Biblioteca Multimediale Marxista


Marcus Garvey e l'UNIA nel periodo statunitense


 

INTRODUZIONE


L'analisi della storia statunitense è uno degli strumenti fondamentali per comprendere le ragioni per cui nella moderna società americana dietro gli ideali di libertà e democrazia tanto esaltati dalla classe politica dirigente si celino gravi disuguaglianze e ingiustizie sociali. L'intero processo di sviluppo economico, politico e culturale degli Stati Uniti è stato indissolubilmente legato al problema dei rapporti tra la maggioranza bianca e la minoranza nera. Ancora oggi gli afroamericani, il 12% della popolazione complessiva, si trovano in una condizione di disuguaglianza che gli impedisce il pieno godimento dei diritti e dei benefici materiali. Nonostante le trasformazioni sociali degli ultimi quarant'anni abbiano permesso la nascita di una middle class afroamericana e un generale miglioramento della qualità di vita dei neri, le statistiche ufficiali mostrano una realtà tuttora povera e discriminata. Nel 1995 il reddito medio delle famiglie di colore era solo il 60% di quello delle famiglie bianche ed il reddito dei maschi afroamericani solo due terzi di quello dei bianchi. Le cifre indicano inoltre che otto anni fa il livello occupazionale dei lavoratori neri era molto più basso rispetto a quelli bianchi: il 5% degli occupati afroamericani erano manager (contro il 9% dei bianchi), il 9% professionisti (contro il 17%), il 25% operai non specializzati nell'industria e nei servizi (contro il 13%). I neri rappresentavano poi un terzo di tutti gli arrestati dalla polizia, il 50% delle vittime d'omicidio e più della metà del milione di persone che affollano le carceri statunitensi.(1)
I quattro secoli che sono trascorsi dall'arrivo delle prime persone d'origine africana in territorio americano(2) sono stati un lungo e tragico susseguirsi di gravissime privazioni dei diritti umani. Sebbene nel 1865, al termine della Guerra Civile, il presidente Lincoln abbia sancito, con l'introduzione nella costituzione americana del Tredicesimo Emendamento, l'abolizione della schiavitù in tutto il territorio nazionale, il fenomeno del razzismo non è affatto scomparso, anzi, dopo l'emancipazione si è perfino rafforzato. I membri della comunità afroamericana non sono certo rimasti inerti a tutto questo e nel corso degli anni hanno lottato con forza e determinazione perché avvenisse un riconoscimento effettivo, e non solo teorico, dei loro diritti.
Il primo dopoguerra e gli anni Venti del Novecento hanno rappresentato una delle fasi cruciali di questa lunga lotta combattuta dai neri, ma non solo, in nome dell'uguaglianza sociale e per abbattere definitivamente le barriere della discriminazione razziale. Durante la Prima Guerra mondiale si era diffuso negli Stati Uniti un clima di fiducia e speranza nei principi e nelle istituzioni democratiche che aveva coinvolto anche la minoranza nera. Molti uomini di colore, combattendo nelle file dell'esercito americano una guerra in favore della libertà e dell'autodeterminazione dei popoli, erano tornati in patria vittoriosi e fermamente convinti che la loro grande prova di coraggio e patriottismo avrebbe finalmente garantito a tutta la comunità nera il riconoscimento dei propri diritti civili ed un generale miglioramento della propria condizione economica e sociale. Tuttavia l'immediata ripresa dei linciaggi e delle brutalità ai danni degli afroamericani fece svanire in poco tempo tali certezze. La grande delusione andò comunque ad alimentare un clima di tensione sociale che favorì l'emergere all'interno della minoranza nera di numerosi movimenti di protesta e di lotta. Vennero fondate associazioni ed organizzazioni che pur lottando per lo stesso obiettivo affrontarono la questione razziale da prospettive differenti e talvolta antitetiche. Gli esponenti riformisti della comunità afroamericana optarono per una strategia "integrazionista" e proposero una politica di collaborazione con i bianchi in modo da favorire un rapido inserimento dei neri nel sistema politico ed economico statunitense allora vigente. Diversamente, una parte della minoranza di colore fu convinta dal trionfo della rivoluzione bolscevica che il modello comunista rappresentasse la soluzione ideale per ottenere il riconoscimento dei propri diritti e l'emancipazione economica dalla schiavitù capitalista.
