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Lo stato cileno dichiara guerra alla nazione Mapuche


 

Ringraziamo "Vientos de Sur" per aver messo a disposizione dei nostri lettori questol testo


Noviembre 22, del 2006.


Lo stato cileno è impegnato a derubare le ricchezze naturali del nostro paese; inoltre è anche compromesso nel saccheggio delle terre che non gli appartengono per offrirle con leggerezza (previo pagamento) alle grandi compagnie. Non ha lesinato ad usare mezzi di ogni indole per portare a compimento queste azioni.
Senza voler manifestare sentimenti di ostinatezza, i fatti accaduti ripetutamente nel Territorio Mapuche non lascianno spazio a commenti di altra sorta. Lo stato cileno ha dichiarato guerra al popolo mapuche, ormai da parecchi anni, ma ultimamente le misure repressive hanno oltrepassato tutte le sanzioni immaginate.
Ampi settori della popolazione affidarono la loro fiducia nei nuovi tempi che si avvicinavano con l’avvento di governi civili post Pinochet. Tuttavia, dopo oltre 15 anni di governo dei partiti della concertazione, il paese ha cominciato a intravedere che la transizione in Chile non è stato altro che l’arroccamento di due elementi dalle somiglianze indiscutibli. E inoltre, sfortunatamente, come si sa a livello internazionale, l’arroccamento qui in Cile l’ha operato la longa mano degli Stati Uniti.
Non c’è mai stata una transizione, quello che si è verificato è stato una transazione.
Lo Stato cileno ha ripetutamente incorso in fatti della peggior risma morale e umana nei confronti di intere comunità. La violazione dei diritti umani, così come la corruzione, gli intrallazi, il monopolio delle comunicazioni, le paghe da fame, la distruzione dell’ambiente, la vendita illegale di risorse naturali appartenenti a tutto il paese e che si trovano nelle mani dei privati, la disoccupazione. Una educazione tra le più mediocri in America latina, una delle peggiori distribuzioni della ricchezza al mondo, la delazione ricompensata, la corruzione, la molestia, l’impunità offerta ai violatori dei diritti umani (Pinochet morirà libero, nonostante le imputazioni e le accuse, carceri Vip per truffatori e militari assassini.
Pedinamenti, perquisizioni domiciliari notturne, controllo della posta elettronica, della corrispondenza, dei telefoni, l’utilizzo delle videocamere per riprendere i manifestanti, informatori, torturati, assassinati senza correre rischio, la truffa e il nepotismo, solo per citare alcuni dei misfatti, ciò raffigura la politica odierna del governo di Cile.
Lo stato cileno ha fatto uso e abuso della forza poliziesca con la quale si affida per reprimere, saccheggiare, perquisire, torturare e assassinare impunemente i membri del popolo Mapuche.
È il caso del giovane comunero di 17 anni, Alex Lemún, piccolo puma andino assassinato il 12 novembre 2002 dal maggiore dei carabinieri Marcos Treuer, con una fucilata nella testa, senza che al giorno d’oggi si sia fatta giustizia al riguardo.
Impunità giudiziaria per il sicario del governo, il quale non è altro che un peone inviato dallo Stato cileno che solo esegue come subordinato gli interessi delle grandi compagnie.
Juan Domingo Collihuín Catril, tra gli anni 1986 e 1990 è stato vittima di perquisizioni domiciliari, imprigionamento, revolverate, torture, minacce. I suoi tre figli hanno sofferto le stesse vessazioni.
Nel 2003 la sua casa è stata perquisita e perforata da proiettili della polizia cilena. Nel 2004 suo figlio viene arrestato svariate volte sotto presunzione.
In Cile primeggia lo spirito giuridico che recita: si presume che sia colpevole fino a quando non si provi la sua innocenza.
Nel mese di agosto del 2005, suo figlio Emilio Collihuín viene accusato di rapina domiciliare nei confronti di Candelario Cuevas, il quale non lo riconosce come uno degli assalitori, tuttavia, una dozzina di testimoni assicurava di esser stato insieme all’imputato nel momento in cui si verificarono i fatti; il testimone principale del governo era un sordomuto.
