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Tratto da «L’imperialismo» di Lenin

Altrettanto retrograda è anche, come abbiamo visto, la famosa teoria dell' "ultra-imperialismo" escogitata da Kautsky. Confrontate il ragionamento di Kautsky su questo tema nel 1915 con quello di Hobson nel 1902.

Kautsky: "Non potrebbe la politica imperialista attuale essere sostituita da una politica nuova ultra-imperialista che al posto della lotta tra i capitali finanziari nazionali mettesse lo sfruttamento generale nel mondo per mezzo del capitale finanziario internazionale unifìcaro? Tale nuova fase del capitalismo è in ogni case pensabile. Non ci sono però premesse sufficienti per decidere se essa è realizzabile" .

Hobson: "II cristianesimo, consolidatosi in pochi e grandi imperi federali, ognuno dei quali ha una serie di colonie non civili e di paesi dipendenti, sembra a molti lo sviluppo più conforme alle leggi delle tendenze attuali, anzi, lo sviluppo che può dare massima speranza di pace permanente sulla solida base dell'inter-imperialismo".

Kautsky chiama ultra-imperialismo o super-imperialismo ciò che, tredici anni prima di lui, Hobson chiamava inter-imperialismo. A parte la formazione di una nuova parola erudita per mezzo della sostituzione di una particella latina con un'altra, il progresso del pensiero "scientifico" di Kautsky consiste soltanto nella pretesa di far passare per marxismo ciò che Hobson descrive in sostanza come ipocrisia dei pretucoli inglesi. Dopo la guerra contro i boeri era del tutto naturale che questo reverendissimo ceto si sforzasse soprattutto di consolare i piccoli borghesi e gli operai inglesi che avevano avuto non pochi morti nelle battaglie dell'Africa del Sud e che assicuravano, con un aumento delle imposte, più alti guadagni ai finanzieri inglesi. E quale consolazione poteva essere migliore di questa, che l'imperialismo non era poi tanto cattivo, che esso si avvicinava all'inter- (o ultra-) imperialismo capace di garantire la pace permanente? Quali che potessero essere i pii desideri dei pretucoli inglesi e del sentimentale Kautsky, il senso obiettivo, vale a dire reale, sociale, della sua "teoria" è uno solo: consolare nel modo più reazionario le masse, con la speranza della possibilità di una pace permanente nel regime del capitalismo, sviando l'attenzione dagli antagonismi acuti e dagli acuti problemi di attualità e dirigendo l'attenzione sulle false prospettive di un qualsiasi sedicente nuovo e futuro "ultra-imperialismo". Inganno delle masse: all'infuori di questo, non v'è assolutamente nulla nella teoria "marxista" di Kautsky.

Invero basta richiamare alla mente fatti a tutti noti ed indubitabili per convincersi di quanto siano erronee le prospettive presentate da Kautsky ai lavoratori tedeschi (ed ai lavoratori di tutto il mondo). Si considerino l'India, l'Indocina e la Cina. E' noto come questi tre paesi, coloniali e semicoloniali, con i loro 600-700 milioni d'abitanti siano sfruttati dal capitale finanziario di alcune potenze imperialiste, e cioè dell'Inghilterra, della Francia, del Giappone, degli Stati Uniti, ecc. Ammettiamo che questi Stati imperialisti concludano delle alleanze, gli uni contro gli altri, per tutelare o ampliare nei menzionati paesi asiatici i loro possedimenti, i loro interessi e le loro "sfere d'influenza". Queste sarebbero alleanze "inter-imperialiste" o "ultra-imperialiste". Ammesso che tutte le potenze imperialiste formino un'unica lega allo scopo di ripartirsi "pacificamente" i summenzionati paesi asiatici, si avrà allora "il capitale finanziario internazionalmente unito". In realtà la storia del XX secolo offre esempi di una lega di questo genere, per esempio nei rapporti delle potenze con la Cina. Si domanda ora se, permanendo il capitalismo (e Kautsky parte appunto da questa supposizione), possa "immaginarsi" che tali leghe sarebbero di lunga durata, che esse escluderebbero attriti, conflitti e lotte nelle forme più svariate...

