Biblioteca Multimediale Marxista
Pubblicato in ottobre 2006 nell'opuscolo "Applichiamo gli insegnamenti di Mao sulle classi e il fronte unito". (collana opuscoli di Giovanni Scuderi, n° 13)
  Care compagne, cari compagni, care amiche, cari amici,
  siamo qui riuniti su invito del Comitato centrale del PMLI, a nome del quale 
  ho l'onore di parlare, per ricordare e onorare Mao grande maestro del proletariato 
  internazionale, dei popoli e delle nazioni oppressi.
  Ricordarlo per non dimenticarlo, per rinverdire e rafforzare il nostro legame 
  con lui, per imparare ancora da lui, per trasmettere alle nuove generazioni 
  di marxisti-leninisti e di rivoluzionari i suoi insegnamenti, per richiamare 
  l'attenzione del proletariato italiano su dei temi che lo riguardano, e che 
  Mao ha trattato con grande acume marxista-leninista.
  Rendergli onore per il grande contributo che egli ha dato all'emancipazione 
  dei popoli di tutto il mondo, a cominciare da quello cinese, ora sotto una dittatura 
  fascista e revisionista.
  Rendergli onore per gridare alto e forte ai nemici di classe che in Italia la 
  lotta tra proletariato e borghesia, tra socialismo e capitalismo è ancora 
  aperta, che i veri comunisti, ossia i marxisti-leninisti, sono ancora vivi e 
  vegeti e fermamente intenzionati a fare quello che hanno fatto i comunisti russi 
  e sovietici sotto la direzione di Lenin e Stalin e i comunisti cinesi sotto 
  la direzione di Mao.
  Noi siamo orgogliosi di essere i discepoli di un gigante del pensiero e dell'azione 
  rivoluzionari che ha segnato indelebilmente il XX secolo e il cui pensiero vivrà 
  nei secoli.
  Il 9 settembre del 1976, quando scomparve Mao, fu un giorno molto triste per 
  tutti i marxisti-leninisti del mondo, il proletariato internazionale, i popoli 
  e le nazioni oppressi. Perché Mao, nel corso della sua lunga esperienza 
  rivoluzionaria di 55 anni, unica al mondo per durata, complessità, arricchimenti 
  teorici, avvenimenti internazionali, era divenuto il maestro e la guida amata 
  e rispettata di tutti i marxisti-leninisti, gli sfruttati e gli oppressi del 
  mondo.
  Nessuno potrà mai toglierlo dal posto eminente in cui la storia di tutti 
  i tempi l'ha collocato. Checché ne dica il rinnegato Federico Rampini, 
  già membro della Fgci di D'Alema e attuale pennivendolo di "la Repubblica", 
  secondo cui "Mao è candidato a finire in compagnia di Adolf Hitler 
  e di Iosif Stalin, per formare insieme a loro la mostruosa Trinità nel 
  Pantheon negativo dei più grandi criminali del XX secolo"(1).
  Noi marxisti-leninisti italiani perdevamo colui che ci aveva aperto gli occhi 
  sul revisionismo, cioè sull'ideologia borghese mascherata da comunista 
  di cui si erano avvalsi prima Bordiga, poi Gramsci e Togliatti e i loro successori 
  per deideologizzare e decomunistizzare la classe operaia e integrarla nel capitalismo.
  Ne prendemmo coscienza nel 1967 grazie alla Grande rivoluzione culturale proletaria 
  ideata, promossa e diretta da Mao per impedire ai revisionisti cinesi di restaurare 
  il capitalismo in Cina, come era avvenuto in Urss dopo la morte di Stalin.
  Per la terza volta nella storia del movimento comunista internazionale si chiariva 
  la differenza che intercorre tra vero marxismo e falso marxismo, tra vero socialismo 
  e falso socialismo, tra via rivoluzionaria e via riformista e parlamentarista.
  La prima volta furono Marx ed Engels a smascherare i falsi comunisti e le loro 
  teorie antirivoluzionarie, la seconda volta, Lenin e Stalin, la terza, Mao. 
  Grazie a essi il proletariato internazionale e tutti i sinceri fautori del socialismo 
  possiedono la cartina di tornasole per poter verificare la genuinità 
  marxista-leninista di ogni elemento e di ogni partito che si definiscono comunisti.
  Noi consideriamo il pensiero di Mao, che costituisce la continuità e 
  lo sviluppo del marxismo-leninismo, una potente guida per l'azione dalla quale 
  non possiamo assolutamente prescindere e fare a meno, ma non ne abbiamo una 
  concezione dogmatica. Lo giudichiamo esattamente come Mao giudicava il pensiero 
  dei maestri che l'hanno preceduto con queste parole: "La teoria di Marx, 
  Engels, Lenin e Stalin è una teoria applicabile universalmente. Non dobbiamo 
  considerarla come un dogma, ma come una guida per l'azione. Non bisogna limitarsi 
  a imparare i termini e le espressioni del marxismo-leninismo, bisogna invece 
  studiarlo come scienza della rivoluzione. Non si tratta soltanto di capire le 
  leggi generali che Marx, Engels, Lenin e Stalin hanno tratto dal loro ampio 
  studio della vita reale e dell'esperienza rivoluzionaria, ma anche di studiare 
  la posizione e il metodo da essi assunti nell'esaminare e risolvere i problemi"(2).
  Mao ci ha insegnato come si combattono l'imperialismo, il colonialismo, il nazismo, 
  il fascismo, il razzismo, i governi borghesi e i falsi comunisti, come si trasforma 
  il mondo e se stessi, come si fa e si vince la rivoluzione, come si costruisce 
  un autentico Partito marxista-leninista. Senza i suoi insegnamenti, e quelli 
  degli altri quattro grandi maestri che l'hanno preceduto, noi brancoleremmo 
  nel buio e affonderemmo nel pantano del riformismo, dell'elettoralismo, del 
  parlamentarismo e del pacifismo, la classe dominante borghese dormirebbe sonni 
  tranquilli, i partiti falsi comunisti avrebbero completamente campo libero per 
  turlupinare i fautori del socialismo, i rivoluzionari e le nuove generazioni, 
  per sabotare la lotta di classe e impedire la rivoluzione socialista, infine 
  non ci sarebbe alcuna possibilità e prospettiva per la conquista del 
  potere politico da parte del proletariato e la realizzazione del socialismo 
  in Italia.
  Per tutto questo noi formiamo un corpo unico con Mao. Chi tocca lui è 
  come se toccasse ciascun militante del PMLI. Non dobbiamo concedere nulla ai 
  calunniatori e ai detrattori di Mao, prendendo esempio dai compagni della Cellula 
  "Mao" di Milano che hanno denunciato in maniera militante la vile 
  e viscida ex "guardia rossa" Jung Chang che è venuta recentemente 
  nel capoluogo della Lombardia nell'ambito del suo giro mondiale per presentare 
  la sua falsa e provocatoria biografia di Mao.
  Dobbiamo tenere fermi i verdetti storici, non facendoci influenzare dalle autocritiche 
  dei rinnegati del comunismo, come quelle di questi giorni di Giorgio Napolitano 
  e di Pietro Ingrao sui "fatti di Ungheria" del '56.
  Per noi marxisti-leninisti italiani, Mao è come se fosse ancora vivo 
  e continuasse a indicarci la via da seguire per l'emancipazione del proletariato 
  e dell'intera umanità. Lo dimostrano l'indomabile opera rivoluzionaria 
  del nostro amato Partito e gli interventi dei delegati delle istanze di base 
  del PMLI e dei simpatizzanti attivi che abbiamo appena ascoltato. Da ciascuno 
  di essi c'è da imparare qualcosa.
  "La lotta di classe tra proletariato e borghesia è nata col capitalismo. 
  Questa lotta è ancora in atto. Al momento la borghesia ha la meglio, 
  ma noi siamo sicuri, e lavoriamo per questo, che il proletariato armato del 
  marxismo-leninismo-pensiero di Mao e della linea del PMLI saprà contrattaccare 
  per conquistarsi quel nuovo mondo che gli spetta di diritto. E i giovani operai 
  saranno i primi a salire sugli spalti della rivoluzione socialista". Questa 
  citazione della storica Cellula "Marx-Engels" di Firenze riassume 
  splendidamente il nostro rapporto con Mao, col proletariato e col socialismo.