All'interno di questo vivace panorama politico si distinse per originalità e controversia la vicenda del nazionalista nero Marcus Garvey, un giamaicano che fondò e fu leader indiscusso della Universal Negro Improvment Association (Associazione per il Miglioramento Universale dei Neri). Anche se le attività e gli obiettivi della sua associazione erano di carattere internazionale ed i suoi sostenitori sparsi in diversi continenti del mondo, fu negli Stati Uniti che Garvey riscosse maggior successo. L'UNIA si impose in brevissimo tempo come il primo grande movimento di massa nero della storia statunitense -alcuni storici sostengono che l'associazione nei periodi di massima adesione annoverasse tra le sue file sei milioni di membri ed altrettanti simpatizzanti- ed il suo leader in meno di un decennio, tra il 1918 e il 1927, riuscì ad influenzare il pensiero di molti afroamericani come pochi altri uomini riuscirono a fare nel corso di un'intera vita. Giunto negli Stati Uniti nel pieno del processo d'immigrazione d'intere famiglie di colore dalla realtà rurale del Sud a quella industriale del Nord, Garvey vi trovò il clima ideale per diffondere tra i neri un messaggio fondato su concetti d'orgoglio, solidarietà ed autodeterminazione razziale il cui eco risuona tuttora in alcuni ambienti politici afroamericani. Il suo contribuito è stato determinante per lo sviluppo nella comunità nera statunitense di una consapevolezza di razza che se in passato ha permesso ai neri un generale miglioramento della propria condizione oggi costituisce il fondamento ideologico di quei movimenti che si battono in favore dell'uguaglianza sociale. Il presidente dell'UNIA propose agli afroamericani e a tutte le popolazioni nere del mondo una duplice soluzione per risolvere il problema della discriminazione razziale: da una parte la gestione diretta d'imprese ed attività commerciali in modo da garantirsi l'indipendenza economica dai bianchi, dall'altra la creazione nel continente africano di un grande stato libero ed indipendente dalle potenze coloniali europee. Tuttavia la crociata nazionalista e separatista finì per condurre Garvey verso un declino rapido e spettacolare quanto fu la sua stessa ascesa. Le sue contraddittorie scelte politiche lo isolarono e lo contrapposero agli altri capi carismatici della comunità afroamericana, mentre la sua retorica, a tratti violenta ed aggressiva, attirò l'attenzione delle autorità coloniali europee e del Ministero della Giustizia statunitense. Nel 1925 Garvey venne arrestato per frode postale e due anni dopo deportato dagli Stati Uniti. Fu quello un duro colpo per l'UNIA, che si sfaldò in pochissimo tempo, ma soprattutto per il suo presidente che dopo aver tentato più volte di rilanciare il movimento nel 1940 morì in solitudine e dimenticato da tutti.
Ciò non sorprende se si pensa che anche nel corso degli anni Venti, nonostante la popolarità tra la comunità afroamericana e la capacità d'attirare nel bene e nel male le attenzioni dell'opinione pubblica statunitense, Garvey era completamente ignorato, oltre che dagli studiosi bianchi, anche dagli intellettuali neri. Quelle rarissime volte che quest'ultimi si riferivano al giamaicano era per sottolinearne l'opportunismo o altri aspetti negativi. Così quando nel 1925 Alain Locke pubblicò in The New Negro uno studio sulla nuova immagine dell'individuo afroamericano, solo un piccolo accenno venne fatto riguardo il ruolo certamente determinante del movimento nazionalista nero. Dopo la deportazione del giamaicano le cose cominciarono a cambiare. Nel 1927 il docente di Harvard Benjamin G. Brawley iniziò a discutere di Garvey e del suo movimento nel testo scolastico A Short History of the American Negro. Lo stesso Brawley nello studio sulla letteratura afroamericana proposto nel 1937 con la pubblicazione di The Negro Genius sottolineò l'influenza di Garvey sulla letteratura del cosiddetto "Harlem Renaissance". Nel 1930 l'autore afroamericano James Weldon Johnson riconobbe apertamente in Black Manhattan l'importanza di Garvey e del suo messaggio d'orgoglio razziale nel processo di rinascita della comunità nera statunitense, così come fece nell'opera The Negro, Too, in American History (1938) anche Merl R. Eppse.