Emilio è stato condannato a 12 anni di prigione con un verdetto orale nella città di Temuco.
Agosto, 2006, Juan Domingo Collihuín Catril, è assassinato con un colpo di pistola al petto da un sergente della polizia del Cile. I suoi figli balzarono fuori per difenderlo, rimanendo gravemente feriti per via delle revolverate che ricevettero.
Ciò che la dittatura iniziò, la nuova “democrazia” conclude.
Nel mese di settembre di quest’anno, la Segreteria Internazionale dell’Organizzazione Mondiale Contro la Tortura (OMCT) ha sollecitato un intervento URGENTE sulla situazione che si vive nel Territorio Mapuche.
“La Segreteria Internazionale della OMCT chiede al governo cileno di intraprendere un’inchiesta indipendente, esaustiva e imparziale da parte di organizzazioni civili, riguardo tutti i fatti denunciati, in particolar modo sulle circostanze e le responsabilità della morte del Longo Sig. Juan Domingo Cullihuín Catril, con lo scopo che questi non restino impuniti.
La OMCT rinnova la sua seria preoccupazione per la sicurezza e l’integrità fisica e psicologica di tutti i membri della comunità dei Mapuches e ritenendo che questi avvenimenti formano parte del processo di criminalizzazione e della seria persecuzione di cui sono oggetto tutti i membri appartenenti alla suddetta comunità, sollecita misure di protezione tempestive e appropriate per tutti loro”.
Lo Stato cileno ha instancabilmente operato l’applicazione della sua politica di sterminio nei confronti dell’etnia Mapuche.
Anno 1999, María Ancamilla, un’autorità Mapuche, è sottoposta a percosse da parte dei Carabinieri del Cile cui gravi conseguenze sono ancora oggi pressenti.
Agosto 2001, Abraham Santi perde un occhio per causa di un pallino sparato dai Carabinieri del Cile. Anno 2002, un’altro pallino, la cui provenienza è da imputare sempre alle stesse mani, colpisce nell’occhio di Ramón Llnaquileo nel villaggio di Temulemu.
Gennaio 2001, Daniela Ñancupil di soli 12 anni di età riceve svariati colpi di pallini di gomma sparati dai Carabinieri del Cile. Inoltre, è stata rapita dalle guardie urbane armate le quali hanno proceduto a torturarla, spaventarla e interrogarla.
Maggio 2001, la Polizia Investigativa, nel suo desiderio di di imprigionare a un’autorità mapuche, un Lonko del settore Tirúa, spara contro quattro mapuches, tra i quali Juan Liempi Marihuen rimarrà agonizzante per più di cinque giorni.
Zenón Díaz Necul, morirà assassinato mentre dava il suo appoggio a una mobilitazione Mapuche.
Luis Lircán, subisce una brutale perquisizione, oltre a ricevere una scarica di circa 15 pallini sul suo corpo.
Jorge Suárez Marihuan, assassinato da sconosciuti e fatto comparire come affogato nel fiume Queuco.
21 Novembre 2006, Juan Paillalef Curiqueo, giovane studente di 17 anni, è assalito, villipendiato e violato da una banda di nazisti creoli.
I fratelli Juan e Florencio Marileo, Juan Carlos Huenulao, Patricia Troncoso, sono stati giudicati sotto la Legge Antiterrorista, fatto che aggravò la loro condanna, fino a raggiungere una pena di 10 anni di carcere.
La persecuzione politica, giudiziale e poliziesca contro la Coordinadora Arauco Malleco. Organizzazione modello della lotta radicalizzata contro l’usurpazione del territorio ancestrale.
Scorrerie incendiarie contro le scuole mapuche, attacchi incendiari contro gli avvocati mapuche.
Abitazioni di mapuche incendiate e saccheggiate.