  Ovunque nel mondo i marxisti-leninisti amano Mao e si ispirano a lui, come dimostrano 
  i messaggi di saluto che vi sono stati letti dei Partiti fratelli che ringraziamo 
  vivamente.
  Durante questi trenta anni dalla scomparsa di Mao, attraverso le commemorazioni 
  e in altre occasioni, abbiamo messo a fuoco molti insegnamenti di Mao, oggi 
  ci occuperemo del tema riguardante le classi e il fronte unito. Un tema fondamentale 
  per avere un corretto orientamento nella lotta di classe e nel lavoro di massa, 
  per non sbandare a destra o a "sinistra", per far bene e con successo 
  il lavoro per lo sviluppo, la costruzione e il radicamento del PMLI.
  Non è la prima volta che ne parliamo, e questa non sarà certo 
  l'ultima.
  In due occasioni lo abbiamo fatto in maniera sistematica. Per le classi il riferimento 
  è il n. 2 del 1972 de "Il Bolscevico", allora organo dell'Organizzazione 
  che il 9 Aprile 1977 ha dato vita al PMLI. Per il fronte unito il riferimento 
  è il capitolo "Praticare un'abile e lungimirante politica di Fronte 
  unito" del Rapporto al 2° Congresso nazionale del PMLI tenutosi nei 
  giorni 6, 7 e 8 novembre del 1982.
  Altre volte ne abbiamo parlato, prima e dopo quelle date, ma non in forma così 
  sistematica. Ci ritorniamo sopra ora per approfondire ancora il discorso in 
  base alla nuova esperienza che abbiamo accumulato nel frattempo e alle nuove 
  esigenze del Partito e della lotta di classe.
LE CLASSI
  In ogni paese del mondo esistono le classi, ossia la suddivisione della popolazione 
  in diversi e distinti gruppi sociali. Per la borghesia internazionale oggi non 
  è più così, almeno in occidente.
  Uno dei suoi più autorevoli ideologi, il liberale di "sinistra" 
  Ralf Dahrendorf, sostiene infatti che "non ci sono più il vecchio 
  proletariato e la vecchia borghesia. Abbiamo di fronte, invece, quella che talvolta 
  è stata definita una società livellatasi attorno alla classe media, 
  anche se a un estremo essa ha una importante élite di super-ricchi e 
  all'altro estremo una sottoclasse"(3).
  Le classi ci sono sempre state, eccetto che nelle comunità primitive, 
  e sempre ci saranno finché non si arriva al comunismo. Nel "Manifesto 
  del Partito comunista" di Marx ed Engels in apertura del capitolo "Borghesi 
  e proletari" si legge: "La storia di ogni società sinora esistita 
  è storia di lotta di classi". In seguito Engels preciserà 
  che "dopo il dissolversi della primitiva proprietà comune del suolo, 
  tutta la storia è stata una storia delle classi, di lotta tra classi 
  sfruttate e classi sfruttatrici, tra classi dominate e classi dominanti"(4).
  Mao sintetizza questo concetto fondamentale con le seguenti parole: "Lotta 
  di classe - alcune classi trionfano, altre vengono eliminate. Questa è 
  la storia, questa è da millenni la storia della civiltà. Interpretare 
  la storia da questo punto di vista è ciò che si chiama materialismo 
  storico, mettersi in contrapposizione a questo punto di vista è ciò 
  che si chiama idealismo storico"(5).
  Conoscere le classi è importante per sapere qual è la classe che 
  è al potere, quali sono le classi che vi si oppongono, di fatto, coscientemente 
  o potenzialmente, qual è la classe che è destinata a subentrare 
  al potere; per poter stabilire in ogni fase della lotta di classe le alleanze 
  adeguate, chi sono i nemici da combattere, e di questi qual è il nemico 
  principale; per poter elaborare nell'immediato un programma d'azione che raccolga 
  anche le rivendicazioni delle classi amiche del proletariato, e nel futuro una 
  piattaforma unitaria di tutte le classi che partecipano alla rivoluzione socialista.
  Nel celebre articolo "Analisi delle classi nella società cinese", 
  scritto da Mao nel marzo 1926, nel periodo della prima guerra civile rivoluzionaria, 
  con il quale si aprono i volumi a cura della Commissione del CC del Partito 
  comunista cinese per l'edizione delle sue opere scelte, 25 agosto 1951, si leggono 
  queste prime fondamentali parole: "Quali sono i nostri amici e quali i 
  nostri nemici? La questione è di primaria importanza per la rivoluzione". 
  Poi Mao prosegue spiegandone il motivo: "Se nel passato tutte le lotte 
  rivoluzionarie in Cina hanno avuto scarso successo, ciò si deve soprattutto 
  all'incapacità dei rivoluzionari di unire a sé i veri amici per 
  attaccare i veri nemici. Il partito rivoluzionario è la guida delle masse, 
  e mai una rivoluzione può evitare la sconfitta quando il partito rivoluzionario 
  guida le masse su una falsa strada. Per essere certi di non portare le masse 
  su una falsa strada e di conquistare la vittoria della rivoluzione, dobbiamo 
  assolutamente badare a unirci con i nostri veri amici per attaccare i nostri 
  veri nemici. E per distinguere i veri amici dai veri nemici dobbiamo compiere 
  un'analisi generale della condizione economica delle diverse classi della società 
  cinese e del loro rispettivo atteggiamento verso la rivoluzione"(6).
  Stalin esprime lo stesso concetto di fondo con queste parole: "Lenin dice 
  che 'la questione più importante di ogni rivoluzione è la questione 
  del potere statale'. Qual è la classe o quali sono le classi nelle cui 
  mani è concentrato il potere, qual è la classe o quali sono le 
  classi che debbono essere rovesciate, qual è la classe o quali sono le 
  classi che debbono prendere il potere: ecco la 'questione più importante 
  di ogni rivoluzione'"(7).
  Come si vede i nostri maestri danno grandissima importanza alle classi e all'atteggiamento 
  del Partito del proletariato verso di esse. Ma come si stabiliscono le classi? 
  Lenin ci fornisce il criterio fondamentale: "Si chiamano classi quei grandi 
  gruppi di persone che si distinguono tra di loro per il posto che occupano in 
  un sistema storicamente determinato di produzione sociale, per il loro rapporto 
  (per lo più sanzionato e fissato da leggi) con i mezzi di produzione, 
  per la loro funzione nell'organizzazione sociale del lavoro e, quindi, per il 
  modo in cui ottengono e per la dimensione che ha quella parte di ricchezza sociale 
  di cui dispongono. Le classi sono gruppi di persone, l'uno dei quali può 
  appropriarsi il lavoro dell'altro grazie al differente posto che occupa in un 
  determinato sistema di economia sociale"(8).
  Già Marx, ne "Il Capitale", aveva individuato quali sono le 
  tre grandi classi principali della società capitalista. Queste le sue 
  parole: "I proprietari della semplice forza-lavoro, i proprietari del capitale 
  e i proprietari fondiari, le cui rispettive fonti di reddito sono salario, profitto 
  e rendita fondiaria, in altre parole, gli operai salariati, i capitalisti e 
  i proprietari fondiari, costituiscono le tre grandi classi della società 
  moderna, fondata sul metodo di produzione capitalistico"(9).
  Seguendo questi criteri scientifici, la collocazione di classe di ogni individuo 
  va quindi stabilita in base ai suoi rapporti con i mezzi di produzione, alla 
  divisione sociale del lavoro, al posto che occupa nella gerarchia sociale delle 
  varie professioni, al reddito economico.
  Ne consegue che non è sufficiente distinguere l'appartenenza alle classi 
  solo attraverso i consumi, il tenore e stile di vita, il patrimonio familiare, 
  gli studi, la disponibilità di tempo libero, la percezione di se stesso.
