Biblioteca Multimediale Marxista
Ampi estratti del discorso pronunciato il 9 settembre 1986 del compagno Giovanni Scuderi: La concezione di Mao del mondo e l'attuale lotta di classe
(...)Già Gramsci e Togliatti, che non si sono mai liberati 
  della loro origine e formazione idealistica crociana, avevano accortamente e 
  gradualmente svuotato dei suoi contenuti di classe e distorto il marxismo-leninismo, 
  ma i loro successori - Longo, Berlinguer e Natta - hanno completato tale opera 
  cancellando nella mente del proletariato -- e non solo nello statuto del partito 
  -- ogni traccia dell'ideologia e della teoria comunista. Fino al punto che il 
  proletariato italiano di oggi, specialmente le nuove generazioni, non conosce 
  quasi per niente la concezione del mondo che gli è propria.
  E' quindi nostro compito rivoluzionario imprescindibile ostacolare il processo 
  di deideologizzazione, decomunistizzazione e socialdemocratizzazione e armare 
  le masse operaie, lavoratrici, contadine, giovanili e femminili con la concezione 
  proletaria del mondo. Il presidente Mao ha indicato: ``Nell'epoca presente dello 
  sviluppo della società, la storia ha posto sulle spalle del proletariato 
  e del suo partito la responsabilità della giusta conoscenza e della trasformazione 
  del mondo''(1).
  Certamente noi non abbiamo la forza, la capacità, l'esperienza e le conoscenze 
  del presidente Mao, e mentre lui è un faro anche sul piano filosofico 
  e teorico, noi siamo un semplice lucignolo, eppure abbiamo il dovere di fare 
  quanto ci sarà possibile affinché finalmente gli operai e le masse 
  conoscano, si impadroniscano e usino la concezione proletaria del mondo per 
  trasformare il mondo e se stessi.
  Due concezioni del mondo si contendono l'egemonia delle masse
  ``Per quel che concerne la concezione del mondo- afferma Mao - nel mondo attuale 
  ci sono fondamentalmente solo due `scuole', quella della borghesia e quella 
  del proletariato. O si accetta la concezione proletaria del mondo o si accetta 
  quella della borghesia. La concezione comunista del mondo è la concezione 
  del mondo del proletariato e non la concezione del mondo di altre classi(2). 
  Si tratta di due concezioni del mondo antagonistiche e inconciliabili che riflettono 
  sul piano del pensiero gli interessi contrastanti fra il proletariato e la borghesia. 
  Esse si contendono palmo a palmo il terreno culturale, filosofico e ideologico, 
  la concezione del mondo investe globalmente ogni singolo individuo nel modo 
  di pensare, vivere, vedere le cose, operare. La posizione di classe, l'atteggiamento 
  e i sentimenti politici e sociali, lo spirito, l'intelletto e il cuore dipendono 
  tutti dalla concezione del mondo.
  Ogni individuo, classe o partito ha i suoi maestri, i suoi ideologi cui si riferisce 
  e si ispira per difendere i propri interessi economici e sociali. Indipendentemente 
  dal fatto che se ne abbia coscienza o no. Questa è una verità 
  riscontrabile continuamente nella pratica. Non a caso Mao rileva che ``nella 
  società divisa in classi, ogni individuo vive come membro di una determinata 
  classe e ogni pensiero, senza eccezioni, porta un'impronta di classe"(3). 
  Chiunque può rendersene conto riflettendo su se stesso, sui compagni, 
  sulle persone che gli stanno accanto e analizzando e confrontando il pensiero 
  e il modo di fare dei grandi capitalisti con quello del proletariato cosciente.
  Da quando si sono costituite le classi, verso la fine del comunismo primitivo 
  e col sorgere della proprietà privata, si sono formate due concezioni 
  del mondo: quella degli sfruttati e degli oppressi e quella degli sfruttatori 
  e oppressori. Tali concezioni del mondo a un certo punto, quando l'uomo è 
  stato capace di sintetizzare il suo pensiero e trasmetterlo in qualche forma, 
  si sono concentrate rispettivamente nel materialismo e nell'idealismo, i quali 
  si sono confrontati e scontrati per contendersi l'egemonia culturale e morale 
  delle masse. Nel corso della storia, il materialismo ha avuto fondamentalmente 
  un carattere progressivo, mentre l'idealismo, specie se sposato con la metafisica, 
  tendeva a bloccare l'emancipazione ideologica, sociale e politica dei lavoratori.
  Mao sottolinea che ``Nella storia della conoscenza umana sono sempre esistite 
  due concezioni delle leggi di sviluppo del mondo: una metafisica, l'altra dialettica; 
  esse danno vita a due concezioni del mondo opposte fra loro. Lenin dice: `Le 
  due concezioni fondamentali (o le due possibili? o le due osservate nella storia?) 
  dello sviluppo (evoluzione) sono: lo sviluppo come diminuzione e aumento, come 
  ripetizione, e lo sviluppo come unità degli opposti (sdoppiamento dell'uno 
  in opposti che si escludono reciprocamente, e loro rapporto reciproco).' Lenin 
  si riferisce qui appunto a queste due diverse concezioni del mondo''(4).
  Va tuttavia ricordato che la dialettica, così come il materialismo, assume 
  un carattere veramente scientifico con la elaborazione da parte di Marx ed Engels 
  del materialismo dialettico e del materialismo storico, che vengono così 
  a costituire la concezione proletaria del mondo. La dialettica con Hegel e il 
  materialismo con Feuerbach avevano già ricevuto un grosso sviluppo sul 
  piano della filosofia borghese, ma è con Marx e con Engels che esse fanno 
  un salto di qualità, ripuliti da ogni scoria e residuo idealistici diventano 
  scientifici, un metodo per conoscere e trasformare la realtà in senso 
  socialista, una concezione proletaria del mondo.
  Il materialismo dialettico e storico non cade quindi dal cielo, non è 
  nato improvvisamente e da elucubrazioni astratte, ma è il frutto dell'assimilazione 
  e della rielaborazione da parte di Marx ed Engels di quanto era stato elaborato 
  fino a quel momento in campo filosofico. La grande scoperta scientifica del 
  materialismo dialettico e storico costituisce in un tempo lo sviluppo del pensiero 
  filosofico progressista di tutti i tempi e la formulazione originale e inedita 
  della filosofia proletaria, cioè la concezione proletaria del mondo.
  Il materialismo dialettico e storico è quindi il prodotto della lotta 
  di classe, ed è nato e si è sviluppato nella lotta contro la concezione 
  borghese del mondo, segnatamente contro il liberalismo e l'idealismo, per la 
  distruzione del sistema ideologico borghese, nonché l'intero ordinamento 
  capitalistico.
  Mao così spiega l'apporto dei maestri suoi predecessori al materialismo 
  dialettico e storico: ``Al tempo della società feudale, non era possibile 
  conoscere in antecedenza le leggi della società capitalistica perché, 
  non essendo ancora apparso il capitalismo, mancava la pratica ad esso corrispondente. 
  Il marxismo poteva essere soltanto un prodotto della società capitalistica. 
  Al tempo del capitalismo premonopolistico, Marx non poteva conoscere in antecedenza 
  e in concreto certe leggi specifiche proprie dell'epoca dell'imperialismo, poiché 
  l'imperialismo, fase suprema del capitalismo, non era ancora apparso e mancava 
  la pratica a esso corrispondente; soltanto Lenin e Stalin furono in grado di 
  assumersi questo compito. Marx, Engels, Lenin e Stalin poterono formulare le 
  loro teorie non solo per la loro genialità ma, soprattutto, perché 
  parteciparono alla pratica della lotta di classe e della sperimentazione scientifica 
  del loro tempo; se fosse mancata questa condizione, nessun genio avrebbe potuto 
  riuscirvi''(5).
  La concezione proletaria del mondo si fonda dunque sul materialismo dialettico 
  e storico. Ma quali sono i caratteri fondamentali di tale filosofia? Eccoli 
  in estrema sintesi e in base a ciò che ci preme mettere in risalto in 
  questa occasione.
  Il materialismo dialettico ha scoperto -- e continua a scoprire -- le leggi 
  che regolano e governano lo sviluppo del movimento, della natura, dei fenomeni, 
  delle cose e dell'universo. Engels sostiene che ``la dialettica non è 
  niente altro che la scienza delle leggi generali del movimento e dello sviluppo 
  della natura, della società umana e del pensiero''(6).
  Il materialismo dialettico considera la realtà, la natura, la materia, 
  fonte di ogni conoscenza e produttrice dello spirito e del pensiero. Esso dà 
  una risposta scientifica basata sui fatti, sui fenomeni naturali, sulla realtà 
  obiettiva, sul passato della Terra e sulla creazione del mondo. Come rileva 
  Lenin, il materialismo dialettico dimostra ``che la terra esisteva prima di 
  qualsiasi altra forma sociale, prima del genere umano, prima della materia organica, 
  che essa è esistita per un tempo determinato, in uno spazio determinato 
  rispetto agli altri pianeti''(7).
  Il materialismo dialettico esclude pertanto che al di fuori e al di sopra della 
  natura, della materia e dell'universo ci sia una forza esterna, superiore e 
  divina che abbia creato il mondo e l'essere umano.
  Il materialismo dialettico è il contrario del dogmatismo, delle certezze 
  assolute e perentorie, da accettare ``per fede''. è il contrario anche 
  della metafisica, cioè delle affermazioni che non hanno un fondamento 
  nella realtà, non dimostrabili nella pratica attraverso l'esperienza 
  dell'uomo.
  ``La metafisica, o evoluzionismo volgare, - afferma Mao - considera tutte le 
  cose del mondo come isolate e statiche, le considera unilateralmente. Una tale 
  concezione del mondo considera tutte le cose del mondo, le loro forme e categorie, 
  come eternamente isolate le une dalle altre ed eternamente immutabili. Anche 
  se riconosce le modificazioni, le considera soltanto come aumento o diminuzione 
  quantitativa o come semplice spostamento. E le cause di questo aumento, diminuzione 
  o spostamento non si trovano nelle cose stesse, ma fuori di esse, ossia nell'azione 
  di forze esterne.
