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SELF MADE MAN

 


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Il tratto decisamente originale è questo letterato-lavoratore e dove i personaggi ed i caratteri sono sì prodotti letterari, ma affondano tutta la loro anima dentro la vita di tutti i giorni degli uomini statunitensi. Questi uomini sono gli uomini reali, che fanno gli Usa tutti i giorni con il loro lavoro: coloni, lavoratori, impiegati, marinai. E questi uomini reali, concreti sanno parlare, poi, un solo linguaggio e sanno intendere un solo linguaggio, il linguaggio della loro azione quotidiana: il lavoro. La proiezione ideale, che si esprime poi nei valori e nei credi degli uomini, è allora proprio ed esattamente quel self made man - la categoria concettuale allora del self made man è allora la proiezione ideale di...lavoro!, che costituisce l'ossatura forte di tutta l'ideologia nordamericana, il cui cardine è l'Uomo, che trasformando, attraverso il lavoro, la natura, tutto può e quindi a tutto può aspirare. Su questa base concreta, materiale, allora tutta la concezione nordamericana dell'uguaglianza, della possibilità di tutti di aspirare a tutto e quindi il concetto di uguaglianza e democrazia, che viene qui a configurarsi, sia pur rimanendo dentro gli ambiti della società e della ideologia borghese, in maniera molto più forte ed assai meno retorica Si viene così a delineare dinanzi a noi la prima grande opposizione tra la cultura e la tradizione nordamericane e quella europea: otium adversus self made man.

Tutta la teoretica europea, a partire dall'antica Grecia, ha assunto come base l'otium come valore fondante e status simbol della classe dominante. Già Socrate sosteneva la necessità di essere liberi da preoccupazioni materiali, per poter liberamente indagare. Ma perché questa condizione si possa realmente concretizzare occorre che qualcun altro lavori e produca la ricchezza sociale, che consente alla società di sopravvivere, di continuare ad esistere anche il giorno dopo: ossia che riproduca le condizioni materiali di esistenza, che qualcun altro che non sia il sofòs socrateo. Presuppone cioè che vi sia qualcuno che possa vivere del lavoro di altri, presuppone cioè l'esistenza di una proprietà privata e di un proprietario che vive di rendita. In Aristotele si giungerà alla condanna del lavoro fisico, che si estenderà a tutte le scienze naturali, pratiche, definite " tekné", mentre alla Filosofia, ossia alla libera creazione elaborazione, che richiede la liberazione dalle preoccupazioni materiali, ossia l'otium, il primato di Scienza Prima. E questo disprezzo per le attività manuale si protrarrà per tutto il XVIII secoli: i nobili disprezzeranno i borghesi: commercianti e quanti avevano a che fare con il vile denaro; vile denaro che poi loro non disprezzavano di spendere, ma questa è tutt'altra cosa.

Anche quando la classe borghese prenderà il potere in tutta l'Europa la categoria otium non perderà valore categoriale e di status simbol ed otium continuerà a costituire la categoria fondamentale a cui si aspira e categoria decisa nella costruzione del consenso da parte della classe dominante. La cultura e la tradizione di pensiero americane negheranno otium, che nella loro concezione è termine negativo, ed esalteranno, fino a porlo a base fondante, il self made man e questo a tutt'ora. Ecco che allora il letterato statunitense è un uomo che lavora e che parla di altri uomini che lavorano di qui i nuovi tipi ed i nuovi caratteri letterari. E questo è cosa ben diversa per esempio dal verismo della metà dell'Ottocento, dove per esempio Verga è un proprietari terriero, che ha rendite che gli consentono di viaggiare, di scrivere, e che pure ha descritto le condizioni di vita dei contadini siciliani - ed in questo ha costituito un momento di rottura forte nel clima culturale e letterario italiano - ma parlava e scriveva di cosa che non sapeva: la zappa in mano Verga non l'ha mai presa e non si sa neppure se sapeva come era fatta!; ma così Levi che pretenderà di parlare dei contadini della Basilicata, o... . Tutti questi sono dei proprietari, che hanno rendite dalle quali ricavano di che vivere, viaggiare e scrivere: l'otium appunto. E qui si staglia con forza dinanzi a noi il baratro tra le due tradizioni artistico-letterarie: una verista o neorealista ( Europa), l'altra realista: la letteratura, la produzione artistico-letteraria, cioè, come parte inscindibile della vita, che trae dalla vita la sua linfa. Una volta presa questa piega, perdono di qualsiasi significato tutte le disquisizioni accademiche che hanno attraversato la cultura europea sull'arte, la funzione dell'arte, la fruizione ed il rapporto tra produttore e fruitore, l'utile, il dilettevole, il fine ed il mezzo della produzione artistico-letteraria. Esse hanno un senso se il letterato non è parte di quella realtà che descrive e racconta.

