Biblioteca Multimediale Marxista


Per la storia del movimento anarchico nel dopoguerra

Un'esperienza dell'anarchismo di classe: I Gruppi Anarchici di Azione Proletaria


 

 

Subito dopo il Congresso di Carrara del settembre 1945 il movimento anarchico - nella quasi totalità organizzato nella F.A.I. - attraversa, come abbiamo accennato, un periodo di rilancio, anche sul terreno organizzativo. La Federazione Comunista Libertaria Ligure (uno dei più forti raggruppamenti regionali in Italia) si struttura efficacemente dapprima a livello provinciale con organismi di coordinamento politico e funzionale tra i gruppi (o sezioni come vengono chiamati questi nei primi anni): Il Comitato Direttivo, la Segreteria politica e la Commissione di Corrispondenza. In seguito, non appena i rapporti con gli altri gruppi liguri si intensificano si passa ad una organizzazione a due livelli, il primo quello delle federazioni locali di area geografica omogenea: Federazione del Ponente (Da Cogoleto a Cornigliano, comprendente Rossiglione); Federazione della Valpolcevera (da Pontedecimo a S.P.D'Arena), Federazione di Genova Centro e Federazione del Levante (da Quarto fino a Sestri Levante) e per il resto della Liguria: Federazione di La Spezia, della Val di Magra e Sarzana, di Savona e di Imperia. Il secondo è quello regionale che prevede un Consiglio formato da sette membri, ciascuno con un incarico preciso (segretario, cassiere, coordinazione, propaganda, difesa sindacale, vittime politiche, relazioni internazionali).

Complessivamente dal 1946 al 1948 il movimento cresce e si consolida, a livello ligure come a livello nazionale. Alcune questioni irrisolte tuttavia cominciano a pesare sulla Federazione. La prima è quella dell'unità del movimento nella F.A.I., assunta nell'entusiasmo dell'immediato dopoguerra come un fatto in qualche modo naturale e non come risultato di un processo di omogeneizzazione dei militanti (vecchi e nuovi) in una progettualità rivoluzionaria coerente e condivisa.

Esistevano dunque nella Federazione diverse anime, alcune delle quali si distinguevano per una spiccata vocazione anti-organizzatrice e dunque non particolarmente propense a favorire l'attività federativa. Il ritorno di Armando Borghi in Italia (con tutto il peso del suo nome e dei suoi trascorsi) passato dalle originarie posizioni sindacaliste e classiste a sostenitore di un anarchismo "ideologico", la forte campagna condotta dai compagni de l'Adunata dei Refrattari contro l'efficentismo organizzativo inteso come una deriva verso posizioni autoritarie e cripto-marxiste, si integrava di fatto - secondo Cerrito (cfr. Il ruolo dell'organizzazione anarchica) - con alcune tendenze liberaleggianti esemplificate dalla redazione di Volontà. Il tutto al di là dei giudizi di merito, si risolveva in una difficoltà crescente della Federazione a tenersi al passo con le necessità imposte dal clima di duro scontro sociale. Una prima crisi si apre - prevalentemente a livello milanese - già alla fine del 1945. Antonio PietroPaolo, Mario Perelli, Germinal Concordia e altri militanti danno vita alla Federazione Libertaria Italiana sulla base di un'alleanza con elementi comunisti dissidenti. La F.L.I. è fortemente orientata alla partecipazione elettorale ma avrà breve vita e una parte dei suoi componenti ritornerà in seno al movimento anarchico. Non è nota l'entità della dissidenza genovese che seguì Pietropaolo, Perelli e Concordia ma a giudicare dalla veemenza con cui la F.C.L.L. condannò questa esperienza è possibile che qualche anarchico genovese si imbarcasse sul carro della F.L.I. A questo proposito un articolo di forte condanna della F.L.I. dal titolo "Precisazioni degli anarchici circa una pretesa crisi" viene fatto pubblicare dalla F.C.L.L. sulla stampa cittadina genovese nel febbraio del '46. Sicuramente più grave per il movimento genovese è l'abbandono della federazione da parte di alcuni compagni sindacalisti (tra cui Giovanni Mariani) possibilisti sull'uso in senso rivoluzionario di alcuni organismi cogestionali allora varati nelle fabbriche.

