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GUERRIGLIA
E
POTERE PROLETARIO


 

Che cosa significa nella fase attuale della guerra di classe costruire l'organizzazione del potere proletario?
Nella fase in cui la ristrutturazione dello Stato è arrivata a non poter piú tollerare nessuna lotta proletaria che esca dagli schemi funzionali dell'accumulo del capitale, nella fase in cui il regime tende ad inglobare, corporativizzandoli, gli strati privilegiati di questa società e le organizzazioni che li rappresentano, nella fase in cui il potere borghese non può e non vuole piú accettare mediazioni con l'avanguardia comunista del movimento, e rappronta strumenti per annientarla (leggi speciali, polizia speciale, carceri speciali, ...uno Stato speciale); nella fase in cui ogni momento di organizzazione autonomo del proletariato viene affrontata dal regime con le armi, con un piano di sterminio della resistenza operaia; nella fase in cui la borghesia ha scatenato la guerra controrivoluzionaria, che cosa significa costruire il potere proletario?
Innanzitutto bisogna capire che non ci troviamo di fronte ad un piano di temporanea limitazione delle libertà democratico-borghesi, e cioè alla chiusura di alcuni "spazi legali" dello stato di diritto, ma piú propriamente di fronte allo scatenarsi della reazione controrivoluzionaria imperialista. Non si tratta quindi di lamentarsi per la repressione, ma di andare piú in là, di sviluppa-re la guerra di classe rivoluzionaria
Se le famigerate leggi speciali vengono applicate per annientare l'avanguardia comunista, per chiudere le sedi dell'autonomia, per mandare al confino i suoi militanti, per mettere in stato di assedio i centri urbani, per impedire di portare in piazza la lotta antimperialista, sarebbe un vero e proprio suicidio politico — oltre che fisico — ostinarsi su posizioni legalistiche che se non sono opportunistiche marce indietro, si riducono a puro avventurismo velleitario.
Bisogna prendere coscienza che nella nuova fase l'unica pos sibilità di sviluppare l'antagonismo e l'iniziativa proletaria si dà con il fucile in mano ed i nuovi compiti delle avanguardie comuniste riguardano l'organizzazione della lotta armata per il comunismo.
Organizzare il potere proletario oggi significa individuare le linee strategiche su cui far marciare lo scontro rivoluzionario, ed articolare ovunque a partire da queste, l'attacco armato contro i centri fondamentali politici, economici, militari, dello Stato imperialista.
Organizzare il potere proletario oggi significa organizzare strategicamente la lotta armata per il comunismo imparando a vivere, a muoversi e combattere nella nuova situazione. Non bisogna spaventarsi di fronte alla ferocia del nemico e sopravvalutare la forza e l'efficacia dei suoi strumenti di annientamento.
Si può e si deve vivere clandestinamente in mezzo al popolo perché questa è la condizione di esistenza e di sviluppo della guerra di classe rivoluzionaria nello Stato imperialista. In questo senso parliamo di "contenuto strategico della clandestinità", di "strumento indispensabile della lotta rivoluzionaria in questa fa-se" e nello stesso tempo mettiamo in guardia contro ogni altra interpretazione difensiva o mistica che sia.
Sulla clandestinità si sono diffusi una molteplicità di falsi concetti o di pregiudizi.
C'è chi dà credito alla propaganda del nemico che ripete continuamente che la guerriglia vive rintanata in tenebrosi "covi", che i guerriglieri comunisti sono misteriosi individui simili a diabolici marziani, perennemente braccati e costantemente in fuga inavvicinabili insomma dalla "gente comune". L'innegabile efficacia della guerriglia per costoro deriverebbe da una "mitica" clandestinità che farebbe dei militanti una specie di superuomini. Altri invece hanno »abilito una assurda ed arbitraria equazione: "legalità" uguale a "movimento" e come logico corollario "clandestinità" uguale a "estraneità dal movimento". Costoro riescono al massimo a pensare alla clandestinità come una valvola di sicurezza per i compagni individuati o per parare in qualche modo i col-pi repressivi sferrati dal nemico.