  I metafisici ritengono che le diverse cose del mondo e le loro proprietà 
  rimangono immutate dal momento in cui cominciano a esistere, e che le loro successive 
  modificazioni siano soltanto aumenti o diminuzioni di quantità. Essi 
  ritengono che una cosa possa soltanto riprodursi all'infinito, ma non trasformarsi 
  in un'altra cosa, in una cosa diversa.
  Secondo i metafisici, lo sfruttamento capitalistico, la concorrenza capitalistica, 
  l'ideologia individualistica della società capitalistica, ecc., tutto 
  questo si trova anche nell'antica società schiavistica, anzi persino 
  nella società primitiva, ed esisterà eternamente e immutabilmente. 
  Essi spiegano le cause dello sviluppo della società ricorrendo a condizioni 
  a esse esterne: l'ambiente geografico, il clima, ecc.. Cercano in modo semplicistico 
  di trovare le cause dello sviluppo fuori delle cose, negando la tesi della dialettica 
  materialistica, secondo cui lo sviluppo è determinato dalle contraddizioni 
  interne, inerenti alle cose. Perciò essi non sono in grado di spiegare 
  né la molteplicità qualitativa delle cose né il fenomeno 
  della trasformazione di una qualità in un'altra. In Europa questo modo 
  di pensare trovò nei secoli XVII e XVIII la sua espressione nel materialismo 
  meccanicistico e, verso la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, nell'evoluzionismo 
  volgare''(8).
  Vi è un altro aspetto molto importante nel materialismo dialettico, si 
  tratta di questo: negli oggetti e nei fenomeni della natura -- la quale è 
  in perpetuo stato di movimento, di cambiamento, di rinnovamento e di sviluppo 
  -- vi sono delle contraddizioni interne attraverso le quali -- nella lotta tra 
  gli opposti, tra il nuovo e il vecchio, tra ciò che nasce e ciò 
  che muore, tra ciò che si sviluppa e ciò che deperisce -- avviene, 
  per salti di qualità dopo un accumulo di cambiamenti quantitativi il 
  processo di sviluppo della natura. Secondo il materialismo dialettico, la legge 
  dell'unità degli opposti è la legge fondamentale della natura, 
  della società e del pensiero umano.
  A tale proposito Mao esprime dei concetti molto chiari e convincenti. Eccoli: 
  ``Secondo la dialettica materialistica, le modificazioni della natura sono dovute 
  principalmente allo sviluppo delle sue contraddizioni interne.
  Le trasformazioni della società sono dovute principalmente allo sviluppo 
  delle contraddizioni esistenti all'interno di questa, cioè delle contraddizioni 
  tra le forze produttive e i rapporti di produzioni, delle contraddizioni tra 
  le classi, delle contraddizioni tra il vecchio e il nuovo. è lo sviluppo 
  di queste contraddizioni che spinge la società in avanti, che conduce 
  alla sostituzione della vecchia società con la nuova. Esclude la dialettica 
  materialistica le cause esterne? No, non le esclude. Secondo la dialettica materialistica, 
  le cause esterne sono la condizione delle trasformazioni e le cause interne 
  ne sono la base; le cause esterne operano attraverso quelle interne. L'uovo, 
  quando riceve un'adeguata quantità di calore, si trasforma in pulcino; 
  ma il calore non può trasformare in pulcino una pietra, perché 
  la base è diversa''(9).
  Come abbiamo visto rapidamente, il materialismo dialettico si basa e dipende 
  dalla pratica e serve la pratica. Mao infatti afferma: ``Da dove provengono 
  le idee giuste? Cadono dal cielo? No. Sono innate? No. Esse provengono dalla 
  pratica sociale, e solo da questa. Provengono da tre tipi di pratica sociale: 
  la lotta per la produzione, la lotta di classe e la sperimentazione scientifica''(10). 
  Cosicché il materialismo dialettico può essere sintetizzato con 
  questa immagine: ``l'uomo che cammina sulle gambe'', mentre l'idealismo con 
  l'immagine opposta: ``un uomo che cammina sulla testa''.
  Diciamo ora qualcosa sul materialismo storico. Il materialismo storico, avvalendosi 
  della dialettica, ha scoperto -- e continua a scoprire -- le leggi che regolano 
  e governano lo sviluppo storico della società umana. ``Il materialismo 
  storico - spiega Stalin - estende i principi del materialismo dialettico allo 
  studio della vita sociale, li applica ai fenomeni della vita sociale, allo studio 
  della società, allo studio della storia della società''(11).
  Il materialismo storico è quindi la concezione scientifica della storia, 
  una concezione militante e non contemplativa il cui scopo fondamentale è 
  quello di cambiare il mondo. Infatti nelle ``Tesi su Feuerbach'' stese nella 
  primavera del 1845, che costituiscono, come dice Engels, ``il germe geniale 
  della nuova concezione del mondo'', Marx afferma: ``I filosofi hanno solo interpretato 
  il mondo in modi diversi; si tratta però di mutarlo''.
  Così possono essere riassunti gli elementi costitutivi del materialismo 
  storico.
  Primo. Come afferma il ``Manifesto del Partito comunista'' di Marx ed Engels, 
  un'opera fondamentale che esprime in maniera sistematica e integrale il materialismo 
  storico e la concezione proletaria del mondo, ``la storia di ogni società 
  finora esistita è storia di lotta di classe''. Engels preciserà 
  successivamente: ``ad eccezione della storia delle comunità primitive''(12). 
  Ciò costituisce un colpo definitivo all'idealismo storico che da millenni 
  afferma che la storia dell'umanità non è fatta dai popoli ma dagli 
  imperatori, dai re, dai condottieri militari, dai governi e dai parlamentari, 
  in genere dai capi, dagli eroi e dalle personalità; e che non è 
  la rivoluzione sociale all'origine del cambiamento della situazione ma i favori 
  concessi dai suddetti personaggi.
  Quasi cento anni dopo, Mao riprenderà e rafforzerà tale concetto 
  storico di Marx ed Engels con questa stupenda ed efficace espressione: ``Il 
  popolo, e solo il popolo, è la forza motrice che crea la storia del mondo''(13).
  Secondo. La struttura economica è la base di ogni società sulla 
  quale si edifica la sovrastruttura statale, cioè l'ordinamento istituzionale, 
  militare, giuridico e amministrativo, la cultura, la morale, le idee sociali, 
  ecc. Questo significa che ogni tipo di società, del passato e del presente 
  ``si modella -- come dice Engels -- su ciò che si produce, sul modo come 
  si produce e sul modo come si scambia ciò che si produce''(14). Questo 
  significa che lo sviluppo della storia umana avviene, in ultima istanza, per 
  i diversi mutamenti dei vari sistemi economici e dei vari modi di produzione 
  e di scambio. Le diverse e successive economie finora conosciute delle comunità 
  primitive, della società schiavistica, della società feudale, 
  della società capitalistica e della società socialista rappresentano 
  le varie tappe dello sviluppo della storia umana. I cambiamenti sociali e i 
  rivolgimenti politici non vanno dunque ricercati, sempre a detta di Engels, 
  ``nella filosofia, ma nell'economia dell'epoca che si considera''(15).
  Ma ciò non vuol dire che l'economia sia l'unico fattore determinante 
  dello sviluppo storico. Anche le diverse componenti della sovrastruttura, comprese 
  le idee delle persone, esercitano la loro influenza nella storia. A riprova, 
  basti pensare al ruolo che ha svolto la sovrastruttura nella rivoluzione e nella 
  controrivoluzione in Russia e in Cina.
  Terzo. Come afferma Marx, ``non è la coscienza degli uomini che determina 
  il loro essere sociale, ma è, al contrario, il loro essere sociale che 
  determina la loro coscienza''(16). Ciò significa che viene prima l'essere 
  e poi le idee, il pensiero e la coscienza, le quali sono tutte quante il riflesso 
  nella mente degli esseri umani di ciò che è nella realtà 
  oggettiva. è questa realtà oggettiva, la vita materiale della 
  società, che forma in ultima analisi le idee, il pensiero e la coscienza 
  degli individui e non viceversa. Più in generale, le condizioni della 
  vita materiale e non la sovrastruttura sono l'origine delle idee e delle teorie 
  sociali, della vita spirituale della società, delle concezioni politiche 
  e delle istituzioni politiche. Cosicché a ogni differente periodo della 
  storia dell'umanità, corrispondono determinate idee sociali, teorie, 
  concezioni e istituzioni politiche della società.
  Di conseguenza è necessario basare la nostra azione politica non sui 
  principi astratti ma sulle condizioni della vita materiale della società, 
  sulle esigenze reali e concrete dello sviluppo della vita materiale della società. 
  Inoltre perché vi sia uno sconvolgimento e un cambiamento radicale nella 
  coscienza delle persone, occorre che cambino il sistema sociale, le condizioni 
  materiali dell'essere.
  Quarto. L'origine dello sfruttamento capitalistico sta nel plusvalore, cioè 
  nell'``appropriazione di lavoro non pagato''(17). Questa geniale scoperta di 
  Marx ha svelato il carattere più nascosto del capitale, il meccanismo 
  recondito della produzione capitalistica e della produzione del capitale. Con 
  ciò Marx ha tolto ai revisionisti e ai riformisti ogni argomentazione 
  seria per fare accettare agli operai la collaborazione con i capitalisti.
  Quinto. Le forze produttive, a un certo punto del loro sviluppo, entrano inevitabilmente 
  in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, e ciò genera 
  una serie di conflitti sociali che, prima o poi, sboccano nella rivoluzione 
  sociale.
  ``I rapporti di produzione borghesi -- rivela Marx -- sono l'ultima forma antagonistica 
  del processo di produzione sociale''(18). Questo antagonismo può essere 
  risolto solo con la rivoluzione socialista. Solo così sarà soppresso 
  lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, i lavoratori potranno godere interamente, 
  in forma diretta e indiretta, i frutti della produzione sociale e sarà 
  possibile gettare le condizioni per l'abolizione delle classi e per l'emancipazione 
  di tutta l'umanità.
  L'essenziale sul materialismo dialettico e storico è stato detto. Una 
  sola cosa va aggiunta: esso è una concezione del mondo integrale e completa, 
  refrattaria a ogni compromissione idealistica borghese e revisionista, purtuttavia 
  estremamente aperta verso le nuove scoperte scientifiche.