  Quantunque il capitalismo abbia cambiato le forme di organizzazione del lavoro 
  - passando dal fordismo di origine americana al toyotismo di origine giapponese, 
  dalle catene di montaggio alle isole di montaggio, alle catene globali di produzione 
  distribuite su spazi grandissimi anche in regioni lontane -, quantunque sia 
  continua e massiccia l'immissione nelle fabbriche e nelle aziende dell'informatica, 
  della telematica, della robotizzazione e di ogni altra tecnologia utile alla 
  produzione, il vecchio metodo di produzione capitalistico è rimasto sostanzialmente 
  lo stesso, le classi continuano a determinarsi in riferimento al loro rapporto 
  con essi, e soprattutto la collocazione degli operai è immutata.
LE CLASSI IN ITALIA
  Anche la società italiana è divisa in classi. Esistono la borghesia, 
  la piccola-borghesia, i contadini, il proletariato, il semi-proletariato e il 
  sottoproletariato. Per il leader della Margherita, Francesco Rutelli, invece: 
  "Non esistono più le classi, i riferimenti economico-sociali organizzati 
  e le barriere anche ideologiche del passato"(10). Della stessa idea è 
  il rinnegato Walter Veltroni. Su "la Repubblica" del 3 del mese corrente 
  ha scritto: "Plurali sono le nostre società, le società delle 
  nuove tecnologie, dell'economia globale, degli individui e non più delle 
  classi, dei 'consumatori' e non solo dei produttori".
  Alcuni sociologi borghesi parlano di una società "sclassificata", 
  altri di una società "cetomedizzata". In ogni caso si tende 
  a nascondere la borghesia e il proletariato, le due classi antagonistiche e 
  inconciliabili.
  Ma sono le stesse statistiche ufficiali che sbugiardano di fatto questi imbroglioni 
  borghesi. L'Istat calcola che al marzo scorso su una popolazione di 58.332.000 
  persone ci sono 22.747.000 occupati di cui 16.691.000 dipendenti e 6.056.000 
  indipendenti.
  Gli occupati nell'industria sono 6.876.000 di cui 5.425.000 dipendenti e 1.452.000 
  indipendenti. Nel totale degli occupati dell'industria 1.919.000 fanno parte 
  delle costruzioni, di cui 1.198.000 dipendenti e 722.000 indipendenti. Gli occupati 
  in agricoltura sono 910.000 di cui 420.000 dipendenti e 490.000 indipendenti.
  Gli occupati nei servizi sono 14.960.000 di cui 10.847.000 dipendenti e 4.114.000 
  indipendenti. Degli occupati nei servizi 3.481.000 fanno parte del commercio 
  di cui 1.976.000 dipendenti e 1.505.000 indipendenti.
  Altre importanti notizie si trovano nelle statistiche elaborate dal Censis su 
  dati Istat al dicembre dell'anno scorso in cui risulta che tra gli occupati 
  dipendenti 7.889.000 sono operai, subalterni e assimilati. 6.723.000 impiegati 
  e intermedi, 1.206.000 direttivi e quadri, 461.000 dirigenti, 244.000 apprendisti, 
  11.000 lavoratori a domicilio per conto di imprese. Tra gli occupati indipendenti 
  3.613.000 sono lavoratori in proprio, 1.112.000 liberi professionisti, 421.000 
  coadiuvanti familiari, 383.000 imprenditori, 377.000 collaboratori coordinati 
  e continuativi, 80.000 prestatori d'opera occasionali, 43.000 soci di cooperative 
  di produzione.
  In base ai suddetti criteri della collocazione di classe e ai dati occupazionali 
  possiamo formulare la seguente composizione delle classi in Italia. Con alcune 
  avvertenze.
  Gli operai dei servizi, pur non producendo e valorizzando capitale e quindi 
  direttamente plus-valore, vanno senz'altro considerati a tutti gli effetti parte 
  integrante del proletariato.
  I pensionati ex operai li collochiamo nel proletariato, gli altri nelle classi 
  di cui facevano parte quando lavoravano.
  I disoccupati ex operai e i disoccupati che ricercano lavoro come operai li 
  collochiamo nel proletariato. Gli altri nelle classi che comprendono il lavoro 
  e le mansioni cui ambiscono.
  Collochiamo nella piccola borghesia la maggioranza degli intellettuali e degli 
  studenti, pur non costituendo una classe o uno strato sociale, come dice Mao. 
  È una scelta politica, la stessa compiuta da Mao nella Cina del 1926 
  e rinnovata successivamente, in considerazione della loro origine familiare 
  di classe, delle funzioni che esprimono nella società, del rapporto che 
  hanno con le varie classi, e delle posizioni politiche che manifestano.
  Le casalinghe le distribuiamo nelle varie classi, in prevalenza nel proletariato, 
  in base alla loro origine familiare di classe e alle condizioni economico-sociali 
  delle loro famiglie.
  I precari vanno collocati nelle classi secondo il posto di lavoro occupato.
Il proletariato
  Il proletariato, o classe operaia, è composto dagli operai dell'industria, 
  dell'agricoltura e dei servizi: ossia gli operai di fabbrica e di officina, 
  dell'edilizia, dei cantieri navali, delle miniere, i braccianti e i salariati 
  agricoli, gli operai dei trasporti terrestri, marittimi e aerei, gli operai 
  occupati a domicilio, gli operai dell'artigianato e del commercio, gli operai 
  della sanità e dell'intero pubblico impiego, dei servizi pubblici (elettricità, 
  gas, acqua, telecomunicazioni, poste, igiene, centraline, ecc.), i disoccupati 
  già operai e che ricercano lavoro come operai, i pensionati ex operai.
Il semi-proletariato
  Il semi-proletariato è composto dai lavoratori in proprio che non sfruttano 
  forza-lavoro, artigiani e commercianti poveri, venditori ambulanti, studenti-lavoratori, 
  oltre ai lavoratori non operai e non impiegati del commercio (grandi magazzini, 
  negozi, bar, alberghi, ristoranti, ecc.).
Il sottoproletariato
  Il sottoproletariato è la classe di coloro che non avendo un mestiere 
  né un lavoro fisso vivono alla giornata e di espedienti, ai margini della 
  società. Vi fanno parte certi lavoratori declassati, gli sbandati, i 
  vagabondi, i mendicanti, i ladruncoli, le prostitute, i "barboni".
I contadini
  I contadini si dividono in semi-proletari agricoli, in contadini poveri, in 
  contadini medi e in contadini ricchi.
  I semi-proletari agricoli sono quei lavoratori che, pur avendo in proprietà, 
  in affitto o in altre forme di dipendenza dei piccoli appezzamenti di terra, 
  sui quali spesso lavorano anche dei loro familiari, da cui non riescono il più 
  delle volte a ricavarne nemmeno lo stretto necessario per vivere, sono costretti 
  a vendere la loro forza-lavoro nelle aziende agricole capitalistiche, ai contadini 
  medi o addirittura in settori non agricoli come l'edilizia.
  I contadini poveri sono piccoli contadini che lavorando il loro limitato appezzamento 
  di terra, riescono appena a mantenere se stessi e le proprie famiglie, ma a 
  volte sono costretti a vendere la loro forza-lavoro.
  I contadini medi sono piccoli agricoltori che hanno in proprietà o in 
  affitto appezzamenti di terra da cui riescono ad accumulare capitali e scorte 
  sfruttando il lavoro di salariati.
  I contadini ricchi sono i proprietari di grandi appezzamenti di terra, di piccole 
  e medie aziende agricole e comproprietari di grandi aziende capitalistiche.
La piccola-borghesia
  La piccola-borghesia si suddivide in uno strato inferiore e uno strato superiore.
  Lo strato inferiore comprende la massa degli intellettuali e degli studenti, 
  gli insegnanti della scuola, gli impiegati delle categorie inferiori e non dirigenti, 
  i tecnici, i piccoli commercianti, i piccoli artigiani, i lavoratori autonomi, 
  compreso i taxisti, i piccoli professionisti.
  Lo strato superiore comprende i piccoli industriali, gli artigiani e i contadini 
  medi, gli autonomi medi, i professionisti medi, gli impiegati e i tecnici delle 
  categorie superiori, i piccoli funzionari, i professori universitari, i dirigenti 
  nazionali dei partiti borghesi e dei sindacati dei lavoratori, i membri delle 
  giunte e dei consigli comunali, provinciali e regionali.
