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Il nostro Partito ha diretto con successo la lunga guerra di resistenza contro gli imperialisti francesi e gli imperialisti americani
Poco dopo il trionfo della Rivoluzione d'Agosto e la fondazione della Repubblica
Democratica del Viet Nam, il 23 settembre 1945 i colonialisti francesi, appoggiati
dalle truppe britanniche, aprirono le ostilità a Saigon, nel tentativo
di rioccupare il nostro paese. I nostri compatrioti del Nam Bo si sollevarono,
decisi a resistere. Il 19 dicembre 1946, la resistenza si estese a tutto il
paese. Il nostro popolo si impegnava così in una lunga, dura ed eroica
guerra di liberazione contro gli imperialisti francesi e gli interventisti americani,
che sarebbe terminata nove anni più tardi con la grande vittoria di Dien
Bien Phu e con la Conferenza di Ginevra. Con la Conferenza la pace veniva ristabilita
sulla base del rispetto della sovranità, dell'indipendenza, dell'unità
e dell'integrità territoriale del nostro paese, della Cambogia e del
Laos. Il Nord del nostro paese acquisiva completa libertà.
Questi nove anni di gloriosa resistenza sono stati una delle più gloriose
pagine della storia del nostro movimento di liberazione nazionale. Il popolo
vietnamita, sotto la direzione del Partito Comunista, ha sconfitto, dai primi
combattimenti del Nam Bo fino alla vittoria di Dien Bien Phu, l'esercito di
aggressione di una potenza imperialista. In questo articolo cercheremo di ricavare
un certo numero di esperienze essenziali tratte dal lavoro di direzione del
nostro Partito nella guerra rivoluzionaria.
1. Innanzi tutto, la resistenza del nostro popolo deve il suo successo
alla corretta politica promossa dal nostro Partito: unire tutto il popolo per
proseguire, senza esitazione alcuna, la resistenza.
Il nostro Partito, come già nei primi tempi della seconda
guerra mondiale promosse con grande lungimiranza la preparazione dell'insurrezione
al fine di conseguire la liberazione nazionale, così nel 1945-46, immediatamente
dopo l'instaurazione della Repubblica Democratica, definì con chiarezza
la seguente linea politica: dedicare ogni sforzo ad unire il popolo, levarsi
risolutamente e resistere all'aggressione, per difendere le conquiste della
Rivoluzione d'Agosto e l'indipendenza nazionale da poco riconquistata.
Dal giorno stesso del trionfo della Rivoluzione il nostro Partito aveva individuato
il pericolo di un'aggressione da parte dei colonialisti francesi ; così
richiamava il popolo, nella Dichiarazione d'Indipendenza, e nel Giuramento dell'Indipendenza,
a raddoppiare la vigilanza e a tenersi pronto a combattere in difesa della Patria
ad ogni costo.
I fatti sono noti: le prime sparatorie dei colonialisti aggressori francesi
si verificarono a Saigon, in un momento in cui il potere popolare non era ancora
consolidato, e in cui eravamo alle prese con considerevoli difficoltà
in ogni settore. Mai avevamo avuto sul nostro territorio tali e tante truppe
straniere: le truppe giapponesi che, malgrado la resa, erano ancora in possesso
di tutte le armi; nel Nord, le truppe di Chiang Kai-shek, che aiutavano in tutti
i modi il Kuomintang vietnamita a rovesciare il nostro potere; nel Sud, a partire
dal 16° parallelo, le truppe britanniche, che spalleggiavano seriamente
i colonialisti francesi nell'estensione della guerra d'aggressione
Il nostro Partito incitò e guidò risolutamente il popolo lo del Nam Bo nel combattimento contro i colonialisti francesi, e, per concentrare tutte le forze e dirigerle contro il nemico principale, promosse sul piano interno la seguente linea politica: piú alleati, meno nemici; allargamento del Fronte nazionale unito e fondazione dell'Unione nazionale vietnamita, (abbreviata in Lien Viet); riunione di tutte le forze suscettibili di essere unite ; neutralizzazione di tutte le forze suscettibili di essere neutralizzate; divisione di tutte le forze suscettibili di essere divise; al tempo stesso necessità di fare ogni sforzo per consolidare il potere, sviluppare e rafforzare il potenziale militare, organizzare elezioni generali, eleggere l'Assemblea costituente, formare in Governo di coalizione per la Resistenza. Sul piano estero, il Partito promosse la seguente linea politica: applicare, con ogni mezzo, una politica amichevole nei confronti delle truppe di Chiang Kaitshek per evitare, nella misura del possibile, ogni conflitto; nei confronti dei colonialisti aggressori francesi, cioè del nemico fondamentale, da un Iato dirigere nel Nam Bo popolo ed esercito in una resistenza accanita e ostinata contro le truppe d'aggressione, e invitare in tutto il paese il popolo a sostenere senza riserve il Nam Bo, ad inviare rinforzi nel Sud, a prepararsi attivamente alla guerra di resistenza in caso di estensione generalizzata delle ostilità; dall'altro, necessità di non lasciarsi sfuggire nessuna occasione per mettere a profitto gli antagonismi tra Chiang Kai-shek e la Francia, per intavolare negoziati con il Governo francese, per guadagnare tempo e salvaguardare la pace.
Il positivo risultato di questa corretta linea e tattica politica
fu la firma della Convenzione preliminare del 6 marzo 1946 fra il nostro Governo
e la Francia. Da parte nostra accettavamo lo stanziamento di un contingente
di forze francesi in diversi punti del Bac Bo in sostituzione delle truppe di
Chiang Kai-shek; da parte sua, il Governo francese riconosceva la Repubblica
Democratica del Viet Nam come uno Stato libero nell'ambito dell'Unione francese,
con un suo governo, una sua Assemblea nazionale, un suo esercito, finanze proprie,
ecc... Riuscivamo così a scacciare fuori dal nostro territorio i 200.000
uomini dell'esercito di Chiang Kai-shek. Più tardi furono liquidate anche
le truppe controrivoluzionarie del Kuomintang che occupavano ancora cinque province
alla frontiera nella regione centrale del Bac Bo. Il regime democratico popolare
cominciava così a consolidarsi.