Abbiamo citato queste due posizioni estreme perché contengo-no tutto l'arco delle concezioni "mitiche" o "difensiviste" e profondamente errate della clandestinità. Esse non colgono, se non superficialmente, le caratteristiche della guerra di classe rivoluzionaria di lunga durata.
Guerra di classe, dunque e non di pochi eletti, dove strati sempre maggiori di proletariato si mobilitano e combattono contro il mostro imperialista; il potere proletario, quindi si sviluppa per "linee interne" a questo movimento e l'organizzazione sedimenta e si innerva con la sua avanguardia comunista armata. Ma anche guerra di lunga durata, condotta nelle metropoli dove la forza brutale dell'imperialismo è di massima concentrazione, e dove le forze rivoluzionarie si trovano ad operare in condizioni di "accerchiamento strategico", mantenere costantemente l'offensiva, consolidare stabilmente l'organizzazione del potere proletario è possibile solo a partire dalla più rigida clandestinità.
Tutta l'esperienza della nostra Organizzazione conferma che solo da questa impostazione è possibile sviluppare strategicamente l'offensiva rivoluzionaria, e che la clandestinità non è affatto un impedimento alla sua articolazione "in mezzo al popolo", ma che anzi è la condizione indispensabile perché il potere proletario si possa esprimere.
Nelle fabbriche, nei quartieri, nelle scuole, nelle carceri e ovunque si manifesti l'oppressione imperialista, organizzare il potere proletario significa: portare l'attacco alle determinazioni specifiche dello Stato imperialista e nel contempo costruire l'unità del proletariato metropolitano nel movimento di resistenza proletario offensivo e l'unità dei comunisti del partito comunista combattente!

Il Partito Comunista Combattente

Per trasformare il processo di guerra civile strisciante, ancora disperso e disorganizzato, in una offensiva generale, diretta da un disegno unitario, è necessario sviluppare e unificare il movimento di resistenza proletario costruendo il Partito Comunista Combattente. Movimento e Partito non vanno però confusi. Tra essi opera una relazione dialettica, ma non un rapporto di identità: ciò vuol dire che è dalla classe che provengono le spinte, gli impulsi, le indicazioni, gli stimoli, i bisogni che l'avanguardia comunista deve raccogliere, centralizzare, sintetizzare, rendere teoria e organizzazione stabile e infine, riportare nella classe sotto forma di linea strategica di combattimento, programma, strutture di massa del
potere proletario. Vuoi dire che il percorso corretto che dobbiamo seguire parte dalla classe per arrivare al Partito e parte dal Partito per ritornare ancora, sotto una forma piú matura alla classe.
Il CC prima di una struttura organizzativa è una avanguardia politico-militare che realmente è davanti a tutti, che traccia la via da percorrere per tutto il movimento, che sa farsi riconoscere per mezzo della sua iniziativa rivoluzionaria dalla parte piú avanzata del proletariato.
Agire da Partito vuoi dire collocare la propria iniziativa politico-militare all'interno e al punto più alto dell'offensiva proletaria, cioè sulla contraddizione principale e sul suo aspetto domi
nante in ciascuna congiuntura, ed essere così, di fatto, il punto di unificazione del movimento di resistenza proletario offensivo, la sua prospettiva di potere.
Costruire il PCC non significa perciò aggregare in modo sommativo o federativo i vari "movimenti parziali" o "gruppi locali", ma costruire tutte le mediazioni necessarie per far compiere al movimento di resistenza proletario offensivo salti politici e organizzativi, dalla parzialità alla complessità, dal particolare al generale.