Minacce di morte di morte nei confronti di quei giornalisti che sfidano la voce ufficiale.
Violazione di domicili, rapine di danaro, “confisca” del macchinario agricolo, danneggiamento delle attrezzature, distruzione dei raccolti, bruciatura delle sèmine.
Lo stato cileno si ostina a sostenere che nel paese esiste una sola etnia.
Si ha l’impressione che il governo del Cile abbia effettuato una pulizia etnica in grande stile se dei quasi un milione di mapuches esistenti nel 1992, attualmente ne esistono circa 700 mila.
Senza dover menzionare l’umiliazione, il degrado, le offese a sfondo razzista, le beffe, le bastonate.
La canna di un rivoltella conficcata nella testa di uomini, donne e bambini.
Questa è solo una piccola parte di tutti i morti ammazzati, di tutti gli imprigionati, di tutti i bastonati.
Il fatto è che in questa ricorrenza di sangue rappreso, i giorni si fanno brevi all’ora di contabilizzare tutti coloro che vivono nella paura.
Peggio che ai tempi della dittatura, si sentono vociferare parecchie voci ormai stanche della sopraffazione quotidiana.

Juana Calfunao dirigente della Comunità Juan Paillalef.
Il suo cavallo ostacolò le pallottole che erano dirette contro di lei. In Cile è legale picchiare a una donna, non costituisce un delitto, non si applica alcuna pena, così lo dimostrano quotidianamente i Carabinieri del Cile, servendo da esempio per bambini, giovani e adulti.
Juana Calfunao, commise il delitto di tentare di difendere le terre strappate alla sua comunità e, insieme ad altri, oltre ad essere picchiata, vessata e umiliata è stata processata per maltrattamenti ai carabinieri.
Di recente è stata giudicata in un processo legale poco chiaro e spedita a scontare la pena di quasi mezzo anno di carcere effettivo, senza alcun beneficio della pena,
Violentatori, pedofili e trafficanti vengono liberati dopo due giorni sotto “certe” misure nel corrotto sistema giudiziario imperante.
Gli altri, quelli del cellulare e la cravatta, non sanno cosa sia il carcere.
In mezzo alla farsa processuale, scoppiò una rissa nella quale sono stati arrestati più di una dozzina dei suoi familiari e membri della comunità, tra di essi sua madre e una nonna ottantenne.
Chi non ha potuto essere presente è stato suo figlio, Waikilaf Cadín Calfunao, il quale si trova imprigionato e confinato a Santiago, a 850 chiilometri dalla sua comunità, senza che gli abbiano mai fatto un giudizio o processo.
Lo stato di diritto dei mapuche in Cile è:
Lo si considera colpevole fino a quando non viene dimostrata la sua innocenza.
Si trova nella Catacomba di Alta Sicurezza, detta CAS, cioè, Carcere di Massima Sicurezza. Da più di cinquanta giorni è in sciopero della fame e di fronte alla scarsa attenzione dimostrata dalle autorità competenti, questa settimana ha iniziato uno sciopero della fame senza liquidi.
La dottoressa che è riuscita ad entrare nel carcere facendosi passare per un suo amico, poiché al prigioniero non gli è concesso di vedere a un medico indipendente, ha constatato che le sue condizioni stanno deteriorandosi velocemente e si teme il peggio. S’incominciano a evidenziare i pericolosi effetti provocati dalla disidratazione.
Se questa settimana non si fa qualcosa per la sua situazione, l’epilogo può essere fatale.
Tra le lacrime, il portavoce dei prigionieri politici mapuche, Elizabeth Antilef commenta impotente che ha bussato a tutte le porte e il governo ripetutamente gliela sbattuta in faccia.
Lo Stato cileno resta nell’indifferenza. Nonostante gli appelli di Amnesty International perché faccia qualcosa in merito, senza curarsi nemmeno dalle indicazioni richieste dalla Commisione Interamericana dei Diritti Umani, organismo dell’OSA.