Con la Convenzione preliminare realizzavamo la parola d'ordine: "la pace
per potere procedere oltre." AIl'indomani della firma le illusioni di pace
fecero, più o meno, scemare la vigilanza nei confronti dei tentativi
di tradimento da parte dei colonialisti. Tuttavia in generale la linea del nostro
Partito restò immutata: da un lato fare di tutto per il consolidamento
della pace; dall'altro dedicarsi al rafforzamento del nostro potenziale, e prepararsi
a far fronte ad ogni eventualità; da un lato rispettare l'Accordo concluso
; dall'altro combattere risolutamente, in caso di siluramento della Convenzione
da parte del nemico. Le intenzioni del nemico d'altro canto si rivelavano sempre
più chiaramente. Più facevamo concessioni, più i colonialisti
francesi ci stringevano dappresso: non tenevano in alcun conto la Convenzione,
continuavano le operazioni di polizia nelle regioni occupate del Sud, si davano
ad ogni sorta di provocazioni e si estendevano, passo passo, nelle diverse regioni,
fino ad Haiphong e Hanoi. Facevano del loro meglio, insomma, per realizzare
la riconquista del paese. Di fronte dunque all'impossibilità di mantenere
la pace, il Partito chiamò tutto il popolo alla guerra di resistenza.
La realtà dei fatti aveva mostrato al popolo che il nostro Partito e
il nostro Governo avevano perseverato nella loro politica di pace, e che erano
i colonialisti francesi a voler riconquistare ad ogni costo il Viet Nam ; al
nostro popolo non si apriva ormai più che una sola via, quella della
sollevazione armata di massa per la risoluta difesa della Patria. La realtà
dei fatti aveva mostrato al popolo francese e ai popoli amanti della pace del
mondo che noi aspiravamo alla pace, e che erano i colonialisti francesi a volere
ad ogni costo la guerra; la nostra resistenza godeva quindi di una approvazione
e di un sostegno sempre più ampi tanto del popolo francese quanto in
generale di tutto il mondo.
Il nostro Partito dunque vide giusto quando decise di intraprendere una guerra
di resistenza, rispondendo così alle esigenze delle masse popolari esasperate
contro i colonialisti aggressori. Non deve quindi stupire che l'esercito e il
popolo rispondessero all'appello alla resistenza del Presidente Ho Chi Minh
senza indietreggiare di fronte a sacrifici o a privazioni, nella ferma determinazione
di proseguire la resistenza fino all'annientamento degli aggressori.
2. Per tutto il periodo in cui è durata la resistenza, il nostro
Partito ha, nell'essenziale, individuato in modo corretto la linea politica
della Rivoluzione nazionale democratica, riuscendo quindi a dar vita ad una
guerra di popolo e a conseguire la vittoria.
La resistenza del nostro popolo non era altro se non a continuazione
della Rivoluzione nazionale democratica sotto la forma della lotta armata. Comprendere
fino in fondo dunque la linea politica della Rivoluzione nazionale democratica
ed applicarla alla direzione stesa della resistenza costituiva un problema decisivo,
il problema chiave.
Come si è detto, il Viet Nam era un paese coloniale semifeudale; ma dalla
Rivoluzione d'Agosto in poi a nostra società aveva subito profondi mutamenti:
il dominio imperialista era stato rovesciato, ed altrettanto era avvenuto del
potere del re e dei mandarini, agenti degli imperialisti e rappresentanti della
frazione più reazionaria dei proprietari fondiari feudali. Tuttavia a
classe dei proprietari fondiari continuava ad esistere e il problema agrario
era stato solo parzialmente risolto.
Le forze dei colonialisti francesi tornavano nel paese per intraprendere una
guerra d'aggressione, e quindi la contraddizione fondamentale esistente tra
la nostra nazione e l'imperialismo si ripresentava in forma estremamente acuta.
L'aggressore straniero era l'imperialismo francese, senza alcun dubbio. All'inizio
la partecipazione di elementi progressisti al governo francese rese tatticamente
necessaria l'identificazione del nemico negli ultracolonialisti francesi. Ma
in seguito, e soprattutto a partire dal 1947, quando il governo francese divenne
decisamente reazionario, l'aggressore si identificò senza ambiguità
possibile con l'imperialismo francese che, nemico dell'intera nostra nazione,
stava sostenendo una guerra d'aggressione contro il nostro paese. In una situazione
di questo genere il fattore nazionale svolgeva un ruolo di fondamentale importanza.
Per battere gli imperialisti francesi, era necessario unire tutta la nazione,
unificare tutte le classi rivoluzionarie e tutti i patrioti, consolidare ed
ampliare il Fronte nazionale unito. Nella sua politica di unione nazionale il
nostro Partito ottenne grande successo e la parola d'ordine lanciata dal Presidente
Ho Chi Minh: "L'unità, la grande unità — per la vittoria,
la grande vittoria" divenne una realtà viva. Il Fronte nazionale
unito antimperialista del Viet Nam è un tipico esempio del più
ampio Fronte nazionale unito possibile in un paese coloniale.
Sotto la direzione del Partito Comunista, mai la Rivoluzione per la liberazione
nazionale fu dissociata dalla Rivoluzione democratica, e gli obbiettivi della
lotta antimperialista, benché più urgenti, marciarono sempre di
pari passo con quelli della lotta antifeudale. A causa della struttura economica
agricola arretrata del nostro paese, i contadini rappresentavano la grande maggioranza
della popolazione, e, se dal punto di vista rivoluzionario la classe operaia
costituiva la classe dirigente, i contadini decisamente antimperialisti ed antifeudali
costituivano il nerbo delle forze in lotta. La nostra guerra di resistenza doveva
dunque attuarsi trovando appoggio nella campagna, per costruirvi basi aprire
la guerra di guerriglia, in modo da accerchiare nemico nei centri urbani e da
liberare infine le città. rendere in considerazione il problema contadino
e la ma volontà antifeudale era quindi, per queste diverse ragioni, cosa
della massima importanza per spingere nostri compatrioti nella guerra di resistenza
di lunga durata fino alla vittoria finale.