Per questo è importante condurre nel MRPO una lotta ideologica e politica contro le tendenze economiciste-spontaneiste che sfociano nel minoritarismo armato e, paradossalmente, nel militarismo. E contemporaneamente contro quelle tendenze burocratico-minoritarie che concepiscono la costruzione del PCC come un processo di pura crescita organizzativa che si svolge al di fuori del movimento della classe, separato da esso.
Ma affinché questa lotta politica e ideologica non si riduca a sterile polemica essa deve tendere alla unità del movimento: l'avanguardia armata deve cioè ricercare tutte quelle iniziative politico-militari e quelle forme organizzative in grado di stabilire momenti di confronto e di unità seppur ancora parziali e contraddittori, perché solo da questo confronto può nascere la necessaria chiarificazione sul programma, sui principi e sulle forme organizzative del PCC.
Agire da Partito vuol dire anche dare all'iniziativa armata un duplice carattere: essa deve essere rivolta a disarticolare e a rendere disfunzionale la macchina dello Stato, e nello stesso tempo deve anche proiettarsi nel movimento di massa, essere di indicazione politico-militare per orientare, mobilitare,. dirigere ed organizzare il MRPO verso la guerra civile antimperalista.
Questo ruolo di disarticolazione, di propaganda, e di organizzazione va svolto a tutti i livelli dell'oppressione statale capitali-sta e a tutti i livelli della composizione di classe. Non esistono quindi livelli di scontro "più alti" o "più bassi". Esistono invece livelli di scontro che incidono ed intaccano il progetto imperiali-sta, ed organizzano strategicamente il proletariato oppure no.
Sono questi due elementi che qualificano l'azione armata e non le difficoltà militari che il perseguimento di un determinato obiettivo comporta: è ovvio che quanto più l'attacco vuole esse-re efficace e disarticolare gli organi centrali dello Stato, tanto più alta deve essere la forza organizzativa da mettere in campo, ma questo è secondario. Strategicamente è tanto importante distruggere gli organi centrali dello Stato, quanto distruggere le sue articolazioni particolari che percorrono tutto il corpo sociale. Strategicamente è tanto importante costruire una capacità organizzata e centralizzata di esercitare il potere proletario quanto costruire le sue articolazioni all'interno della classe operaia e del proletariato metropolitano nelle fabbriche, nei quartieri, dappertutto.
Per questo non c'è contraddizione tra linea di massa e ruolo d'avanguardia, non c'è dicotomia tra una pratica di movimento e l'azione armata.
Ma agire da Partito, nella situazione presente comporta anche un'altra preoccupazione: estendere la presenza della guerriglia in tutti i poli. In particolare si pone all'ordine del giorno la necessità di sfondare la "barriera del sud", di collegare nella medesima prospettiva strategica i proletari che risiedono e lottano nei poli della parte superiore della penisola e quelli che lottano e risiedono nei poli della parte inferiore.
Non esiste oggi, come del resto non è mai esistita, una "questione meridionale". La logica di sviluppo dell'imperialismo delle multinazionali ha unificato oggettivamente il proletariato; tocca ora alla guerriglia unificarlo anche soggettivamente.
Napoli, Taranto, la Sicilia e la Sardegna vivono più intensa-mente che mai gli effetti devastanti delle contraddizioni economiche, sociali e politiche prodotte dalle "strategie di crisi" imposte dall'imperialismo e dalle multinazionali e non è perciò il caso o un frutto della "rabbia del sottosviluppo" se in questi poli si va organizzando spontaneamente un movimento di resistenza offensivo che non ha precedenti per estensione, intensità, maturità rivoluzionaria.
Agire da Partito vuol dire in questa circostanza, lavorare per la riunificazione del proletariato, per affermare anche tra le masse proletarie concentrate nei poli del meridione e delle isole la prospettiva strategica della guerra di classe antimperialista per il comunismo.
Le Brigate Rosse non sono il Partito Comunista Combattente, ma una avanguardia armata che lavora all'interno del proletariato metropolitano per la sua costruzione.
