'istruzione 
    borghese al posto di quella clericale, l'appropriazione della maggior parte 
    dei beni ecclesiastici da parte dello Stato, giovano soprattutto ai borghesi.
    I tre principali movimenti del 1847 hanno dunque questo in comune, che sono 
    stati anzitutto ed essenzialmente nell'interesse della borghesia. Il partito 
    del progresso era dappertutto il partito dei borghesi.
    Di fatto la caratteristica di questi movimenti è che proprio i paesi 
    che rimasero indietro nel 1830, l'anno passato hanno fatto i primi passi decisivi 
    per portarsi all'altezza del 1830, cioè per conquistare la vittoria 
    della borghesia.
    Fin qui abbiamo dunque visto che il 1847 è stato un anno splendido 
    per la borghesia.
    Andiamo avanti.
    In Inghilterra abbiamo un nuovo parlamento che, come dice il quacchero John 
    Bright è il più deciso parlamento borghese che si sia mai riunito. 
    John Bright è il più deciso borghese di tutta l'Inghilterra: 
    in proposito è la migliore autorità che si possa desiderare. 
    Ma il borghese John Bright non è il borghese che governa in Francia 
    o che tuona con le sue bravate patetiche contro Federico Guglielmo IV. In 
    bocca a John Bright il borghese è il fabbricante. In Inghilterra singole 
    frazioni della borghesia governano dal 1688; ma, per facilitarsi la conquista 
    del potere, esse hanno lasciato il potere nominale ai loro debitori, che da 
    loro dipendevano: gli aristocratici. Mentre quindi la lotta in Inghilterra 
    è in realtà una lotta tra singole frazioni della borghesia stessa, 
    tra redditieri e fabbricanti, i fabbricanti possono farla passare per una 
    lotta tra aristocrazia e borghesia, e anzi, in caso di necessità, per 
    una lotta tra aristocrazia e popolo. I fabbricanti non hanno alcun interesse 
    a mantenere questa parvenza di regime aristocratico, perché i lords, 
    baronetti e squires non devono loro un centesimo. Ma hanno tutto l'interesse 
    a eliminare questa parvenza, perché, insieme con essa, i redditieri 
    perdono l'ultima àncora di salvazza. Questo farà l'attuale parlamento 
    dei borghesi o dei fabbricanti. Esso trasformerà la vecchia Inghilterra, 
    con la sua apparenza feudale, in un paese più o meno moderno, ad organizzazione 
    borghese. Avvicinerà la costituzione inglese alla costituzione francese 
    e belga. Porterà a compimento la vittoria della borghesia industriale 
    inglese.
    Questo è un altro progresso della borghesia, perché anche il 
    progresso all'interno della borghesia è un allargamento, un rafforzamento 
    del regime borghese.
    Solo la Francia sembra fare eccezione. Il potere, che nel 1830 era passato 
    nelle mani di tutta la grande borghesia, di anno in anno si riduce sempre 
    più al potere delle frazioni più ricche di questa grande borghesia, 
    al potere dei redditieri e degli speculatori in Borsa. Essi hanno asservito 
    al loro interesse la maggioranza della grande borghesia. La minoranza, alla 
    cui testa è una parte dei fabbricanti e degli armatori, si riduce sempre 
    più. Ora questa minoranza si è alleata con i medi e piccoli 
    borghesi esclusi dal diritto di voto e celebra l'alleanza nei banchetti per 
    la riforma. Essa dispera di poter mai arrivare al potere con gli elettori 
    attuali. Quindi, dopo lunghi tentennamenti, si è decisa a promettere 
    una partecipazione al potere politico ai borghesi che si trovano al livello 
    immediatamente inferiore al suo, e in particolare agli ideologi borghesi, 
    in quanto sono i meno pericolosi di tutti: avvocati, medici, ecc. Tuttavia 
    essa è ancora ben lungi dal poter mantenere la sua promessa.
    Anche in Francia vediamo così avvicinarsi quella lotta all'interno 
    della borghesia che in Inghilterra è già quasi conclusa. Solo 
    che, come sempre, in Francia la situazione ha un carattere più nettamente 
    delineato, rivoluzionario. Anche questa decisa scissione in due campi è 
    un progresso della borghesia.
    In Belgio, alle elezioni del 1847, la borghesia ha riportato una decisa vittoria: 
    il ministero cattolico ha dovuto dimettersi, e ora anche qui, per il momento, 
    sono al potere i borghesi liberali.
    In America, abbiamo visto la conquista del Messico e ce ne siamo rallegrati. 
    è un progresso anche il fatto che un paese che finora si era occupato 
    esclusivamente di se stesso, che era lacerato da eterne guerre civili e impedito 
    in ogni possibilità di sviluppo, un paese al quale tutt'al più 
    era riservata la sorte di finire nel vassallaggio industriale dell'Inghilterra, 
    sia tirato con violenza nel movimento storico. è nell'interesse del 
    suo stesso sviluppo che in futuro esso sia posto sotto la tutela degli Stati 
    Uniti. è nell'interesse di tutta l'America che gli Stati Uniti, col 
    possesso della California, estendano il potere sull'oceano Pacifico. Ma, ci 
    chiediamo di nuovo, a chi giova innanzi tutto la guerra? Solo alla borghesia. 