La borghesia
  La borghesia è la classe dominante del nostro Paese. Essa si suddivide 
  in media borghesia e in alta borghesia.
  La media borghesia è composta dai capitalisti meno forti economicamente 
  e finanziariamente che hanno la proprietà diretta dei mezzi di produzione 
  e/o partecipano alla spartizione dei profitti attraverso la proprietà 
  di capitali in genere, di titoli fruttiferi pubblici e azioni e attraverso l'interesse 
  e la rendita. Vi fanno parte anche i medi industriali, i commercianti e i contadini 
  ricchi, i professionisti più ricchi, gli alti funzionari dello Stato, 
  i diplomatici e i prefetti, gli alti ufficiali delle Forze armate, i comandanti 
  delle "forze dell'ordine", i dirigenti dei servizi segreti, i magistrati, 
  i dirigenti industriali e civili, i manager meno potenti e meno ricchi, gli 
  alti ideologi della borghesia, gli editori inferiori, l'alto clero, nonché 
  i membri del governo nazionale, del parlamento e dell'europarlamento.
  L'alta borghesia comprende i capitalisti che posseggono la maggior parte del 
  potere economico e finanziario attraverso le multinazionali, le grandi industrie 
  private, le banche, le società immobiliari, le grandi case editrici, 
  i latifondi, nonché dai manager più potenti e più ricchi 
  delle aziende private e pubbliche.
Il proletariato
  Dopo aver fatto ordine sulle classi che esistono in Italia, ora bisogna approfondire 
  il discorso sul proletariato. Abbiamo già visto che il proletariato è 
  una realtà inconfutabile, dal momento che le statistiche calcolano che 
  siano occupati quasi otto milioni di operai. Se a essi si aggiungono gli operai 
  occupati in nero e i disoccupati ex operai, la cifra sale assai.
  Invece da parte borghese si sostiene che la classe operaia sarebbe "evaporata", 
  quasi scomparsa, e che il suo posto l'avrebbero preso i "nuovi ceti popolari", 
  una massa indistinta di lavoratori e di cittadini. Sulla stessa linea, seppure 
  con motivazioni diverse, si muove l'imbroglione operaista trotzkista Antonio 
  Negri, il quale sul fascicolo sul trentacinquesimo anniversario de "il 
  manifesto" ha scritto falsificando palesemente la storia: "Il '68 
  non era un'alleanza fra studenti e operai, ma il primo momento dell'estinzione 
  della classe operaia e, allo stesso tempo, l'esplosione del lavoro intellettuale, 
  verso una dimensione sociale di massa, di classe... Oggi gli studenti si presentano 
  direttamente, immediatamente, come proletariato cognitivo metropolitano... Il 
  ventunesimo secolo è davvero incominciato. Quella che oggi vi si presenta 
  è una moltitudine in azione. Le risonanze metalliche dei cortei operai 
  non si odono più. Non rammaricatevi, compagni socialisti, questa moltitudine, 
  immediatamente comunista, questo sciame di singolarità, sono i vostri 
  figli... Quando diciamo moltitudine diciamo l'insieme di singolarità 
  che riconfigurano il concetto di classe lavoratrice".
  In un'altra occasione, ha specificato: "Il concetto di moltitudine è 
  molto diverso di quello di classe operaia, così come veniva utilizzato 
  nel XIX e XX secolo... La classe operaia è l'unico soggetto che può 
  lottare efficacemente contro il capitale; le altre classi degli sfruttati possono 
  anche lottare contro il capitale, ma sempre sotto la direzione della classe 
  operaia. Che questo assunto sia stato vero o meno in passato, resta il fatto 
  che il concetto di moltitudine viene a negarlo radicalmente...
  Negli ultimi decenni del XX secolo, il lavoro industriale ha perso la sua egemonia 
  e al suo posto è emerso il 'lavoro immateriale', un lavoro che crea prodotti 
  immateriali come la conoscenza, l'informazione, la comunicazione, o ancora, 
  una relazione, una risposta emotiva"(11).
  Altri falsi comunisti non arrivano a tanto, ma perseguono lo stesso obiettivo, 
  quello di snaturare il proletariato e di cancellarne la centralità, e 
  per questo parlano di "nuova" classe operaia, "nuovo" movimento 
  operaio. Maurizio Zipponi ha scritto su "Liberazione" dell'11 maggio 
  scorso che "i nuovi operai sono tutti i lavoratori dipendenti". Mentre 
  Valentino Parlato ha affermato su "il manifesto" del 2 luglio che 
  "la classe operaia non è più quella di una volta".
  Non è certo quello che pensa il PMLI. Per noi il proletariato è 
  l'attore principale della lotta di classe, della rivoluzione socialista e dell'edificazione 
  del socialismo. Le rivoluzioni tecnologiche non ne hanno cambiato la natura, 
  la composizione, il carattere, le funzioni, il ruolo e i compiti.
  Per la sua collocazione nella produzione e nella società, per la sua 
  ideologia, per la sua esperienza produttiva e di lotta, per le sue capacità 
  organizzative e mobilitatrici, che non hanno uguali riscontri nelle altre classi 
  anticapitalistiche, il proletariato è la classe più progredita, 
  più avanzata e più rivoluzionaria della storia, i cui compiti 
  fondamentali rimangono immutati nel tempo e in ogni paese del mondo, la sola 
  classe che ha la forza e la capacità di dirigere la rivoluzione socialista 
  e l'edificazione del socialismo.
  Avendola vista all'opera in Cina e nel mondo, Mao ha rilevato che "la classe 
  operaia è la classe più lungimirante e più disinteressata, 
  la classe dallo spirito rivoluzionario più coerente. Tutta la storia 
  della rivoluzione dimostra che, senza la direzione della classe operaia, la 
  rivoluzione fallisce, mentre con la direzione della classe operaia, essa trionfa. 
  Nell'epoca dell'imperialismo nessun'altra classe in nessun paese può 
  condurre una vera rivoluzione alla vittoria"(12).
  Il problema è che da lunghissimo tempo, a causa della devastazione e 
  della corruzione ideologica che i dirigenti del PCI revisionista e i dirigenti 
  di Rifondazione trotzkista e del PdCI revisionista hanno alimentato al suo interno, 
  il proletariato italiano ha perso la coscienza di essere una classe per sé, 
  e quindi attualmente è ben lontano dall'avere tale consapevolezza e dallo 
  svolgere il suo ruolo rivoluzionario.
  Infatti il proletariato italiano lotta oggettivamente, nei fatti, contro il 
  capitalismo per migliorare le sue condizioni di vita e di lavoro, ma non si 
  propone di abbatterlo e di sostituirlo col socialismo. Lotta oggettivamente 
  contro la classe dominante borghese ma non mette in discussione il suo potere 
  politico e non si propone di prenderne il posto.
  In tal modo lotta come classe in sé, cioè come classe di fatto, 
  non come una classe per sé, consapevole di essere indipendente e antagonista 
  dalla borghesia e di avere una propria cultura; consapevole di essere portatrice 
  di un progetto generale di una nuova società, e candidata a governarla 
  e a costruirla; consapevole che spetta a essa riunire e dirigere tutte le classi 
  e i gruppi sociali anticapitalisti; consapevole di dover porre fine una volta 
  per tutte a ogni forma di sfruttamento dell'uomo sull'uomo e di disuguaglianza 
  di sesso per poter arrivare all'emancipazione dell'intera umanità.
  È come se il proletariato italiano fosse ritornato a una situazione pre-marxista, 
  quando si muoveva come classe in sé, non avendo ancora potuto acquisire 
  quella coscienza, quella mentalità, quella cultura che Marx ed Engels, 
  per primi nella storia, seppero infondere al proletariato internazionale.
  Spetta quindi ora al PMLI dare al proletariato italiano la coscienza di essere 
  una classe per sé. Un compito assai difficile, e occorre molto tempo, 
  una seria preparazione culturale e grandi capacità di persuasione, ma 
  è assolutamente necessario per far compiere un salto di qualità 
  alla lotta di classe e portarla su un terreno rivoluzionario.