Si pone qui il problema di come il nostro Partito abbia risolto,
durante la guerra di resistenza, la questione antifeudale per poter ottenere
la compatta sollevazione delle forze contadine. Durante la Rivoluzione d'Agosto,
dopo aver rovesciato il potere del re e dei mandarini, punimmo un certo numero
di traditori, e confiscammo la loro terra per distribuirla fra i contadini,
mentre ripartimmo provvisoriamente i grandi possedimenti dei colonialisti. Dopo
il ritorno degli imperialisti francesi e l'inizio della loro aggressione, si
verificò una progressiva collusione tra gli imperialisti e la frazione
più reazionaria della classe dei proprietari fondiari feudali ; la contraddizione
sociale essenziale era allora quella che opponeva la totalità della nostra
nazione e del nostro popolo agli imperialisti francesi e ai loro agenti, la
cricca dei feudali reazionari, e quindi avevamo, da parte nostra, avanzato la
parola d'ordine: annientare gli ultracolonialisti e i traditori. È questa
la ragione per cui, fin dai primi anni della guerra di resistenza, alcuni elementi
particolarmente reazionari della classe dei proprietari fondiari furono puniti
nel corso di operazioni miranti a rovesciare i notabili collaborazionisti e
a liquidare le spie. I loro possedimenti, come del resto le terre abbandonate
da proprietari assenteisti, furono a loro volta distribuiti o affidati provvisoriamente
ai contadini. Così praticamente la realizzazione dell'obbiettivo antifeudale
fu sempre all'ordine del giorno.
Tuttavia, tanto a livello teorico quanto a livello pratico, l'influenza delle
confuse idee, risalenti ancora al 1941, sul contenuto della Rivoluzione di liberazione
nazionale, continuava a farsi sentire, e ciò fece sì che durante
i primi anni della guerra di resistenza si trascurasse in certa misura l'obbiettivo
antifeudale, e si accordasse al problema contadino un'attenzione inadeguata
alla sua effettiva importanza. Questo problema fu impostato più chiaramente
solo verso il 1949-1950. Il nostro Partito promosse poi, nel 1952-1953, un movimento
di massa per la riduzione integrale dei tassi di affittanza e per la realizzazione
della riforma agraria, mettendo in pratica la parola d'ordine : "la terra
a chi la lavora." Grazie a queste misure la combattività di milioni
di contadini ricevette nuovo slancio, e l'alleanza degli operai e dei contadini
risultò rafforzata. Il Fronte nazionale unito si affermava progressivamente,
il potere dell'esercito andava via via rafforzandosi, le diverse forme di attività
della guerra di resistenza ricevevano nuovo impulso. La riforma agraria non
fu certamente esente da errori, che tuttavia, verificatisi essenzialmente dopo
il ristabilimento della pace, non ebbero alcuna influenza sulla guerra di resistenza.
È opportuno aggiungere che a partire dal 1951 si procedette alla ripartizione
delle terre anche fra i contadini del Nam Bo. La realizzazione della riforma
agraria durante il corso stesso della guerra di resistenza costituisce l'espressione
di una linea politica corretta e creativa del nostro Partito.
In breve, il nostro Partito riuscì, durante tutta la
guerra di resistenza, a tenere, in generale, nelle proprie mani le fila della
Rivoluzione nazionale democratica, cosicché fu possibile indurre il popolo
intero alla sollevazione, dar vita ad una guerra di popolo, e mobilitare le
potentissime forze popolari per sconfiggere l'aggressore.
Quando le ostilità si estesero a tutto il paese, il Partito lanciò
la parola d'ordine: combattere una guerra di resistenza popolare e totale. Qui
risiede il contenuto fondamentale della guerra di popolo, contenuto che si è
via via arricchito e concretato nella pratica, durante gli anni della guerra
di resistenza, e soprattutto dopo che fu dato il via alla guerra di guerriglia
e che fu attribuita al problema contadino l'importanza ad esso spettante nell'insieme
del problema nazionale.
Poiché l'indipendenza e la terra, in quanto obbiettivo politico della
nostra guerra di resistenza, erano effettivamente rispondenti alle fondamentali
e profonde aspirazioni delle masse, il nostro popolo si levò compatto
per schiacciare gli aggressori e per salvare la patria. Il Presidente Ho Chi
Minh lanciò il suo famoso appello: "Che tutti, uomini e donne, vecchi
e giovani, senza distinzione di confessione religiosa, politica o di nazionalità,
si levino, solo nel nome del Viet Nam, per combattere i colonialisti francesi
e salvare la pace! che quanti hanno un fucile se lo mettano sulle spalle, che
quanti hanno una spada se ne servano, che quanti non hanno nulla prendano zappe
o bastoni! È dovere li ciascuno lottare con tutte le proprie forze contro
i colonialisti per la salvezza nazionale!" Il popolo vietnamita rispose
all'appello del Presidente Ho Chi Minh, milioni di uomini e di donne si levarono
uniti da un solo sentimento e parteciparono alla resistenza contro il nemico.
Dal punto di vista della composizione delle sue forze, questa guerra di popolo
era essenzialmente una guerra contadina: per molto tempo ormai i contalini del
nostro paese avevano combattuto sotto le bandiere del Partito; avevano lottato
per la conquista lei potere durante la Rivoluzione d'Agosto e dovevano svolgere
un ruolo fondamentale durante tutto il periodo della lunga guerra di resistenza.
Di fatto la nostra resistenza era una resistenza di popolo.
Al fronte, l'esercito combatteva per schiacciare ! nemico; nelle retrovie, il
popolo si sforzava di accrescere la produzione, il contadino nei campi, l'operaio
nelle officine d'armi, per potere rifornire l'esercito, per essere di utilità
al fronte. E così le forze armate del popolo erano non solo quelle dell'esercito
regolare, ma anche le truppe regionali, i guerriglieri e partigiani. In adesione
alla parola d'ordine: "tutto il popolo in armi," ogni abitante diveniva
un combattente, ogni villaggio una fortezza, ogni cellula di Partito, ogni Comitato
di resistenza uno stato maggiore. Così fu nella zona libera, così,
e in misura ancora maggiore, nelle retrovie nemiche.
La resistenza del nostro popolo si svolgeva su tutti i piani, non solo militare,
ma anche politico, economico, culturale. Sul piano politico, per quanto riguardava
la situazione interna, bisognava educare e mobilitare in misura ancora maggiore
il popolo, rafforzare senza tregua l'unità nazionale, spezzare tutti
i tentativi nemici di divisione e di inganno; per quanto riguarda la situazione
internazionale, bisognava guadagnarci la approvazione e l'appoggio dei popoli
amanti del progresso di tutto il mondo, e in particolare coordinare strettamente
le nostre attività con l'azione del popolo francese e dei popoli delle
colonie francesi contro la sporca guerra. Sul piano economico, dovevamo costruire
ad ogni costo un'economia di resistenza, accrescere la produzione, cercare di
soddisfare sempre con le nostre forze i nostri bisogni, per potere sostenere
una resistenza di lunga durata; al tempo stesso bisognava sabotare l'economia
del nemico, lottare contro i suoi piani di accaparramento di tutte le forze
umane e materiali, e di mantenimento della guerra per tramite della guerra.