Malgrado l’appello rivolto dal Premio Nobel José Saramago alla presidentessa di “tutti” i cileni. A dispetto delle reconvenzioni dichiarate da Rodolfo Stavenhagen, agente investigativo speciale delle Nazioni Unite, sulla situazione dei diritti umani e i popoli indigeni nel mondo.
Nonostante gli innumerevoli appelli di solidarietà internazionale provenienti da tutto il mondo in beneficio dei mapuche.

Il suono delle monete rende sordi, la carta delle banconote vela gli occhi

Il sud del Cile è militarizzato, non c’è giorno in cui i mapuche non soffrano di qualche vessazione, una viltà da parte dell’uomo civilizzato.
Si vive nel coprifuoco surrettizio, uscire tardi durante la notte può avere delle conseguenze nefaste.
Si vive nel coprifuoco, ma ancor di più, si turba e si mette a soqquadro la dignità
Il fatto è che ibridi armati, per la metà militari, per la metà civili agiscono a loro piacimento in quei confini.
Il comando paramilitare soprannominato “Hernán Trizano” proclama essere il difensore degli agricoltori, delle imprese forestali e delle compagnie idroelettriche e promette di mettere in atto ogni tipo di rappresaglia contro gli indigeni insorti e disobbedienti.
Altri gruppi paramilitari dell’estrema destra sono armati e scorazzano nella più completa impunità per le terre dei mapuche.
Nelle loro file si annoverano ex poliziotti, ex militari e il fiore all’occhiello di questi gruppi armati lo corona la presenza di vecchi agenti della Centrale Nazionale d’Informazioni (CNI), lo strumento repressore sotto il governo di Pinochet, nel suo già noto compito di infondere tutte le sue conoscenze per la lotta contro il nemico interno.
Se in Cile si vive in democrazia, questa somiglia molto alla democrazia che è stata imposta in Iraq. Non possediamo petrolio, ma purtroppo le nostre risorse naturali rappresentano un bottino ambito, il quale si deve sfruttare non importa come né da chi.
Il nostro rame si estrae gratuitamente e senza alcuna tassa da parte delle transnazionali. Le eccedenze o gli utili si investono in dollari per sollevare la disastrata economia americana, invece di investirli nel proprio paese.
Le dighe idroelettriche manifestano un gran rispetto, ma solo nei confronti del danaro. E come impresa privata straniera, rade, abbatte, allaga, sommerge e divora tutto quello che trova. Il tutto per frustare con rincari dopo rincari a un popolo bisognoso.
Consapevoli che il pianeta terra in qualunque momento collasserà, lo Stato cileno bacia le mani alle società straniere (di cui uno dei suoi investitori è George Bush), affinché faccia esplodere tre glaciari legendari e giganteschi nella comunità Pascua Lama, con le conseguenze che tutti noi conosciamo, ma disprezzate da coloro che solo pensano alle loro tasche.
Succintamente, il presente non è altro che un piccolo e insignificante abbozzo di quello che realmente accade in Cile.
Il fatto è che è stato imposto un assedio comunicativo, un filo spinato informativo, nel quale chiunque voglia dire qualcosa di diverso dalla versione ufficiale viene lacerato, censurato, allontanato, espulso o azzittito dallo Stato cileno.

In Cile si vive un orrendo apartheid dell’indole più feroce e tenebrosa
Se l’atteggiamento del governo cileno non è una prova di genocidio nei confronti del popolo mapuche allora, cos’è? come lo si può definire?
Attualmente il territorio mapuche si è trasformato nell’Intifada australe di questo angolo del mondo. E i popoli nativi sono stati tolleranti. Hanno aspettato. Hanno accettato di provare quella bizzarria che tutti ne parlano: lo stato di diritto.
Ma ciò costituisce uno sproposito, perché quel diritto è stato realizzato dai ricchi e favorisce solo i ricchi. Piano piano l’ingiustizia si è insediata come una norma generale e consuetudinaria.