Il 1948 segna una svolta nel panorama politico e sociale italiano. Due avvenimenti tengono banco: la cacciata delle sinistre dal governo e la rottura dell'unità sindacale. Entrambi condizioneranno pesantemente le possibilità della Federazione di assumere un deciso protagonismo rivoluzionario. Il passaggio del PCI (e del PSI) all'opposizione, mentre conferma le tesi anarchiche contro l'impossibilità di volgere la politica di unità nazionale a favore di un riscatto anche solo parziale della classe operaia, d'altro lato produce una contrapposizione - formalmente dura sul piano politico e obbiettivamente aspra sul terreno sociale - tra conservazione e rinnovamento radicale, esemplificata sul piano internazionale dalla cosiddetta "guerra fredda". Chi si candida a egemonizzare l'opposizione sociale e politica è naturalmente il P.C.I. e lo fa - nel solco della sua tradizione stalino-togliattiana - con eccezionale efficacia. E' del tutto comprensibile che molti anarchici assumano un atteggiamento possibilista nei confronti del nascente Fronte Popolare anche a causa dell'atteggiamento sempre più rinunciatario assunto dalla F.A.I. e dal suo estraniarsi progressivo dal fulcro dello scontro di classe. Ricordiamo che "La revisione progressiva delle deliberazioni di Carrara, comincia nel Congresso di Bologna del 1947 che elimina, fra l'altro, il Consiglio Nazionale sostituendolo con una Commissione di Corrispondenza a cui si attribuiva l'esclusiva funzione di "buca per lettere"." (G.Cerrito, op.cit.).

Sul piano sindacale poi le cose non vanno meglio. Le scissioni socialdemocratica e democristiana mettono la C.G.I.L. nelle mani dei comunisti (e dei socialisti di osservanza moscovita). La corrente anarchica nella Confederazione è stretta alle corde e i Comitati di Difesa Sindacale, pur presenti ed attivi in numerose fabbriche, scontano l'impossibilità di una coordinazione politica efficace. Si pongono insomma le premesse per quella diaspora degli anarchici in tutto l'arco sindacale che dura a tutt'oggi. Neppure la ricostituzione tardiva dell'Unione Sindacale Italiana ad opera di vecchi militanti sindacalisti (a Genova Antonio Dettori, Libero Dall'Olio, Cristoforo Piana, ecc.) servirà ad invertire la linea di tendenza che porterà alla marginalizzazione del movimento anarchico dal fronte della lotta sindacale. Proprio in questa situazione di crisi emergente si manifestano all'interno della Federazione inquietudini e spinte a riportare la F.A.I. al suo ruolo all'interno dello scontro di classe, elevando il livello teorico e politico dei militanti e la loro capacità di intervenire politicamente in maniera organizzata. Queste spinte provengono in massima parte da settori e gruppi di giovani operai entrati nel movimento anarchico durante lotta partigiana ma anche da vecchi militanti "organizzatori" (citiamo per tutti Lorenzo Gamba, savonese reduce da una trentennale militanza sindacalista e rivoluzionaria) e da giovani intellettuali come Piercarlo Masini, che proprio nel 1948-1949 diventa redattore di Umanità Nova. Queste spinte e questa inquietudine si manifestano - all'inizio - in modo differenziato: con una lunga serie di discussioni e di mozioni di cui troviamo ad esempio traccia nei verbali delle riunioni e dei convegni della Federazione Anarchica Ligure (così si chiama la F.C.L.L. a partire dal novembre 1946) e dei gruppi aderenti; con l'opera preziosa di battaglia contro la deriva riformista dei sindacati condotta con numerosi articoli e corrispondenze sulla stampa del movimento (da L'Amico del Popolo di Genova, a Umanità Nova, a Il Libertario di Milano) scritti da Lorenzo Parodi e altri quadri anarchici operai; al raccogliersi intorno ad alcuni gruppi (come quello di Roma-Centro di cui faceva parte Piercarlo Masini) di un'area di militanti di diverse regioni (Lazio e Toscana, ma anche Liguria) propensi al rilancio della Federazione in chiave "orientata e strutturata".