Sul piano culturale, era nostro compito sviluppare la cultura della resistenza,
conferendole un carattere di massa e ponendo l'accento sul patriottismo e l'odio
verso il nemico; al tempo stesso bisognava combattere una lotta attiva per spazzare
via l'influenza della cultura oscurantista nelle regioni libere, limitare la
diffusione della cultura corruttrice nelle regioni occupate, spezzare gli argomenti
della contropropaganda nemica, conservare e rafforzare la fiducia nella vittoria
finale e la determinazione a proseguire fino alla fine la guerra di resistenza.
Il potere popolare svolgeva, sotto la direzione del Partito, un ruolo della massima importanza nella mobilitazione delle risorse umane e materiali necessarie per la resistenza. "Tutto per il fronte, tutto per la vittoria," questa la parola d'ordine del nostro popolo, che traduceva la sua volontà di consacrare tutte le sue f orze alla guerra di resistenza, fino ad ottenere la vittoria, fino alla sconfitta degli imperialisti francesi e dei toro agenti, fino alla liberazione del paese, alla conquista a qualsiasi prezzo dell'indipendenza e della terra. Ecco la parola d'ordine della guerra di popolo.
3. Il nostro Partito ha definito una corretta linea strategica consistente
nel sostenere una resistenza di lunga durata e nel ricercare la salvezza con
le proprie forze; e ha definito un'appropriata linea operativa consistente nel
progressivo passaggio dalla guerriglia alla guerra di movimento.
All'atto di impegnarsi nella resistenza, il Partito aveva fatto
un'analisi estremamente penetrante dei punti di forza e di debolezza delle parti
belligeranti, e si era reso perfettamente conto, nella ricerca della definizione
delle nostra linea strategica, del rapporto di forze esistenti e delle intenzioni
strategiche del nemico.
Il nemico: era un paese imperialista indubbiamente indebolito dalla seconda
guerra mondiale, ma tuttavia sempre potente per il Viet Nam. Disponeva d'altro
canto di un esercito di mestiere ben organizzato, equipaggiato con armamenti
moderni, rifornito adeguatamente e con una ricca esperienza di guerre d'aggressione.
Il suo punto debole era nel carattere ingiusto della guerra: donde la divisione
nelle sue file, l'assenza di appoggio popolare e di approvazione da parte della
opinione pubblica mondiale. Il morale delle sue truppe, pur forti all'inizio,
era quindi estremamente basso. Senza dimenticare che gli imperialisti francesi
si scontravano anche con altre debolezze e difficoltà: risorse umane
e materiali limitate, viva opposizione del loro popolo alla "sporca guerra,"
ecc.
Noi : eravamo un paese coloniale e semifeudale che aveva da
poco riottenuto la sua indipendenza, le nostre forze erano sotto ogni punto
di vista lungi dall'essersi consolidate, la nostra economia permaneva agricola
ed arretrata, il nostro esercito era un esercito di guerriglieri da poco organizzato,
equipaggiato male, alle prese con grandi difficoltà logistiche, inquadrato
da uomini di ridotta esperienza. Il nostro punto di forza era nel carattere
giusto della resistenza: donde l'unità di tutta la nazione, l'appoggio
di un popolo e di un esercito pronti ad ogni sacrificio, l'approvazione e il
sostegno dei popoli del mondo.
Queste le caratteristiche essenziali del nemico e nostre durante l'ultima guerra
di resistenza. Se ne ricava che i punti di forza del nemico erano i nostri punti
di debolezza, che i nostri punti di forza erano analogamente i punti di debolezza
del nemico, che i punti di forza del nemico erano solo temporanei e relativi,
mentre nostri erano fondamentali e duraturi.
Da tutte queste caratteristiche risulta che la teoria strategica del nemico doveva mirare ad una azione rapida per ottenere una decisione rapida. Un eventuale protrarsi della guerra non avrebbe avuto altro risultato se non quello di privarlo progressivamente dei suoi punti di forza e di rendere sempre più gravi i suoi punti deboli. Ma questa prospettiva strategica era in contraddizione con il limitato potenziale degli imperialisti francesi, già seriamente compromesso dalla seconda grande guerra. Così, nella realizzazione del suo piano d'aggressione, il nemico si trovava costretto a combinare la formula delle azioni rapide per una decisione rapida con quella delle azioni locali e graduali ; a volte era perfino costretto a intavolare negoziati per guadagnare il tempo necessario al rafforzamento del suo potenziale. Comunque, a dispetto di tutte le difficoltà e di tutti gli ostacoli determinati dai suoi stessi elementi di debolezza, il nemico tornava immediatamente, ogni volta che ne aveva la possibilità, al piano d'azione rapida per una decisione rapida nella speranza di mettere fine rapidamente e vittoriosamente alla guerra. Fin dall'inizio del conflitto i colonialisti francesi nutrivano l'ambizione di portare a compimento l'occupazione e la "pacificazione" del Nam Bo in poche settimane. Incapaci d'altro canto di annientare le nostre forze regolari nelle città in seguito all'estensione delle ostilità a tutto il paese, i colonialisti francesi realizzarono una forte concentrazione di truppe e lanciarono una grande offensiva contro il Viet Bac, nell'intento di distruggere i nostri organismi direttivi e le nostre forze regolari, e di strappare così una vittoria decisiva. Dopo il fallimento di questa offensiva, furono costretti a rassegnarsi ad un prolungamento della guerra, e passarono alla "pacificazione" delle loro retrovie, senza d'altro canto rinunciare al loro piano strategico di azioni rapide per una decisione rapida. Anche i numerosi mutamenti nell'alto comando, e in particolare l'invio in Indocina del generale Navarre, miravano a infliggere colpi decisivi in grado di porre rapidamente fine alla guerra di aggressione.
