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VIOLENZA PROLETARIA
E
CONTRORIVOLUZIONE IMPERIALISTA


 

In questa fase storica, a questo punto della crisi, la pratica della violenza rivoluzionaria è l'unica politica che abbia una possibilità reale di affrontare e risolvere la contraddizione antagonistica che oppone proletariato metropolitano e borghesia imperialistica.
In questa fase la lotta di classe assume, per iniziativa delle avanguardie rivoluzionarie, la forma della guerra. Proprio questo impedisce al nemico di "normalizzare la situazione" e cioè di ripor-tare una vittoria tattica sul movimento di lotta degli ultimi dieci anni e sui bisogni, le aspettative e le speranze che esso ha generato.
È importante ciò che dice Habasch:
«... l'incapacità di distruggere la rivoluzione in una determinata fase è di per sé una vittoria per la rivoluzione. Attraverso questa verità, la politica della violenza si cristallizza come una tradizione delle masse, accelera e approfondisce il processo di formazione del partito... si intensifica progressivamente fino a riportare sul nemico una schiacciante vittoria. »
Certo siamo noi a volere la guerra!
Siamo anche consapevoli del fatto che la pratica della violenza rivoluzionaria spinge il nemico ad affrontarla, Io costringe a muoversi, a vivere sul terreno della guerra: anzi ci proponiamo di fa-re emergere, di stanare la controrivoluzione imperialista dalle pieghe della società "democratica" dove in tempi migliori se ne sta-va comodamente nascosta!
Ma, detto questo, è necessario far chiarezza su un punto: non siamo noi a "creare" la controrivoluzione. Essa è 1a forma stessa che assume l'imperialismo nel suo divenire: non è un aspetto ma la sua sostanza. l'imperialismo è controrivoluzione. Far emergere attraverso la pratica della guerriglia questa fondamentale verità è il presupposto necessario della guerra di classe rivoluzionaria nel-la metropoli.
Fatta questa considerazione si capisce allora perché lo Stato imperialista impegni tutte le sue forze per negare alla violenza proletaria qualsiasi valenza politica. Si capisce. perché, con metodi di-retti o indiretti, esso cerca di annientare qualsiasi forza che non escluda nel modo più assoluto dai suoi metodi di lotta il ricorso a forme di violenza rivoluzionaria.
L'ordine sociale che lo Stato imperialista vorrebbe imporre pre suppone la riduzione preventiva e generalizzata degli individui umani a "cose", in una società di cose retta in tutte le sue regioni dalle leggi del mercato capitalistico.
È l'ordine impossibile della soppressione delle contraddizioni, del puro svolgersi quantitativo, dell'immutabile, della morte!
Come una bella attrice al volgere dei suoi anni e delle sue fortune, lo Stato imperialista vorrebbe bloccare il tempo, fermare la storia, ma ciò — nonostante la sua potenza — non è proprio possibile.
Anzi, ironia della storia, quanto più la legge del capitale si afferma in tutti gli interstizi della vita sociale e si fa generale, assoluta, tanto più genera, rendendo intollerabile la "qualità della vita", nuovi bisogni di liberazione e più radicali movimenti di lotta.
Ecco, questa è la contraddizione che sta portando la borghesia imperialista verso la sconfitta e che ci spiega perché essa non può ammettere, né tollerare, contraddizioni e comportamenti di classe antagonistici; perché non può riconoscerli se non come "devianze criminaloidi", "terrorismo", "insorgenze irrazionali", per usare una divertente definizione del ministro, "manifestazioni di follia ideo
. logizzante".
In questo quadro la pretesa inaccettabile della borghesia imperialista recita così l'opposizione al regime per essere "politica" e con ciò legittima e tollerata, non deve manifestarsi come antagonismo in atto. Cioè deve accettare di svolgersi interamente dentro il cerchio magico tracciato dalle sue leggi, dalle sue convenzioni e dai suoi codici di comportamento sociale "normale". L'alternativa è: crimine!
Ferma questa pretesa, anche il concetto di "reato politico", mai negato dalle democrazie liberali, non ha più spazio per resistere. Diventa una contraddizione in termini: le due parti che compongono il concetto non sono forse assolutamente incompatibili? Co-me dire, gli "atti" politici, in quanto interni a leggi, patti, convenzioni, codici, non possono assumere la forma di reati. Se ciò avviene vuoi dire che hanno sconfinato, dunque sono crimini.
È fin troppo evidente che se questa tesi venisse accettata dalle classi subalterne ne determinerebbe automaticamente la subordinazione perenne al dominio della borghesia imperialista. Ma non c'è da spaventarsi perché in realtà questa tesi-limite non si dà come storicamente possibile in quanto il modo di produzione capitalistico non potrà mai impedire lo sviluppo delle forze produttive e quindi l'insorgere delle contraddizioni che determinano le con-dizioni dello scontro rivoluzionario.

Una nuova figura proletaria il "criminale politico" ovvero il guerrigliero urbano

La dichiarata contraddittorietà del concetto di reato politico non porta, come potrebbe sembrare a prima vista, alla sua rimozione: l'obbiettivo della borghesia imperialista non è infatti quel-lo di degradare i militanti rivoluzionari, criminalizzando le loro azioni al basso rango di "criminali comuni". Vi è sì la volontà di "andare fino in fondo all'opera di criminalizzazione della lotta politica, definendo criminali non solo i rivoluzionari, i compagni che lottano con o senza armi alla mano contro il capitale multinazionale, ma tutti coloro che escono dalla sempre più rigida norma giuridica e di comportamento fissata dalla borghesia"; ma l'operazione è assai più complessa e perfida ed è tutt'ora solo confusamente delineata. Infatti se è vero che i militanti rivoluzionari, in quanto interpreti di azioni classificate "criminali", vengono puniti per questi "crimini" è anche più vero che, avendo essi la pretesa di considerarsi in guerra contro lo Stato, totalizzano una pena speciale, un trattamento speciale; criminali sì, ma criminali speciali!
Criminale speciale è sinonimo di "criminale assoluto" o anche "anarco-nichilista", "terrorista". Ma se questi sono i termini preferiti dagli specialisti della guerra psicologica, la figura politica che essi oonnotano per gli apparati di repressione è molto meno in-determinata: si tratta del nemico interno.
Negato a parole lo "status" politico del nemico interro viene perfettamente riconosciuto nella sostanza del trattamento differenziato. Anzi, prima di tutto per "ciò che è" e solo in seconda istanza "per ciò che ha fatto".
La domanda centrale della borghesia imperialista non è più "che cosa hai fatto". ma diventa "chi sei"? È la tua identità che interessa più di ogni altra cosa perché è questa che deve essere annientata. Il trattamento differenziato in tutte le sue fasi (lotta, processo, prigione) è orientato proprio a questo scopo! liquidare la tua identità.
Identità politica per il militante rivoluzionario significa prima di tutto: partito. E nei principi, nella strategia, nel programma, nella disciplina del Partito che egli autonomamente e liberamente si riconosce.
Ed è affermando nella pratica della guerra di classe questo patrimonio proletario che egli viene riconosciuto dal popolo, per-ché il Partito rivoluzionario è l'espressione più alta della maturità, della coscienza, dell'organizzazione della classe. Nell'azione collettiva di Partito il combattente comunista afferma la sua identità; nella negazione di questa dimensione, attraverso la divisione, l'isolamento sociale, l'isolamento di gruppo ed infine l'annienta-mento fisico, il poroo imperialista cerca di distruggerla.
I tecnici della guerra controrivoluzionaria riducono l'azione collettiva ad una somma di comportamenti individuali, li separano dalle loro motivazioni e tra di loro; cosi facendo tentano di togliere loro la capacità di rappresentare un messaggio. Quindi criminalizzano, li psichiatrizzano e li colpiscono per distruggerli. I tecnici della guerra controrivoluzionaria negando il diritto all'esistenza, all'antagonismo proletario organizzato, trasfigurano i militanti in singole unità criminali, senza storia né spessore politico.
Più che di criminalizzazione bisogna parlare dunque di genocidio politico, perché questa è l'essenza più profonda della contro-rivoluzione imperialista.
Ma questo attacco al singolo militante, individualizzato e separato, non può riuscire a cogliere, se non da un punto di vista tattico, una vera vittoria sul Partito come coscienza collettiva, di classe. Paradossalmente infatti, a mano a mano che la controrivoluzione imperialista vomita la sua violenza, matura la forza rivoluzionaria e sfuggendogli la dimensione di Partito che marca l'azione di ogni militante, pur riuscendo a distruggere singoli militanti, non riuscirà mai a distruggere strategicamente il partito.
Al punto della sua massima forza controrivoluzionaria l'imperialismo svela la propria miseria e la propria debolezza'