Basta porre nettamente tale questione perché non si possa rispondere che negativamente. Infatti in regime capitalista non si può pensare a nessun'altra base per la ripartizione delle sfere d'interessi e d'influenza, delle colonie, ecc., che non sia la valutazione della potenza dei partecipanti alla spartizione, della loro generale potenza economica finanziaria, militare, ecc. Ma i rapporti di potenza si modificano, nei partecipanti alla spartizione, difformemente, giacché in regime capitalista non può darsi sviluppo uniforme di tutte le singole imprese, trust, rami d'industria, paesi, ecc. Mezzo secolo fa la Germania avrebbe fatto pietà se si fosse confrontata la sua potenza capitalista con quella dell'Inghilterra d'allora: e cosí il Giappone rispetto alla Russia. Si può "immaginare" che nel corso di 10-20 anni i rapporti di forza tra le potenze imperialiste rimangono immutati? Assolutamente no.

Pertanto, nella realtà capitalista, e non nella volgare fantasia filistea dei preti inglesi o del "marxista" tedesco Kautsky, le alleanze "inter-imperialistiche" o "ultra-imperialiste" noti sono altro che un "momento di respiro" tra una guerra e l'altra, qualsiasi forma assumano dette alleanze, sia quella di una coalizione imperialista contro un'altra coalizione imperialista, sia quella di una lega generale tra tutte le potenze imperialiste. Le alleanze di pace preparano le guerre e a loro volta nascono da queste; le une e le altre forme si determinano reciprocamente e producono, su di un unico e identico terreno, dei nessi imperialistici e dei rapporti dell'economia mondiale e della politica mondiale, l'alternarsi della forma pacifica e non pacifica della lotta. E il saggio Kautsky per tranquillizzare gli operai e conciliarli coi socialsciovinisti passati dalla parte della borghesia stacca uno dall'altro gli anelli di un'unica catena, stacca l'odierna alleanza pacifica (e ultra-imperialista -persino ultra-ultra-imperialista) di tutte le potenze per "calmare" la Cina (ricordatevi come fu sedata la rivolta dei boxers) dal conflitto non pacifico di domani che prepara per dopodomani un'alleanza nuovamente "pacifica" e generale per la spartizione ad esempio della Turchia, ecc. ecc. Invece della connessione viva tra i periodi di pace imperialista e i periodi di guerre imperialiste,

Kautsky presenta agli operai un'astrazione morta per riconciliarli coi loro capi morti.

L'americano Hill nel suo libro intitolato A History of Diplomacy in the International Development of Europe distingue nella più recente storia della diplomazia tre periodi: 1) epoca della rivoluzione; 2) movimento per la costituzione; 3) epoca dell'"imperialismo commerciale" attuale. Un altro autore suddivide la storia della "politica mondiale" dell'Inghilterra dal 1870 in poi in quattro periodi: 1) periodo asiatico (lotta contro l'espansione russa nell'Asia centrale, verso l'India); 2) periodo africano (circa 1885-1902) (lotta contro la Francia per la spartizione dell'Africa -conflitto di Fascioda) nel 1898- a un pelo dalla guerra con la Francia); 3) secondo periodo asiatico (alleanze col Giappone contro la Russia); 4) periodo europeo (principalmente lotta contro la Germania) . Lo "specialista" bancario Riesser scriveva già nel 1905 che "i primi scontri politici d'avanguardia avvengono sul terreno finanziario", accennando al modo con cui il capitale finanziario francese, operando in Italia, preparava l'alleanza politica tra questi due paesi, al modo con cui si sviluppava la lotta tra Inghilterra e Germania a motivo della Persia, a quello con cui si svolgeva la lotta tra tutti i capitalismi europei per i prestiti cinesi, ecc. Ecco la realtà viva dell' "ultra-imperialísmo", degli accordi pacifici nel loro indissolubile rapporto coi conflitti puramente imperialistici!