  Il materialismo dialettico e storico non si cristallizzerà mai in un 
  dogma, perché è un corpo filosofico vivo e in continuo sviluppo, 
  profondamente connesso con la realtà oggettiva. Il suo sviluppo è 
  cadenzato dallo sviluppo delle scienze naturali (fisica, matematica, chimica, 
  meccanica, ecc.), delle scienze sociali (economia, statistica, ecc.) e dalla 
  lotta di classe. Esso seguirà sempre il corso della storia e dell'emancipazione 
  dell'umanità. ``La storia dell'umanità - dice Mao - è uno 
  sviluppo costante dal regno della necessità al regno della libertà. 
  Questo processo è senza fine. In una società ove esistono le classi, 
  la lotta di classe continuerà all'infinito. In una società senza 
  classi, la lotta tra il nuovo e il vecchio e tra il giusto e l'errato non avrà 
  mai fine. Nel campo della lotta per la produzione e sperimentazione scientifica 
  l'umanità progredisce incessantemente e la natura si sviluppa di continuo; 
  esse non si fermano mai a un certo livello. Perciò l'uomo deve costantemente 
  fare il bilancio delle sue esperienze e continuare a scoprire, inventare, creare 
  e progredire. Tutte le idee che si basano sull'immobilismo, il pessimismo, l'inerzia 
  e la presunzione sono erronee. Sono erronee perché non corrispondono 
  alla realtà storica dello sviluppo della società umana da un milione 
  d'anni a questa parte, né alla realtà storica della natura per 
  quello che di essa conosciamo fino ad ora (per esempio, la natura come appare 
  dalla storia dei corpi celesti, della terra, della vita e delle altre scienze 
  naturali)''(19).
  Da tutto ciò si capisce perché il materialismo dialettico e storico 
  rappresenti la bestia nera della borghesia e dei suoi lacché revisionisti 
  e riformisti, i quali ovviamente non hanno alcun interesse che le masse acquistino 
  una mentalità scientifica e rivoluzionaria e mettano in discussione il 
  sistema capitalistico.
  Anche papa Wojtyla è contrario ad esso. Nell'enciclica del maggio scorso 
  dedicata allo ``Spirito santo'' infatti ha detto che ``La resistenza allo Spirito 
  Santo... trova la sua massima espressione nel materialismo, sia nella sua forma 
  teorica -- come sistema di pensiero -- sia nella sua forma pratica -- come metodo 
  di lettura e di valutazione dei fatti -- e come programma, altresì, di 
  condotta corrispondente. Il sistema che ha dato il massimo sviluppo e ha portato 
  alle estreme conseguenze operative questa forma di pensiero, di ideologia e 
  di prassi, è il materialismo dialettico e storico, riconosciuto tuttora 
  come sostanza vitale del marxismo''.
  Precisato che il marxismo non ha nulla a che fare né col materialismo 
  volgare né col materialismo liberale, riconosciamo che il papa dal suo 
  punto di vista, data la classe dei capitalisti che difende, ha più di 
  una buona ragione per opporsi al materialismo dialettico e storico, ma non lo 
  stesso interesse ci sembra dovrebbero averlo gli operai cattolici e, in genere, 
  i cattolici progressisti e democratici.
  è fuori discussione che a livello ideologico e filosofico non può 
  non esserci una ferma e intransigente lotta di principio, senza tuttavia demonizzare 
  l'avversario, tra il materialismo dialettico e storico e l'idealismo, la metafisica 
  e il dogmatismo della chiesa cattolica, come del resto con qualsiasi altra religione. 
  Ma ciò non dovrebbe portare ad alcuna separazione e divisione tra credenti 
  e non credenti sul piano della ricerca della verità, della giustizia 
  sociale e della lotta contro ogni forma di imperialismo e di sfruttamento dell'uomo 
  sull'uomo.
  Noi non vogliamo imporre ai credenti la concezione marxista del mondo, lo stesso 
  dovrebbero fare loro nei confronti dei marxisti-leninisti e dei non credenti. 
  Vorremmo invece insieme, non credenti e credenti, cambiare il mondo, almeno 
  in quella parte economica, materiale, istituzionale e spirituale che può 
  essere di comune interesse e vantaggio.
  L'imperialismo americano, il socialimperialismo sovietico e il governo del neoduce 
  Craxi potrebbero benissimo essere identificati come il comune ``demonio'' e 
  su di esso, non credenti e credenti, potrebbero far fuoco per eliminarlo.
  Comunque sia noi ci atterremo al seguente insegnamento di Mao: ``Un gruppo di 
  idealisti, ad esempio, può approvare il regime politico ed economico 
  socialista e non la concezione marxista del mondo. I patrioti dei gruppi religiosi 
  fanno altrettanto. Noi siamo atei, essi credono in dio. Non possiamo costringerli 
  ad accettare la concezione marxista del mondo''(20).
  L'elemento centrale della concezione proletaria del mondo è che gli sfruttati 
  e gli oppressi devono sviluppare fino in fondo la lotta di classe per liberarsi 
  dal giogo della classe dominante sfruttatrice e oppressiva. Al contrario, l'elemento 
  centrale della concezione borghese è sostituito dal concetto secondo 
  il quale tutte le classi devono convivere pacificamente nel regime capitalistico, 
  apportando il proprio contributo allo sviluppo della società borghese 
  senza mettere in discussione la collocazione economica e sociale di ciascuna 
  di esse.
  Tale concezione reazionaria si esprime, per esempio, attraverso il parlamentarismo, 
  il patto sociale, la cogestione, l'autoregolamentazione degli scioperi, l'azionariato 
  operaio. Ed anche mediante iniziative umanitarie e ``solidaristiche'' che vorrebbero 
  essere universali, come quelle che avvengono nel campo della lotta alla fame 
  che ha visto insieme Piccoli, il papa, Pannella, i revisionisti e i riformisti, 
  oppure nel campo della lotta contro la povertà che ha visto persino Reagan 
  partecipare alla ``catena di mani'' che si è snodata nella primavera 
  scorsa in Usa dall'Atlantico al Pacifico.
  La borghesia non perde certo occasioni per tentare di ammortizzare e spengere 
  la lotta di classe, le contraddizioni di classe e i conflitti di classe. E attualmente 
  sta conducendo una grande campagna tesa a dimostrare che le classi non esistono 
  più, in particolare sarebbe scomparsa la classe operaia, e che nessuno 
  pensa più al socialismo. Si vuole insomma dare ad intendere che non vi 
  sono più i motivi delle divisioni di classe esistenti nel passato.
  Craxi si vanta di aver pressoché cancellato il conflitto sindacale. Andreotti 
  si compiace di constatare che ``oggi quasi nessuno contesta più i grandi 
  indirizzi di politica estera, l'interclassismo, il solidarismo. Di lotta di 
  classe non si sente quasi più parlare e questo va ascritto alla grande 
  concezione degasperiana''(21). De Mita addirittura afferma che ``le stesse distinzioni 
  di destra e di sinistra, sono, per qualche verso, ormai categorie improprie... 
  Il nuovo, che si è creato, qualifica in concreto, in termini di progresso 
  e di conservazione, gli atteggiamenti politici e le stesse forze politiche e 
  non più secondo gli schemi rigidi propri delle impostazioni di un tempo. 
  Sicché certe antiche distinzioni dialettiche appaiono per così 
  dire stanche e rivolte indietro, cioè capaci di spiegare il passato ma 
  non di cogliere e giudicare l'avvenire''(22).
  I revisionisti italiani, sono talmente rincretiniti e imbolsiti dal parlamentarismo 
  e dal riformismo e così vogliosi di entrare nel governo borghese, che 
  non hanno più la forza di reagire a queste falsità e provocazioni. 
  Natta anzi si è associato al coro dei politicanti borghesi facendo attenzione 
  a non fare una benché minima ``stecca''. Egli infatti ha detto che ``le 
  profonde trasformazioni sociali degli ultimi decenni hanno cambiato anche la 
  impostazione del `concetto stesso di lotta di classe'... un termine che usiamo 
  sempre meno tutti''(23). Ed ancora: ``Ci sono dei comunisti ai quali la Borsa 
  interessa. L'immagine di un PCI fatto solo di disperati, di proletari che hanno 
  da perdere solo le loro catene, mi sembra francamente un po' passata''(24).
  Con ciò è evidente che dopo 65 anni di ininterrotte pressioni, 
  i capitalisti sono riusciti a corrompere l'intero gruppo dirigente del PCI e 
  a trasformarlo in un pericoloso strumento di propaganda della concezione borghese 
  del mondo. Un motivo di più per spingere gli operai coscienti e la gioventù 
  rivoluzionaria, alla cui testa amiamo pensare le ragazze, ad armarsi o riarmarsi 
  della concezione proletaria del mondo per recuperare il terreno perduto, ristabilire 
  la verità rivoluzionaria, e annientare, nel corso di un'accanita lotta 
  di classe anche sul piano filosofico, ideologico e teorico, la concezione borghese 
  del mondo che attualmente costituisce uno dei fattori fondamentali che frenano 
  lo sviluppo della lotta del proletariato verso il socialismo e l'emancipazione.
  Il contributo di Mao alla concezione proletaria del mondo
  Mao ha dato un contributo storico al processo di emancipazione ideologica del 
  proletariato iniziato da Marx ed Engels e proseguito da Lenin e Stalin e alla 
  lotta contro la concezione borghese del mondo sul piano filosofico, teorico 
  e culturale. Egli è stato il più grande teorico proletario rivoluzionario 
  dei nostri tempi.
  Grazie al suo apporto straordinario e incalcolabile la concezione proletaria 
  del mondo è divenuta più chiara e più facilmente accessibile 
  alle masse, ha subìto un grosso sviluppo sulla base delle nuove esperienze 
  del proletariato internazionale e cinese, con particolare riferimento alla lotta 
  contro il revisionismo moderno, e si è arricchita di nuove cognizioni 
  ed elementi che le consentiranno di affrontare con successo le grandi lotte 
  di classe del duemila.
  I goffi tentativi della banda revisionista del neoimperatore Deng Xiaoping tesi 
  a snaturare e manipolare il pensiero di Mao, anziché comprometterne la 
  genuinità e i caratteri rivoluzionari di classe finiranno per far risaltare 
  di più tutto il suo splendore e la sua irresistibile forza e verità 
  dialettiche e di classe.
  Il primo grande, evidente e innegabile merito di Mao a livello internazionale 
  è quello di aver rilanciato la concezione proletaria del mondo appannata 
  e progressivamente stravolta e rinnegata da parte dei revisionisti moderni.