Il nostro Partito, cosciente dei punti di forza e di debolezza del nemico e
nostri, e nell'intento di far fronte alle prospettive strategiche nemiche, promosse
la linea strategica della resistenza di lunga durata : il nostro popolo non
era infatti in grado di impegnare azioni rapide per una decisione rapida contro
un nemico pur temporaneamente superiore ; aveva bisogno viceversa di tempo,
per poter superare i propri punti deboli e per rendere più gravi quelli
del nemico. Avevamo bisogno di tempo per mobilitare, organizzare e consolidare
le forze della resistenza, per logorare quelle nemiche, per modificare a poco
a poco il rapporto di forze esistente così da ottenere infine la superiorità,
per mettere a profitto i mutamenti internazionali a noi sempre più favorevoli
così da potere infine sconfiggere il nemico.
La legge che presiede allo sviluppo di una guerra rivoluzionaria di lunga durata comporta schematicamente tre fasi: la difensiva, l'equilibrio delle forze e la controffensiva, e nelle sue linee generali la nostra resistenza seguiva anch'essa questa legge. Ma evidente-mente sui campi di battaglia i fatti si svolsero in modo più complesso e più vario. Basandosi sulla linea strategica per "una resistenza di lunga durata," le nostre truppe, dopo aver sostenuto per un certo periodo combattimenti di logoramento e di temporeggiamento, effettuarono un ripiegamento strategico dalle città alle campagne, per conservare il loro potenziale e difendere le basi rurali. Col delinearsi, dopo il fallimento dell'offensiva nemica contro il Vìet Bac, di una progressiva fase di equilibrio delle forze, decidemmo di dare inizio ad un'ampia guerra di guerriglia. A partire dal 1950, lanciammo l'una dopo l'altra diverse campagne offensive di carattere locale, per strappare l'iniziativa sul teatro di operazioni del Nord. La campagna di Dien Bien Phu, aperta all'inizio del 1954, fu poi una offensiva di grande ampiezza che portò la Resistenza ad una sfolgorante vittoria.
L'assimilazione della linea strategica "per una resistenza
di lunga durata" è stata opera non solo di un grande processo di
educazione e di lotta ideologica nell'ambito del Partito e fra il popolo, per
combattere le tendenze errate che ebbero qualche diffusione durante gli anni
della Resistenza. Da un lato la tendenza pessimistica, disfattista, secondo
cui il nostro paese, debole per estensione e per popolazione, economicamente
arretrato, con a propria disposizione forze armate poco agguerrite, non avrebbe
potuto tener testa al nemico, e a maggior ragione sostenere una resistenza di
lunga durata. Era la tendenza soggettivistica dei fautori di una decisione rapida,
che si manifestò agli inizi della guerra di resistenza nel rifiuto opposto
in diverse regioni ad evacuare le truppe per preservare il potenziale, e che
si sarebbe manifestata ancora nel progetto di controffensiva generale formulato
nel 1950, quando le condizioni oggettive e soggettive erano lungi dall'essere
riunite.
Il Partito si sforzò in ogni modo di correggere queste deviazioni, instillando
nel popolo le nozioni necessarie per comprendere gli elementi sfavorevoli e
quelli favorevoli, ed esortando la nazione a proseguire fermamente la lotta.
Il libro La Resistenza vincerà del compagno Truong Chinh contribuì
a diffondere profondamente e largamente la politica e le misure adottate dal
Partito sulla guerra di resistenza. È opportuno sottolineare qui l'immensa
portata della risoluzione del 1° plenum del Comitato Centrale tenutosi nel
1951 che ricordò a tutto il Partito : "la nostra resistenza è
una lotta lunga e dura... è necessario che noi ricerchiamo la salvezza
essenzialmente con le nostre proprie forze." Le varie campagne di educazione
politica nel Partito e nell'esercito, e le campagne di educazione e di propaganda
popolare, basate sulle direttive del Comitato Centrale, rafforzarono in modo
fondamentale la volontà di combattere fino in fondo e la fiducia del
popolo nella vittoria finale, permettendo alle masse di impossessarsi sempre
più adeguatamente della linea del Partito: combattere una lunga guerra
di resistenza, cercare la salvezza con le proprie forze.
Sostenere una resistenza di lunga durata significava esprimere
la più ferma volontà di cercare la salvezza con le proprie forze.
Durante i primi anni, quando il nostro popolo sosteneva la lotta in condizioni
di blocco totale, fondarsi solo sulle nostre forze per tener testa al nemico
era la sola via d'uscita ed una inevitabile necessità. Pervaso da questa
determinazione — la salvezza con le proprie forze —, il nostro esercito
tentava di procurarsi l'equipaggiamento strappando le armi al nemico, limitava
per quanto possibile lo spreco di munizioni, e teneva alto lo spirito di sacrificio,
pronto ad ogni privazione, preparato ad ogni difficoltà, disposto a partecipare
al limite delle sue possibilità all'attività produttiva, e a provvedere
da sé ad una parte dei propri bisogni, così da alleviare l'impegno
del popolo, che, da parte sua, non lesinava gli sforzi per organizza-re le retrovie
e sviluppare l'economia di guerra, in modo da sovvenire in ogni bisogno e da
rifornire il fronte. Si provvedeva d'altro canto a dare nuovo impulso ad ogni
settore produttivo per rifornire il popolo dei beni necessari, e per lottare
contro il blocco impostoci dal nemico. Vaste zone furono dissodate per accrescere
la produzione agricola, numerose officine d'armi costruite per provvedere alle
necessità belliche. In particolare, i nostri compatrioti e le truppe
della V interzona e del Nam Bo, decisi ad applicare la parola d'ordine "la
salvezza con le proprie forze," si segnalarono per il grande impegno nella
produzione e per la ricerca di prodotti sostitutivi, riuscendo così ad
accrescere il loro potenziale ed a continuare ostinatamente una guerra di resistenza
che si svolgeva in condizioni quanto mai dure e difficili.
Benché ci scontrassimo ancora in numerose difficoltà, la favorevole
evoluzione della congiuntura internazionale fece sorgere, tanto nel Partito
quanto nel popolo, la tendenza ad attendere aiuti dall'estero e a confidare
in essi. Il nostro Partito prestò quindi la massima attenzione non solo
all'opera educativa necessaria per la riaffermazione della volontà di
sostenere la resistenza fino in fondo, ma anche alla continua riproposta della
parola d'ordine "la salvezza con le proprie forze," mostrando che,
malgrado l'importanza dell'approvazione e dell'appoggio internazionali, solo
l'opera delle nostre stesse forze avrebbe potuto garantire il successo della
nostra causa: la liberazione nazionale.