  Il proletariato italiano deve capire che se vuole trasformare il mondo deve 
  trasformare anche se stesso. "Nella lotta di classe e nella lotta contro 
  la natura - dice Mao riferendosi alla situazione in Cina di allora - la classe 
  operaia trasforma tutta la società, e, nello stesso tempo, trasforma 
  se stessa. Nel corso del lavoro, la classe operaia deve continuamente imparare 
  ed eliminare progressivamente i propri difetti; essa non deve mai arrestarsi. 
  Prendiamo ad esempio noi che siamo qui: molti fanno progressi ogni anno, ossia 
  si rieducano. Un tempo io avevo ogni sorta di idee non marxiste e solo in seguito 
  abbracciai il marxismo. Studiai un po' di marxismo sui libri, iniziando così 
  la mia rieducazione ideologica, ma mi sono trasformato soprattutto nel corso 
  di una lotta di classe prolungata, e devo continuare a studiare se voglio ancora 
  progredire, altrimenti resterò indietro"(13).
  Sintetizzando si può dire che il binomio rivoluzionario per trasformare 
  il mondo e se stessi è: partecipare alla lotta di classe armati del marxismo-leninismo-pensiero 
  di Mao e studiare, studiare, studiare. Tutti, specie le operaie e gli operai, 
  dobbiamo studiare, senza mai stancarci di imparare. Bisogna farlo in ogni fase 
  della propria vita, anche da anziani, prendendo esempio di una compagna pensionata 
  piemontese simpatizzante del PMLI che si accinge a studiare "Stato e rivoluzione" 
  di Lenin.
  Il PMLI, con le parole di Mao, ci esorta a "'essere insaziabili nell'imparare 
  per quello che ci riguarda personalmente'. Insaziabili nell'insegnare per quello 
  che riguarda gli altri"(14).
IL FRONTE UNITO
  Il Partito del proletariato svolge un ruolo fondamentale e unico per rieducare 
  il proletariato a essere una classe per sé. In questo compito non può 
  essere sostituito da nessuno. Può però essere coadiuvato da organismi 
  e pubblicazioni culturali marxisti-leninisti da esso promossi e diretti.
  Il Partito svolge un ruolo fondamentale pure nelle lotte immediate e a lungo 
  termine del proletariato e delle masse, ma in queste lotte da solo può 
  arrivare fino a un certo punto. Ha quindi bisogno di allearsi con altri partiti, 
  gruppi e movimenti sulle questioni politiche, sindacali, sociali, ambientali, 
  culturali di comune interesse, al limite anche con delle forze acomuniste e 
  anticomuniste. In questi casi le differenze ideologiche e strategiche vanno 
  poste in secondo piano.
  Praticare queste alleanze vuol dire fare fronte unito. Si tratta di un tema 
  di vitale importanza per lo sviluppo, la costruzione e il radicamento del PMLI 
  e per far bene il lavoro di massa. Lo abbiamo definito in termini strategici 
  e tattici nel punto VI del Programma generale del Partito approvato l'11 Aprile 
  1977 e sviluppato al 2° Congresso nazionale del PMLI, come abbiamo già 
  detto, in base all'esperienza del Partito accumulata nel frattempo. Da allora 
  in poi ne parliamo continuamente per sviluppare e migliorare il lavoro di massa.
  Il fronte unito è una delle tre armi principali per sconfiggere il nemico. 
  Ecco cosa ci dice Mao a proposito: "Un partito disciplinato, armato della 
  teoria marxista-leninista, che pratica l'autocritica ed è legato alle 
  masse popolari; un esercito sotto la direzione di tale partito; un fronte unito 
  di tutte le classi rivoluzionarie e di tutti i gruppi rivoluzionari sotto la 
  direzione di tale partito; ecco le tre armi principali con le quali abbiamo 
  sconfitto il nemico"(15).
  In quest'occasione Mao parla del fronte unito rivoluzionario, ma egli ha praticato 
  sempre e in ogni campo la politica di fronte unito sia sul piano interno nella 
  guerra civile, nella guerra di resistenza contro il Giappone e nell'edificazione 
  del socialismo, sia sul piano internazionale nella lotta contro l'imperialismo 
  e l'allora socialimperialismo sovietico diretto dal revisionista Breznev.
  Nel nostro caso vi sono tre tipi di fronte unito che noi dobbiamo praticare. 
  Il fronte unito per le lotte immediate, il fronte unito internazionale contro 
  l'imperialismo e per la libertà dei popoli, il fronte unito rivoluzionario 
  per l'Italia unita, rossa e socialista.
  I primi due fronti li dobbiamo praticare tutti i giorni, il terzo non è 
  ancora maturo, ma dobbiamo avere le idee chiare fin da adesso per realizzarlo 
  quando arriverà il tempo. Esso deve essere costituito dal proletariato, 
  dal semi-proletariato, dal semi-proletariato agricolo, dai contadini poveri, 
  dalla piccola-borghesia dello strato inferiore, dal sottoproletariato, anche 
  se questo è facilmente ricattabile e corruttubile economicamente da parte 
  della borghesia, dai gruppi e movimenti politici, sindacali, sociali, culturali, 
  religiosi che sono per la rivoluzione proletaria e per il socialismo. Vi possono 
  far parte anche singoli elementi della piccola-borghesia dello strato superiore 
  e della media borghesia, purché rinuncino alle rivendicazioni della propria 
  classe e accettino il socialismo.
  L'unità di queste forze va realizzata sulla base di una piattaforma politica 
  comune, lasciando fuori ogni divergenza di carattere religioso o filosofico, 
  in modo che non credenti e credenti partecipino al fronte su un piano di uguaglianza 
  nei diritti e nei doveri, in piena libertà per le rispettive convinzioni 
  ideologiche e dottrinarie.
  I componenti del fronte unito rivoluzionario devono comunque accettare la direzione 
  del proletariato - attraverso il suo Partito - perché esso è la 
  sola classe che può assicurare che la rivoluzione abbia effettivamente 
  un carattere socialista e vada fino in fondo; e perché esso deve divenire 
  nel socialismo la classe dominante.
  Il fronte unito per le lotte immediate deve essere realizzato sempre e in ogni 
  campo, da quello politico a quello sindacale e sociale, da quello femminile 
  a quello giovanile e studentesco, da quello ambientale ed ecologico a quello 
  culturale. Il che significa che dobbiamo unirci con tutti coloro che su questioni 
  specifiche portano avanti le nostre stesse rivendicazioni. Potremmo trovarci 
  a fianco partiti, gruppi ed elementi indesiderati, anche di destra. In questi 
  casi quello che conta sono le diverse motivazioni, l'indipendenza e l'autonomia 
  del Partito.
  Dobbiamo praticare una larga politica di alleanze, e quindi di fronte unito, 
  in particolare nel sindacato, nel movimento operaio, nei luoghi di lavoro, nelle 
  scuole, nelle università e nel movimento studentesco, poiché solo 
  attraverso il lavoro di massa sindacale e studentesco noi possiamo aiutare le 
  larghe masse lavoratrici, disoccupate, pensionate, femminili, studentesche a 
  risolvere i loro problemi, avere un'influenza su di loro, ottenere la loro fiducia 
  e conquistarle alla nostra causa.
  La politica di fronte unito la deve praticare non solo il Partito, ma anche 
  i singoli militanti e simpatizzanti del Partito all'interno dei propri luoghi 
  di vita, di lavoro e di studio.
  Quando riusciamo a creare delle organizzazioni di massa, come i comitati di 
  lotta, su questioni per cui le masse sono decise a battersi, bisogna allargarle 
  al massimo ad altre forze politiche e sociali, facendo bene attenzione a non 
  restringerle ai soli militanti e simpatizzanti del Partito. In ogni caso devono 
  essere delle organizzazioni di massa reali e non fittizie, in cui vi sia un 
  coinvolgimento vero di tutte le sue componenti, anche sul piano della direzione.
  Ovviamente il Partito direttamente o attraverso i suoi militanti e simpatizzanti, 
  a seconda se le alleanze sono tra partiti o no, deve tendere ad avere la direzione 
  del fronte unito lottando per conquistarne l'egemonia, non facendosi condizionare 
  dagli attuali rapporti di forza sfavorevoli. Indipendentemente della nostra 
  consistenza numerica, la nostra direzione può emergere e imporsi in base 
  alle nostre idee, alle nostre proposte, al nostro impegno, alla nostra coerenza 
  e alle nostre capacità politiche e organizzative. Comunque nelle organizzazioni 
  di massa e nei movimenti di massa, dobbiamo cercare di unire la sinistra, conquistare 
  il centro e neutralizzare la destra.