La tendenza di Kautsky a stendere l'ombra sui profondi antagonismi dell'imperialismo -atteggiamento che, inevitabilmente, si trasforma in abbellimento dell'imperialismo- si rispecchia anche nella critica ch'egli fa delle particolarità politiche dell'imperialismo. L'imperialismo è l'era del capitale finanziario e poi dei monopoli, che sviluppano dappertutto la tendenza al dominio, non già alla libertà. Da tali tendenze risulta una intensa reazione, in tutti i campi, in qualsiasi regime politico, come pure uno straordinario acuirsi di tutti i contrasti anche in questo campo. Specialmente si acuisce l'oppressione delle nazionalità e la tendenza alle annessioni, cioè alla soppressione della indipendenza nazionale (giacché annessione significa precisamente soppressione dell'autodecisione delle nazioni). Hilferding rileva giustamente il nesso esistente tra l'imperialismo e l'inasprimento dell'oppressione nazionale.

"Anche nei paesi da poco aperti alla penetrazione degli Stati più progrediti -egli scrive- il capitalismo importato acuisce i contrasti eccitando in quei popoli, che vengono risvegliati al sentimento nazionale, una sempre più accanita volontà di resistenza, che può anche spingerli ad adottare provvedimenti nocivi agli interessi del capitale straniero. La vecchia struttura sociale viene totalmente sovvertita; i ceppi che inchiodavano da millenni le "nazioni senza storia" ad una economia meramente agricola si infrangono e queste nazioni vengono risucchiate nel calderone capitalistico. A poco a poco, però, lo stesso capitalismo finisce col suggerire ai popoli assoggettati i princìpi e i metodi della loro liberazione. Quella che un tempo era stata la più alta aspirazione delle nazioni europee, e cioè la costituzione di Stati unitari per la conquista della libertà economica e culturale, incomincia a diffondersi anche tra quei popoli. Simili aspirazioni indipendentistiche minacciano il capitale europeo proprio nei territori più ricchi di risorse naturali e di prospettive di sfruttamento, e il capitale per mantenere il suo dominio si vede costretto a rafforzare continuamente i suoi strumenti egemonici" .

Bisogna aggiungere che non solo nei paesi scoperti di recente, ma anche negli antichi l'imperialismo porta ad annessioni e all'inasprimento dell'oppressione nazionale, e, per conseguenza, all'intensificazione della resistenza. Kautsky, polemizzando contro l'inasprimento della reazione politica da parte dell'imperialismo, lascia nell'ombra la questione, diventata ardente e attuale, dell'impossibilità, nell'epoca dell'imperialismo, di rimanere uniti con gli opportunisti. Egli polemizza bensì contro le annessioni, ma dà alle sue obiezioni una forma che è la meno spiacevole, la più accessibile agli opportunisti. Egli si rivolge direttamente al pubblico tedesco, ma tuttavia sa nascondere la questione più importante ed attuale, l'annessione cioè dell'Alsazia-Lorena da parte della Germania. Per valutare questa "deviazione del pensiero" di Kautsky basta scegliere un esempio. Ammettiamo che un giapponese condanni l'annessione americana delle Filippine. Si domanda: saranno molti a credere che lo faccia per ripugnanza contro le annessioni in genere, o non piuttosto per il desiderio di appropriarsi egli stesso le Filippine? O si deve viceversa ritenere sincera e politicamente onesta la "lotta" di un giapponese contro le annessioni soltanto quando egli si scaglia contro l'annessione giapponese della Corea e chiede per la Corea la libertà di separarsi dal Giappone?

Così l'analisi teorica dell'imperialismo fatta da Kautsky come la sua critica economica e politica dell'imperialismo sono tutte impregnate di uno spirito inconciliabile col marxismo, spirito rivolto a celare e ad attutire i più fondamentali contrasti, tendenza a mantener salva ad ogni costo la dissolventesi unità con l'opportunismo nel movimento operaio europeo.