Biblioteca Multimediale Marxista


Sulla natura


Le cavalle che mi trascinano, tanto lungi, quanto il mio animo lo poteva
desiderare,
mi fecero arrivare, poscia che le dee mi portarono sulla via molto celebrata
che per ogni regione guida l'uomo che sa.
Là fui condotto: là infatti mi portarono i molto saggi corsieri
che trascinano il carro, e le fanciulle mostrarono il cammino.
L'asse nei mozzi mandava un suono sibilante,
tutto in fuoco (perché premuto da due rotanti cerchi
da una parte e dall'altra) allorché si slanciarono
le fanciulle figlie del Sole, lasciate le case della Notte,
a spingere il carro verso la luce, levatisi dal capo i veli.
Là è la porta che divide i sentieri della Notte e del Giorno,
e un architrave e una soglia di pietra la puntellano:
essa stessa nella sua altezza è riempita da grandi battenti,
di cui la Giustizia, che molto punisce, ha le chiavi che aprono e chiudono.
Le fanciulle allora, rivolgendole discorsi insinuanti,
la convinsero accortamente a togliere per loro la sbarra
velocemente alla porta. La porta spalancandosi
aprì ampiamente il vano dell'intelaiatura, i robusti bronzei
assi facendo girare nei loro incavi uno dopo l'altro:
gli assi fissati con cavicchi e punte. Per di là attraverso la porta
subitamente diressero lungo la carreggiata carro e cavalli.
La dea mi accolse benevolmente, con la mano
la mano destra mi prese e mi rivolse le seguenti parole:
"O giovane, che insieme a immortali guidatrici
giungi alla nostra casa con le cavalle che ti portano,
salute a te! Non è un potere maligno quello che ti ha condotto
per questa via (perché in verità è fuori del cammino degli uomini),
ma un divino comando e la giustizia. Bisogna che tu impari a conoscere ogni
cosa,
sia l'animo inconcusso della ben rotonda Verità
sia le opinioni dei mortali, nelle quali non risiede legittima credibilità.
Ma tuttavia anche questo apprenderai, come le apparenze
bisognava giudicasse che fossero chi in tutti i sensi tutto indaghi.
Orbene io ti dirò e tu ascolta attentamente le mie parole,
quali vie di ricerca sono le sole pensabili;
l'una <che dice> che è e che non è possibile che non sia,
è il sentiero della Persuasione (giacchè questa tiene dietro alla Verità);
l'altra <che dice> che non è e che non è possibile che non sia,
questa io ti dichiaro che è un sentiero del tutto inindagabile:
perché il non essere né lo puoi pensare (non è infatti possibile),
né lo puoi esprimere,
.......infatti il pensare implica l'esistere [del pensato]. (3)
Queste cose, benché lontane, vedile col pensiero saldamente presenti;
non infatti distaccherai l'essere dalla sua connessione con l'essere
né quando sia disgregato in ogni senso completamente con cura sistematica
né quando sia ricomposto.
...................... per me è lo stesso, (4)
da qualsiasi parte cominci: là infatti di nuovo farò ritorno.