Il patto di mutua assistenza repressiva tra gli stati imperialisti

Una conseguenza logica della opposizione rigida tra "crimini" e "politica" e dell'individuazione del guerrigliero urbano come nemico comune di tutti gli Stati imperialisti, è la attuazione di un Patto di mutua assistenza repressiva e di istituzioni trans-nazionali che lo rendono operativo. Questo Patto ha il suo cuore nella convenzione europea per la repressione del terrorismo". Ricordiamo perciò sinteticamente il problema.
Il progetto di questa Convenzione è stato messo a punto a partire dall'ottobre '75 dal Comitato Europeo per i problemi criminali. Nel maggio '76 "vista l'urgenza del problema" lo stesso Comitato approva una bozza che i 19 Stati membri del Consiglio dei ministri della Comunità discuteranno e approveranno a loro volta il 27 gennaio '77.
La Convenzione si compone di un breve preambolo e di sedici articoli. Nel preambolo si sostiene che: « ... gli stati membri del Consiglio d'Europa... coscienti della crescente inquietudine creata dal moltiplicarsi degli atti del terrorismo; augurandosi che misure efficaci siano prese affinché gli autori di tali atti non sfuggano al-l'incriminazione e alla punizione; convinti che l'estradizione è un mezzo particolarmente efficace per raggiungere questo risultato han-no raggiunto l'accordo sui vari articoli ».
Due sono gli articoli decisivi. Nel primo si elencano i reati che non saranno considerati reati politici, o connessi- a reati politici, o ispirati da cause politiche. E cioè: reati connessi a sequestri di aerei; reati gravi costituiti dall'attentato alla vita, alla integrità fisica o alla libertà delle persone che hanno diritto ad una protezione internazionale, compresi gli agenti diplomatici, e si aggiunge « ... il tentativo di commettere uno dei reati su citati o la partecipazione come correo o complice di una persona che commette o cerca di commettere un tale reato ».
Nel secondo, forse temendo che qualcosa potesse sfuggire alla rigidità dell'elenco precedente, gli estensori precisano che « ... per la necessità di estradizione... gli Stati membri potranno non considerare politico ogni altro atto grave di violenza diretto contro la vita, l'integrità fisica, la libertà o i beni delle persone. O anche il solo tentativo di commetterli ». Dunque « ... convinti che l'estradizione è un mezzo particolarmente efficace per combattere le manifestazioni del terrorismo internazionale» gli Stati membri della Comunità « si associano in un Patto ».
Tecnicamente l'estradizione è un atto amministrativo internazionale di mutua assistenza repressiva mediante il quale uno Stato consegna ad un altro, o riceve da esso, un imputato o condannato per sottoporlo a procedimento penale o all'esecuzione di una condanna.
Politicamente l'estradizione è uno strumento internazionale del-la guerra di classe contro i rivoluzionari. Questo è il suo aspetto principale. Questo Patto, ufficializzato con la Convenzione, fissa i nuovi livelli raggiunti dal processo di internazionalizzazione dei modelli di repressione, attivi negli Stati dello spezzone europeo della catena imperialista. E cioè fa propri ed estende a livello continentale i contenuti degli impianti repressivi negli Stati più potenti e contemporaneamente affida a nuove istituzioni transnazionali il potere di renderli operanti nell'interesse comune. Questo processo di concentrazione e centralizzazione della repressione imperialista in istituzioni trans-nazionali è strategicamente funzionale alle necessità di intervento omogeneo ed esteso su tutta l'area continentale e standardizzato al livello più alto proprio delle maggiori potenze della catena gerarchica.
Tuttavia non dobbiamo trascurare un fatto: si tratta di una centralizzazione che lascia ancora alle macchine repressive specifiche di ciascun paese margini di intervento e di autonomia relativamente ampi e differenziati. Ciò anche a causa della complessità e disomogeneità delle strutture di classe e delle forze differenti di movimenti rivoluzionari nei diversi paesi, che non consentono un andamento lineare e contemporaneamente alla operazione di ristrutturazione, nella crisi, degli apparati di repressione-oontrollo.

Dal Patto di mutua assistenza repressiva all'organizzazione comune di polizia

Il processo di internazionalizzazione delle strategie politiche, dei metodi e delle pratiche della guerra di classe controrivoluzionaria a livello degli Stati Europei procede da vari anni. Futile enucleare alcune tappe salienti di questo processo poiché, essendosi svolto con molta discrezione, per non dire "clandestinamente", gli obbiettivi che esso ha già consolidato non sono ancora sta-ti individuati dal Movimento rivoluzionario nella loro portata strategica. L'esposizione cronologica ci appare la più indicata per fornire una visione d'insieme del problema ( ).
Ii processo di concentrazione e centrallizzazione del potere del-la borghesia imperialista in istituti sovrannazionali-transnazionali, lungi dal risolvere il problema del rilancio dell'accumulazione a livello di sistema aggraverà tutte le contraddizioni interne e per-ciò, anche, favorirà lo sviluppo della guerra di classe. Ciò che però interessa mettere in evidenza è che nella nuova situazione che il nemico di classe va costituendo, l'azione rivoluzionaria e la risposta controrivoluzionaria vengono a trovarsi in una relazione non simmetrica e non immediatamente deducibile dalle semplici relazioni di potere (rapporti di forza) in cui apparentemente si trovano dentro i singoli stati-nazionali, che per il proletariato metropolitano la contraddizione classe-stato assume immediatamente il carattere di contraddizione antimperialista; che questo non vuoi dire necessariamente tra classe e apparati sovranazionali, ma contraddizione tra classe e determinazioni nazionali del potere imperialista, vale a dire tra classe e Stato imperialista.
In breve: anche contro tensioni rivoluzionarie localizzate, interviene « e ciò è possibile proprio per la nuova struttura del potere » sempre tutta intera la forza, la tecnologia e l'intelligenza de-gli apparati imperialisti. Il "piano CEE per la repressione del terrorismo", "l'organizzazione comune di polizia", ecc., non sono semplici atti burocratici dei vari governi o dei vari ministri, ma tatti nuovi che non devono essere sottovalutati perché modificano i termini della guerra.