A Genova malesseri e spinte di questo tipo si traducono nella fondazione - nel 1949 - di un gruppo di giovani che si da un nome significativo, "Inquietudine" (che pubblicherà il bollettino omonimo) e che è un po' il depositato di un paio di anni di discussioni e di convegni giovanili anarchici. Tra i redattori e i collaboratori del bollettino Inquietudine (ne usciranno tra il marzo 1949 e il gennaio 1950, otto numeri di cui il quinto sequestrato dalla polizia) citiamo Casimiro, Aldo Vinazza, Aldo Panzieri, Alberto Mondani, Rubino, Bruno De Lucchi, Lorenzo Parodi, Renata Lovarini e il savonese Arrigo Cervetto. Alcuni di loro saranno tra i promotori dell'esperienza gaappista ligure; altri come De Lucchi (uno dei tre autori dell'attentato al consolato spagnolo di Genova, appunto avvenuto nel 1949) rientreranno nell'ortodossia del movimento anarchico per poi riuscirne in una deriva sindacalista confederale.

Proprio nel 1949 le cose vengono a maturazione. Il III Congresso della F.A.I. che si svolge a Livorno dal 23 al 25 aprile 1949 (a cui partecipano tra gli altri i futuri gaappisti Ugo Scattoni, Renzo Sbriccoli, Piercarlo Masini e Lorenzo Parodi) da l'avvio ad un primo processo di sedimentazione organizzativa della tendenza a favore di un "movimento anarchico federato e orientato". Il nucleo trainante questo processo è sicuramente il gruppo di Roma-Centro in cui militano tra gli altri Scattoni, Masini, Marcello Cardone e Tancredo Maroncelli e che già da tempo pubblica un bollettino dal titolo Notiziario laziale. La saldatura più immediata è con una serie di compagni toscani (prevalentemente livornesi) con cui viene data vita al Comitato interregionale tosco-laziale poco dopo il citato Congresso livornese. Di poco successiva (settembre 1949) è la pubblicazione del primo numero de L'Impulso sottotitolato Notiziario anarchico per il Lazio e la Toscana. Essendo questa la prima uscita ufficiale dei futuri gaappisti conviene riportare per esteso alcuni passi che ne esplicitano la linea d'azione. "Questo comitato è sorto da una libera intesa fra compagni toscani e laziali, nel quadro di una collaborazione interregionale che sta dando i suoi buoni frutti, col proposito di intensificare un comune lavoro sul piano locale....Il comitato si propone di potenziare regionalmente la Federazione Anarchica Italiana e a questo scopo affianca l'attività delle cdc regionali e nazionali" recita un articoletto in prima pagina. Mentre nell'editoriale d'apertura titolato In cammino esordisce: "All'indomani del nostro ultimo congresso nazionale (Livorno, aprile 1949) in una serie di densi scambi di idee, i compilatori di questo foglio trassero alcune conclusioni che saranno a volta a volta su queste colonne approfondite e perfezionate". E più avanti: "Di qui la necessità di iniziare alla base un paziente lavoro di restaurazione teorica allo scopo di rianimare i compagni disorientati o ideologicamente deboli; di qui la necessità di riassestare consolidare potenziare, su un piano locale, il tessuto associativo minacciato da un avanzato processo di lacerazione. Così, frustrato ogni incentivo alla secessione o all'isolamento, riaffermato il principio della difesa e della valorizzazione della F.A.I., contro ogni tentativo di liquidazione, ci siamo messi al lavoro in ambito regionale". E ancora: "Il movimento anarchico non muore né va alla deriva. le sue risorse sono inesauribili. Ogni qualvolta sembra che, sotto l'assalto dei vari revisionismi ed opportunismi, il movimento stia per perdere l'equilibrio, ecco che intervengono energie nuove a ristabilire quest'equilibrio sull'asse di una inalterabile tradizione.". E conclude: "Abbiamo in pugno le armi teoriche che ci hanno consegnato i nostri maestri, collaudate oggi più che mai dall'esperienza. Con queste armi e con la responsabilità di cui tutto il movimento anarchico è investito dalla situazione storica, non si bizantineggia più intorno all'organizzazione: la si realizza.". Il profilo è apparentemente basso: lavoro politico locale, rafforzamento della F.A.I., lotta ai revisionismi e alle tendenze anti-organizzatrici. Nella sostanza però c'è in nuce un'estrema attenzione ai due cardini intorno ai quali si articolerà la strategia dei G.A.A.P.: la restaurazione teorica da intendere come il recupero della matrice di classe dell'anarchismo, le energie che emergono nei momenti di difficoltà a ristabilire la natura classista dell'anarchismo e, infine, l'estrema attenzione all'efficienza organizzativa: non si bizantineggia, la si pratica.

