Biblioteca Multimediale Marxista


Omertà aventinista


 

 

(l'Unità, 5 agosto 1926, anno 3, n. 184, articolo non firmato)

I documenti dell'attività dei partiti e dei gruppi della ex coalizione dell'Aventino venuti alla luce in questi giorni sono tutti documenti anticomunisti. Oggi, come dopo il fatto Matteotti, come prima della marcia su Roma, come nel periodo della occupazione delle fabbriche, i vari componenti della cosiddetta democrazia italiana - massimalisti in prima linea - si adoperano, ognuno nel campo che gli compete, a spezzare le forze rivoluzionarie degli operai e dei contadini. Ogni volta che i lavoratori riescono ad organizzarsi, a coordinare i loro sforzi su di un terreno rivoluzionario, questi elementi disgregatori intensificano la loro attività compiendo nel campo della lotta politica la stessa funzione che gli spezzatori di scioperi compiono nelle lotte economiche del proletariato. Ed anche ora, al vasto movimento per il fronte unico che conquista rapidamente la maggioranza dei lavoratori, si oppone - oltre, naturalmente, la reazione - una nuova offensiva anticomunista dei partiti sedicenti democratici e socialisti. Democratici e riformisti, massimalisti, popolari, repubblicani, responsabili in solido di fronte alle masse della politica aventinista che ha reso possibile la controffensiva del fascismo, continuano, anche dopo lo sfacelo della coalizione, a lavorare nell'unico intento di impedire ad ogni costo la ripresa del movimento rivoluzionario del proletariato.

Nell'elaborazione del programma per il partito socialista dei lavoratori italiani, i riformisti accentuano ancora il loro atteggiamento controrivoluzionario. Essi affermano di voler restare fedeli alle tradizioni marxiste "respingendo i tentativi revisionisti promossi dalle correnti idealistiche e neoprotestanti", ma nello stesso tempo si dichiarano "fermamente convinti della pregiudiziale che per ogni difesa del movimento operaio sia indispensabile la libertà". Da questa premessa non può derivare che l'avversione più ostinata contro il fronte unico dei lavoratori, contro ogni tentativo di ripresa sindacale o politica del proletariato. Allo stesso modo dei fascisti, i riformisti vogliono abolire la lotta di classe alleandosi con la borghesia, in attesa che la libertà piova dal cielo, in attesa che la borghesia stessa offra al proletariato la libertà di combattere e di riconquistare le posizioni perdute. È questo l'atteggiamento che tutti gli ex aventinisti assumono nell'attuale situazione; è questo il "programma" comune di tutti i nemici del fronte unico. Il partita comunista, invece, afferma che presupposto indispensabile per la conquista di qualsiasi libertà è la ripresa del movimento di classe del proletariato, che la libertà dei lavoratori deve essere opera dei lavoratori stessi.

Anche il gruppetto dei miserabili politicanti che dirigono i resti del partito popolare si sono fatti vivi in questi giorni con una circolare ai deputati ed ai segretari provinciali del partito sulla questione dell'invio di una delegazione operaia in Russia sollevata dal Lavoratore di Torino.(1) Questa circolare è un nuovo documento della sfrontata malafede dei suoi autori che invano tentano di riguadagnare la fiducia delle masse irrimediabilmente perduta nei mercanteggiamenti con tutti i governi della borghesia, da quello di Giolitti, a quello di Bonomi, a quello di Facta, a quello di Mussolini. I popolari vogliono aggrapparsi alla iniziativa del Lavoratore per fingersi nuovamente amici delle masse, gettare il discredito sui comunisti e sull'Unione soviettista, sabotare l'invio della delegazione, stroncare fin dall'inizio l'orientamento dei lavoratori bianchi verso il fronte unico. Ciò che l'Azione cattolica ed i clerico-fascisti non hanno ottenuto con la loro aperta ostilità, si propongono di ottenerlo i dirigenti popolari con l'abituale menzogna, con l'insuperabile ipocrisia, la lusinga da trivio.

"Nella discussione - dice la circolare del partita popolare - sono intervenuti organi clerico-fascisti per la solita funzione di ricatto e di delazione e comunisti per rovesciare sul partito popolare italiano una gragnuola d'insolenze, le quali hanno trovato la loro condanna più che nella scemenza di cui si sostanziano, nell'elogio e nell'ospitalità avute dalla stampa fascista: le polemiche tra 1'Unità e 1'Avanti! ci hanno dimostrato che i comunisti italiani hanno il compito di seminare zizzania tra le masse, di tradirle ogni qualvolta stiano per conseguire un successo, di servire insomma - come i loro colleghi clerico-fascisti - il regime per conto dei Soviet. Il fatto che l'attacco, non motivato da nessun nostro atteggiamento, segua alle perquisizioni della polizia romana che ha messo in luce i metodi vilissimi di questi rivoluzionari da operetta combattenti il fascismo con foglietti volanti sistematicamente scoperti prima che vengano lanciati, dimostra un chiaro obbiettivo: diversivo e ricatto e peggio!".