Nel corso degli anni Quaranta e Cinquanta grazie all'interesse di alcuni intellettuali di colore proseguì l'opera di rivalutazione del garveysmo. Lo storico Joel A. Rogers dedicò al presidente dell'UNIA uno dei capitoli del suo libro World's Great Men of Color (1946), mentre Arna Bontemps e Jack Conroy scrissero del giamaicano in una sezione del loro studio, They Seek a City, sulle rinnovate aspirazioni della comunità afroamericana. L'importanza del garveysmo fu rilevata anche dall'illustre storico John Hope Franklin che già nella prima edizione dell'opera From Slavery to Freedom (1947) affermò: "its significance lies in the fact that it was the first mass movement among African Americans and that it indicated the extent to which they entertained doubts concerning the hope for first-class citizenship in the only homeland they knew." (3)
Nonostante rispetto agli anni Venti l'interesse degli storici per il garveysmo fosse certamente cresciuto, fino alla metà degli anni Cinquanta alla vicenda dell'UNIA e del suo presidente non vennero dedicati studi approfonditi. Il prolungato silenzio fu interrotto solo nel 1955 dallo studioso americano E. David Cronon con la pubblicazione di Black Moses: The Story of Marcus Garvey and the Universal Negro Improvment Association.(4) Il libro venne presentato nella sua prima edizione quando erano ancora molto pochi gli studiosi interessati alla storia della popolazione nera del Nuovo Mondo. Lo stesso autore ne era consapevole tanto da sentirsi obbligato nella prefazione a giustificare in qualche modo questo suo particolare interesse per la materia.
Il vero e proprio dibattito storiografico su Garvey ed il garveysmo ha preso piede solo a metà negli anni Sessanta in coincidenza, e non è un caso, con tre importanti momenti storici: l'inizio del processo di decolonizzazione del continente africano, la conquista dell'indipendenza delle popolazioni di colore delle isole caraibiche ed, infine, l'affermazione negli Stati Uniti di leader nazionalisti neri, Malcolm X su tutti, che nei loro discorsi si rifacevano all'orgoglio razziale ed ai progetti separatisti tipici della politica di Garvey.
Da allora l'interesse degli studiosi di tutto il mondo nei confronti del presidente dell'UNIA è progressivamente aumentato. In Giamaica la sua immagine, per lungo tempo pubblicamente denigrata dal governo, è stata totalmente rivalutata tanto che oggi Garvey è considerato il vero padre dell'indipendenza nazionale. A Kingston, la capitale, gli è stata intitolata una strada ed è stata collocata una sua statua all'interno del parco pubblico. Nel 1964, in occasione del rientro in patrie delle sue spoglie, gli è stato riconosciuto il titolo onorifico di eroe nazionale. Egli, inoltre, è un venerato profeta dei numerosi seguaci del movimento politico-religioso del Rastafarianesimo.
Negli Stati Uniti l'interesse nei confronti di Garvey e della sua politica è invece improvvisamente rinato nel momento in cui i portavoce del Black Power hanno iniziato a ricordare nei loro discorsi il nome del presidente dell'UNIA e ad elogiarne la strategia politica. Fondamentale è stato anche il contributo di Amy Jacques Garvey, la seconda moglie del giamaicano, che, oltre ad aver mantenuto per molti anni intensi rapporti di collaborazione con i nazionalisti neri dell'Africa e del continente americano, ha reso possibile, grazie alla pubblicazione di Garvey and Garveysm e di Black Power in America nel 1968, una conoscenza più approfondita del pensiero del marito.
La stessa Amy Jacques Garvey ha curato la pubblicazione di The Philosophy and Opinions of Marcus Garvey, un'opera che per anni è rimasta l'unica raccolta di scritti e discorsi del nazionalista nero disponibile sul mercato. Tuttavia oggi la sua validità è messa in forte discussione dagli studiosi per il suo carattere intenzionalmente propagandistico e apologetico. Il primo dei due volumi venne pubblicato infatti nel momento in cui, agli inizi del 1923, Garvey era impegnato nella ricerca di sostegno per la sua battaglia legale contro il governo statunitense. Per dare un'immagine il più liberale possibile del giamaicano era necessario quindi non includere nella raccolta i discorsi e gli articoli dal carattere più radicale. La strategia revisionista venne adottata anche per la pubblicazione, nell'autunno del 1925, del secondo volume. Allora Garvey, che stava scontando i cinque anni di detenzione nel carcere di Atlanta, non poteva permettersi passi falsi se voleva ottenere la commutazione della pena. Egli stesso, come ha ricordato la moglie in Garvey and Garveysm, volle inviare copie gratuite del testo a Senatori e Deputati del Congresso nel tentativo di suscitare l'interesse del mondo politico americano. E' evidente pertanto che l'intera opera presenta dei difetti che bisogna attentamente valutare ogni qualvolta si prende in considerazione i suoi contenuti.