  Il criterio fondamentale della politica di fronte unito, da applicare a tutti 
  e tre i tipi di fronte unito, è quello di unire attorno al proletariato 
  tutte le forze che possono essere unite, neutralizzare le forze che possono 
  essere neutralizzate ed isolare il nemico principale.
  Il fronte unito internazionale contro l'imperialismo è composto da tutti 
  i popoli, i movimenti, i partiti e i governi del mondo che lottano contro le 
  aggressioni, le occupazioni, le rapine e i saccheggi delle risorse, le sopraffazioni, 
  le ingerenze, i soprusi, le imposizioni e i ricatti dei paesi imperialisti. 
  Vi fanno parte pure i popoli, i movimenti e i partiti che combattono contro 
  le dittature borghesi e reazionarie dei propri paesi.
  Il nostro Partito fa parte integrante di tale fronte e appoggia incondizionatamente 
  tali lotte, indipendentemente dalle forze che le dirigono, anche se sono anticomuniste 
  e non ne condividiamo la politica interna e certi atti di politica estera.
  In particolare appoggiamo le lotte per la libertà e l'indipendenza nazionale 
  dei popoli palestinese, afghano e iracheno e la lotta del popolo iraniano e 
  del suo governo per avere il nucleare civile. Per questo chiediamo con forza 
  al governo italiano di ritirare subito le truppe dal Libano, dall'Afghanistan 
  e dall'Iraq, di abolire l'accordo di cooperazione militare con Israele, di non 
  partecipare alle eventuali sanzioni contro l'Iran per il nucleare.
  Al bando Israele! Palestina, Afghanistan, Iraq liberi!
  Le contraddizioni esistono dappertutto, in ogni paese, città, partito, 
  movimento, organizzazione sociale, individuo. Una di esse è la principale, 
  ed è questa a determinare il nemico principale o l'avversario principale. 
  In politica è molto importante esserne coscienti e saperla individuare 
  al fine di unire tutti coloro che la subiscono e la combattono e di lottare 
  assieme per isolare e sconfiggere chi la incarna.
  Mao afferma che "in ogni processo, se in esso esistono numerose contraddizioni, 
  ve ne è necessariamente una principale, che ha una funzione determinante, 
  decisiva, mentre le altre hanno una posizione secondaria e subordinata. È 
  quindi necessario, nello studio di ogni processo, che sia complesso e contenga 
  più di due contraddizioni, fare ogni sforzo per trovare la contraddizione 
  principale. Una volta trovata questa contraddizione principale, è facile 
  risolvere tutti i problemi. È questo il metodo che ci insegna Marx nel 
  suo studio della società capitalistica. Questo stesso metodo ci è 
  indicato da Lenin e Stalin, nel loro studio dell'imperialismo e della crisi 
  generale del capitalismo e nel loro studio dell'economia sovietica"(16).
  Nei luoghi di lavoro la contraddizione principale è tra i lavoratori 
  e i padroni, quindi la lotta dei lavoratori va indirizzata contro di essi. Vi 
  è anche la contraddizione tra i lavoratori e i sindacalisti riformisti 
  che frenano le lotte, ma si tratta di una contraddizione secondaria che va trattata 
  in maniera diversa rispetto a quella principale. Le lotte sindacali però 
  non devono essere rinchiuse nei luoghi di lavoro. Le strade e le piazze sono 
  i campi di battaglia in cui i lavoratori e il movimento sindacale si battono 
  contro le organizzazioni dei padroni e i governi per le questioni di carattere 
  generale.
  Nelle scuole e nelle università la contraddizione principale è 
  tra gli studenti e le autorità scolastiche e universitarie, gli organi 
  di governo, i governi nazionale, comunale, provinciale e regionale. Vi sono 
  anche le contraddizioni interstudentesche e tra le loro organizzazioni, ma queste 
  vanno considerate secondarie quando si lotta contro il nemico principale.
  Nelle città la contraddizione principale è tra le masse residenti 
  e i governi comunale, provinciale e regionale. Questi sono i nemici principali, 
  sia che vestano i panni della destra, sia che vestano i panni della "sinistra" 
  borghese.
  Nei movimenti, nelle organizzazioni di massa e tra le masse del nostro Paese 
  la contraddizione principale è quella tra il proletariato rappresentato 
  dal PMLI e la borghesia di "sinistra" rappresentata dai partiti dell'Unione. 
  Vi è anche la contraddizione tra il proletariato rappresentato dal PMLI 
  e i partiti e gruppi falsi comunisti, ma si tratta di una contraddizione secondaria, 
  quando sono presenti i partiti dell'Unione. Questa contraddizione secondaria 
  diventa però principale, se questi ultimi partiti non sono presenti, 
  salvo nei casi in cui siamo d'accordo tra noi e loro sulla battaglia specifica.
  Questo significa che quando nei movimenti, nelle organizzazioni di massa e tra 
  le masse sono presenti i partiti dell'Unione i nostri colpi principali devono 
  essere diretti contro di essi, cercando di allearsi con i partiti falsi comunisti. 
  Quando invece i partiti dell'Unione sono assenti i nostri colpi principali vanno 
  diretti contro i partiti falsi comunisti, se ostacolano la lotta e ci mettono 
  i bastoni tra le ruote. In maniera sempre dialettica, argomentata e documentata, 
  stando ai fatti, al tema concreto della lotta, in modo tale da essere compresi 
  e appoggiati da tutta o parte della loro base.
  Ovunque operiamo è importante individuare la contraddizione principale, 
  e quindi il nemico o l'avversario principale, per non fare di ogni erba un fascio, 
  per evitare di mettere sullo stesso piano l'avversario principale con quello 
  secondario e così bruciarci ogni alleanza, ogni spazio di manovra e qualsiasi 
  lavoro di massa.
  Nell'intera società italiana la contraddizione principale è tra 
  il proletariato e la borghesia che è al potere. Poiché attualmente 
  essa è rappresentata dal governo Prodi della "sinistra" borghese, 
  questo governo è il nemico principale del proletariato e delle masse 
  popolari italiane, così come ieri lo era il governo del neoduce Berlusconi.
  Anche se non tenessimo conto del suo programma, della sua composizione e dell'appoggio 
  aperto della "sinistra" finanziaria, industriale, agraria, economica, 
  editoriale e istituzionale, i suoi primi atti, a partire dall'inciucio con la 
  casa del fascio sull'indulto per salvare Previti e gentaccia simile, dimostrano 
  ampiamente il suo carattere borghese, imperialista, anticomunista e antipopolare, 
  quanto di peggio ci potessimo aspettare da un governo che si proponeva di lavorare 
  in "discontinuità" rispetto al governo precedente della destra 
  borghese.
  La posizione sul Libano ha svelato che la sua politica estera è in continuità 
  con la politica espansionista e interventista storica dell'imperialismo italiano 
  nel bacino del Mediterraneo, che va da Crispi a Berlusconi, passando da Mussolini 
  e Craxi.
  Solo ai tempi di Mussolini si era visto tanto sventolio di bandiere tricolori, 
  tanto sfoggio di mezzi militari e di truppe, tanta orgia oratoria e mediatica 
  di patriottismo, nazionalismo e militarismo. È come se si volesse abituare 
  il popolo italiano alla guerra e si facessero le prove generali. I nostri giovani 
  rischiano veramente di diventare carne da cannone dell'imperialismo italiano.
  Ingannevolmente chiamano "missione di pace" quella che in realtà 
  è una missione di guerra, il cui vero scopo è quello di assicurare 
  l'esistenza di Israele, di normalizzare e asservire tutti i governi della regione, 
  cancellare ogni movimento di liberazione nazionale, in primo luogo Hezbollah 
  e Hamas, isolare e indebolire l'Iran e la Siria, mettere l'intero Medio Oriente 
  sotto il controllo dei paesi imperialisti Usa, Ue, Israele con la copertura 
  dell'Onu e saccheggiarne il petrolio.