Da queste premesse e considerando il peso che le tendenze anti-organizzatrici avevano ormai assunto nella Federazione e nel movimento (il duro scontro polemico che vedeva contrapporti Masini - redattore di Umanità Nova - e Zaccaria -redattore di Volontà - si conclude infatti con le dimissioni del primo) non poteva che generarsi uno scontro a tutto campo, del quale molti anarchici furono co-protagonisti abbastanza inconsapevoli. Il Convegno anarchico laziale di Civitavecchia del settembre 1949, quello di Firenze all'inizio del 1950, la costituzione della Unione Anarchica Laziale, a Frascati nel febbraio dello stesso anno e infine il Congresso della Federazione Anarchica Ligure, svoltosi a Pontedecimo il 19/3/1950 saranno le prime tappe delle alterne vicende che porteranno alla costituzione dei G.A.A.P. e alla loro successiva estromissione dal movimento anarchico e - comunque la si pensi - ad un indebolimento progressivo e irrimediabile della F.A.I.

L'esperienza dei G.A.A.P. e della loro voce L'Impulso si consuma dapprima nel movimento anarchico italiano, poi a margine di questo, negli anni che vanno dal 1949 al 1957. I 79 numeri del giornale usciti sono la cronaca minuziosa di un esperimento ambizioso, e fallito, di traghettare il movimento anarchico - o almeno quella parte di esso non dedita alle pratiche del C7nullismo C8 come dicevano i gaappisti - verso una precisa collocazione di classe in linea con le tradizioni storiche proletarie dell'anarchismo. Per far ciò, secondo i G.A.A.P., era necessario approfondire il patrimonio teorico dell'anarchismo, scrostarlo dagli ideologismi aclassisti e dargli una forte impronta organizzativa caratterizzata dal principio della responsabilità collettiva.. L'esperienza come si è detto fallì, il gruppo più consistente di gaappisti diede vita ad una stretta alleanza con alcuni gruppi della Sinistra Comunista e in seguito si costituì in Lotta Comunista; altri compagni ritornarono nella F.A.I.; altri ancora scelsero diverse strade di impegno sindacale e politico. L'esperienza dunque fallì e le responsabilità non furono univoche, oggi tuttavia può essere di qualche interesse ripercorrere comunque le tappe di un'esperienza assolutamente originale e inedita, non per individuare colpe e colpevoli, ma per analizzare uno degli snodi della storia tormentata del nostro movimento che l'hanno confinato per anni in una situazione di pura sopravvivenza. E per trarne qualche lezione.Conviene dunque, prima di tutto, ripercorrere alcune delle tappe che portarono la F.A.I. appena uscita dalla guerra alla crisi ed alla secessione (o estromissione a seconda dei punti di vista) dei G.A.A.P.

Il movimento anarchico era uscito dalla lotta partigiana e dalla Resistenza ridimensionato rispetto all'ante-fascismo ma con una discreta consistenza e un radicamento non marginale tra il proletariato.

Nell'alta Italia, la dove gli anarchici avevano partecipato in autonomia e in piena visibilità alla lotta contro i nazifascisti - in Toscana come in Emilia, in Liguria come a Milano e Torino - numerosi giovani erano accorsi tra le fila delle brigate libertarie. Si trattava per lo più di giovani operai avvicinati all'anarchismo dalla propaganda clandestina dei vecchi militanti anarchici e sindacalisti.

Solo nel genovesato - dove avevano operato due Brigate SAP libertarie: la Malatesta e la Pisacane, diversi distaccamenti anarchici e molti compagni avevano combattutto nelle SAP Garibaldi e Matteotti, per un totale di oltre 400 partigiani libertari - si contavano alla fine del '45 circa 2.000 aderenti alla ventina di gruppi che costituivano la Federazione Comunista Libertaria Ligure a Genova. La presenza era forte nelle maggiori fabbriche del ponente cittadino (Ansaldo, Fossati, Cantieri, SIAC) e c'era un buon radicamento nel territorio. Lo stesso avveniva nel resto della Liguria, a Milano, Torino e in Toscana e specialmente nel Carrarese.