A partire dal 1983, grazie all'incommensurabile lavoro di Robert Hill, lo studio su Garvey e l'UNIA ha potuto compiere grandi passi avanti. Hill, infatti, in qualità di direttore del progetto di ricerca del Centro di Studi Africani dell'Università della California The Marcus Garvey and Universal Negro Improvment Association Papers, ha curato la mastodontica raccolta di tutto il materiale su Garvey e la sua associazione allora disponibile. Sono stati recuperati più di trentamila fra documenti d'archivio e manoscritti originali provenienti da diverse fonti e concernenti la vita del nazionalista giamaicano dalla nascita sino alla morte; attualmente sono stati pubblicati dodici dei venti volumi previsti. Ogni volume contiene lettere e manoscritti di Garvey, pamphlet, rapporti dell'FBI, trascrizioni di discorsi, articoli di giornale, dispacci diplomatici e tutto quant'altro si riferisce direttamente o indirettamente al pensiero e all'azione del giamaicano. Inoltre nel primo volume è stata inserita da Hill una preziosa introduzione allo studio del garveysmo.
Nonostante il gran lavoro di Hill, è necessario sottolineare che ancora oggi il materiale originale sui cui lavorare per dare una corretta valutazione di Garvey non è sufficiente. La mancanza di fonti dirette rende lo studio su Garvey e l'UNIA ancora molto difficile. Il Dipartimento della giustizia statunitense ha infatti sequestrato, e successivamente distrutto, tutti i registri dell'associazione nel momento della condanna del giamaicano. Altro materiale è andato perso inoltre in seguito ai contrasti interni all'organizzazione, mentre la maggior parte dei documenti personali di Garvey è andata distrutta durante i bombardamenti su Londra del 1941 e 1942.
Comunque gli studiosi del movimento garveysta sono numerosi ed in aumento. Il più prolifico fra tutti è certamente il professore di storia e cultura afroamericana Tony Martin. Egli, a partire dal 1976, ha pubblicato una collana di libri per The New Marcus Garvey Library che oggi costituiscono un punto di riferimento essenziale per chi voglia studiare la travagliata storia del nazionalista giamaicano e della sua associazione. Martin non ha indirizzato la sua ricerca in un'unica direzione ma in diverse, evidenziando così aspetti che altri storici non hanno indagato. Così se in Race First ha saputo ben delineare i fondamenti ideologici della politica garveysta, in altre opere come Literary Garveysm e The Poetical Works of Marcus Garvey ha voluto sottolineare il contributo diretto di Garvey nel processo di "rinascimento" della cultura nera in atto negli anni Venti del Novecento. Probabilmente in alcune occasioni l'analisi storica di Martin manca d'obiettività e tende a sottovalutare gli errori del presidente dell'UNIA; ciò non toglie tuttavia il valore del contributo di questo studioso alla storia del garveysmo.
Un altro dei principali studiosi del movimento garveysta è Rupert Lewis. Nell'opera Anti-Colonial Champion egli ha voluto sottolineare tutte le espressioni del carattere anti-coloniale dell'azione di Garvey. Particolare attenzione ha posto sulla carriera politica del presidente dell'UNIA una volta rientrato in patria nel 1927. Lewis, inoltre, ha pubblicato Marcus Garvey: Africa, Europe, the Americas e Marcus Garvey: His Work and Impact. Questi libri raccolgono i contributi degli storici e degli studiosi che hanno partecipato a due conferenze internazionali su Garvey e il garveysmo: la prima organizzata nel 1973 dall'African Association Studies of the West Indies e la seconda ospitata nel 1987 dall'University of West Indies in occasione del centenario della nascita del presidente dell'UNIA.
Il dibattito storiografico sul garveysmo è in continua evoluzione ma non ha ancora interessato studiosi europei e più specificatamente italiani. Anche se molto spesso la vicenda del nazionalista giamaicano è accennata nelle opere biografiche su più recenti e conosciuti politici afroamericani, come Malcolm X e Martin Luther King, oggi il suo nome è per lo più sconosciuto agli storici e nessun libro che lo riguardi è stato pubblicato nel nostro paese. Questa analisi rappresenta dunque la prima indagine in lingua italiana su questo protagonista della storia afroamericana.