Gli apparati della controrivoluzione preventiva nel nostro paese

L'atto comune contro il terrorismo, stretto piú o meno ufficialmente dai partiti del cosiddetto "arco costituzionale" a partire dal gennaio del '77, è in un certo senso l'elemento necessario che consente l'incastro della iniziativa controrivoluzionaria regionale dentro il piano europeo abbozzato prima con l'impegno politico firmato dai capi di governo della CEE nel giugno '76, poi con l'accordo poliziesco concordato ai primi di luglio '76 dai ministri de-gli Interni e, infine, con la convenzione europea per la repressione del terrorismo.
Non a caso Andreotti introducendo il dibattito parlamentare ha fatto un esplicito riferimento alla necessità di un sempre piú strette. accordo tra la politica d'ordine continentale e l'iniziativa loca-le. Lo sviluppo di questa iniziativa è sotto i nostri occhi e anzi piú si rafforza la capacità offensiva delle forze rivoluzionarie piú esse accelera il suo corso.
Pur seguendo tempi propri, dovuti alla particolarità della situazione italiana, questo processo è perfettamente omogeneo alle tendenze operanti su tutta l'area continentale. Ne considereremo qui cinque direttrici fondamentali.

A - I corpi antiguerriglia

La direzione unificata a livello continentale dei processi di riorganizzazione delle forze di polizia (sia sul piano tecnico che della strategia operativa) e la tendenza a creare "forze antiguerriglia" integrate tra i paesi della CEE, sono le principali forme di movimento della controrivoluzione preventiva nell'area europea.
Interessa qui la forma attraverso cui questa tendenza si afferma nel nostro paese. Come abbiamo visto vari corpi antiguerriglia europei trovano nell'esecutivo della CEE la loro espressione politica e nelle riunioni periodiche dei ministri degli Interni (cui partecipano i responsabili delle forze di polizia), oltre che delle commissioni composte da alti funzionari dei diversi ministeri, il loro strumento operativo ma è la NATO l'organismo politico-militare a cui l'imperialismo affida il ruolo dirigente, sia per quanto riguarda la difesa contro il "nemico esterno" che per l'annienta-mento del "nemico interno".
L'integrazione tra "antiguerriglia" e "servizi segreti" — a loro volta controllati continentalmente dalla NATO — lo dimostra ampiamente. In pratica la ristrutturazione dei corpi di polizia procede su due direttrici. Da una parte si sviluppa la collaborazione internazionale, dall'altra si creano le basi per una organizzazione comune.
Gli obbiettivi della collaborazione internazionale sono l'innalzamento qualitativo generale della capacità di risposta degli stati nazionali all'iniziativa rivoluzionaria e l'unificazione della contro-guerriglia ai livelli piú alti raggiunti dagli stati imperialisti dominanti. Questo non esclude la differenziazione delle tecniche e delle strategie di fronte alle caratteristiche particolari della guerra di classe nelle diverse aree. Al contrario, il "patto di mutua assistenza" tra le forze controrivoluzionarie favorisce la tendenza alla "specializzazione" e la elaborazione di nuove tecniche repressive, sia concentrando l'intera forza dell'apparato imperialista contro tensioni rivoluzionarie localizzate, sia riproducendo in forma generalizzata sull'intera area metropolitana i risultati delle esperienze più avanzate. Ciò porta alla diffusione su scala continentale di forme, tecniche, strutture organizzative simili per vari corpi antiguerriglia.
A conferma di come questa tendenza trovi anche nel nostro paese il suo sviluppo operativo occorre individuare le linee di movimento sulle quali il progetto di controrivoluzione preventiva viene articolandosi. È pertanto di significativo interesse — al fine di meglio esplicitare il nostro discorso — osservare i termini in cui si è venuta affermando la ristrutturazione dei servizi segreti, oggetto, sino a qualche tempo fa, di profonde lacerazioni interne che ne riducevano in notevole misura le potenzialità operative. (Contraddizioni che peraltro non sono affatto risolte). Ristrutturazione in chiave eflicientista, finalizzata nella sua strategia a compattare e rendere attive tutte le forze attualmente disponibili (in materia di apparati coercitivi) sulla base di un programma di annientamento preventivo di tutte quelle insorgenze che esprimono una tensione rivoluzionaria reale e che costituiscono perciò stesso una fonte destabilizzatrice del sistema imperialista.
Sono quindi stati costituiti, su modello simile allo "Special Branch" inglese due organismi: il SISMI (servizio informazioni sicurezza militare) ed il SISDE (servizio informazione sicurezza democratica) i quali segnano indubbiamente un salto di qualità rispetto al passato, quando due strutture parallele — per quel che riguarda le attività di controguerriglia — coesistevano all'interno dello stesso Stato, delle quali una faceva capo al ministro degli Interni (NAT/SdS), l'altra direttamente collegata all'apparato militare dei CC (Nuclei investigativi/Dalla Chiesa), ma operanti in modo del tutto disomogeneo e addirittura in apertura rivalità tra loro. Nella nuova riorganizzazione invece, tutte le strutture sono integrate e poste sotto la direzione dell'esecutivo che essendo l'appendice politica, a livello nazionale, dei centri del comando imperialista ne centralizza tutta l'attività.
Non stupisce di certo che la NATO abbia "premiato" per bocca di Andreotti un corpo speciale qual è quello dell'arma dei carabinieri, ponendo alla testa dei nuovi servizi di sicurezza due generali che in essa hanno ricoperto e ricoprono incarichi di considerevole responsabilità: Gen. Santovito e Gen. Grassini, rispettiva-mente capo del SISMI e del SISDE.
Da sempre infatti i CC sono la punta di diamante della controrivoluzione, e non a caso, essendo parte integrante dell'esercito sono posti di conseguenza sotto il diretto controllo della NATO che potendo disporre in tal modo di un apparato efficiente, dotato dei piú sofisticati mezzi della tecnologia moderna, fidato, con una complessa e capillare struttura che abbraccia l'intera area nazionale, ne fa automaticamente l'asse portante di questo progetto. A scapito naturalmente del Corpo di PS, il quale percorso da tutta una serie di contraddizioni interne che ne rendono precario l'equilibrio, è ormai ritenuto di scarsa fidabilità quand'anche non inquinato dai "germi del sovversivismo" (vedi richieste di smili tarizzazione e democratizzazione del corpo). È inevitabile quindi che i suoi margini di autonomia vengano restringendosi di pari passo con l'accentramento di tutti i poteri nelle mani dell'esecutivo. Si tratta di vedere ora questa ristrutturazione nei suoi termini reali a partire dagli obbiettivi che nei tempi brevi essa intende realizzare per poter essere all'altezza dei nuovi compiti che l'incalzare dell'iniziativa rivoluzionaria pone allo Stato imperialista.
Questi sono nell'ordine:
a) aggiornamento delle strategie e delle tecniche;
b) adeguamento delle strutture e dei mezzi;
c) rinnovamento dell'istruzione e dell'addestramento;
d) impiego unitario e di coordinamento di tutte le forze di antiguerriglia.
Ovviamente i due nuovi servizi hanno funzioni differenziate essendo il SISMI un organismo che assolve essenzialmente a funzioni di spionaggio e controspionaggio militare, mentre il SISDE è preposto a organizzare l'annientamento della guerriglia nelle sue espressioni organizzate, per cui è di quest'ultimo che ci occuperemo più a fondo.