Per vincere la guerra di resistenza era necessario possedere non solo una corretta
linea strategica, ma anche una linea operativa adeguata, condizione necessaria
per una vittoriosa applicazione della linea strategica. Complessivamente la
nostra resistenza è stata una guerra di guerriglia che si è trasformata
gradualmente in guerra regolare, attraverso un passaggio graduale dalla guerriglia
alla guerra di movimento combinata, e attraverso un passaggio parziale alla
guerra di posizione. Non ci siamo mai sostanzialmente allontana-ti da questa
direttiva ed è quanto ci ha consentito la vittoria; ciò ovviamente
non significa che noi l'avessimo compresa pienamente sin dall'inizio; è
vero viceversa che vi approdammo solo dopo un lungo processo che ci temprò
e ci formò nella realtà stessa della guerra.
Nel corso dell'ultima guerra di resistenza, la guerriglia ha svolto un ruolo strategico di eccezionale importanza. La guerriglia è la forma di combattimento delle masse popolari, del popolo di un paese debole, equipaggiato male, ma deciso a levarsi contro un esercito d'aggressione fornito di un equipaggiamento e di una tecnica superiori. È una forma di combattimento tipica della guerra rivoluzionaria, che si basa sulla tensione morale e sull'eroismo per avere il sopravvento sulle armi moderne : evitare il nemico quando è forte, attaccarlo quando è debole; disperdersi o concentrarsi, impegnare battaglie di logoramento o di annientamento secondo i casi; attaccare il nemico ovunque, perché ovunque si trovi sommerso da un mare di uomini in armi ostili e il suo morale e le sue forze si logorino. Salva restando la necessità di piccoli drappelli incaricati di azioni di disturbo, è necessario concentrare, nelle condizioni adatte, effettivi più rilevanti per conseguire in un tempo e in un luogo determinato una superiorità operativa che consenta l'annientamento del nemico. L'accumularsi dei venti crea la tempesta, l'accumularsi dei successi in combattimenti di pur ridotta importanza logora gradualmente il potenziale umano del nemico, mentre accresce gradualmente il nostro. È necessario considerare l'annientamento del potenziale umano nemico come l'obbiettivo principale del combattimento, e non logorare mai il nostro nella difesa o nell'occupazione di un territorio, così da creare le condizioni che consentano infine di annientare le truppe nemiche nella loro totalità e di liberare tutto il territorio.
La guerriglia era indubbiamente una forma di combattimento adeguata alle caratteristiche della nostra guerra di resistenza. Nei primi tempi non vi fu e non poteva esservi praticamente guerra regolare, e vi fu solo guerra di guerriglia. All'aprirsi delle ostilità nel Nam Bo cercammo di promuovere la guerriglia, che fece in effetti la sua apparizione. Ma quando le ostilità si estesero a tutto il paese, non era ancora chiara nella nostra politica la necessità che la guerriglia rimanesse la nostra forma essenziale di combattimento. All'inizio dell'autunno-inverno 1947 il Comitato Centrale indicò l'obbiettivo dell'estensione della guerra di guerriglia in tutte le regioni temporaneamente occupate dal nemico. Una parte dell'esercito regolare, disperso in compagnie autonome, penetrò in profondità nelle retrovie nemiche per un'azione di propaganda tra il popolo, di protezione delle basi e di sviluppo della guerra di guerriglia. La creazione di compagnie autonome, e il coordinamento della loro azione con l'azione dei battaglioni mobili, è stato il nostro grande successo, la grande lezione che ci ha fornito l'esperienza della guerra di guerriglia, che, col suo ampio sviluppo, fece di molte retrovie nemiche la nostra prima linea.
Il nemico, per fronteggiare la guerra di guerriglia, ogni giorno
più estesa, intensificava le operazioni di rastrellamento e vi gettava
effettivi sempre più rilevanti. Mirava in effetti ad annientare le nostre
formazioni di guerriglieri, a distruggere le nostre basi politiche, a devastare
i nostri raccolti, a saccheggiare i beni della popolazione, nella speranza di
spezzare la nostra forza di resistenza e di "pacificare" le proprie
retrovie. Ecco la ragione per cui le operazioni e le controperazioni di rastrellamento
divennero la forma essenziale della guerra di guerriglia nelle retrovie nemiche.
Nel corso di queste controperazioni il nostro popolo diede prova di sublime
spirito di sacrificio, combatté con inaudito eroismo, e diede vita a
un'infinita diversità di forme di combattimento. Il nostro Partito da
parte sua combinava con grande abilità, nel lavoro di direzione, la lotta
politica ed economica con quella armata, così che la guerriglia potesse
continuare, e svilupparsi, nelle retrovie nemiche. Il Partito sfruttava al massimo
le occasioni favorevoli ad un rinnovato impegno delle masse nella lotta armata,
all'accrescimento delle nostre forze, al logoramento e all'annientamento di
quelle nemiche, alla trasformazione delle regioni temporaneamente occupate in
regioni di guerriglia e delle regioni di guerriglia in basi di guerriglia, pur
sapendo con abilità, nelle situazioni difficili, ripiegare in tempo,
così da conservare le forze e da proteggere le basi. La guerra di guerriglia
sorta nelle retrovie nemiche esprimeva fino in fondo la ferrea volontà
e l'eroismo illimitato del nostro popolo, ed al tempo stesso l'abilità
direttiva del Partito.
Dal punto di vista strategico la guerriglia non solo impone difficoltà
di vario genere ed infligge serie perdite al nemico, ma ha anche il risultato
di logorarlo. Per riuscire ad annientare un rilevante potenziale umano del nemico
e a liberare il territorio, la guerriglia deve tuttavia svilupparsi progressivamente
in guerra di movimento. Lo stesso carattere di lunga durata della nostra guerra
di resistenza rivoluzionaria imponeva alla guerriglia il passaggio alla guerra
di movimento. Le nostre truppe si tempravano progressivamente nella guerra di
guerriglia; da combattimenti che ponevano in gioco piccole unità passavamo
a combattimenti che ponevano in gioco unità di maggior rilievo, da combattimenti
fra piccole formazioni a combattimenti fra formazioni di maggior rilievo. Progressivamente
la guerriglia si andava sviluppando in guerra di movimento: forma di combattimento
in cui cominciavano già ad affacciarsi i principi della guerra regolare,
ma che, nonostante questi principi svolgessero un ruolo sempre più rilevante,
era ancora tuttavia contrassegnata dalle caratteristiche della guerriglia. La
guerra di movimento è una forma di battaglia delle truppe regolari e
significa: concentrare effettivi relativamente importanti, operare su un terreno
relativamente esteso, attaccare il nemico dove è relativamente allo scoperto
per annientarne il potenziale umano, avanzare in profondità nelle retrovie
nemiche, ripiegare rapidamente, conformarsi rigorosamente alla parola d'ordine
"dinamismo, iniziativa, mobilità, decisione istantanea di fronte
alle situazioni nuove." Seguendo il ritmo di sviluppo della guerra di resistenza,
la guerra di movimento assumeva un ruolo strategico sempre più importante.