    In California e nel Nuovo Messico i nordamericani acquistano nuovo terreno 
    per produrvi nuovo capitale. Cioé per far nascere nuovi borghesi e 
    per arricchire quelli già esistenti: infatti tutto il capitale che 
    oggi si produce finisce nelle mani della borghesia. E il vagheggiato taglio 
    dell'istmo di Tehuantepec, a chi altri giova se non agli armatori americani? 
    Il potere sul Pacifico, a chi giova se non agli stessi armatori? I nuovi acquirenti 
    di prodotti industriali, che si formano nei paesi conquistati, chi li rifornirà 
    se non i fabbricanti americani?
    Dunque anche in America i borghesi hanno fatto grandi progressi e se ora i 
    loro rappresentanti si oppongono alla guerra ciò dimostra soltanto 
    che essi temono che questi progressi, sotto vari aspetti, siano ottenuti a 
    un prezzo troppo elevato.
    Anche in paesi affatto barbari la borghesia fa progressi. In Russia l'industria 
    si sviluppa a passi da gigante e trasforma sempre più gli stessi boiardi 
    in borghesi. In Russia e in Polonia la servitù della gleba viene limitata; 
    la nobiltà viene quindi indebolita nell'interesse della borghesia, 
    e si crea una classe di liberi contadini di cui la borghesia ha dappertutto 
    bisogno. Gli ebrei sono perseguitati, e ciò avviene precisamente nell'interesse 
    dei residenti cristiani, che erano danneggiati negli affari dal commercio 
    ambulante. In Ungheria i latifondisti diventano sempre più commercianti 
    all'ingrosso di grano, lana e bestiame, e alla Dieta si presentano pertanto 
    come borghesi. E tutti questi gloriosi progressi della "civiltà" 
    in Turchia, in Egitto, in Tunisia, in Persia e in altri paesi barbari, in 
    che consistono se non nei preparativi per il fiorire di una futura borghesia? 
    In questi paesi si adempie oggi la parola del profeta: "Preparate la 
    strada al Signore... O porte, alzate i vostri capi; porte eterne, alzatevi, 
    e il Re di gloria entrerà. Chi è questo Re di gloria?". 
    è il borghese.
    Dovunque volgiamo lo sguardo, la borghesia fa grandi progressi. Leva alta 
    la testa e sfida baldanzosa i nemici. Attende vittorie decisive, e la sua 
    speranza non sarà delusa. Vuole ordinare il mondo intero secondo i 
    suoi princìpi, e su gran parte della terra vi riuscirà.
    Noi non siamo amici della borghesia, questo è noto. Ma questa volta 
    ci rallegriamo del suo trionfo. Noi possiamo tranquillamente sorridere dello 
    sguardo altezzoso che essa, particolarmente in Germania, lascia cadere sul 
    gruppetto, in apparenza così piccolo, dei democratici e dei comunisti. 
    Non abbiamo nulla in contrario, se essa consegue dappertutto i suoi fini.
    Anzi. Non possiamo trattenere un sorriso ironico quando vediamo con quanta 
    tremenda serietà, con quanto entusiasmo patetico, quasi dappertutto 
    i borghesi perseguono i loro fini. Questi signori credono veramente di lavorare 
    per sé. Sono di così corta vista da credere che, con la loro 
    vittoria, il mondo raggiungerà la sua forma definitiva. Eppure nulla 
    è più evidente del fatto che essi dappertutto aprono la via 
    soltanto a noi, ai democratici e comunisti; che si conquisteranno tutt'al 
    più alcuni anni di malsicuro godimento, per poi essere a loro volta 
    rovesciati. Dietro a loro sta dappertutto il proletariato: o condividendo 
    le loro aspirazioni e in parte le loro illusioni, come in Italia e in Svizzera, 
    o silenzioso e prudente, ma intento a preparare in segreto l'abbattimento 
    della borghesia, come in Francia e in Germania, o infine, in Inghilterra e 
    in America, in rivolta aperta contro la borghesia al potere.
    Possiamo fare anche di più. Possiamo addirittura dire tutto questo 
    ai borghesi, possiamo giocare a carte scoperte. Sappiano pure in anticipo 
    che lavorano solo nel nostro interesse. Ma non per questo possono rinunciare 
    alla loro lotta contro la monarchia assoluta, la nobiltà e i preti. 
    Devono vincere o perire già ora.
    Sì, tra brevissimo tempo in Germania dovranno persino fare appello 
    al nostro soccorso.
    Continuate pure a lottare con animo, egregi signori del capitale! Per ora 
    abbiamo bisogno di voi, qua e là il vostro potere ci è persino 
    necessario. Dovete sgombrarci il campo dai resti del medioevo e dalla monarchia 
    assoluta, dovete distruggere il regime patriarcale, dovete centralizzare, 
    dovete trasformare per noi in veri proletari, in reclute, tutte le classi 
    più o meno nullatenenti, con le vostre fabbriche e le vostre relazioni 
    commerciali dovete fornirci la base dei mezzi materiali di cui il proletariato 
    ha bisogno per liberarsi. Come compenso, terrete il potere per breve tempo, 
    godrete lo splendore della maestà da voi creata, banchetterete e corteggerete 
    la bella principessa, ma non dimenticate:
    "Il carnefice è davanti alla porta".
    
    Pubblicato sul "Deutsche-Brusseler-Zeitung", n. 7, 23 gennaio 1848. 
    Sta in Marx-Engels, Opere, Ed. Riuniti, vol. VI, pagg. 531-540
    
    Note:
    (1) Legge di riforma
    (2) Il granduca Leopoldo II di Toscana