È comunque da rilevare che il compito cli coordinare l'attività dei due organismi spetta al CESIS (Comitato Esecutivo per i Servizi di Informazione e Sicurezza) che dipende direttamente dall'Esecutivo e più in particolare dal presidente del Consiglio (che ne nomina i membri) al quale dovrà fornire di volta in volta una analisi di tutti gli elementi e i dati trasmessi dai due servizi, sviluppando al massimo il lavoro di ricerca e di elaborazione dei medesimi, curando inoltre i rapporti di collaborazione-integrazione con servizi analoghi operanti negli altri Stati della catena imperialista. Rispetto alle mansioni che il SISMI e il SISDE svolgono, occorre tener presente che essi funzionano esclusivamente da organi informativi e di direzione delle operazioni di controguerriglia, senza peraltro intervenire specificatamente sul terreno militare che spetterà invece ad alcune sezioni speciali dei vari corpi di PS, CC, GdF.
Sono stati soppressi gli uffici politici distaccati nelle varie questure e sostituiti in ciascuna di esse da una "Divisione per le Investigazioni Generali e per le Operazioni Speciali" (DIGOS) che a loro volta fanno capo ad un "ufficio centrale" alla direzione generale di PS. Si potrebbe essere indotti a credere che in tal modo la PS resta ugualmente in grado di sviluppare autonomamente i propri piani operativi, ma non è cosi se si considera che il settore dell'informatica (decisivo in questo campo) è orinai, in larga misura, sotto il totale controllo del SISDE e quindi dei CC. Essi hanno visto cosi accrescere enormemente i loro poteri mantenendo pressoché inalterata la propria "autonomia" (in tal senso hanno già provveduto a costituire dei loro reparti operativi), configurandosi pertanto come il corpo strategico della controrivoluzione preventiva in Italia.
Sotto la direzione strategica del SISDE operano quindi delle vere e proprie sezioni speciali in funzione di braccio armato dello Stato imperialista. All'interno di queste "sezioni" sono già state create delle speciali "squadre anticommando" composte da uomini selezionati e altamente addestrati per operare in concomitanza con altri reparti simili dei paesi CEE (tipo GSG - 9 tedeschi).
In due occasioni sono state effettuate azioni combinate con passaggio delle frontiere, questo particolare, che rispecchia la logica di guerra applicata all'imperialismo in diverse operazioni "offensive" (Entebbe, Mogadiscio) è un segno indicativo del carattere internazionale che ha già assunto la guerra di classe sul continente. Esso indica la determinazione imperialista di risolvere con un intervento diretto quelle situazioni che squilibrano la stabilità degli anelli deboli della catena.
Il ruolo di questi organi di polizia dello stato imperialista è quindi quello di "braccio armato" dell'Esecutivo, cosi come tutti gli apparati di dominio, di costrizione, di consenso forzato e di legittimazione. Tuttavia, l'espressione "stato di polizia", da noi usata in precedenti documenti per definire la militarizzazione progressiva delle istituzioni, può creare confusione poiché non riflette esattamente il particolare rapporto che intercorre tra riorganizzazione delle strutture dell'antiguerriglia e crisi-ristrutturazione dello Stato imperialista. La crescita del peso politico di questi corpi speciali e di chi li dirige nel nuovo assetto dello "Stato riformato", rappresenta solo uno degli aspetti dell'attuale situazione: in realtà ad esso fa riscontro una completa subordinazione di queste forze all'Esecutivo ed alle sue direttive. La concentrazione del potere nelle mani dell'Esecutivo si realizza indirettamente attraverso gli apparati di dominio.
Ogni allargamento dei poteri istituzionali delle forze di poli-zia in generale e dei corpi speciali in particolare comporta in queste condizioni un rafforzamento dell'Esecutivo dal momento che quest'ultimo esercita su di essi un controllo diretto ed assoluto.
Quindi ciò che appare rafforzamento del particolare (apparati di polizia) è in realtà solo una proiezione del processo di rafforzamento dell'Esecutivo. Pertanto, gli scontri ricorrenti tra due corpi separati dello Stato quali polizia e Magistratura — dove la prima rivendica a sé maggiori spazi di autonomia rispetto alla seconda — non vanno interpretati riduttivamente come manifestazioni "corporative", frutto della lotta tra apparati burocrati-ci. Lo stesso discorso vale per l'impiego delle "circolari interne" (provvedimenti amministrativi) che precludono al Parlamento ogni possibilità d'intervento in questo settore. In effetti, che i vari corpi speciali, nonché quelli di polizia, siano di fatto svincolati dal controllo della Magistratura e del Parlamento, equivale per l'Esecutivo ad una maggiore libertà di azione. Da una parte abbiamo la riorganizzazione degli apparati repressivi ed il loro rafforza-mento per mezzo dell'ampliamento dei poteri e la concentrazione; in tal senso vanno intese le leggi sul fermo di polizia, la possibilità di interrogare i fermati, l'autorizzazione per la chiusura dei "covi", le intercettazioni autorizzate non piú dal magistrato ma dal ministro degli Interni, l'istituzione di un comitato di coordinamento tra le forze di polizia. Dall'altra invece, la loro diretta
e totale subordinazione agli organi dell'esecutivo di cui la riforma-ristrutturazione dei servizi segreti è un esempio quanto mai concreto.
Non è casuale che in tutti gli Stati imperialisti i servizi se-greti siano posti al servizio dell'Esecutivo: del primo ministro in Gran Bretagna e Francia, del cancelliere nella RFT, del presidente negli USA: in Italia il presidente del Consiglio dirige entrambi i servizi per tramite di un Comitato Esecutivo nominato, come abbiamo visto, dal primo ministro stesso, mentre prima della riorganizzazione il SID dipendeva dal Capo di Stato Maggiore del-l'esercito. Questa figura politica diviene cosí la massima "autorità nazionale di sicurezza" avvalendosi per le sue deliberazioni di uno speciale ufficio: l'USI (Ufficio Sicurezza Interna) il quale è strettamente collegato alle determinazioni sovrannazionali dal comando imperialista e quindi con la NATO. Infine è ancora il Presidente del Consiglio a decidere in merito alla regolamentazione del "segreto politico-militare".
Dal momento che lo scontro di classe assume i connotati della guerra, anche le funzioni dello Stato si integrano e la distinzione tra politico e militare si risolve in unità. L'esperienza dei vertici interministeriali con la partecipazione di tecnici e militari indica le forme verso cui evolve la struttura di governo dello Stato imperialista: il comitato della crisi come dimensione permanente dell'Esecutivo.
Un discorso a parte merita lo sviluppo di strategie e tecniche antiguerriglia il cui obbiettivo fondamentale è la militarizzazione stabile dei poli metropolitani e l'annientamento delle organizzazioni del movimento di resistenza armata. Le direttrici sulle quali esso marcia sono:
— utilizzazione dell'informatica; introduzione di tecnica di "intelligence" (psicologia, analisi del linguaggio, criptoanalisi...); applicazione dei modelli di guerra nell'occupazione delle aree metropolitane e negli attacchi antimassa; modelli militari di posto di blocco, squadre speciali per i combattenti urbani, perquisizioni domiciliari regolate da leggi di guerra.
— strategie di coinvolgimento delle masse nella "gestione" del-l'ordine pubblico: utilizzo dei mass-media, dei partiti, dei sindaca-ti, degli enti locali, ecc.: come organizzatori del consenso e garanti della vigilanza e della "prevenzione sociale in difesa dello Stato".
Annientamento politico-militare del movimento di resistenza proletario: questo è l'obbiettivo perseguito dalla controrivoluzione preventiva. Militarizzazione globale della vita sociale, organizzazione del consenso e mobilitazione reazionaria delle masse, sono le forme complementari della guerra che l'imperialismo combatte nel cuore della metropoli.