Il suo compito consisteva nell'annientamento di distaccamenti nemici di sempre
maggior rilievo in modo da accrescere le nostre forze, mentre logorare e porre
in rotta le riserve nemiche era compito della guerriglia. È questa l'evidente
ragione per cui guerra di movimento e battaglie di annientamento dovevano andare
di pari passo. Infatti solo la distruzione del potenziale umano del nemico consentiva
di infrangere le sue grandi offensive, di proteggere le nostre basi e le nostre
retrovie, di passare ad operazioni di nostra iniziativa per l'annientamento
di distaccamenti sempre più rilevanti di forze nemiche, di liberare ad
uno ad uno territori sempre più estesi, e di conseguire infine l'annientamento
della totalità delle truppe nemiche e la liberazione completa del paese.
Fin dall'inizio delle ostilità una parte delle nostre unità di
guerriglia combatteva, in osservanza della linea operativa per lo sviluppo della
guerriglia e la sua trasformazione progressiva in guerra di movimento, in formazioni
relativamente concentrate, primi elementi delle truppe che avrebbero dato vita
alla guerra di movimento. Nel 1947, promuovendo la costituzione di compagnie
autonome e di battaglioni mobili, cominciammo ad impegnarci in operazioni che
richiedevano concentrazioni di truppe più rilevanti: nella guerra di
movimento. Nel 1948 le nostre truppe effettuarono imboscate e puntate relativamente
importanti con uno o più battaglioni. Nel 1949 lanciammo campagne, pure
di ridotte dimensioni, non solo nel Bac Bo, ma anche su altri teatri operativi.
A partire dal 1950 il nostro esercito cominciò ad impegnarsi in campagne
di portata sempre maggiore; ne seguì il ruolo essenziale svolto dalla
guerra di movimento nel Bac Bo, mentre un posto sempre più importante
veniva assunto dalla guerra di posizione che doveva infine trovare la sua folgorante
espressione nella grande campagna di Dien Bien Phu.
Diciamo sovente che la guerra di guerriglia deve espandersi
e svilupparsi, e che la sua espansione e il suo sviluppo debbano metter capo
alla guerra di movimento è certamente una legge indiscutibile; infatti,
se nelle concrete condizioni della nostra resistenza, senza guerriglia non avrebbe
potuto esservi guerra di movimento, è certo che, se la guerriglia non
si fosse sviluppata e trasformata in guerra di movimento, non solo non avrebbe
potuto essere assolto l'obbiettivo dell'annientamento strategico del potenziale
umano nemico, ma la guerriglia stessa non avrebbe potuto sopravvivere e svilupparsi.
L'affermazione della necessità dello sviluppo della guerriglia nella
guerra di movimento non implicava assolutamente la volontà di eliminare
la guerriglia, ma esprimeva il fatto che, nell'ambito stesso di una guerra di
guerriglia ampiamente sviluppata, crescevano progressivamente le truppe regolari
capaci di adempiere agli obbiettivi della guerra di movimento, truppe, tuttavia,
attorno alle quali era in-dispensabile conservare formazioni di guerriglieri
e la guerra di guerriglia.
Dal momento in cui la guerra di movimento fece la sua apparizione su un teatro
di guerra di guerriglia, si pose l'importante compito di realizzare una stretta
e corretta combinazione tra queste due forme di combattimento: solo in questo
modo sarebbe stato possibile far progredire la resistenza, logorare ed annientare
in massa il nemico, e ottenere successi ogni giorno più grandi. È
questa un'altra legge della condotta della guerra, poiché, se da un lato
è necessario sviluppare la guerra di guerriglia per sfruttare al massimo
le con-dizioni favorevoli create dalla guerra di movimento, per logorare ed
annientare, in combinazione con la guerra di movimento, il maggior numero di
nemici e dar così sempre nuovo impulso, con i successi conseguiti, allo
sviluppo della guerra di movimento, d'altro lato è necessario sviluppare
la guerra di movimento per annientare forze nemiche in gran numero e creare
al tempo stesso nuove favorevoli condizioni ad un forte sviluppo della guerra
di guerriglia. Nel corso dello sviluppo della guerra di movimento facevano a
poco a poco apparizione, sulla base dei dispositivi, del nemico e nostri, che
sorgevano sui teatri operativi, elementi caratteristici della guerra di posizione
che, ormai parte integrante della guerra di movimento, ave-va continuo sviluppo
e svolgeva un ruolo sempre più rilevante.
Nella condotta della guerra è fondamentale instaurare un corretto rapporto
tra le diverse forme di combattimento. All'inizio bisogna accordare una grande
attenzione alla guerriglia e al suo sviluppo; in seguito, dopo che la guerra
di movimento ha fatto la sua apparizione, bisogna coordinare adeguatamente le
due forme di combattimento, riservando alla guerriglia il ruolo essenziale e
alla guerra di movimento un ruolo ausiliario ma sempre più importante;
quando si passa ad un nuovo stadio più elevato, la guerra di movimento
occupa un ruolo essenziale, innanzitutto in un determinato teatro operativo
— fa la sua apparizione la controffensiva su scala locale —, in
seguito su estensioni di territorio sempre più vaste; a questo punto,
paragonata alla guerra di movimento, la guerriglia, pur sviluppandosi sempre
in modo vigoroso, ha perso il ruolo essenziale occupato inizialmente nell'insieme
del paese, per assumere un ruolo ausiliario (ma importante), all'inizio su un
determinato teatro operativo, in seguito su estensioni di territorio sempre
più vaste.