I mapuche imprigionati non sono stati fermati per semplice combinazione, sono stati incarcerati perché sono dirigenti sociali, perché sono dei lottatori.
Lo Stato cileno ha pensato che questi uomini sono dei semplici animali, i quali avrebbe addomesticato, ma, di fronte alla tenacia e alla fermezza di questi uomini della terra e dovuto alla povertà culturale, alla grande mediocrità intelettuale e morale che ha contraddisstinto il Governo e il suo palese fallimento, non gli è rimasta altra opzione, né soluzione se non quella di impiegare ciò che sa usare di meglio.
Il bastone, la segreta, il ceppo, la minaccia, la frusta, l’assassinio e la menzogna.
Ma quando i mapuche si organizzano, nei loro confronti si applica la legge sacramentata dalla Scuola delle Americhe...
La legge di sicurezza interna dello Stato, ossia:
L’istituzionalizzazione della repressione nei confronti di ogni richiesta sociale procedente da quello stesso popolo che conforma lo Stato.
I poveri, i senza tetto, gli indios, i congiunti, gli studenti, i disoccupati sono il nemico interno.
La figura giuridica dell’”Associazione illecita” si fa presente.
Le irregolarità giudiziarie sono scandalose e nessuno stato di diritto si arrischia minimamente a trovargli una soluzione.
Le mobilitazioni, pacifiche o meno, vengono represse dalle forze speciali dei carabinieri, durante le quali i detenuti sono arrestati ogni volta sotto l’accusa di “disordine pubblico”...
Il Potere Giudiziario, nonostante sia flagellato dalle mummie vitalizie, tuttora adesso è coperto dall’immorale vendaggio pinochetista degli anni scorsi.
Il rifiuto reiterato delle risorse di protezione a favore, per esempio, di Waikilaf Cadín Calfunao, Rayen Huilcaman, Aucán Huilcaman sono esempi quotidiani di quel potere corrotto.
Purtroppo ogni funzionario o rappresentante dello Stato cileno, è stato scelto per le sue abilità mercantili, finanziarie e per la sua inflessibile lealtà verso le grandi società.
Non è azzardato affermare che quasi la totalità del governo, con molte poche e rare, inusitate eccezioni, è compromesso fino al collo dagli interessi particolaristici.
Luogo in cui attualmente troviamo l’agglomerato politico chiamato “Concertazione di partiti per la Democrazia”, i quali regnano indisturbatamente nel Cile, oltre, alla cosiddetta “Opposizione”.
E questa non può che essere un altra farsa insultante. Difatti, queste due formazioni hanno praticamente dimostrato in svariate occasioni che non sono altro che le due zanne di una stessa fauce affamata di profitto ad ogni costo.
In Cile governa una sola alleanza di governo. Mangiano negli stesssi luoghi, contrattano le stesse società fantasma per riciclare i loro capitali stornati e rubati dall’erario fiscale.
Non c’è mezzo di comunicazione nel quale non si vedano dei celebri partidari della dittatura di Pinochet, affianco ai nuovi governanti.
Nel frattempo, i familiari, coloro che non hanno una casa, quelli che si organizzano perché non ce la fanno a pagare gli affitti, sono repressi a calci... criminalizzati, imprigionati e vituperati.
I pescatori artigianali, ai quali è vietato pescare nel loro luogo di origine e di lavoro vicino al mare, in detrimento e in palese compiacenza delle grandi compagnie che possono divorare a livello industriale tutta la fauna marittima con il veto favorevole di personaggi del governo e della destra economica (i quali hanno degli interessi economici con queste società), le quali navigano in acque altrui come a casa propria.
Dalle navi che appartengono a tutto il popolo, la gloriosa Marina cilena reprime a colpi d’arma da fuoco i pescatori artigianali disarmati, i quali si mobilitano in lotta per i loro diritti, affinché possano mettere un piatto di minestra sui loro tavoli marini.
Alle centinaia di migliaia di studenti che scendono a protestare per una educazione di qualità, rifiutando l’educazione privata, ingorda solo di utili meschini, vengono repressi a manganellate.