B - Il rafforzamento dei meccanismi e degli
strumenti di controllo e prevenzione

Nella guerra imperialista controrivoluzionaria la costruzione di una rete di spionaggio totale preventivo è un fronte di attacco che si fa ogni giorno piú importante.
«...ci troviamo di fronte ad un disegno dissennato che non ri
f fugge dall'uso di mezzi e tattiche nei confronti delle quali uno Stato che, proprio per essere democratico, non dispone e non può disporre di mezzi di controllo preventivo totale della vita sociale Si trova largamente disarmato...». Questo lamento di Cossiga non ci deve trarre in inganno, infatti, gli esperti della Trilateral gli suggeriscono che « ... ci sono dei limiti potenzialmente auspicabili all'ampliamento indefinito della democrazia politica e questi limi-ti — aggiungono — sono la condizione di una lunga vita delle democrazie occidentali». Il problema sul terreno politico è dunque risolto! si tratta di fissare questi "limiti" e le applicazioni dell'informatica faranno il resto.
Nello Stato imperialista la tendenza è quella di massimizzare i controlli sociali su tutta la popolazione e in particolare impiantare all'interno di ogni istituzione fondamentale speciali sezioni di spionaggio.
L'uso dei sistemi informatici, di reti di calcolatori consente l'attuazione pratica di questo progetto. Per loro tramite il controllo globale dei nemici interni potrà raggiungere livelli mai guadagnati nelle precedenti dittature. E nello stesso tempo l'area dei nemici interni" tenderà a dilatarsi fino a coincidere con l'intera popolazione. Insomma lo Stato imperialista sta preparando per tutti un regime di libertà vigilata!
Già oggi, del resto, varie reti di schedatura catturano in varia misura informazioni su tutti noi. Ricordiamo qui solo le principali:
— controllo e spionaggio preventivo della forza-lavoro nei centri di produzione e nel terziario attuato da polizia di fabbrica e agenzie private. La centralizzazione dell'informazione viene poi effettuata dalle organizzazioni sindacali e padronali (Confindustria, Intersind) ed eventualmente dai servizi di sicurezza dello Stato; si ricorda a tal proposito "l'edificante" vicenda dello spionaggio Fiat.
— servizi di informazione sicurezza militare (SISMI). La legittimazione della schedatura globale e preventiva del settore militare è stata così motivata dal solito Andreotti: « la schedatura è una brutta parola che non bisognerebbe usare. Ma facciamo un esempio. Se ci fosse un autonomo o comunque una persona nota per aver fabbricato e detenuto bottiglie molotov non sarebbe proprio il caso di metterlo a guardia di una polveriera...».
Così per non correre rischi è meglio controllare tutti!
— schedature dei gruppi rivoluzionari, delle avanguardie politiche e sindacali, dei partiti politici, con particolare riguardo a quelli genericamente di sinistra, degli organismi di base, effettuata dalla divisione per le investigazioni generali, dalla polizia giudiziaria, dal SISDE, ed in particolare dai "corpi speciali antiguerriglia". Il solo "cervello" del ministero degli Interni memorizza die-ci milioni di schede:
— schedature di tutti i carcerati e di ogni rapporto sociale che ognuno di essi intrattiene. Il ministero di GeG dispone di quattro memorizzatori centrali: due Univac (Corte di Cassazione e schedatura dei dipendenti del ministero); un Honeywell (casellario giudiziario); un IBM (schedatura dei detenuti);
— schedatura politica di tutti gli studenti e loro organismi, diretta e centralizzata dal ministero degli Interni attraverso l'ufficio attività assistenziali italiane.
— schedatura del personale degli impianti strategici civili (ad esempio il personale delle centrali nucleari) e controllo della popolazione di tutta l'area circostante.
E l'elenco potrebbe continuare ancora a lungo.
Non dobbiamo sottovalutare l'applicazione dell'informatica al-la repressione della lotta di classe perché essa porta con sé, insieme all'efficienza dei calcolatori, l'ideologia che ci sta dentro ed il personale tecnico-militare che li fa funzionare.
Il sistema informativo della polizia USA si chiama IBM. E così l'IBM pubblicizzava questa sua realizzazione: « ... le conoscenze che abbiamo acquisito sull'uso delle informazioni, e che ci permettono di seguire i battiti di un cuore sulla luna, sono adesso messe a profitto dalla polizia per far rispettare le leggi ».
I sistemi informatici sono monopolio delle multinazionali americane perché oltre a garantire il dominio USA sull'economia mondiale (il settore elettronico è il settore strategico del capitalismo avanzato), garantiscono la esportazione dei suoi modelli di controllo, di un "modo di far polizia", ed esportano perciò anche i livelli di repressione più alti maturati nell'anello più forte del-l'imperialismo. Infatti l'esportazione di questi "sistemi" non è solo l'esportazione di tecnologia avanzata, ma anche di un "rapporto di produzione" di una precisa "ideologia". È la schedatura americana che si impone nelle strutture di controllo di tutti gli stati della catena imperialista. E, proprio per questo è anche la formazione di uno strato di tecnici-poliziotti che dirigono il processo di spionaggio preventivo e totale della popolazione.
Una volta c'era la "spia". Oggi, certo, questo triste mestiere svolge ancora una propria specifica funzione, ma l'organizzazione multipla dei controlli attraverso i "sistemi informatici" estesi in tutti i settori della vita sociale, rappresenta un nemico ancora più insidioso. Quante sono le informazioni su ciascuno di noi, su ciascun militante in generale, che lo Stato imperialista immagazzina, centralizza, e può dunque sfruttare in permanenza per rafforzare il suo dominio? È necessario approfondire la nostra conoscenza dei "modelli antiguerriglia" rispetto ai quali viene organizzata la raccolta delle informazioni, dei "sistemi" impiegati e delle "reti di calcolatori" che essi collegano. È indispensabile conoscere il personale tecnico-militare che dirige e fa funzionare questo specifico settore della guerra. È importante attaccare queste reti di controllo far saltare le sue maglie, disarticolare questi apparati e ciò a partire dal personale tecnico-militare che li dirige, li istruisce e li fa funzionare contro il proletariato.