Vi furono teatri operativi che, nella pratica della guerra di liberazione, si scontrarono in numerose difficoltà per non essere riusciti a far evolvere energicamente la guerriglia verso la guerra di movimento, mentre ve ne furono altri che, per aver voluto dare un impulso troppo frettoloso alla guerra di movimento, misero in difficoltà la guerriglia, creando con ciò stesso difficoltà alla guerra di movimento, errore questo che, pur molto frequente nel periodo in cui fu lanciata la parola d'ordine della preparazione alla controffensiva generale, fu tuttavia ben presto corretto. In generale la nostra direzione ha assegnato a queste due forme di combattimento, in base all'esperienza acquisita nella continua lotta, il ruolo che rispettivamente loro toccava, e ciò è quanto ci ha consentito di conseguire la vittoria. La campagna di Hoa Binh è stato un esempio tipico di questa coordinazione tra guerriglia e guerra di movimento sul teatro operativo del Bac Bo. La campagna di Dien Bien Phu, e quelle lanciate nell'inverno e nella primavera 1953-1954, sono state un altro esempio di successo totale nella coordinazione tra guerra di movimento e guerriglia, tra manovre operate sul fronte e manovre operate nelle retrovie nemiche, tra fronte principale e fronti ad esso coordinati in tutto il paese.
Lo sviluppo della guerriglia e della guerra di movimento, e
la natura delle forze contrapposte rispetto ai dispositivi, al terreno, ecc...
avevano dato vita ad un incastro di zone libere e di zone controllate dal nemico
che si intersecavano e si accerchiavano a vicenda ; anche all'interno delle
zone sotto controllo nemico, esistevano zone di guerriglia e basi di guerriglia,
il che creava anche su questa scala gli stessi fenomeni di incastro, di intersezione
e di reciproco accerchia-mento. Il processo di sviluppo della guerra era caratterizzato
da un sempre maggior ampliamento delle zone libere e delle zone di guerriglia,
e parallelamente, da una sempre maggior riduzione della zona temporaneamente
occupata dal nemico; questo processo di sviluppo condusse alla liberazione successiva
di vaste regioni, e infine alla liberazione completa di tutto il Nord del paese.
La strategia di guerra di lunga durata, la linea operativa che promuoveva il
graduale passaggio dalla guerra di guerriglia alla guerra regolare, gli elementi
di guerra di posizione che l'utilizzazione della guerriglia e della guerra di
movimento stesse imponevano, sono altrettanto positive lezioni ricavate dalla
nostra esperienza della guerra di liberazione nazionale. In ciò consiste
la strategia, la tattica della guerra di popolo, l'arte di condurre le operazioni
nella guerra di popolo, la guerra rivoluzionaria in un piccolo paese agricolo
arretrato, sotto la direzione del Partito Comunista.
Nel processo di una guerra di liberazione nazionale, l'edificazione delle basi
necessarie ad una resistenza di lunga durata è un problema strategico
della massima importanza, e anche in questo caso una grande positiva lezione
ricavata dall'esperienza del nostro Partito. È di fondamentale importanza
studiare a fondo questo problema e sintetizzarne le ricche esperienze
Il successo della resistenza vietnamita è il successo di un popolo di un paese coloniale e semifeudale, non molto esteso, né molto popolato, a struttura economica agricola estremamente arretrata, che, sotto la direzione del Partito d'avanguardia della classe operaia, si è levato in una lotta armata di lunga durata contro un paese imperialista aggressore.
La vittoriosa resistenza ha portato alla liberazione completa
del Nord del paese ; per la prima volta nella nostra storia moderna, da ormai
circa cento anni, sulla metà del nostro paese non resta né l'ombra
del nemico imperialista, né quella del soldato coloniale. La vittoriosa
resistenza ha creato le condizioni per portare fino in fondo e a compimento
la riforma agraria, la prima dopo migliaia di anni di appropriazione feudale
delle terre; nella metà del paese il regime di sfruttamento della classe
dei proprietari fondiari è abolito per sempre. La vittoriosa resistenza
ha creato le condizioni che consentiranno alla rivoluzione di passare, nel Nord
completamente liberato, ad una fase superiore, alla fase socialista. Oggi, che
il riassestamento economico è un fatto compiuto e la riforma agraria
è stata portata a termine, il nostro popolo si sta battendo per la trasformazione
e l'edificazione socialista, per fare del Nord la base sempre più salda
della lotta per la riunificazione del paese, per il compimento del-la rivoluzione
nazionale democratica in tutto il paese.
La sacra resistenza del nostro popolo che ha continuato l'opera gloriosa della
Rivoluzione d'Agosto, e che ha tenuto alta la bandiera della lotta anticolonialista
per la liberazione nazionale, ha provato in maniera eloquente che: nell'attuale
congiuntura mondiale, una nazione, anche se piccola e debole, che si levi come
un solo uomo sotto la direzione della classe operaia per lottare risolutamente
per l'indipendenza e la democrazia, è davvero in grado, moralmente e
materialmente, di sconfiggere qualsiasi aggressore. In condizioni storiche determinate
questa lotta può conseguire il successo attraverso una lotta armata di
lunga durata — la resistenza di lunga durata.
Col suo successo, la resistenza del nostro popolo ha inferto un colpo irrimediabile
al sistema coloniale in piena disgregazione, ha contribuito a far fallire le
mene belliciste dell'imperialismo, e ha dato il suo contributo alla comune lotta
dei popoli del mondo per la pace, la democrazia e il socialismo.
Se si considerano nel loro insieme i fattori del successo, bisogna dire che
la resistenza del nostro popolo deve la vittoria in primo luogo alla direzione
del Partito della classe operaia, in secondo luogo al fatto che questo Partito
ha preso nella massima considerazione il problema contadino ed ha organizzato
un ampio Fronte nazionale unito basato sull'indistruttibile alleanza degli operai
e dei contadini, in terzo luogo all'esistenza di un eroico esercito popolare,
in quarto luogo all'esistenza di un potere autenticamente popolare, in quinto
luogo alla solidarietà e all'appoggio dei popoli dei paesi fratelli e
dei popoli amanti della pace del mondo intero, e fra questi dei popoli della
Francia e delle colonie francesi. Nell'ambito di questo articolo ci si propone
non di analizzare le cause del successo nel loro insieme, ma di affrontare il
solo problema della direzione del Partito, nell'intento di ricavare le grandi
lezioni che possono essere tratte in quest'ambito.