Hanno fatto il giro del mondo le fotografie nelle quali si vedono i Macellai del Cile, erroneamente chiamati Carabinieri del Cile, calpestando a bambini, picchiando a bambine e tutto ciò che non è in sintonia con lo status quo imperante.
Centinaia di migliaia protestando per una educazione dignitosa e l’unica risposta del governo “democratico” del Cile è stata la menzogna, le percosse, le umiliazioni e le repressioni.
Le pensioni dei lavoratori sono in mani private per uso e abuso degli speculatori, in sedici anni di racconti e bugie non si è arrivati a nessuna soluzione. La stragrande maggioranza delle persone lavora per due dollari al giorno in questo paese di sanguisughe.
Gli impiegati fiscali vivono con paghe da fame.
Gli impiegati del Ministero della Salute vivono con paghe da fame.
I professori non reggono più gli abusi e lo sfruttamento. I licenziati politici aspettano ancora una soluzione. Gli universitari protestano di continuo contro l’educazione mercantilista inserita e benedetta dallo Stato cileno. E la risposta di quest’ultimo è stata solo una: repressione.
Dove stanno quelli che hanno fatto appello per votare per Michelle Bachellet?
Dove stanno quelli che hanno convocato a votare per la Concertazione dei Partiti per la Democrazia?
Dove cazzo stanno?
Lettere, canzoni, cene, discorsi e appelli.
E ora, perché si sono ammutoliti?
La situazione in Cile è allarmante, si richiede la solidarietà di tutti i settori.
Si necessitano bracce e voci disinteressate, che si uniscano alla lotta, non per voti, né per smanie di potere.
Per il riscatto e la difesa della nostra identità, della nostra cultura, delle nostre radici. Per la difesa dell’essere umano, affrancato da ogni tipo di sfruttamento.
Si rende indispensabile spedire migliaia di lettere, di posta, denunciando questa situazione d’ingiustizia, alle ambasciate, alle prigioni, ai consolati, alle organizzazioni per la difesa dei diritti umani, ai partiti politici onesti che ancora devono esistere, agli intellettuali, ai mezzi di comunicazione.
Oaxaca, Palestina, Iraq, Cuba, Venezuela e tanti altri meritano il nostro rispetto, ma dobbiamo smettere di elogiare la lotta altrui, mentre nel nostro paese si reprime e si uccide giorno dopo giorno.
È necessario organizzare azioni di appoggio, di solidarietà, di protesta, di ripudio contro il genocidio che si sta consumando.
Bisogna boicottare le imprese idroelettriche.
Non acquistare nemmeno una patata proveniente dai campi degli assassini.
A coloro che non vivono in Cile, di non acquistare NESSUN prodotto cileno, né vini, né liquori, né uva, né nessun altro prodotto.
Denunciare pubblicamente, ad esempio, l’immenso danno che l’impresa “Forestal Mininco” e le sue filiali in Argentina, Paraguay e Uruguay tra le altre, provoca nell’ambiente.
Bisogna inventare e reinventare forme di appoggio verso tutto un popolo che soffre.
Tutte le forme di lotta contro lo sfruttamento sono valide. Né lo “stato di diritto” né le marce pacifiste hanno portato a dei risultati soddisfacenti, non possiamo restare ad aspettare, tranquilli e sereni mentre loro, ammazzano giorno dopo giorno a esseri umani indifesi.
Laggiù nel Sud, la larva dell’araucaria dorme vigile in ogni albero.
Lo Stato cileno ha dichiarato la guerra al popolo mapuche.
Strade, piantagioni inesistenti, aeroporti, dighe, fortini, raccolti bruciati...
Tanta pressione e repressione prima o poi scoperchierà l’ira senza controllo della nazione mapuche. Dobbiamo restare vigili, attivi, solidali e disciplinati.
Andrés Bianque.
Noviembre 22, del 2006.

[Traduzione dallo spagnolo: Vincenzo Paglione]