C - Integrazione delle strutture giudiziarie come braccio dell'esecutivo

La riorganizzazione della Magistratura italiana ha come presupposto fondamentale la riforma del codice di procedura penale. Questa è stata decisa in una riunione congiunta dei ministri del-la giustizia dei paesi aderenti alla CEE ed ha la funzione di unificare il sistema giuridico italiano con le norme in vigore nei paesi europei ed in particolare con il sistema anglosassone.
Nel processo di eliminazione dei residui "liberali" che oggi si configurano come punti deboli delle istituzioni dello Stato, si rea-lizza una ridefinizione dei rapporti tra esecutivo e giudiziario funzionalizzata alla costruzione di un fronte efficiente e privo di varia-bili contro la guerra di classe rivoluzionaria.
L'esecutivo tende ad assumere la forma di "comitato della crisi" per la guerra interna. Questo processo implica il suo diretto controllo su ciascuno degli apparati di coercizione. In questo quadro si comprende come l'Esecutivo intervenga con attacchi organici contro ogni "tendenza autonomista" e non controllabile della magistratura e che perciò si configura come un ostacolo alla sua iniziativa controrivoluzionaria. Il processo qui accennato comporta una ristrutturazione dell'apparato giudiziario che comunque non è priva di contraddizioni
Il dato più importante è la riorganizzazione verticale dei massi-mi organi giudiziari attuata con forza dall'Esecutivo attraverso il ministero di GeG. Il senso di questa operazione è quello di dare alla magistratura un assetto organizzativo tale, che faciliti il controllo dall'alto, nonché una struttura gerarchica funzionale alla subordinazione dei settori periferici alle direttive del centro. Piegata quindi ogni velleità "autonomista", la magistratura si presenta come un apparato in cui la volontà dell'Esecutivo si afferma dal centro alle articolazioni per mezzo di alcuni organi dirigenti e strettamente legati tra loro e immediatamente subordinati allo "Stato Maggiore della crisi".
Il principale di questi organi è il Consiglio Superiore della Magistratura opportunamente riformato tempo addietro con l'inserimento a fianco dei magistrati che Io compongono di un gruppo di "esperti" legati ai maggiori partiti. Esso si caratterizza per la sua funzione determinante nel sistema istituzionale. Per la sua struttura il CSM svolge un ruolo di trasmissione della volontà del-l'Esecutivo, è il principale organo di controllo tra Esecutivo e giudiziario. Inoltre la sua qualificazione tecnica ne fa un efficiente strumento di consultazione e di coordinamento per la ristrutturazione della organizzazione giudiziaria e dell'ordinamento giuridico.
Fa testo in questo senso l'intervento del CSM in occasione del processo di Torino dopo l'azione Croce. Il massimo organo della Magistratura assume l'iniziativa della sospensione dei termini di carcerazione preventiva; il governo apparentemente si muove in un secondo tempo ratificando con decreto legge la decisione dei giudici. Formalmente è l'esaltazione dello Stato di diritto, ma in realtà, è la massima espressione di dipendenza dalle direttive del-l'Esecutivo.
Ai primi di maggio Bonifacio propone per la prima volta una serie di incontri tra rappresentanti del governo, CSM e capi degli uffici giudiziari. Obbiettivo: un'indagine con fini operativi sullo stato della Magistratura. A luglio si tiene perfino un convegno sulle stesso argomento in cui il ministro Bonifacio convoca oltre ai membri del CSM altri grossi funzionari dell'amministrazione giudiziaria. È chiaro il fine di questi incontri, a parte il confronto tra le diverse posizioni, è essenzialmente l'affermazione della linea stabilita dal governo.
Lo spazio di "autonomia residua" concesso alla magistratura è limitato alle modalità di applicazione di queste direttive: inoltre il CSM si configura come garante della corrispondenza tra l'assetto interno della magistratura e gli obbiettivi contingenti della politica dell'Esecutivo. Si tratta non solo del controllo sul corretto funzionamento e l'applicazione delle direttive, ma anche del mantenimento dello "status quo" all'interno dell'amministrazione e quindi della ratifica dei provvedimenti disciplinari, ecc.
Per questo il CSM è anche l'organo materiale attraverso cui si realizza il comando dell'Esecutivo sulle strutture giudiziarie. A conferma di ciò è esemplare il provvedimento con cui il CSM esautora dalle loro funzioni alcuni giudici di sorveglianza, rei di aver applicato alcune norme della riforma penitenziaria in una chiave opposta a quella voluta dall'Esecutivo. Ancora più pesante è l'iniziativa del vice presidente del CSM Bachelet che su direttiva di Bonifacio e del governo incarica i procuratori generali di indagare sulle dichiarazioni politiche di appartenenti a "Magistratura
Democratica" accusandoli di affermazioni in contrasto con l'ordine democratico.
Infine come ultimo e clamoroso esempio attraverso cui questo disegno prende corpo e si palesa in tutte le sue implicazioni, val la. pena qui, mettere bene in evidenza la "ragion di stato" che ha indotto il CSM a decretare, per bocca dei suoi diretti collaboratori, l'assoluzione in favore dei fascisti di ON a Roma ed ai loro degni camerati, Servello in testa, a Milano. È evidente come queste assoluzioni siano state "suggerite" al CSM dall'Esecutivo quale contropartita per i servizi resi dai fascisti in altri tempi e in cambio di quelli che ancora dovranno rendere allo Stato imperialista nella loro qualità di forze di complemento, strumenti di controguerriglia psicologica (con Occorsio infatti si tendeva propriamente a gettare lo scompiglio e la confusione nella sinistra rivoluzionaria e fare da contraltare all'azione Coco), sino a rivestire il ruolo di squadre della morte alle dipendenze dei servizi segreti. Emerge quindi chiaramente il legame organico che nel caso specifico unisce Magistratura ed Esecutivo, questo è il dato saliente; ostinarsi a credere nella presunta "autonomia" della Magistratura equivale a porsi su di un piano puramente idealistico quindi al di fuori di qualsiasi interpretazione della realtà presente.
Questo conferma inequivocabilmente una integrazione ed una subordinazione funzionale al progetto politico di cui l'Esecutivo è portavoce.
Naturalmente anche questo processo non è assente da contraddizioni, ma non si tratta, come affermano le correnti democratiche in seno alla Magistratura di una generica contraddizione tra "reazionari" e "progressisti". Questi ultimi vorrebbero che il Par-lamento e le forze politiche che in esso sono rappresentate esercitasse un controllo democratico sulla attività della Magistratura, mentre viceversa i reazionari sostengono la linea dei "corpi separati". In realtà entrambe queste linee sono perdenti rispetto a quella che identifica il proprio ruolo all'interno della linea di "integrazione delle strutture giudiziarie come braccio dell'Esecutivo". Questa è attualmente la forza egemone, perno centrale della Magistratura, su cui l'imperialismo ha puntato le sue carte.
A fianco del CSM l'Esecutivo si avvale di altri organismi per esercitare il controllo sulla Magistratura, quali ad esempio: procuratori generali di Corte d'Appello, Capi degli Uffici istruzione.
Parallelamente alla riorganizzazione verticale dei massimi organi giudiziari si afferma la tendenza alla "specializzazione" dei magistrati in particolari settori dell'attività giudiziaria. Questo pro-cesso si manifesta nella formazione di nuclei e uffici speciali di magistrati addetti ai procedimenti relativi a reati particolari: "terrorismo", sequestri di persone... Connessa e complementare a questa è l'iniziativa di concentrare i processi per "terrorismo" "eversione" e sequestri, nei Tribunali delle città capoluogo di distretto di Corte d'Appello, iniziativa che — per quanto ci riguarda — porta diritto ai tribunali speciali.
Si realizza qui la completa subordinazione ed integrazione del giudice alle direttive delle forze antiguerriglia e inoltre il massimo controllo dell'Esecutivo sulla conduzione e lo sviluppo di indagini che investono le forze che praticano la guerra di classe rivoluzionaria.