  Nessun sincero marxista-leninista potrà scordare che nel '56 Mao ebbe 
  il coraggio e la risolutezza storica e politica, pressoché da solo, di 
  innalzare la grande bandiera rossa del marxismo-leninismo e con essa far da 
  barriera all'incalzare del liquidazionismo e del capitolazionismo di Krusciov 
  e delle cricche revisioniste dei vari paesi, compresa la Cina.
  Nessun movimento di liberazione nazionale potrà mai dire di non aver 
  fatto ricorso per un lungo periodo, finché la Cina era socialista e internazionalista, 
  al pensiero di Mao per risolvere i problemi della propria lotta rivoluzionaria.
  Nessun ``sessantottino'', ex o no, potrà mai smentire che le lotte studentesche 
  del '68 in Italia e nel mondo furono segnate profondamente dal pensiero di Mao 
  e dalla concezione proletaria del mondo. Allora, e finché era in vita 
  Mao, una schiera sconfinata di giovani dei cinque continenti furono attratti 
  per la prima volta nella loro vita dal comunismo e andavano orgogliosi di fregiarsi 
  del nobile e ambito titolo di marxisti-leninisti.
  Tuttavia i meriti maggiori, più duraturi, eterni, Mao li ha conquistati 
  con la sua grande opera teorica che spazia in tutti i campi. In riferimento 
  al nostro tema, possiamo dire che Mao ha ereditato, difeso e sviluppato la concezione 
  proletaria del mondo per quanto riguarda la filosofia (in particolare la teoria 
  della conoscenza, la dialettica e le contraddizioni nella natura e nella società), 
  l'ideologia, la cultura, la letteratura, l'arte, l'educazione, la morale, i 
  costumi e le abitudini. Addentrandosi con ciò in settori nuovi, esplorati 
  per la prima volta dal marxismo-leninismo.
  Spiegare in questa circostanza tutto quello che egli ha elaborato e scoperto 
  è impossibile. Possiamo solo elencare le sue opere filosofiche, di cui 
  abbiamo già avuto modo di apprezzare dei passaggi importanti, ed illustrare 
  qualche altro punto della concezione di Mao del mondo.
  Le opere filosofiche di Mao rese pubbliche sono: Sulla pratica (luglio 1937), 
  Sulla contraddizione (agosto 1937), Sulla giusta soluzione delle contraddizioni 
  in seno al popolo (27 febbraio 1957), Da dove provengono le idee giuste (maggio 
  1963).
  Le prime due opere sono state scritte nel periodo della prima guerra civile 
  rivoluzionaria per combattere il dogmatismo e l'empirismo esistenti allora nel 
  Partito comunista cinese. Le altre due sono state scritte nel periodo della 
  costruzione del socialismo in Cina per combattere il revisionismo di destra 
  che prendeva campo nel Partito sotto la spinta di Liu Shaoqi e Deng Xiaoping.
  Altri brani fondamentali riguardanti la concezione proletaria del mondo si trovano 
  nelle seguenti opere: Sulla nuova democrazia (gennaio 1940), Riformiamo il nostro 
  studio (maggio 1941), Discorsi alla Conferenza di Yan'an sulla letteratura e 
  l'arte (maggio 1942), Discorso alla Conferenza nazionale di propaganda del Partito 
  comunista cinese (12 marzo 1957).
  Importanti sono anche gli ``scritti più letti'' durante la Grande rivoluzione 
  culturale proletaria: In memoria di Norman Bethune (21 dicembre 1949), Al servizio 
  del popolo (8 settembre 1944), Come Yu Kung rimosse le montagne (11 giugno 1945) 
  nei quali viene tracciata l'immagine ideale del marxista-leninista e della persona 
  nuova socialista.
  Nel complesso delle opere su menzionate si ritrovano in sintesi e in forma chiara 
  tutte le grandi scoperte sul materialismo dialettico e storico di Marx, Engels, 
  Lenin e Stalin, arricchite dagli apporti inediti di Mao.
  Per dare un saggio della potenza del pensiero di Mao circa la dialettica e le 
  contraddizioni, citiamo un brano ripreso dall'opera ``Sulla contraddizione'': 
  ``La legge della contraddizione inerente alle cose, cioè la legge dell'unità 
  degli opposti, è la legge fondamentale della natura e della società, 
  e quindi anche del pensiero. Essa è in opposizione con la concezione 
  metafisica del mondo. La sua scoperta ha costituito una grande rivoluzione nella 
  storia della coscienza umana.
  Secondo il materialismo dialettico, la contraddizione esiste in tutti i processi 
  che si verificano nelle cose oggettive e nel pensiero soggettivo, essa penetra 
  tutti i processi dal principio alla fine: in questo consiste il carattere universale 
  e assoluto della contraddizione. Ogni contraddizione e ciascuno dei suoi aspetti 
  hanno le loro proprie caratteristiche: in questo consiste il carattere particolare 
  e relativo della contraddizione. Agli opposti è inerente in determinate 
  condizioni l'identità che rende possibile la loro coesistenza in una 
  singola entità, e inoltre la loro trasformazione nei rispettivi opposti: 
  anche in questo consiste il carattere particolare e relativo della contraddizione. 
  Ma la lotta degli opposti è ininterrotta; essa continua tanto durante 
  la coesistenza degli opposti quanto durante la loro reciproca trasformazione, 
  momento in cui questa lotta si manifesta con una evidenza particolare: in questo 
  consiste ancora il carattere universale e assoluto della contraddizione. Quando 
  studiamo il carattere particolare e relativo della contraddizione dobbiamo tener 
  presente la differenza fra la contraddizione principale e quelle secondarie, 
  fra l'aspetto principale e quello secondario della contraddizione e la lotta 
  degli opposti, dobbiamo tener presente le differenze fra le varie forme di lotta; 
  altrimenti gli errori sono inevitabili''.
  Rispetto ai maestri del proletariato internazionale precedenti, Mao si è 
  trovato in una posizione nuova: portare la rivoluzione socialista nella sovrastruttura 
  e nel profondo dell'essere umano.
  La Grande rivoluzione culturale proletaria, da egli ideata, promossa e diretta, 
  è stato lo strumento che gli doveva consentire di trasformare la sovrastruttura 
  per renderla conforme alla base socialista e di rivoluzionarizzare la mente 
  e la coscienza delle masse e delle nuove generazioni, e così estirpare 
  le radici dell'ideologia borghese e del revisionismo.
  ``La Grande rivoluzione culturale proletaria -- sottolinea Mao -- è una 
  grande rivoluzione che tocca l'uomo in quanto ha di più profondo, e tende 
  a risolvere il problema della sua concezione del mondo''(25).Si trattava evidentemente 
  di un avvenimento senza precedenti nella storia, la cui validità rimane 
  intatta e fonte di ispirazione e di insegnamenti per tutti coloro che lottano 
  per il socialismo e per un mondo nuovo, nonostante che tale esperienza sia stata 
  violentemente interrotta dalla restaurazione del capitalismo in Cina.
  Le teorizzazioni inedite di Mao sulle classi, le contraddizioni di classe e 
  la lotta di classe nella società socialista rimarranno comunque in eterno 
  come il suo più grande e prezioso contributo dato al materialismo dialettico 
  e storico. La teoria dei due tipi di contraddizioni scoperte da Mao nella società 
  socialista -- le contraddizioni in seno al popolo, che vanno risolte con la 
  dialettica, il ragionamento e la convinzione, e le contraddizioni antagonistiche 
  tra il nemico e noi, che vanno risolte con la forza e la rivoluzione --, costituisce 
  la stella polare di coloro che costruiscono la società socialista.
  Ma anche di chi, come noi, si trova nella fase della lotta per il socialismo 
  ed ha lo stesso problema, sia pure in forma diversa, della risoluzione dei due 
  tipi di contraddizione. Infatti mentre dobbiamo convincere le masse di sinistra 
  con la dialettica, le argomentazioni, i fatti, l'esempio e l'azione che la via 
  del PCI non porta al socialismo, non bisogna deflettere dallo stare all'opposizione 
  del sistema capitalistico per combatterlo e distruggerlo.
  Sulla base dell'esperienza storica, Mao sottolinea che ``Nella società 
  divisa in classi, le rivoluzioni e le guerre rivoluzionarie sono inevitabili, 
  che senza di esse è impossibile compiere un salto nello sviluppo della 
  società, è impossibile rovesciare le classi dominanti reazionarie 
  e permettere al popolo di prendere il potere. I comunisti devono denunciare 
  la propaganda menzognera dei reazionari, i quali affermano per esempio che la 
  rivoluzione sociale non è necessaria, né realizzabile; i comunisti 
  devono attenersi fermamente alla teoria marxista-leninista della rivoluzione 
  sociale per aiutare il popolo a comprendere che la rivoluzione sociale non solo 
  è assolutamente necessaria ma anche pienamente possibile''(26).
  Per evitare l'odio, la ribellione delle masse e la rivoluzione, la borghesia 
  e i suoi lacché inventano e ricorrono a molti trucchi filosofici e teorici. 
  Alcuni di questi sono la teoria della natura umana, dell'unità del genere 
  umano e della difesa della specie, l'umanitarismo, lo Stato di tutto il popolo, 
  la democrazia e la libertà al di sopra delle classi, la fraternità, 
  l'amore e l'altruismo universali. Con ciò si tenta di sfumare e cancellare 
  ogni differenza e contraddizione di classe, addolcire ideologicamente il proletariato 
  e indurlo a trasferire ogni dissidio e dissenso nel quadro istituzionale e costituzionale.
  Mao invece si è battuto affinché su ogni tema e questione risultassero 
  chiari i termini della contraddizione e le differenti vedute del proletariato 
  rispetto alla borghesia e la lotta di classe non conoscesse soste. In tal modo 
  egli ha fatto una grande opera di pulizia e riordino ideologico secondo lo spirito 
  dei delegati del Congresso di fondazione della Lega dei comunisti (giugno 1847), 
  in pratica la prima organizzazione marxista internazionale, che adottarono la 
  storica parola d'ordine ``Proletari di tutti i paesi, unitevi'', sopprimendo 
  quella idealistica precedente che suonava così: ``Che gli uomini siano 
  fratelli''.