II
(5) Bisogna che il dire e il pensare sia l'essere: è dato infatti essere,
mentre nulla non è; che è quanto ti ho costretto ad ammettere.
Da questa prima via di ricerca infatti ti allontano,
eppoi inoltre da quella per la quale mortali che nulla sanno
vanno errando, gente dalla doppia testa. Perché è l'incapacità che nel loro
petto dirige l'errante mente; ed essi vengono trascinati
insieme sordi e ciechi, istupiditi, gente che non sa decidersi,
da cui l'essere e il non essere sono ritenuti identici
e non identici, per cui di tutte le cose reversibile è il cammino.
Perché non mai questo può venire imposto, che le cose che non sono siano:
(6) ma tu da questa via di ricerca allontana il pensiero.
(7) nè l'abitudine nata dalle molteplici esperienze ti costringa lungo questa
via,
a usare l'occhio che non vede e l'udito che rimbomba di suoni illusori
e la lingua, ma giudica col raziocinio la pugnace disamina
che io ti espongo. Non resta ormai che pronunciarsi sulla via
che dice che è. Lungo questa sono indizi
in gran numero. Essendo ingenerato è anche imperituro,
tutt'intero, unico, immobile e senza fine.
Non mai era e sarà, perché è ora tutt'insieme,
uno, continuo. Difatti quale origine gli vuoi cercare?
Come e donde il suo nascere? Dal non essere non ti permetterò né
di dirlo né di pensarlo. Infatti non si può né dire né pensare
ciò che non è. E quand'anche, quale necessità può avere spinto
lui che comincia dal nulla, a nascere dopo o prima?
Di modo che è necessario o che sia del tutto o che non sia per nulla.
Giammai poi la forza della convinzione verace concederà che dall'essere
alcunché altro da lui nasca. Perciò né nascere
né perire gli ha permesso la giustizia disciogliendo i legami,
ma lo tien fermo. La cosa va giudicata in questi termini;
è o non è. Si è giudicato dunque, come di necessità,
di lasciare andare l'una delle due vie come impensabile e inesprimibile (infatti
non è
la via vera) e che l'altra invece esiste ed è la via reale.
L'essere come potrebbe esisitere nel futuro? In che modo mai sarebbe venuto
all'esistenza?
Se fosse venuto all'esistenza non è e neppure se è per essere nel futuro.
In tal modo il nascere è spento e non c'è traccia del perire.
Neppure è divisibile, perché è tutto quanto uguale.
Né vi è in alcuna parte un di più di essere che possa impedirne la contiguità,
né un di meno, ma è tutto pieno di essere.


III
Per cui è tutto contiguo: difatti l'essere è a contatto con l'essere.
Ma immobile nel limite di possenti legami
sta senza conoscere né principio né fine, dal momento che nascere e perire
sono stati risospinti ben lungi e li ha scacciati la convinzione verace.
E rimanendo identico nell'identico stato, sta in se stesso
e così rimane lì immobile; infatti la dominatrice Necessità
lo tiene nelle strettoie del limite che tutto intorno lo cinge;
perché bisogna che l'essere non sia incompiuto:
è infatti non manchevole: se lo fosse mancherebbe di tutto.
E' la stessa cosa pensare e pensare che è:
perché senza l'essere, in ciò che è detto,
non troverai il pensare: null'altro infatti è o sarà
eccetto l'essere, appunto perché la Moira lo forza
ad essere tutto intiero e immobile. Perciò saranno tutte soltanto parole,
quanto i mortali hanno stabilito, convinti che fosse vero:
nascere e perire, essere e non essere,
cambiamento di luogo e mutazione del brillante colore.
Ma poiché vi è un limite estremo, è compiuto
da ogni lato, simile alla massa di ben rotonda sfera
di uguale forza dal centro in tutte le direzioni;
che egli infatti non sia né un pò più grande né un pò più debole qui o là è
necessario.
Né infatti è possibile un non essere che gli impedisca di congiungersi
al suo simile, né c'è la possibilità che l'essere sia dell'essere
qui più là meno, perché è del tutto inviolabile.
Dal momento che è per ogni lato uguale, preme ugualmente nei limiti.
Con ciò interrompo il mio discorso degno di fede e i miei pensieri
intorno alla verità; da questo punto le opinioni dei mortali impara
a conoscere, ascoltando l'ingannevole andamento delle mie parole.
Perché i mortali furono del parere di nominare due forme,
una delle quali non dovevano - e in questo sono andati errati -;
ne contrapposero gli aspetti e vi applicarono note
reciprocamente distinte: da un lato il fuoco etereo
che è dolce, leggerissimo, del tutto identico a se stesso,
ma non identico all'altro, e inoltre anche l'altro [lo posero] per sé
con caratteristiche opposte, [cioé] la notte senza luce, di aspetto denso e
pesante.
Quest'ordinamento cosmico, appaente come esso è, io te lo espongo compiutamente,
cosicché non mai assolutamente qualche opinione dei mortali potrà superarti.