  In questo scenario l'Italia imperialista e interventista di Prodi, D'Alema e 
  Parisi mira a conquistare uno spazio e un ruolo per difendere i "suoi interessi 
  vitali". Si è talmente montata la testa che vuol partecipare alla 
  spartizione di tutta la Terra assieme alle grandi potenze imperialistiche.
  Il neoduce Berlusconi lavorava in questo senso alleandosi strettamente con gli 
  Usa del nuovo Hitler Bush, mentre l'economista borghese democristiano Prodi 
  lo fa sventolando la bandiera dell'Onu e della Ue e avvalendosi dell'aiuto e 
  della copertura dei falsi comunisti Bertinotti, Giordano, Diliberto, Rizzo e 
  Cossutta e degli pseudopacifisti.
  Ed ora, con la finanziaria 2007, questo governo si accinge ad assestare una 
  stangata alle masse popolari. Ancora le bocce non sono ferme, ma si sa che vuole 
  fare dei tagli, in un modo o in un altro, alle pensioni, alla sanità, 
  alla scuola, al pubblico impiego e agli enti locali. Noi non ci stiamo, e chiediamo 
  ai sindacati di mobilitare i lavoratori e di programmare uno sciopero generale 
  di 8 ore da attuare subito, se viene inflitta la stangata.
  Questo governo è pericoloso e inaffidabile anche sul piano della democrazia 
  borghese, vista la sua volontà di mettere le mani sulla Costituzione 
  accordandosi con la casa del fascio, in ciò stimolato e pressato dal 
  capo dello Stato, il rinnegato Giorgio Napolitano.
  Esso potrebbe riuscire a cambiare la forma del governo e dello Stato in senso 
  presidenzialista e federalista, cosa che il popolo italiano col referendum ha 
  impedito che fosse realizzato da Berlusconi.
  Data la sua politica estera, interna, economica e sociale, il suo volto ingannevole, 
  le illusioni che sparge, e poiché è un ostacolo alla presa del 
  potere da parte del proletariato, il governo Prodi è una iattura per 
  il proletariato e per le masse popolari.
  Non bisogna quindi dargli tregua. Va combattuto risolutamente fino alla sua 
  caduta da sinistra, senza stancarci di chiedergli di abrogare le leggi 30, Bossi-Fini, 
  Moratti, nonché il pacchetto Treu e la legge sulla fecondazione assistita.
  Vogliamo un lavoro stabile per tutte le disoccupate e i disoccupati, a salario 
  intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato. Vogliamo l'abolizione della 
  flessibilità e di ogni forma di precariato. Vogliamo che il Sud abbia 
  una struttura economica pari a quella del Centro e del Nord Italia. Vogliamo 
  che le pensioni, la sanità, la scuola e l'università siano pubbliche. 
  Vogliamo una casa per tutti gli operai, i disoccupati, i migranti, i poveri 
  che non ce l'hanno. Vogliamo la stabilizzazione di tutti i precari pubblici.
  La nostra voce è ancora troppo debole, ed è difficile che venga 
  ascoltata da Palazzo Chigi, ma via via che il nostro Partito crescerà 
  diventerà più potente, e allora salteranno i timpani dei governanti. 
  Salterà anche il sistema capitalista e finalmente avremo il socialismo 
  in Italia.
  Noi dobbiamo tenere ferma la barra verso l'Italia unita, rossa e socialista, 
  qualsiasi siano le vicissitudini e le difficoltà collettive e personali. 
  Niente ci deve piegare, avendo la coscienza che stiamo compiendo un'impresa 
  che non ha precedenti in Italia, quella di dare al proletariato il Partito che 
  ha sempre sognato e mai avuto. Un'impresa che forse non ha uguali, nel passato 
  e nel presente, nel mondo, considerando i nostri peculiari problemi storici, 
  politici, organizzativi, economici e pratici. In questa storica e titanica impresa 
  il contributo di ciascun attuale dirigente, militante e simpatizzante attivo 
  del Partito è indispensabile, non solo necessario.
  Non dobbiamo avere alcuna illusione governativa e dobbiamo lottare al di fuori 
  di ogni governo borghese e delle istituzioni rappresentative borghesi per accumulare 
  le forze e creare le condizioni soggettive per la vittoria della rivoluzione 
  socialista. Dobbiamo creare ovunque le istituzioni rappresentative delle masse 
  anticapitaliste, antifasciste e fautrici del socialismo costituite dalle Assemblee 
  popolari e dai Comitati popolari basati sulla democrazia diretta. O si passa 
  dal capitalismo al socialismo, oppure l'Italia dovrà continuare a indossare 
  la camicia nera liberista all'interno e interventista all'estero.
APPELLO AI FAUTORI DEL SOCIALISMO
  "Se si vuol fare la rivoluzione, - sostiene Mao - ci deve essere un partito 
  rivoluzionario. Senza un partito rivoluzionario, senza un partito che si basi 
  sulla teoria rivoluzionaria marxista-leninista e sullo stile rivoluzionario 
  marxista-leninista, è impossibile guidare la classe operaia e le larghe 
  masse popolari a sconfiggere l'imperialismo e i suoi lacché"(17).
  Questo tipo di Partito - che non può essere confuso con altri tipi di 
  partito che si autodefiniscono abusivamente comunisti - in Italia fortunatamente 
  c'è già, ed è il PMLI. Si tratta solo di farlo crescere 
  e radicare in tutte le regioni del Paese. Non sarà facile, soprattutto 
  per la nostra povertà di mezzi e di risorse economiche e per il ferreo 
  black-out stampa che vige da sempre sul Partito.
  Ma ce la faremo, anche se i tempi dovessero allungarsi.
  Stiamo già registrando dei passi importanti nello sviluppo nazionale 
  del PMLI. Se proseguiremo gli sforzi, se applicheremo con determinazione i tre 
  elementi chiave e le quattro indicazioni per radicare il PMLI, se tutti gli 
  attuali dirigenti, militanti e simpatizzanti attivi, specie i giovanissimi che 
  sono sotto le pressioni e i ricatti affettivi ed economici dei genitori, resisteranno 
  all'influenza della borghesia che cerca di staccarci dal Partito e dalla lotta 
  di classe, riusciremo senz'altro a completare il primo grande balzo del proselitismo, 
  che aprirà le porte al 5° Congresso nazionale del PMLI.
  Il PMLI è l'unico partito italiano che, oltre a volere veramente il socialismo, 
  è in grado di risvegliare il proletariato alla lotta rivoluzionaria per 
  la conquista del potere politico e di fargli acquisire la sua coscienza di classe. 
  Lo testimoniano le seguenti parole del giovane operaio, compagno Luca Martinelli, 
  scritte nella sua domanda di ammissione al Partito: "Senza il PMLI non 
  avrei la luce, il calore e l'energia per combattere la borghesia e i revisionisti".
  Che lo si riconosca o no, l'esistenza del PMLI è un dato di fatto, dalla 
  quale non si può prescindere e con la quale si devono misurare e confrontare 
  tutti i rivoluzionari e fautori del socialismo.
  Chi tra questi conosce già il PMLI non può far finta che non esista, 
  e seguitare a militare nei partiti e in correnti di partito falsamente comunisti, 
  e magari correre dietro ai trotzkisti dichiarati che si accingono a creare nuovi 
  partiti a sinistra di Rifondazione, vista la poco gloriosa fine governativa 
  che questa ha fatto.
  Tutta la storia del movimento operaio italiano dimostra che stando nei partiti 
  revisionisti di destra, come il PCI, il PdCI, "Essere comunisti" di 
  Claudio Grassi, e revisionisti di "sinistra", come Rifondazione e 
  i costituendi partiti di Ferrando e Ricci, non si riesce minimamente a spostarli 
  su un terreno di classe, comunista e rivoluzionario.
  E allora perché perdere ancora altro tempo e tante energie preziose militando 
  in tali partiti? Non si avverte che è l'ora di rompere definitivamente 
  ogni legame con i revisionisti, anche sul piano organizzativo?