  Riguardo la natura umana, Mao ha detto: ``Esiste una natura umana? Certamente 
  sì, ma solamente una natura umana concreta e non una natura umana astratta. 
  Nella società divisa in classi esiste solo una natura umana con un carattere 
  di classe, e non una natura umana al di sopra delle classi. Noi siamo per la 
  natura umana del proletariato e delle grandi masse popolari, mentre i proprietari 
  fondiari e la borghesia sono per la natura umana delle proprie classi; solo 
  che non lo dicono e la presentano come l'unica natura umana. La natura umana 
  esaltata da certi intellettuali piccolo-borghesi è staccata anch'essa 
  dalle masse popolari o ha addirittura, un carattere antipopolare. La natura 
  umana di cui essi parlano, in fondo non è che l'individualismo borghese, 
  perciò ai loro occhi la natura umana proletaria non ha nulla a che vedere 
  con la natura umana''(27).
  Parole altrettanto chiare Mao l'ha pronunciate in riferimento all'amore. Per 
  estensione, quanto egli dice in proposito vale per la democrazia, la libertà, 
  la morale, la cultura, la letteratura e l'arte poiché tutte quante, viene 
  dimostrato in altri passi, portano un'impronta di classe e servono il proletariato 
  o la borghesia.
  ``Al mondo -- dice Mao -- non esiste amore senza cause, così come non 
  esiste odio senza cause. Quanto al cosiddetto `amore per l'umanità', 
  da quando l'umanità è divisa in classi non è mai esistito 
  un amore come questo, un amore che abbraccia tutto e tutti. Alle varie classi 
  dominanti del passato piaceva predicare un tale amore, e molti saggi hanno fatto 
  altrettato, ma nessuno l'ha messo realmente in pratica, perché nella 
  società divisa in classi questo amore è impossibile. Un vero amore 
  per l'umanità sarà possibile soltanto quando le classi saranno 
  state eliminate in tutto il mondo. Le classi hanno diviso la società 
  in gruppi antagonistici, e soltanto dopo l'eliminazione delle classi si avrà 
  l'amore universale, non ora. Noi non possiamo amare i nostri nemici, non possiamo 
  amare i mali della società, il nostro obiettivo è distruggerli''(28).
  L'unità del genere umano, della specie, esiste dunque solo sulla carta, 
  meglio nei sogni idealistici, nella realtà, come chiunque può 
  constatare con mano, l'umanità è profondamente spaccata e divisa. 
  Bisogna allora partire da qui, da questa realtà generata dalla divisione 
  in classi della società, se si vuole veramente raggiungere l'unità 
  dell'umanità e la fraternità universale.
  A tale unità un giorno, nei secoli e millenni a livello planetario, bisognerà 
  pure arrivarci e ci arriveremo, purché non si facciano dei voli utopistici, 
  idealistici e antidialettici e si capisca che il primo passo che bisogna compiere 
  per andare verso quella direzione è di abbattere il capitalismo e poi 
  costruire il socialismo.
  Noi marxisti-leninisti dobbiamo ringraziare profondamente Mao, non solo per 
  il nutrimento e l'orientamento ideologici che egli continuamente ci fornisce 
  tramite la sua opera teorica, ma anche per averci fatto scoprire la bellezza 
  e l'importanza di essere compartecipi del grande processo di emancipazione del 
  proletariato e dell'intera umanità.
  Occorre trasformare la propria concezione del mondo
  La trasformazione della propria concezione del mondo è essenziale per 
  dare un contributo all'emancipazione del proletariato, per fare avanzare la 
  lotta di classe, per combattere la borghesia, per capire la realtà, per 
  affrontare correttamente e con successo tutte le prove della lotta di classe, 
  per liberarsi da ogni influenza e condizionamento borghesi, revisionisti e riformisti, 
  per amalgamarsi alla classe operaia e per dare un orientamento di classe alla 
  propria vita personale, sociale e politica.
  Le scelte quotidiane e le più minute, come quelle generali e le grandi 
  opzioni derivano tutte quante dalla concezione del mondo che si possiede. Se 
  domina in noi l'ideologia borghese, anche se apparteniamo alla classe operaia 
  e al partito del proletariato, compiremo inevitabilmente delle scelte borghesi, 
  se invece il nostro spirito e la nostra mente sono permeate dal materialismo 
  dialettico e storico tutta la nostra vita privata e pubblica sarà interamente 
  rivoluzionaria.
  Essere proletari e marxisti-leninisti non significa avere automaticamente una 
  concezione proletaria del mondo. Perché, nonostante l'origine di classe 
  e la militanza politica rivoluzionaria, siamo pur sempre figli di questa società 
  capitalistica che fin dalla culla ci educa in maniera borghese.
  Non è quindi facile acquisire una mentalità proletaria e rivoluzionaria 
  completa e coerente in tutte le sue manifestazioni ideologiche e politiche, 
  dal momento che l'ideologia delle classi sfruttatrici che si sono succedute 
  nel nostro Paese basata sulla proprietà privata dei mezzi di produzione 
  è millenaria ed è radicata profondamente nella società.
  è innegabile che attualmente le idee dominanti sono le idee della classe 
  borghese in quanto essa è al potere e dispone di tutti i mezzi economici, 
  istituzionali, culturali, educativi e dell'informazione per imporre alle masse 
  la sua egemonia culturale e i suoi canoni di vita. Tanto più che i partiti 
  storici della classe operaia non hanno mai opposto una seria resistenza di classe 
  al dilagare dell'influenza borghese nel proletariato, e oggi addirittura le 
  tengono bordone persino nella satira, ne è un esempio lo squallido ``Tango''.
  Questa è la realtà da cui dobbiamo partire per trasformare la 
  nostra concezione del mondo. Comprendendo la serietà, l'importanza, la 
  necessità e l'urgenza dell'impresa. Comprendendo che il cambiamento di 
  mentalità e del modo di agire e di combattere può avvenire solo 
  con un atto cosciente e deliberato, dando una svolta alla propria vita, tracciando 
  una netta linea di demarcazione tra sé e la borghesia, prendendo la lotta 
  di classe come asse, imparando ad osservare, analizzare, trattare e valutare 
  tutto dal punto di vista di classe e della lotta di classe; comprendendo insomma 
  che è necessario espellere dalla nostra mente ogni pur minima traccia 
  della cultura borghese affinché essa sia vivificata dalla cultura proletaria.
  Ma questo non sarà mai possibile se non si studia seriamente, sistematicamente 
  e quotidianamente il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, secondo le proprie 
  esigenze e necessità. Quanto più ci sentiremo influenzati dalla 
  borghesia, tanto più dobbiamo studiare le opere dei grandi maestri del 
  proletariato internazionale. Oggi, date le circostanze, questo studio assume 
  un carattere prioritario rispetto a qualsiasi altro compito rivoluzionario.
  Specie gli operai coscienti e avanzati, coloro cui spetta il diritto e il dovere 
  di dirigere anche sul piano culturale il partito del proletariato e le larghe 
  masse popolari, dovrebbero con slancio accogliere questa esortazione di Mao: 
  ``Dobbiamo scuoterci e studiare facendo duri sforzi. Prendete nota di queste 
  tre parole: `fare', `duri', `sforzi'. Bisogna assolutamente scuoterci e fare 
  duri sforzi. Adesso molti compagni non ne fanno e alcuni impiegano le energie 
  che restano loro dopo il lavoro soprattutto per giocare a carte o a mahjong 
  e per ballare: questa, secondo me, non è una buona cosa. Le energie che 
  restano dopo il lavoro dovrebbero essere impiegate soprattutto nello studio, 
  facendo in modo che diventi un'abitudine. Che cosa studiare? Il marxismo e il 
  leninismo, la tecnologia, le scienze naturali. Poi c'è la letteratura, 
  soprattutto le teorie artistico-letterarie: i quadri dirigenti devono intendersene 
  un po'. C'è il giornalismo, la pedagogia, discipline, anche queste, di 
  cui bisogna intendersi un po'. Per farla breve, le discipline sono molte e bisogna 
  almeno farsene un'idea in generale. Dobbiamo dirigere queste faccende, no!? 
  Gente come noi in che cosa è specialista? In politica. Come possono andare 
  bene le cose se non capiamo niente di queste faccende e non ci mettiamo a dirigerle?''(29).
  Certo, lo studio al di fuori della lotta di classe, non avrebbe alcun senso, 
  avrebbe solo un carattere di curiosità intellettuale. Noi però 
  intendiamo lo studio come una necessità, uno strumento per trasformare 
  il mondo e noi stessi.
  La trasformazione della concezione del mondo non avviene infatti a tavolino, 
  nel chiuso di una stanza, ma nel corso della lotta di classe, nel corso del 
  processo della conoscenza della realtà.
  è perché noi vogliamo trasformare il mondo che acquisiamo una 
  cultura adeguata allo scopo. Noi vogliamo in un tempo trasformare il mondo e 
  noi stessi, e l'unico modo per farlo è porsi in prima fila nella lotta 
  di classe, addossandosi con generosità rivoluzionaria tutti i compiti 
  che il suo sviluppo richiede, oggi in primo luogo la costruzione e lo sviluppo 
  nazionale del PMLI.
  Siamo consapevoli che il nostro mondo soggettivo può trasformarsi solo 
  mentre trasformiamo il mondo oggettivo. La rivoluzione si impara facendola. 
  Il mondo lo si conosce trasformandolo. Perciò buttiamo anche il nostro 
  cuore nella lotta di classe, lavorando per la trasformazione della concezione 
  del mondo a livello di massa, ispirati da questa verità enunciata da 
  Marx ed Engels: ``Tanto per la produzione in massa di questa coscienza comunista 
  quanto per il successo della cosa stessa è necessaria una trasformazione 
  in massa degli uomini, che può avvenire soltanto in un movimento pratico, 
  in una rivoluzione; che quindi la rivoluzione non è necessaria soltanto 
  perché la classe dominante non può essere abbattuta in nessun'altra 
  maniera, ma anche perché la classe che l'abbatte può riuscire 
  solo in una rivoluzione a levarsi di dosso tutto il vecchio sudiciume e a diventare 
  capace di fondare su basi nuove la società''(30).
  La parola d'ordine di Mao ``Servire il popolo'', ``completamente'' e ``interamente''(31), 
  è lo spirito che deve animare e mobilitare i marxisti-leninisti e tutti 
  gli operai coscienti e i giovani rivoluzionari nel corso della lotta per la 
  trasformazione del mondo.