D - Ristrutturazione del carcerario


Le strutture dei Campi di Concentramento e la riorganizzazione dell'ordinamento carcerario sono parte integrante del disegno di ristrutturazione imperialista dello Stato, non si tratta solo di "adeguamento" degli apparati di dominio controrivoluzionario ad una fase diversa, superiore, della guerra, ma di una condizione, di una premessa indispensabile per il salto di qualità che caratterizza nel suo divenire lo Stato imperialista.
L'urgenza e la cura con cui l'esecutivo sta affrontando la questione carceraria dimostra il peso che la borghesia attribuisce a questo settore dello scontro di classe nella fase attuale.
La controrivoluzione procede con lugubre metodicità. Essa è impegnata a "normalizzare" le condizioni di ordine all'interno delle carceri, a sbaragliare uno strato di classe attualmente debole e isolato! il proletariato prigioniero. Ma le prospettive sono ben altre. Come abbiamo visto il progetto imperialista si snoda intorno ad un asse principale, la costruzione e il potenziamento di organismi sovranazionali di direzione e controllo.
A queste centrali, le potenti multinazionali e la borghesia imperialista che ne è l'espressione, affidano il compito di ristrutturare gli Stati-nazionali sul filo di una controrivoluzione preventiva continentale. È in questo quadro generale che va compresa la sempre più stretta integrazione delle strutture militari di re-pressione e la loro specializzazione in magistratura antiguerriglia, corpi speciali antiguerriglia, carceri speciali e cioè campi di concentramento.
Asinara, Favignana, Fossombrone... si legano direttamente tanto sul piano dei contenuti politici che su quello degli obbiettivi militari. alle strutture di concentramento per i compagni della RAF in Germania ed a quelle per i militanti dell'IRA in Inghilterra. Tanto i Stammheim che l'Asinara sono gli esempi verificabili di che cosa intendiamo per ristrutturazione imperialista del settore carcerario in funzione antiguerriglia.
Qui come là è l'Esecutivo che si assume direttamente il compito di dirigere e coordinare, tramite una apposita commissione, ciò che in essi accade o che si vorrebbe che accadesse.
Controrivoluzione preventiva continentale, campi di concentramento, sono il segno di un salto di qualità avvenuto nella lotta di classe, lo Stato imperialista è costretto a scendere sul terreno diretto della guerra nel confronto con il movimento .di resistenza proletario. Si determina il passaggio ad una nuova fase in cui il rapporto tra le due parti resta unicamente definito dalle forme della guerra di classe.
"Le scelte di guerra, come i nuovi campi di concentramento non sono solo la risposta repressiva ai singoli fenomeni eversivi che si verifica, ma una scelta irreversibile in quanto organica alla ristrutturazione imperialista, che oltre a neutralizzare i comunisti catturati li trasforma in ostaggi. È superfluo far notare che il trattamento riservato ai prigionieri di guerra, esplicitamente, non viene fatto discendere da motivi contingenti e provvisori, ma è la condizione permanente ed immutabile posta dal potere. Non è l'attività del singolo detenuto che conta, bensì la sua figura politica (o anche solo sociale per i 'comuni' dato lo scarso grado di integrazione sociale esistente in Italia rispetto agli altri paesi) nella lotta che il proletariato conduce. Questa politica di guerra ha uno scopo unico: l'annientamento del prigioniero di guerra".
Dove l'aspetto dell'annientamento fisico è direttamente funzionale e subordinato all'obbiettivo della distruzione della sua identità politica e personale.
"Su tutta l'area metropolitana il combattente antimperialista prigioniero è considerato un ostaggio nelle mani dello Stato che tende a sviluppare nei suoi confornti una duplice azione: da un lato un trattamento orientato alla progressiva distruzione della sua identità politica, volontà, personalità, attraverso l'isolamento individuale o per piccoli gruppi e una continua opera di destabilizzazione verso livelli di pura sopravvivenza; dall'altro, il suo utilizzo propagandistico in funzione deterrente verso le forze rivoluzionarie e proletarie.
"Su tutta l'area metropolitana a questo trattamento di guerra il movimento rivoluzionario è impegnato a rispondere con azioni di guerra.
"È bene fare la massima chiarezza su questo punto. I campi non sono un bubbone in corpo sano, deviazioni delle "norme democratiche", residui medioevali o casi "deprecabili" di ritardo nel-l'applicazione della riforma. I campi sono la punta avanzata della riforma. Sono l'altra faccia dei "carceri aperti" e materializzano il suo principio cardine: il trattamento differenziato" (2).
Si determinano, con la istituzione dei campi, nuove condizioni in cui la catena di trasmissione del potere collega direttamente il Campo ai vertici del Ministero di Grazia e Giustizia, degli In-terni, della Difesa, le responsabiltà politico militari di ciò che in essi succede va assegnata in primo luogo all'esecutivo. Questo processo è in pieno svolgimento e non è privo di contraddizioni.
Esso infatti si svolge in un sistema istituzionale che contempla il potere legislativo e il potere giudiziario ancora formalmente autonomo e indipendente. La massima dimostrazione di forza dell'Esecutivo coincide quindi con l'evidenziarsi di contraddizioni. Progetto imperialista e strutture istituzionali entrano in conflitto, ed il primo tende a prevaricare ed adattare a sé le seconde.
È da questa contraddizione che nasce una "opposizione democratica". Un settore della borghesia, pur non essendo in antagonismo con gli obbiettivi strategici dell'imperialismo è costretto a lottare per la conservazione degli spazi di potere che occupa nella struttura istituzionale.
L'atteggiamento di questa "opposizione democratica" nei con-fronti della lotta proletaria antimperialista ha un carattere duplice. Da una parte, in quanto componente del quadro imperialista, si fa essa stessa aperta controrivoluzione, non solo come organizzatrice del consenso a livello di massa, ma soprattutto come intermediaria per la mobilitazione del popolo in difesa dello Stato. Dall'altra essa punta al controllo della "spinta, a gestire l'opposi zione" dopo averla epurata delle componenti "eversive". E ciò per rafforzare il proprio peso nello scontro politico di potere con gli altri settori della borghesia.
Stante queste condizioni oggettive vi è anche la possibilità di uno scontro tra le componenti della borghesia; la precarietà del quadro politico fondato sull'accordo di maggioranza parlamentare (appena nato e già in crisi) ne fa testo. In pratica però queste contraddizioni possono evolversi solo in conseguenza dell'iniziativa delle forze rivoluzionarie.
La lotta di classe costringe le forze politiche a prendere posizione. Nel caso delle "carceri speciali", una ripresa dell'iniziativa proletaria avrà una duplice conseguenza: disarticolare, con il progetto dei Campi, una punta avanzata della controrivoluzione; approfondire le contraddizioni dello stesso progetto di ristrutturazione dello Stato imperialista che rendono possibile lo sviluppo di uno scontro di potere all'interno del blocco dominante.
Il tentativo di fuga da Favignana ha dimostrato non solo la debolezza politica di questo progetto, ma anche tutta una serie di contraddizioni: strutturali che vanno sottolineate. In prime luogo lo scontro latente tra l'organizzazione dei "servizi di sicurezza e-sterni" — reparti speciali dei CC diretti dal Gen. Dalla Chiesa — e le strutture dell'amministrazione penitenziaria che fanno capo al ministero di GeG. Una contraddizione che ha origine nella struttura istituzionale cioè nella divisione dei compiti e di potere stabilita per tradizione dagli apparati di comando dello Stato.
La creazione di organismi per il coordinamento per la riorganizzazione del settore carcerario, come la Commissione presieduta da Buondonno e Dalla Chiesa (della quale faceva parte il giudice Palma giustiziato dalla nostra Organizzazione), se rappresenta il segno della volontà dell'Esecutivo di superare questi limiti, cioè la tendenza a superare il particolarismo determinato dagli interessi "locali" in funzione di un interesse superiore e generale (quello della difesa dello Stato imperialista), deve fare comunque i conti con questa realtà. Dopo sei mesi di sforzi il ministro non è riuscito ancora a fare di Favignana un "carcere speciale", e queste perché, prima la direzione e poi le guardie hanno ostacolato e anche sabotato questo progetto. A Nuoro, le guardie hanno minacciato di abbandonare il servizio contro la proposta di istituire un "carcere speciale". A Trani, durante il sequestro di alcune guardie da parte di detenuti c'è stato uno scontro fisico durissimo tra i CC che pretendevano di entrare con la forza a liberare gli ostaggi e i colleghi dei sequestrati che hanno imposto una soluzione "pacifica".
Lo stesso tipo di contraddizioni si manifesta negli alti vertici delle gerarchie, come quando contro la nomina di Dalla Chiesa a coordinatore della sicurezza interna-esterna delle carceri si sono schierati l'Ispettore Generale delle carceri Altavista che ha pro-testato per "la interferenza dei CC nella amministrazione penitenziaria e addirittura il fu comandante dell'Arma Gen. Mino che si è sentito scavalcato nelle sue competenze dalle decisioni del governo".
La struttura di comando "parallela" che affianca i direttori delle carceri speciali e che dipende direttamente dagli organi militari dell'esecutivo, è stata istituita proprio perché risponde alle esigenze di realizzare un controllo diretto sul trattamento dei prigionieri che parta dal centro, e quindi di sottrarre competenze e potere agli organi locali. In altre parole per contrastare le tendenze partioolaristiche (corporative) che a tutti i livelli ostacolano il piano imperialista.