  Da questa solenne tribuna, in questa occasione memorabile, lanciamo un accorato 
  appello a tutti coloro che vogliono seguire le orme di Mao e degli altri maestri 
  a prendere rapidamente posto di combattimento nel PMLI. Ogni ritardo indebolisce 
  il PMLI e la lotta di classe e rafforza la classe dominante borghese e i partiti 
  ad essa asserviti.
  In primo luogo ci rivolgiamo alle figlie e ai figli migliori, più avanzati 
  e più combattivi della classe operaia, che devono costituire la testa 
  e l'ossatura portante del PMLI, e alle ragazze e ai ragazzi che lottano per 
  un mondo nuovo e che abbiano gli stessi sentimenti, la stessa determinazione 
  e la stessa tempra dei coetanei che hanno fondato il PMLI e sono ancora fedeli 
  alla causa.
  Ci rivolgiamo anche agli intellettuali rivoluzionari, il cui ruolo sul piano 
  culturale, ideologico e filosofico è insostituibile, e senza i quali 
  è assai problematico combattere e sconfiggere la cultura e l'ideologia 
  borghesi, far acquisire al proletariato la coscienza di essere classe per sé, 
  educare il nostro amato popolo sulla base del marxismo-leninismo-pensiero di 
  Mao, sciogliere certi nodi storici, economici, scientifici, culturali, e nei 
  vari campi in cui occorre essere specialisti.
  Come indica Mao, "la classe operaia deve accogliere favorevolmente l'aiuto 
  degli intellettuali rivoluzionari, in nessun caso deve respingerlo, perché 
  senza il loro aiuto essa non potrà progredire e la rivoluzione non potrà 
  trionfare"(18).
  Chi vuol spendere la propria vita per la causa più nobile, più 
  grande, più utile che un essere umano possa abbracciare, la causa dell'emancipazione 
  del proletariato e dell'intera umanità, non può non unirsi a noi 
  nel PMLI. Chi invece vuol dare solo qualche contributo, o non può essere 
  militante mancandogli le caratteristiche previste dallo Statuto, può 
  benissimo unirsi al Partito come simpatizzante. Il suo contributo, piccolo o 
  grande che sia, sarà utilissimo e apprezzato dal Partito.
  Ai simpatizzanti del PMLI, che possono essere anche credenti e religiosi, non 
  è richiesto né un impegno totale né una completa condivisione 
  della linea ideologica, politica, organizzativa e rivendicativa del Partito. 
  Il grado e il livello di coinvolgimento politico, organizzativo e pratico dipende 
  unicamente dalla loro disponibilità di impegno.
  Come ha detto il compagno Salvatore, uno studente diciottenne della provincia 
  di Napoli, appena entrato nel Partito, "militare nel PMLI è il più 
  alto grado d'onore per un comunista, un proletario, e per chi aspira, come me, 
  senza mai smettere di credere, neanche per un istante, al socialismo... Per 
  la nobile causa del proletariato e del socialismo, e per il bene del PMLI, vale 
  la pena di dare tutto se stessi, anche la vita".
  Il nostro auspicio è che la manifestazione per il 30° Anniversario 
  della fondazione del PMLI, che si svolgerà a Firenze il 15 aprile dell'anno 
  prossimo, possa vedere in piazza un numero mai visto di marxisti-leninisti animati 
  da questi sentimenti e da questa volontà, gli unici con i quali è 
  possibile rovesciare cielo e terra e costruire un grande, forte e radicato PMLI.
  Care compagne, cari compagni, care amiche e cari amici,
  come dice Mao, "dobbiamo lasciarci infiammare dalle grandi e sublimi aspirazioni 
  proletarie, osare aprire sentieri mai esplorati e scalare vette mai raggiunte"(19).
  Grazie Mao per tutto quello che hai fatto per l'emancipazione del popolo cinese 
  e dei popoli di tutto il mondo, e per tutto quello che continui a insegnarci. 
  Te ne saremo riconoscenti per sempre.
  Grazie "Lucia" Nerina Paoletti per averci dimostrato nella pratica 
  cosa significa essere discepoli di Mao. Non ti dimenticheremo mai e sarai per 
  sempre nei nostri cuori.
  Che i nuovi militanti che fanno parte della leva del 2006 a te intitolata siano 
  del tuo stesso stampo e si distinguano, come ti sei distinta tu, nel coraggio, 
  nella determinazione, nella tenacia, nella perseveranza e nella fedeltà 
  ai Maestri e al PMLI.
  Grazie compagne e compagni della vecchia guardia e delle generazioni successive. 
  Tutto quello che siamo riusciti a realizzare per il bene del proletariato e 
  delle masse è merito vostro; da voi, dai vostri grandi sacrifici e dal 
  vostro impegno quotidiano nella lotta di classe e nella costruzione del PMLI, 
  i dirigenti nazionali del Partito, a cominciare dal Segretario generale, imparano 
  cosa significa amare e servire con tutto il cuore il proletariato e il popolo 
  italiani e i popoli di tutto il mondo.
  Che la vita, l'opera, il pensiero e l'esempio di Mao e degli altri Maestri continuino 
  a ispirarci e a darci la forza per portare fino in fondo i nostri compiti rivoluzionari 
  collettivi e individuali.
  Applichiamo gli insegnamenti di Mao sulle classi e il fronte unito!
  Gloria eterna a Mao!
  Con Mao per sempre!
  Viva il proletariato italiano cosciente, combattivo e armato del marxismo-leninismo-pensiero 
  di Mao!
  Lottiamo contro il governo Prodi della "sinistra" borghese!
  Avanti con forza verso l'Italia unita, rossa e socialista!
  Coi Maestri e con il PMLI vinceremo!
  NOTE
  1) Federico Rampini, Saggio in "Mao Zedong" di Jonathan Spence, La 
  biblioteca di Repubblica 2006, p. 176
  2) Mao, Il ruolo del Partito comunista cinese nella guerra nazionale, Ottobre 
  1938, opere scelte, vol. 2°, p. 217
  3) Ralf Dahrendorf, Quando i populisti mettono in crisi i partiti, in "La 
  Repubblica" del 29.08.06
  4) Marx ed Engels, il Manifesto del Partito comunista, pubblicato nel 1848, 
  Piccola biblioteca marxista-leninista, p. 15
  5) Mao, Abbandonare le illusioni, preparatevi alla lotta, 14 agosto 1949, opere 
  scelte, vol. 4°, p. 443
  6) Mao, Analisi delle classi nella società cinese, Marzo 1926, opere 
  scelte, vol. 1°, p. 9
  7) Stalin, Sulle tre parole d'ordine fondamentali del partito sulla questione 
  contadina, opere complete, 15 aprile 1927, vol. 9° p. 231
  8) Lenin, La grande iniziativa, 28 giugno 1919, opere complete, vol. 29°, 
  p. 384
  9) Marx, Il Capitale, scritto tra il 1864 e il 1867, Libro Terzo, Editori Riuniti, 
  p. 1003
  10) Francesco Rutelli, Intervento al convegno di Milano del 18 gennaio 2006 
  organizzato dalla Margherita
  11) Antonio Negri e Michael Hardt, Moltitudine, Rizzoli, pp. 130-132
  12) Mao, Sulla dittatura democratica popolare, 30 giugno 1949, opere scelte, 
  vol. 4°, pp. 433-434
  13) Mao, Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo, 27 febbraio 
  1957, Piccola biblioteca marxista-leninista, p. 26
  14) Mao, Il ruolo del Partito comunista cinese nella guerra nazionale, Ottobre 
  1938, opere scelte, vol. 2°, p. 219
  15) Mao, Sulla dittatura democratica popolare, 30 giugno 1949, opere scelte, 
  vol. 4°, p. 434
  16) Mao, Sulla contraddizione, Agosto 1937, opere scelte, vol. 1°, pp. 350-351
  17) Mao, Forze rivoluzionarie di tutto il mondo, unitevi, per combattere l'aggressione 
  imperialista, Novembre 1948, opere scelte, vol. 4°, p. 292
  18) Mao, Introduzione all'operaio cinese, 7 febbraio 1940, opere scelte, vol. 
  2°, p. 424
  19) Mao, Frase pronunciata nel 1962 e citata dalla stampa cinese nel 1966