  Servire il popolo significa distruggere in sé, e aiutare i compagni di 
  lotta a fare altrettanto, ogni concezione e pratica egoistiche tipiche delle 
  classi sfruttatrici e dedicarsi interamente e completamente alla causa del Partito, 
  del proletariato e del socialismo.
  Servire il popolo significa pensare in primo luogo agli interessi della classe 
  operaia e delle masse lavoratrici, e condurre una lotta a coltello contro i 
  nemici di classe e i loro lacché, senza farsi abbindolare dalle manovre 
  corruttrici della borghesia.
  è da borghesi pensare sempre a sé, solo ai propri interessi personali, 
  alla carriera, al guadagno, alla felicità e al godimento individuali, 
  al potere personale, alla gloria, disprezzare il lavoro collettivo e il lavoro 
  pratico e manuale, e non pensare se non raramente e sporadicamente e quando 
  siamo sollecitati, agli altri fratelli di classe, agli interessi collettivi 
  del proletariato, ai problemi del Partito e della rivoluzione.
  Lavorare per sé o per la causa del proletariato riflettono due concezioni 
  del mondo diametralmente opposte; il primo atteggiamento è quello borghese, 
  l'altro è quello proletario.
  Infatti l'altruismo e la generosità rivoluzionari sono il contrassegno 
  dei marxisti-leninisti, mentre l'individualismo e l'egoismo sono le caratteristiche 
  dei borghesi e di tutti coloro che sono sotto l'influenza borghese.
  Attualmente attorno all'individualismo si trovano assieme e a braccetto tutti 
  i politicanti borghesi delle varie correnti, solo che i revisionisti e i riformisti 
  per mimetizzarsi un po' si nascondono dietro la foglia di fico costituita dalla 
  parola d'ordine dell'``individualismo di sinistra'', coniata dalla socialdemocrazia 
  tedesca, segnatamente da Glotz, e rilanciata in Italia da Occhetto.
  Evidentemente si tratta di una ridicola mascheratura, perché l'individualismo, 
  comunque lo si rigiri, imbelletti e dipinga è sempre l'espressione classica 
  della borghesia e fa ai pugni col collettivismo marxista e del proletariato.
  Il terrorismo, l'avventurismo degli ``ultrasinistri'', il ribellismo individuale, 
  anche se vissuti soggettivamente con generosità e abnegazione, sono anch'essi 
  una forma di individualismo borghese, perché si sostituiscono alle masse 
  e bruciano forze vive e attive mandandole allo sbaraglio e distogliendole dai 
  reali compiti rivoluzionari del momento.
  L'emancipazione sociale non è e non potrà mai essere un progresso 
  individuale ma dell'intero proletariato, se la classe si disgrega, se ciascuno 
  pensa a sé e solo ai propri problemi e non mette gli interessi della 
  classe e della rivoluzione al di sopra dei propri interessi personali, l'emancipazione 
  del proletariato non potrà mai realizzarsi e i lavoratori rimarranno 
  per sempre sotto il tallone della borghesia.
  Perciò la classe dominante borghese propone alle ragazze e ai ragazzi 
  di oggi i suoi modelli tipo Rambo, Rocky II e gli Yuppies, mercenari al servizio 
  del vecchio mondo, mentre noi marxisti-leninisti proponiamo il modello del pioniere 
  rivoluzionario al servizio del popolo per aprire in Italia la via del socialismo.
  Sappiamo di chiedere molto alle nuove generazioni, ma senza il loro protagonismo 
  e il loro sacrificio sarà impossibile che si dischiudano le porte del 
  nuovo mondo.
  La nostra speranza e il nostro auspicio è che gli intellettuali progressisti 
  e democratici, il cui ruolo sul piano culturale, ideologico e filosofico è 
  insostituibile, capiscano la situazione e le proprie responsabilità, 
  escano dal pantano revisionista e riformista in cui sono caduti, e ci diano 
  man forte per far splendere in Italia in tutto il suo fulgore il marxismo-leninismo-pensiero 
  di Mao, per combattere e mandare in frantumi la cultura e l'ideologia borghesi 
  e per far trionfare a livello di massa la concezione proletaria del mondo.
  L'attualità della concezione proletaria del mondo
  L'attuale situazione internazionale e nazionale ha forse scompaginato le idee 
  che compongono la concezione proletaria del mondo? Non ci sembra proprio!
  Esiste ancora l'imperialismo con la sua insaziabile fame di terre, materie prime, 
  mercati, zone di influenza, conquiste e guerre. Esiste ancora il capitalismo 
  che si nutre dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo e della miseria delle masse. 
  Esistono ancora i popoli e le nazioni oppresse, in certe zone come il Sud-Africa 
  esiste persino l'apartheid, e la classe operaia ovunque è esclusa dall'esercizio 
  del potere politico.
  Lo sviluppo delle contraddizioni, nella natura e nella società, è 
  inarrestabile, mentre il plusvalore continua il furto del lavoro operaio.
  La rivoluzione tecnologica in atto nei paesi capitalistici non ha mutato nella 
  sostanza i termini fondamentali delle questioni e delle contraddizioni. Anzi 
  i problemi si sono decuplicati, in quanto il progresso tecnologico, gestito 
  dalla borghesia, avanza a discapito della classe operaia e dei popoli, devastando, 
  inquinando e avvelenando l'ambiente, seminando la via di morte come è 
  successo a Chernobyl e preparando le guerre stellari.
  La riduzione del peso numerico della classe operaia non ha cambiato affatto 
  la contraddizione principale esistente nel capitalismo, cioè la contraddizione 
  tra il proletariato e la borghesia.
  Pur di fronte all'emergere dei tecnici e all'espansione del terziario, rimane 
  intatto il ruolo storico della classe operaia il cui peso oggettivo è 
  aumentato, proprio in considerazione della nuova situazione economica, politica 
  e sociale, poiché essa è l'unica classe che porta in grembo la 
  via della salvezza, del progresso, della libertà e dell'emancipazione 
  sociale. Essa sola infatti possiede una concezione del mondo veramente rivoluzionaria, 
  scientifica e antagonistica alla concezione borghese del mondo, nonché 
  un progetto politico completo e sperimentato in più paesi e la capacità 
  di unire a sé tutte le classi e i gruppi sociali anticapitalistici e 
  di guidarli di tappa in tappa nella lotta per la trasformazione del mondo.
  Come è possibile allora decretare l'invecchiamento, il superamento se 
  non addirittura la morte del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, quando è 
  tuttora vivo il capitalismo di cui è un prodotto, e l'umanità 
  non è ancora giunta al dominio totale della natura? Evidentemente la 
  concezione proletaria del mondo ha una longevità di gran lunga superiore 
  al capitalismo, al di là dei flussi e riflussi della storia e delle sconfitte 
  subite.
  Quasi in coincidenza con la riconquista della Cina socialista, il liberalismo 
  -- la vecchia ideologia borghese -- sull'onda dell'avvento di Reagan e della 
  Thatcher ha ripreso quota in tutto il mondo e in Italia ispirando l'opera nefasta 
  dei governanti borghesi.
  Oggi vecchi e nuovi liberali, vecchi e nuovi riformisti si trovano sostanzialmente 
  uniti nella difesa e nella pratica del liberalismo. Si è arrivati persino 
  a parlare di ``socialismo liberale''. Rivolgendosi al PCI, all'apertura del 
  XVII Congresso, l'``Avanti!'', in un editoriale attribuito a Craxi, gli ha chiesto 
  esplicitamente di accettare il valore ``ideale oltre che storico delle grandi 
  rivoluzioni liberali e democratiche dell'Occidente'', nonché di ``identificarsi 
  pienamente e senza riserve di alcun genere in quello sfondo di valori e di principi 
  che esistevano anche prima della nascita del movimento operaio''(32).
  La risposta congressuale è stata sostanzialmente favorevole. E Napolitano 
  l'ha ricordato in un'intervista a ``Panorama'' del 5 maggio scorso dicendo che 
  ``Gramsci stesso ci insegnò a distinguere tra le condizioni e le prospettive 
  del socialismo `in Occidente e in Oriente'. Ci siamo via via riappropriati di 
  valori storici dell'Occidente, valori di libertà e di democrazia, di 
  tolleranza e di pluralismo, come qualcosa di nostro, di inseparabile dalla nostra 
  visione di socialismo''.
  Certo, non si tratta di praticare un liberalismo sbracato e sfrenato ma il più 
  addolcito possibile, un ``liberalismo sociale''. Ed è Natta a sottolinearlo 
  con una stupefacente frase: ``Lo diceva già John Stuart Mill (cioè 
  uno dei principali teorici del liberalismo, precisiamo noi): liberalismo, sì, 
  ma temperato da leggi sociali, per impedire che l'individualismo, diventi pernicioso. 
  Questo è un punto di contatto anche teorico fra noi e il pensiero liberaldemocratico''(33).
  Con il che è ammesso a chiare lettere che il gruppo dirigente del PCI 
  ha compiuto il ``salto della quaglia'' anche sul piano ideologico, congiungendosi 
  con la socialdemocrazia e la borghesia. All'inizio della storia del PCI, i revisionisti 
  hanno deformato la dottrina marxista, poi l'hanno messa in dubbio, quindi l'hanno 
  attaccata ed ora la ripudiano apertamente, perché ormai hanno trovato 
  la loro collocazione nel palazzo e aspettano solo di aver un qualsiasi posto 
  nel governo centrale borghese.
  La natura e il carattere di classe del PCI sono quindi qualitativamente cambiati. 
  Abbandonando la concezione proletaria del mondo, sposando il liberalismo e con 
  la scelta congressuale di essere ``parte integrante della sinistra europea'', 
  in altre parole della socialdemocrazia e della borghesia riformista, esso è 
  divenuto a tutti gli effetti un partito borghese, liberale, riformista e controrivoluzionario, 
  che si oppone alla classe operaia e al socialismo.
  In questi ultimi trent'anni, a cominciare dall'VIII Congresso, dopo che nel 
  '44-'45 col ``partito nuovo'' ne erano state gettate le fondamenta, si è 
  concluso l'ultimo tratto della parabola revisionista e riformista del PCI e 
  del suo passaggio in campo borghese. Il XVII congresso dell'aprile scorso costituisce 
  lo spartiacque tra il passato revisionista del PCI e il presente borghese, liberale 
  e riformista.