IV
(8) Ma dal momento che tutto è denominato luce e tenebra
e queste, secondo le loro attitudini sono applicate a questo e a quello,
tutto è pieno insieme di luce e di tenebra invisibile,
pari l'una e l'altra, perché né con l'una né con l'altra c'è il nulla.
(9) Conoscerai l'eterea natura e quanti astri sono
nell'etere e della pura e tersa lampada
del sole l'opera distruttrice, e di dove derivarono;
e apprenderai l'errabondo agire della luna dal tondo occhio
e la sua natura; conoscerai inoltre di dove la volta celeste che tiutto
circuisce
nacque e come la Necessità guidandola la costrinse
a osservare i limiti degli astri.
(10) .......... come la terra e il sole e la luna
e l'etere che tutto abbraccia e la celeste via lattea e l'olimpo
estremo e la calda forza degli astri si mossero al nascere
(11) Giacché le più strette vennero riempite di non mescolato fuoco,
le altre dopo di queste di tenebra e vi s'insinua una porzione di fuoco;
in mezzo a queste è la dea che tutto dirige;
per ogni dove infatti essa guida la dolorosa nascita e l'unione
spingendo la femmina ad unirsi con maschio e di nuovo all'inverso
il maschio ad unirsi con la femmina.
(12) Primo di tutti gli dei essa creò l'Amore.
(13) luce che brilla di notte di uno splendore non suo e si aggira intorno alla
terra,
(14) sempre riguardando verso i raggi del sole.
(15) Quale infatti è la mescolanza che ciascuno ha degli organi molto erranti,
tale mentalità si ritrova negli uomini; perché è sempre lo stesso
ciò che appunto pensa negli uomini, la costituzionalità degli organi:
in tutti e in ognuno; il di più infatti è pensiero.

 

Gli attributi dell'essere


[...]7-8. Infatti non mai questo si può costringere con la violenza: che esistano le cose che non sono ! Ma tu da questa via di ricerca tieni lontano il pensiero, né l'abitudine di molti tentativi ti costringa per quest'[altra] via ad agitare un occhio che non vede, un orecchio che rimbomba e la parola; invece giudica col ragionamento la prova con molte discussioni (8) che è stata da me detta. Ne segue, dunque, che esiste realmente ancora una sola rivelazione di via: su questa vi sono ben numerosi segnavia che l'essere è ingenerato e indistruttibile: è, infatti, un tutto nella sua struttura, immobile, privo di fine temporale, poiché non fu, né sara un tutto di parti unite, ma è soltanto nella sua natura un tutto. Quale natura in divenire ricerchi di esso? in che modo e donde accresciuto? dal non-essere? Ma non concederò che tu esprima ciò né logicamente né intuitivamente, poiché non si può esprimere né logicamente né intuitivamente che non esista.[...]
Parmenide, Testimonianze e frammenti. Introduzione, traduzione e commento a cura di M. Untersteiner, La Nuova Italia, Firenze, 1967, pp. 129-131; 135; 143-155)


Le caratteristiche dell’essere


[...] Essendo ingenerato è anche imperituro,
tutt’intero, unico, immobile e senza fine.
Non mai era né sarà, perché è ora tutt’insieme,
uno, continuo. Difatti quale origine gli vuoi cercare?
Come e donde il suo nascere? Dal non essere non ti permetterò né
di dirlo né di pensarlo. Infatti non si può né dire né pensare
ciò che non è.

(Parmenide, I presocratici. Testimonianze e frammenti, a cura di G. Giannantoni, Roma-Bari, Laterza, 1990, p. 276)