Realismo, quindi il primo tratto decisivo della civiltà letteraria nordamericana.

Il Self made man in opposizione all'otium della civiltà culturale europea.

Ma perché questo nel Nord America e non...

Nel nuovo contesto le forze produttive hanno avuto la possibilità di svilupparsi molto più liberamente che in Europa dove i nuovi statuti politici, i progressi economici procedevano sempre lentamente in costante conflitto e mediazione con i precedenti ordinamenti, equilibri da rispettare, dentro cui faticosamente farsi strada. Dunque non pare un'esagerazione dire che le forze produttive, nel contesto di rapporti di produzione ancora forti, giovani, hanno avuto in questo paese un ruolo fondamentale, determinante, di spinta concreta, riguardo a quella modificazione dei risultati, degli esiti di quegli stessi principi che sulla carta, uguali, hanno condotto la borghesia al potere in Europa. Il lavoro, l'attività lavorativa, e' il punto focale attorno a cui si è plasmato il pensiero nord americano ed ha costituito il filtro principe attraverso cui è stato astratto quanto più e meglio si confaceva a quella nuova realtà, operando cioè una nuova, e più alta sintesi. Questa la base forte che caratterizza la cultura e la civiltà artistico-letteraria nordamericane: il self made man.

Certamente oggi è difficile porre al centro questa categoria, per il forte uso ideologico, mistificatorio, che ha assunto. Esso che ha costituito la base dello stesso pragmatismo nelle sue varianti più alte - in proposito rimandiamo all'ottimo articolo apparso su " Il Politecnico", n. 33/34, pag. 57, è finito per degenerare sul piano teorico, e quindi sia letterario che filosofico, nel più bieco hollywoodismo, ossia nel darwinismo sociale. Ha finito per configurarsi ed essere configurato come individualismo sfrenato, lotta tra gli uomini per arrivare, carrierismo sfrenato e disumano, che alla fine immiserisce che lo pratica e chi ne subisce le conseguenze: darwinismo sociale appunto, di cui la cinematografia hollywoodiana ha saputo ben spargere i veleni ed irretire le coscienze.

Potrà essere compito di un'altra comunicazione - ma di più se oggetto di studi approfonditi - potrà essere la disamina di come questa categoria, decisamente eversiva, sia potuta poi essere stata assimilata fino all'omologazione e strumento del consenso per le classi dominanti; sia potuta transitare al suo opposto. Uno studio di questo genere sarebbe di grande interesse, per comprendere come le categorie di lotta, eversive e destabilizzante, possano convertirsi nel loro opposto e divenire strumento del consenso della classe dominante.

Il punto che invece io, avviandomi alle conclusioni, vorrei fermare è l'importanza di recuperare appieno, attraverso un profondo lavoro di ricerca e studio, questa categoria concettuale nordamerica, per il contributo decisivo che in questo senso ci viene da questa tradizione di pensiero, che bene ha retto il solido realismo della migliore produzione artistica e letteraria e che ha ben conformato di sé alcuni concetti e categorie fondanti del più complessivo pensiero nordamericano, ma che poi, caduto nelle mani della propaganda, ossia delle istanze particolaristiche della classe dominante è venuta a perdere la sua ' vis' e che invece noi dobbiamo riportare al centro e rilanciare come momento forte e decisivo per una nuova cultura e per una nuova stagione letteraria del realismo.