  Il PCI formalmente sta ancora nel movimento operaio, però non per servirlo 
  ma per strumentalizzarlo e integrarlo nel sistema capitalistico. Il suo scopo 
  è quello di ``tenere buono'' quel ``terzo della società'' -- gli 
  esclusi dal benessere -- che tendenzialmente sfugge a ogni controllo istituzionale 
  e della stessa socialdemocrazia.
  I nuovi borghesi riformisti assomigliano come due gocce d'acqua ai vecchi revisionisti, 
  così bene raffigurati da Lenin: ``Sul piano politico il revisionismo 
  ha tentato di rivedere il fondamento reale del marxismo, la dottrina della lotta 
  di classe; la libertà politica, la democrazia, il suffragio universale, 
  ci è stato detto, distruggono le basi stesse della lotta di classe e 
  confutano la vecchia tesi del Manifesto comunista secondo cui gli operai non 
  hanno patria. In regime di democrazia, dove domina la `volontà della 
  maggioranza', non si può più considerare lo Stato come un organo 
  di dominio di classe e non ci si può più sottrarre all'alleanza 
  con la borghesia progressista, propugnatrice di riforme sociali, contro i reazionari.
  è incontestabile che queste obiezioni dei revisionisti danno vita a un 
  sistema abbastanza organico di idee, cioè al sistema già noto 
  da un pezzo delle concezioni liberali borghesi. I liberali hanno sempre sostenuto 
  che il parlamentarismo borghese distrugge le classi e la divisione in classi, 
  perché tutti i cittadini senza distinzione hanno diritto al voto, hanno 
  diritto di partecipare agli affari dello Stato. Ma tutta la storia dell'Europa 
  nella seconda metà del XIX secolo, tutta la storia della rivoluzione 
  russa all'inizio del secolo XX dimostrano chiaramente quanto siano assurde queste 
  concezioni. Con la libertà del capitalismo `democratico' le differenze 
  economiche non si attenuano, ma si accentuano e si inaspriscono. Il parlamentarismo 
  non elimina ma mette a nudo l'essenza delle repubbliche borghesi più 
  democratiche come organi dell'oppressione di classe. Aiutando a illuminare e 
  ad organizzare masse popolari infinitamente più grandi di quelle che 
  partecipavano prima attivamente alle vicende politiche, il parlamentarismo non 
  contribuisce per questa via a eliminare le crisi e le rivoluzioni politiche, 
  ma contribuisce a rendere più acuta la guerra civile nel corso di queste 
  rivoluzioni. Gli avvenimenti di Parigi nella primavera del 1871 e quelli di 
  Russia nell'inverno del 1905 hanno dimostrato nel modo più chiaro come 
  si giunga inevitabilmente a questo inasprimento della guerra civile. La borghesia 
  francese, per soffocare il movimento del proletariato, non ha esitato un istante 
  ad accordarsi con il nemico di tutta la nazione, ad accordarsi con l'esercito 
  straniero, che le aveva saccheggiato la patria. Chi non comprende l'inevitabile 
  dialettica interna del parlamentarismo e della democrazia borghese, che porta 
  a risolvere i conflitti ricorrendo a forme sempre più aspre di violenza 
  di massa, non saprà mai condurre nemmeno sul terreno del parlamentarismo 
  un'agitazione e una propaganda di principio che preparino realmente le masse 
  operaie a partecipare vittoriosamente a questi `conflitti'. L'esperienza delle 
  alleanze, degli accordi e dei blocchi con il liberalismo socialriformistico 
  in Occidente e con il riformismo liberale (cadetti) nella rivoluzione russa 
  ha dimostrato persuasivamente che questi accordi possono solo annebbiare la 
  coscienza delle masse, non accentuando ma attenuando il significato reale della 
  loro lotta, legando i combattenti agli elementi più inetti alla lotta, 
  più instabili e inclini al tradimento. Il millerandismo francese -- cioè 
  l'esperienza più significativa nell'applicazione della tattica politica 
  revisionista su vasta scala, su una scala realmente nazionale -- ha dato del 
  revisionismo un giudizio pratico che il proletariato del mondo intero non dimenticherà 
  mai''(34).
  In effetti l'involuzione ideologica dei revisionisti e il loro assillo di prendere 
  comunque parte al governo borghese aprono facilmente le porte alla reazione. 
  Come sta succedendo oggi ai nuovi liberali riformisti che non si accorgono, 
  o fanno finta di non accorgersi, che il neoduce Craxi sta introducendo materialmente 
  la seconda repubblica autoritaria e fascista, secondo il vecchio ``piano di 
  rinascita democratica'' di Gelli e della P2. E anziché denunciare e combattere 
  il ``golpe bianco'' implorano l'alleanza governativa col suo artefice maggiore 
  finendo col coprire e favorire il suo disegno.
  Si chiede solo di entrare nel governo, pur anche con la DC e il partito liberale, 
  come la panacea per risolvere i mali storici e attuali del Paese. Che inganno, 
  che infamia, che opportunismo! Quale pericolo per l'avvenire della classe operaia 
  e dei lavoratori!
  La degenerazione della democrazia borghese e la putrefazione del capitalismo 
  sono giunti a un punto di non ritorno. Il Mezzogiorno va alla deriva, la disoccupazione 
  distrugge moralmente se non fisicamente quasi 3 milioni di persone per lo più 
  donne e giovani, l'Italia si riarma nuclearmente e convenzionalmente per sostenere 
  le rinate velleità egemoniche ed espansionistiche dell'imperialismo nostrano 
  nel Mediterraneo, l'inquinamento ha reso il nostro bel Paese come una pattumiera, 
  e i nuovi borghesi liberali riformisti continuano ancora ad illudere le masse 
  che con l'elettoralismo, il parlamentarismo e l'alleanza con Craxi o con De 
  Mita, nonché con Altissimo, Spadolini e Nicolazzi, sia possibile cambiare 
  le cose.
  Mentre i fatti, duri a morire, di 40 anni di Repubblica borghese sono lì 
  a dimostrare che per via parlamentare, pacifica, legale e istituzionale, soffocando 
  le contraddizioni e i conflitti di classe e andando incontro alle necessità 
  economiche e politiche della borghesia, tutto resta come prima e peggio di prima, 
  i rapporti di forza restano pressoché immutati, e anche se cambiano a 
  favore del proletariato vengono gestiti lo stesso dalla borghesia. Si deve ormai 
  storicamente registrare che per questa via, per una ragione o per un'altra, 
  le porte del potere politico sono sbarrate alla classe operaia.
  Le contraddizioni tra proletariato e borghesia, tra progresso e reazione, tra 
  capitalismo e socialismo, tra marxismo-leninismo-pensiero di Mao e liberalismo 
  sono troppo importanti e decisive per lo sviluppo sociale da poter essere risolte 
  con la collaborazione tra le classi e accettando le ``regole del gioco'' imposte 
  dalla borghesia. Esse si risolvono solo con la lotta di classe, con la rivoluzione 
  socialista, ponendo al centro di tale lotta la questione del potere politico 
  da parte della classe operaia.
  Nell'immediato -- come ha indicato il comunicato del Comitato centrale del PMLI 
  dell'11 agosto -- bisogna sbarrare la strada al neoduce Craxi sviluppando la 
  lotta per la chiusura delle centrali nucleari, della base atomica di Comiso 
  e delle basi Usa e Nato nel nostro territorio, l'uscita dell'Italia dalla Nato, 
  la pace nel Mediterraneo e nel mondo. Ed ancora: per l'occupazione, il risanamento 
  del Mezzogiorno, la casa, gli aumenti salariali e pensionistici; la riduzione 
  dell'orario di lavoro a 35 ore settimanali, gli sgravi fiscali, la sanità 
  pubblica e gratuita, per una scuola pubblica intesa come servizio sociale goduto 
  e controllato dal popolo, i servizi sociali, la salvaguardia dell'ambiente e 
  la parità donna-uomo.
  Il nostro sguardo però deve rimanere sempre fisso sull'avvenire, che 
  è il socialismo.
  Il socialismo è una tappa obbligata del cammino dell'umanità verso 
  l'emancipazione e quindi un giorno la mèta sarà raggiunta. Non 
  sappiamo quanto tempo ci impiegheremo, però possiamo dire fin d'ora che 
  più lunga e travagliata sarà l'attesa, tanto più radioso 
  sarà l'avvenire socialista.
  La lotta per il socialismo in Italia è la lotta per lo sviluppo nazionale 
  del PMLI
  La lotta per il socialismo in Italia è strettamente legata allo sviluppo 
  nazionale del PMLI. Tanto più veloce sarà tale sviluppo, tanto 
  più si avvicinerà l'ora della rivoluzione e dell'avvento del socialismo. 
  ``Questa è la peculiarità della rivoluzione socialista italiana'', 
  ha rilevato il III Congresso nazionale del Partito sulla base dell'esperienza 
  pratica.
  E come potrebbe essere diversamente dal momento che il PMLI è l'unico 
  partito del nostro Paese che ha al centro del programma la conquista del socialismo 
  e si basa sul marxismo-leninismo-pensiero di Mao?
  La pratica dimostra che se non avanza il PMLI non avanza la lotta di classe 
  perché nessuno ha interesse a farla uscire dallo stallo in cui si trova 
  attualmente. La lotta di classe segna il passo non perché le masse non 
  hanno voglia di lottare. Basti pensare ai grandi movimenti dei lavoratori contro 
  il taglio della scala mobile e per il sindacato di classe, allo straordinario 
  movimento dei ``ragazzi dell'85'', ai grandiosi movimenti popolari per la pace 
  e contro il riarmo atomico, alle dure e prolungate lotte di massa degli ``abusivi 
  per necessità'' della Sicilia e della Calabria.
  La forza e la volontà di far mordere la polvere ai capitalisti ci sono, 
  solo che l'attuale direzione delle masse non dà a queste tutta la corda 
  che vorrebbero e agisce in modo da ricondurre le lotte che è costretta 
  a subire, o che sfuggono temporaneamente al suo controllo, nell'ambito costituzionale 
  e parlamentare. E questo vale non solo per il PCI ma anche per DP, il cui riformismo, 
  parlamentarismo e pacifismo sono divenuti proverbiali.