Mentre affermiamo che non c'è identificazione tra BR e Partito Combattente affermiamo con uguale chiarezza che l'avanguardia armata deve "agire da Partito" sin dal suo nascere. Il processo di costruzione politica, programmatica e di fabbricazione organizzativa del PCC è un processo discontinuo, dialettico, prodotto cosciente di una avanguardia politico-militare che, nel complesso fenomeno della guerra di classe, afferma la validità della prospettiva strategica e del programma comunista che sostiene, e l'adeguatezza dello strumento organizzativo necessario per realizzarlo. Si pone quindi come punto di riferimento essenziale, come "nucleo strategico" del PCC in costruzione sin dal suo nascere.
È per questo, e non per presunzione che abbiamo inteso fissare nella Risoluzione della Direzione Strategica del novembre '75, i principi organizzativi che stanno alla base della nostra Organizzazione e che crediamo abbiano un valore strategico. La loro se-vera e rigorosa verifica nella lotta, nella pratica militante, nella capacità dimostrata di guidare lo scontro e di costruire l'organizzazione nel proletariato ci porta a riconfermarli senza nessuna in-certezza. L'esperienza fin qui fatta ha arricchito complessivamente il patrimonio politico-organizzativo accumulato dalla nostra Organizzazione, che in generale ha saputo evolversi parimenti allo sviluppo della guerra di classe. Nella fase attuale la concezione del-le Colonne, dei Comitati Rivoluzionari, delle Brigate; delle forze regolari e irregolari, della clandestinità e compartimentazione, re
stano capisaldi consolidati e ineliminabili della nostra formulazione organizzativa; per i fronti di combattimento occorre invece una puntualizzazione che al momento della loro formulazione era impossibile, una loro ridefinizione alla luce delle esigenze e dei compiti che nella nuova fase ci si pongono.

I Fronti di Combattimento

Sul piano politico definiamo "Fronti di Combattimento" terreni specifici e settoriali su cui va indirizzato l'attacco rivoluzionario, contro le articolazioni strategiche dello SIM e della borghesia imperialista e su cui è possibile organizzare il potere proletario in un processo di riunificazione del proletariato rivoluzionario. Sul piano organizzativo i Fronti di Combattimento sono stati costituiti dalla nostra Organizzazione per rispondere al bisogno di elaborazione, di omogeneizzazione del programma di lavoro e di lotta in settori specifici. Abbiamo visto come la contraddizione principale è quella che oppone la classe allo Stato Imperialista, come lo scontro si gioca in sostanza tra il potere proletario armato e la controrivoluzione. Abbiamo visto come per l'avanguardia rivoluzionaria la questione della guerra di classe consiste nel prendere la direzione di questo scontro tra rivoluzione e reazione, di tracciare le direttrici sulle quali condurre il movimento nella sua complessità, e nella capacità di realizzare un progetto strategico di attacco "al cuore dello Stato". Se questo in definitiva vuoi dire "Partito" ha però delle implicazioni sulle strutture organizzative e sul loro ruolo sul rapporto e il peso spe cifico di ciascuna delle varie istanze di direzione e di lavoro. I Fronti, che rispondono all'esigenza di approfondire l'analisi e la definizione dei terreni di scontro nella fase in cui la guerra di classe assume sempre più i connotati di guerra civile dispiegata, diventa lo strumento privilegiato per l'assolvimento dei compiti di direzione politica. Il salto qualitativo in avanti che consente di affrontare la contraddizione più alta dello scontro con lo Stato impone quindi una metodologia di lavoro che possiamo così definire: dal programma strategico (cioè dal punto più alto delle contraddizioni di classe), attraverso i fronti fino alle Brigate.
I Fronti sono così i vettori della linea politica dell'Organizzazione, che entrano in rapporto dialettico con i poli d'intervento (Colonne), dove questi assumono il ruolo di terreno di classe in cui la linea politica generale si media e si articola con la realtà di movimento.