E - La mobilitazione reazionaria delle masse attraverso i mass-media

« L'operaio dovrebbe sempre sapere che il giornale borghese (qualunque sia la tinta), è uno strumento di lotta mosso da idee e da interessi che sono in contrasto coi suoi. Tutto riò che stampa è costantemente influenzato da un'idea: servire lo classe dominante, che si traduce in un fatto: combattere la classe lavoratrice ». Così scriveva Gramsci sull'Avanti nel 1916.
La stampa della borghesia ha sempre avuto questa funzione, ma il salto di qualità sta nel fatto che ora la direzione politica reale degli organi di informazione, è stata centralizzata e assunta in prima persona dall'Esecutivo dello Stato imperialista.
La RAI, i principali quotidiani e settimanali, sono diventati delle vere e proprie succursali dell'ufficio stampa del Ministero dell'Interno, e i giornalisti, che gestiscono le veline governative che ispirano l'azione controrivoluzionaria, sono veri e propri agenti distaccati di questo Ministero. Il controllo totale sulla stampa non va comunque scambiato con la censura, che di questo è solo un aspetto. Quello assegnato agli organi di stampa è un ruolo attivo, organico e funzionale alla strategia delle multinazionali, è una parte integrante della ristrutturazione dello Stato.
Villy Brandt spiega così la funzione dei mass-media dello Stato imperialista!
« ... Immunizzare la società contro la rivoluzione tramite una tranquilla e decisa affermazione della situazione norma-le ». E precisa: « il nichilismo criminale può essere combattuto con maggiore efficacia se la paura non diventa oggetto di calcolo politico e giornalistico ».
È lo stesso punto di vista esposto da Andreotti. Quest'ultimo infatti ha dichiarato che:
« i giornalisti possono aiutarci con successo nel rasserenare gli animi ».
La tesi è molto esplicita: militarizzare i mezzi di comunicazione di massa e i loro tecnici, intruppandoli come funzionari della guerra psicologica sotto la direzione dell'Esecutivo.
Agghiacciante ma perfettamente in linea con le direttive della Trilateral Commission. Secondo i cervelli dell'imperialismo infatti la "libertà di stampa" va bene, ma solo in dosi modeste. Essendo possibili "gli abusi" si. impone allo Stato la esigenza di: "assi-curarsi il diritto e la possibilità di negare le informazioni all'origine; ... regolamentare i valori professionali dei giornalisti e, ...in casi eccezionali anche procedere alle restrizioni preventive ritenute necessarie.
Nello Stato imperialista, in cui la famiglia e la scuola perdono a ritmo accelerato gran parte delle loro funzioni integrative tradizionali. i mezzi di comunicazione di massa sono apertamente utilizzati come strumenti fondamentali di socializzazione delle mas-se (e oioè di trasmissione di "valori, modelli di comportamento di base..."). Per questo la questione del loro "controllo" è di così fondamentale importanza
La "funzione formativa" (formativa del consenso alla politica dell'Esecutivo) tende a subordinare tutte le altre, e la "funzione informativa" si riduce alla costruzione capitolo dopo capitolo, della favoletta da somministrare come una pillola tranquillante alle masse espropriate di ogni controllo e di ogni alternativa.
La liquidazione rassicurante attraverso i mass-media dei comportamenti di classe antagonistici e, indirettamente, delle forze di classe che per loro tramite manifestano i propri bisogni, è la premessa necessaria alla loro liquidazione violenta mediante azione dei "corpi speciali".
La "funzione politica" dei mass-media è dunque quella di costruire una mobilitazione permanente in senso reazionario del-le masse; di fabbricare l'identificazione di ampi strati proletari con i provvedimenti più repressivi che lo Stato si incarica di attuare: di organizzare il consenso sulla liquidazione, anche fisica, dei "nemici interni".
Nelle moderne redazioni dei grandi giornali, in cui ogni giorno si scompone e ricompone Io scontro di classe secondo i fini di dominio della borghesia imperialista, siedono i nuovi tecnici della controguerriglia, gli specialisti della guerra psicologica, i funzionari della violenza controrivoluzionaria che spianano il terreno ai killer dei corpi speciali. Sono i fabbricatori di "mostri" che precedono nella guerra moderna gli annientatori dei militanti rivoluzionari. E' in queste redazioni che le cosiddette "strategie del low profil" (profilo basso), ossia di interventi indiretti contro i movimenti proletari, prendono corpo e si concretizzano in "operazioni psicologiche" che si propongono di influenzare gli atteggiamenti del proletariato conquistare "i cuori e le coscienze", screditare la guerriglia, incoraggiare al suo interno divisioni, insinuare il sospetto, abbattere il morale.