  Da questa situazione perciò non se ne esce se il PMLI non viene conosciuto 
  e non si afferma come la nuova guida rivoluzionaria. Finché il PMLI non 
  conquisterà la direzione delle masse, la lotta di classe rimarrà 
  sempre sul terreno borghese e non potrà mai trasformarsi in lotta cosciente 
  per il socialismo.
  Questo è ciò che dovrebbero comprendere gli operai di avanguardia 
  e tutti coloro che lottano per il socialismo, e trarne le dovute conseguenze 
  politiche e organizzative. Non si può stare sull'albero a cantare e a 
  fare i conti su quello che si perde e si guadagna sul piano personale, quando 
  c'è un urgente bisogno di cervelli e di braccia che si adoperino per 
  dare una direzione rivoluzionaria alla classe operaia e alle masse.
  La questione dello sviluppo nazionale del PMLI è quindi una questione 
  che riguarda non solo i membri del Partito ma tutti coloro che hanno speso la 
  vita, o vogliono spenderla, per l'emancipazione della classe operaia.
  Noi marxisti-leninisti abbiamo in mano la metà della chiave dello sviluppo 
  del PMLI, l'altra metà è in mano ai rivoluzionari che si trovano 
  dentro e fuori ai partiti della sinistra parlamentare o ai gruppi ultrasinistri. 
  Quanto prima le due metà della chiave saranno congiunte, tanto prima 
  sarà impressa una svolta alla lotta di classe.
  Lo sviluppo della lotta di classe e lo sviluppo del PMLI si condizionano e si 
  influenzano reciprocamente. Non ci può essere sviluppo dell'una senza 
  lo sviluppo dell'altro, è una questione dialettica. Ma in ultima analisi 
  è lo sviluppo del Partito che determina il corso, il carattere, i tempi 
  e la finalità della lotta di classe. Da qui la necessità e l'urgenza 
  che tutti i rivoluzionari si uniscano nel PMLI, rompano col revisionismo di 
  destra e di ``sinistra'', e diano un grande impulso allo sviluppo nazionale 
  del Partito.
  Diciannove anni fa abbiamo iniziato una lunga marcia organizzativa per costruire 
  un grande, forte e combattivo Partito, capace di guidare la classe operaia e 
  le larghe masse popolari verso il socialismo. Siamo all'inizio dell'opera, e 
  il più resta da fare, e lo faremo avvalendoci delle nuove e fresche energie 
  che via via capiranno la nostra nobile causa e si uniranno a noi.
  Quando partimmo eravamo incoraggiati dalla forte presenza del presidente Mao, 
  oggi che egli non c'è più e che una nera cappa è scesa 
  sulla Cina è più difficile proseguire il cammino. Eppure dobbiamo 
  andare ugualmente avanti con lo stesso ardore e la stessa fiducia di quando 
  compimmo i primi passi. Il proletariato è ancora prigioniero delle catene 
  del capitalismo ed ha bisogno del suo Partito che gliele spezzi.
  è la storia, è la classe operaia cosciente, è la causa 
  del socialismo che ci chiedono di andare avanti, di continuare e completare 
  l'opera che da pionieri abbiamo iniziato guardando sempre fiduciosi verso l'avvenire.
  ``Noi comunisti - dice Mao - siamo famosi per non temere le difficoltà. 
  Sul piano tattico dobbiamo prendere in considerazione tutte le difficoltà 
  concrete e nei riguardi di ciascuna di esse dobbiamo adottare un atteggiamento 
  serio, creare le condizioni necessarie, mettere l'accento sulle misure per affrontarle 
  e superarle una per una, gruppo per gruppo. In base alla nostra esperienza di 
  alcuni decenni abbiamo sempre trionfato su ogni difficoltà che abbiamo 
  incontrato. I comunisti hanno costretto alla ritirata ogni genere di difficoltà 
  in cui si sono imbattuti, è vero che `Le alte montagne debbono abbassare 
  la testa, i fiumi debbono cedere il passo'. Abbiamo acquisito l'esperienza che 
  ci permette di poter disprezzare le difficoltà. Quello che diciamo vale 
  sul piano strategico e su quello generale. Malgrado che le difficoltà 
  siano enormi, con un'occhiata possiamo valutarne l'importanza. Esse provengono 
  soltanto dai nostri nemici esistenti nella società e dal mondo della 
  natura. Noi sappiamo che l'imperialismo, gli elementi controrivoluzionari all'interno 
  del paese e i loro agenti nei ranghi del nostro partito, ecc., non sono altro 
  che forze moribonde, mentre noi rappresentiamo le forze nascenti, la verità 
  sta dalla nostra parte. Di fronte a loro siamo sempre invincibili. Solo se riflettiamo 
  un po' sulla nostra storia possiamo riuscire a comprendere ciò. Quando 
  nel 1921 fondammo il partito eravamo soltanto alcune decine di uomini, da un 
  numero così insignificante in seguito, ci siamo talmente sviluppati da 
  rovesciare i potenti nemici all'interno del paese. C'è anche modo di 
  assoggettare quel nemico che è la natura. Sia nella natura, sia nella 
  società, tutte le forze nascenti -- parlando della loro essenza -- sono 
  sempre invincibili, mentre tutte le vecchie forze, per quanto gigantesche, dal 
  punto di vista numerico, vengono sempre annientate. Perciò noi possiamo 
  e anzi dobbiamo disprezzare le più grosse difficoltà che si incontrano 
  nel mondo e considerarle un `problema insignificante'. Questo è il nostro 
  ottimismo. Ottimismo che è basato sulla scienza. Se noi riusciamo a capire 
  meglio il marxismo e il leninismo, se riusciamo a capire meglio le scienze naturali, 
  in una parola, se riusciamo a conoscere meglio le leggi del mondo oggettivo 
  e commetteremo meno errori di soggettivismo allora potremo raggiungere lo scopo 
  del nostro lavoro rivoluzionario e in quello della edificazione''(35).
  Stai certo, compagno Mao, il tuo ottimismo rivoluzionario è anche il 
  nostro ottimismo. Ce la faremo.
  Compagne e compagni, impugnamo risolutamente, difendiamo e propagandiamo la 
  concezione proletaria del mondo per trasformare il mondo e noi stessi!
  Gloria eterna al presidente Mao Zedong, grande maestro del proletariato internazionale, 
  dei popoli e delle nazioni oppresse!
  NOTE
  (1) Mao, Sulla pratica, (luglio 1937), Opere scelte, vol. 1, p. 326
  (2) Mao, Discorso alla Conferenza nazionale di propaganda del Partito comunista 
  cinese, (12 marzo '57), Opere scelte, vol. 5 (Edizioni Einaudi), p. 590
  (3) Mao, Sulla pratica, idem, p. 314
  (4) Mao, Sulla contraddizione, (agosto 1937), idem, p. 330
  (5) Mao, Sulla pratica, idem, pp. 317-318
  (6) Engels, Anti-Dühring, (settembre 1876-giugno 1878), Opere complete, 
  vol. 25, p. 135
  (7) Lenin, Materialismo ed empiriocriticismo, (febbraio-settembre 1908), Opere 
  complete, vol. 14, p. 183
  (8) Mao, Sulla contraddizione, idem, pp. 330-331
  (9) Mao, Idem, p. 332
  (10) Mao, Da dove provengono le idee giuste, (maggio 1963)
  (11) Stalin, Materialismo dialettico e materialismo storico, (settembre 1938), 
  in ``Questioni del leninismo'', Edizioni Rinascita, p. 645
  (12) Engels, L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza, (1877-1878)
  (13) Mao, Sul governo di coalizione, (24 aprile 1945), Opere scelte, vol. 3, 
  p. 213
  (14) Engels, Anti-Dühring, idem, p. 256
  (15) Engels, Idem
  (16) Marx, Prefazione a ``Per la critica dell'economia politica'', (gennaio 
  1859)
  (17) Engels, L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza, idem
  (18) Marx, Prefazione a ``Per la critica dell'economia politica'', idem
  (19) Mao, Citato nel ``Rapporto del primo ministro Zhou Enlai sui lavori del 
  governo, presentato alla I sessione della III Assemblea popolare nazionale'', 
  (21-22 dicembre 1964)
  (20) Mao, Discorso alla Conferenza nazionale di propaganda del Partito comunista 
  cinese, idem, p. 586
  (21) Giulio Andreotti, Intervista a ``la Repubblica'' del 22.8.86
  (22) Ciriaco De Mita, Relazione al XVII Congresso nazionale della DC, 26 maggio 
  1986
  (23) Alessandro Natta, Intervista a ``Der Spiegel'' del 27.5.86
  (24) Alessandro Natta, Intervista a ``Panorama'' n. 1056 del 13.7.86
  (25) Mao, Citato in ``Avanziamo lungo la via aperta dalla Rivoluzione socialista 
  d'Ottobre'', articolo delle redazioni di ``Quotidiano del popolo'', ``Bandiera 
  rossa'' e ``Quotidiano dell'esercito di liberazione'' del 6.11.67
  (26) Mao, Sulla contraddizione, idem, p. 362
  (27) Mao, Discorsi alla Conferenza di Yenan sulla letteratura e l'arte, (23 
  maggio 1942), Opere scelte, vol. 3, pp. 89-90
  (28) Mao, Idem, p. 90
  (29) Mao, Essere elementi di stimolo per la rivoluzione, (9 ottobre 1957), Opere 
  scelte, vol. 5 (Edizioni Einaudi), p. 680
  (30) Marx-Engels, L'ideologia tedesca, scritta fra il 1845 e il 1846, Opere 
  complete, vol. 5, p. 38
  (31) Mao, Al servizio del popolo, (8 settembre 1944), Opere scelte, vol. 3, 
  p. 181
  (32) Editoriale dal titolo ``Una riflessione per un Congresso'', ``Avanti!'' 
  del 9 aprile 1986
  (33) Alessandro Natta, Intervista a ``Panorama'' n. 1056 del 13 luglio 1986
  (34) Lenin, Marxismo e revisionismo, (aprile 1908), Opere complete, vol. 15, 
  pp. 30-31
  (35) Mao, Discorso alla Conferenza nazionale del Partito comunista cinese, (21 
  marzo 1955), Opere scelte, vol. 5 (Edizioni Einaudi), pp. 180-181