La calda difesa dell'Avanti! dà un significato preciso a tutta la circolare: i diversi partecipanti alla ex coalizione aventiniana si sono separati soltanto per non perdere, ognuno nel proprio campo, gli ultimi resti di influenza fra le masse, ma continuano, ognuno per proprio conto, la politica aventiniana, sotto maschere diverse, ed a difendersi vicendevolmente. Così riformisti, massimalisti, repubblicani combattono contro il fronte unico proletario perché essi hanno già costituito il fronte unico antiproletario; così popolari e massimalisti si scambiano regolari servigi nella lotta contro i comunisti. In una recente intervista al settimanale popolare, il corrispondente torinese dell'Avanti! si congratulava con i popolari per "la resistenza che essi hanno opposto a seduzioni ed a persecuzioni per rimanere fedeli all'idea democratica" ed approfittava dell'occasione per dare ai redattori del Lavoratore il seguente non richiesto consiglio:

"Essi si debbono guardare molto dalle serenate che stanno facendo sotto le loro finestre i comunisti. Credi a me; noi i comunisti li conosciamo bene; essi sono dei perfetti speculatori in malafede. Fanno l'occhiolino di triglia ai cattolici di sinistra per adoperarli come specchietto per le allodole operaie. La loro unità proletaria è semplicemente un mezzuccio per acciuffare il dominio delle masse operaie che loro sfugge; lo hanno dichiarato apertamente al loro congresso di Francia. Del resto sono dei settari di un assolutismo veramente tipico e sempre dediti a combattere non i nemici del proletariato, ma quelli di cui temono la concorrenza nella propaganda fra le masse. Ne ho avuto recentemente la prova nel Comitato pro Sacco e Vanzetti che si fece a Torino. Quello che non hanno tentato per avere il monopolio dell'idea non venuta da loro! Quali giochi di bussolotti non hanno fatto per valorizzare, attraverso l'iniziativa, la loro mentalità dittatoriale, per l'unità proletaria! Stiano dunque attenti i cattolici del Lavoratore: i comunisti sono dei perfetti lavoratori in malafede".

Soltanto un imbecille poteva pensare di far presa sui cattolici del Lavoratore e sui lavoratori bianchi con argomenti di questa fatta, ed associandosi per giunta ai dirigenti del partito popolare, quegli stessi dirigenti che nel 1920 hanno costretto i popolari torinesi a bloccare con i fascisti per trenta posti nel Consiglio comunale, quegli stessi dirigenti che hanno trascinato le masse dei lavoratori bianchi sul terreno della collaborazione con Giolitti, con Bonomi, con Facta, con Mussolini, quegli stessi dirigenti contro la cui bassezza morale e politica il movimento torinese del Lavoratore appunto insorge. I massimalisti dovrebbero almeno capire che i lavoratori bianchi non ridaranno la loro fiducia ai dirigenti del partito popolare per il solo fatto che costoro si alleano, dopo di aver preparato e servito il fascismo, con il partito che col fascismo ha firmato il patto di pacificazione. La firma di questo patto ha segnato irrimediabilmente il destino del massimalismo, così come il filofascismo del '21 e del '22 ha segnato il destino del partito popolare. I massimalisti hanno concesso una mano al collaborazionismo ed hanno poi dovuto dargli tutto il loro braccio e tutto se stesso. L'Aventino era inevitabile per chi aveva firmato il patto di pacificazione e per chi aveva collaborato con il fascismo; la lotta contro il fronte unico e contro i comunisti è inevitabile per chi ha partecipato all'Aventino.

Tutti i gruppi dell'Aventino sono responsabili della nuova offensiva del fascismo; tutti i gruppi dell'Aventino sono legati da omertà che ha come conseguenza inevitabile nuovi tradimenti. La politica dell'Aventino ha provocato un processo di disgregazione ogni giorno più evidente nelle file dei partiti che lo componevano; una parte, sempre più importante, delle masse che seguivano questi partiti si orienta verso il fronte unico e verso il partito comunista, ed è perciò che il blocco dell'Aventino si ricostituisce per la lotta non contro il fascismo ma contro le forze dei lavoratori.

I lavoratori bianchi si staccano dai vecchi dirigenti e i popolari sorretti da tutti i compari tentano di frenarli aggredendo con la diffamazione i comunisti. Gli operai massimalisti aderiscono al fronte unico ed i capi del partito socialista chiudono gli occhi per non vedere, sputano fiele sulle colonne dell'Avanti!: I medi ceti del Meridione abbandonano l'Unione democratica ed il Mondo ed Arturo Labriola, colpiti da isterismo e da travasi di bile, tentano di insultare i comunisti. Così i repubblicani, così i riformisti.

Lo spettro del fronte unico turba i sonni popolati di fantasmi degli ex componenti dell'Aventino. Essi tentano, proclamandosi antifascisti e gettando il discredito sui lavoratori rivoluzionari, di evitare la sorte che le masse preparano loro.

Ma il fronte unico progredisce irresistibilmente ed i lavoratori faranno definitivamente giustizia di questi ingannatori patentati, di questi falsi pastori, di questi servi della reazione.

NOTE

1. Contro la proposta di l'Unità di inviare nell'Unione Sovietica una delegazione di operai di tutte le correnti, i socialisti assunsero un'opposizione di principio, mentre l'invito venne accolto e fatto proprio dal portavoce dei sindacalisti cattolici di sinistra, il mensile Lavoratore, sollevando l'indignata reazione della stampa clerrico-fascista.