Il movimento rinasceva dalle sue ceneri con tante energie nuove e il rinnovato impegno di molti vecchi militanti ritornati alla lotta politica e sindacale dopo l'esilio o il confino e la lotta partigiana.

Si aprivano sedi, si pubblicavano giornali e riviste (almeno un settimanale per le città maggiori: Era Nuova a Torino, Il Comunista Libertario e poi Il Libertario a Milano, L'Amico del Popolo a Genova, Volontà a Napoli, Umanità Nova a Roma, ecc.), si tenevano comizi e conferenze radiodiffuse, si partecipava attivamente e in forma organizzata alla lotta sindacale (si costituirono i Comitati di Difesa Sindacale come componente anarchica della C.G.I.L.) con buoni risultati nonostante la preponderanza numerica dei militanti del P.C.I.

I primi due congressi del movimento anarchico tenutisi nella seconda metà del 1945 marcarono le prime tappe di un processo riorganizzativo che pareva ineludibile (Ricordiamo che due convegni clandestini che si erano tenuti a Firenze nel 1944 avevano sancito la costituzione della Federazione Comunista Libertaria dell'Alta Italia, ma si era trattato di un atto - viste le difficili condizioni di azione - del tutto formale). A Milano dal 23 al 25 giugno si svolgeva il primo congresso (denominato tuttavia convegno interregionale) delle federazioni e dei raggruppamenti comunisti-libertari e anarchici dell'alta Italia che dopo aver discusso dei C7Postulati del comunismo libertario sul terreno politico, economico e sociale C8, della C7Organizzazione sindacale e ... posizione di fronte al funzionamento delle Commissioni di fabbrica, in relazione alla gestione, alla produzione ed al consumo C8 e dei C7Rapporti con i partiti politici sul terreno politico, sindacale e militare C8, invitava tutti i militanti a mettersi al lavoro per gettare le basi di un'organizzazione capace di potenziare azione e propaganda.

A Carrara dal 15 al 19 settembre si tenne il primo vero e proprio congresso nazionale. Parteciparono numerosi delegati di una grande quantità di gruppi e federazioni dislocati su tutto il territorio nazionale. Fu la prima vera occasione d'incontro tra militanti di diverse regioni - con le loro diverse esperienze della guerra e della lotta di liberazione -, tra militanti vecchi e nuovi - con il loro differente bagaglio politico e culturale-, tra militanti che avevano combattuto il fascismo in Italia o nell'emigrazione.

Furono le prime vere assise del movimento anarchico dopo gli anni bui del fascismo. Tanto fu l'entusiasmo, tanti i temi trattati (la lotta politica; l'azione libertaria; l'azione sindacale e cooperativa; i Consigli di Gestione; i rapporti con i CLN; organizzazione nazionale e locale) seppur nella sommarietà dei tempi e nell'assenza, oltreché di un vero e proprio dibattito congressuale, di un'omogeneità teorica che andasse al di là di alcuni principi generali.

L'impressione è che le differenze politiche e di impostazione generale che pur sussistevano forti anche a livello di federazioni locali risultassero attutite dal clima di entusiasmo e dalla scelta di puntare sull'unità del movimento anarchico sotto le bandiere della costituenda Federazione Anarchica Italiana.

Ben altrimenti andavano le cose in alcune grandi federazioni regionali e cittadine (Liguria, Milano, Roma, Livorno) dove il dibattito su alcune grandi questioni come quella sindacale o quella organizzativa si manifestò quasi da subito nell'evidenza di posizioni assai diversificate e di un dibattito piuttosto serrato. Per comodità di esposizione (abbondanza di documentazione), per la qualità politica del dibattito ligure (dapprima all'interno della Federazione Comunista Libertaria Ligure e poi, come si denominò in seguito, Federazione Anarchica Ligure) e per la rilevanza dei futuri gruppi gaappisti liguri, seguiremo la storia degli anni che vanno dal '45 al '49 centrando l'attenzione sulle vicende liguri e sul loro rapporto con quel che avveniva nel resto del movimento.