Pertanto si deduce che per l'elaborazione di questa tesi sono state consultate soprattutto opere in lingua inglese. Per quanto concerne le fonti dirette, sono stati di fondamentale importanza i primi quattro volumi della già citata collana curata da Robert Hill. Questi testi sono stati scelti perché prendendo in considerazione il periodo tra il 1887 e il 1924 ci hanno consentito di ricavare interessanti informazioni sul periodo di maggior impatto del garveysmo. Di particolare utilità per l'analisi del periodo giovanile di Garvey, del rapporto con i genitori e della fondazione dell'UNIA si è rivelato lo scritto autobiografico The Negro's Greatest Enemy redatto nel settembre del 1923 durante la sua detenzione in carcere. Per comprendere appieno tutti gli aspetti del sistema organizzativo su cui si reggeva l'associazione, dall'organizzazione delle divisioni all'elezioni dei suoi rappresentanti, si è dimostrato invece un valido punto di riferimento la Constitution and Book of Laws. D'altra parte i numerosi articoli di giornale scritti dallo stesso Garvey, pubblicati per la maggior parte sul Negro World, e le trascrizioni dei suoi discorsi sono state molto utili per comprendere tutti gli aspetti della sua strategia politica; di pari interesse ed importanza per rendersi conto del modo con il quale il governo statunitense e le autorità coloniali agissero e si ponessero nei confronti del nazionalista giamaicano sono stati i rapporti degli agenti investigativi federali.
L'altra fonte diretta adottata per l'elaborazione di questa tesi è stata l'opera in due volumi curata da Amy Jacques Garvey Philosophy and Opinions of Marcus Garvey. E' necessario rilevare in ogni modo che le già notate lacune di quest'opera e il fatto che la maggior parte del suo materiale sia stato inserito anche nel lavoro di Robert Hill ci hanno portato ad un suo moderato impiego.
Essenziale per una corretta interpretazione storica di Garvey e della sua associazione è stato comprendere l'evoluzione generale del contesto politico, economico e sociale statunitense nel periodo bellico e negli anni Venti. Utili in questo senso si sono rivelati tre testi: The Limits of Liberty, American History 1607-1980 di Maldwin A. Jones, The Great Republic: A History of the American People di John L. Thomas e Anxious Decades. America in Prosperity and Depression di Micheal E. Parrish.(5) Per la più specifica analisi della realtà afroamericana e dei diversi movimenti politici neri degli anni Venti ci si è avvalsi invece dello studio di John Hope Franklin e Alfred Moss Jr. From Slavery to Freedom - A History of African American. L'esame ed il confronto tra le diverse posizioni dei maggiori esponenti politici neri contemporanei di Garvey è stato fondamentale per riuscire a inquadrare correttamente la posizione del nazionalista all'interno del movimentato scacchiere politico afroamericano del tempo. A questo scopo sono stati utilizzati due testi: Black Leaders of the Twentieth Century pubblicato nel 1982 da J. Hope Franklin e August Meier, e African American Political Thought edito da Cary D. Wintz.
Per la comprensione più specifica della vicenda di Garvey e della sua associazione sono state impiegate numerose opere monografiche. Una delle più interessanti e complete è stata certamente The World of Marcus Garvey pubblicata nel 1986 dalla studiosa statunitense Judith Stein. L'autrice, a differenza d'altri storici, non ha voluto considerare lo sviluppo del movimento nazionalista solamente come un fenomeno a sé stante, ma piuttosto come un processo inserito nel generale contesto economico, politico e sociale delle comunità nere di tutto il mondo. A suo avviso, infatti, le dinamiche di sviluppo dell'UNIA e del suo programma appaiono alquanto caotiche se non vengono prima comprese le peculiarità che contraddistinsero la situazione nelle differenti zone d'espansione dell'associazione garveysta. L'indagine storica della Stein, inoltre, non ha voluto tralasciare, per lo stesso motivo di cui sopra, l'analisi della situazione politica ed economica mondiale precedente e contemporanea a Garvey. La studiosa statunitense ha sapientemente osservato: "Underlyng the UNIA's politics was a profound social upheavel that affected all parts of the black word. This phenomenon cannot be reduced to racism." (6)
Oltre all'apprezzabile lavoro di Judith Stein, è necessario sottolineare che per l'elaborazione di questa tesi sono stati di grande validità i numerosi e già citati volumi pubblicati da Tony Martin per la Majority Press. Marcus Garvey: Hero, un testo fatto apposta per introdurre gli studenti delle scuole superiori allo studio del garveysmo, ha fornito indicazioni schematiche sulla travagliata vita di Garvey; Race First è servito a delineare i dogmi fondamentali della dottrina garveysta e a chiarire quali furono i rapporti tra i nazionalisti neri e gli altri schieramenti politici del tempo; African Fundamentalism e Literary Garveysm ci hanno aiutato nella comprensione dell'influenza dell'UNIA nel processo di risveglio culturale della comunità afroamericana.
Nel trattare del complesso rapporto tra nazionalismo nero e sinistra politica statunitense ci siamo avvalsi del contributo dell'opera di Philip S. Foner e James A. Allen American Communism and Black Americans, A Documentary History, 1919-1929. Importante per la comprensione della strategia politica del partito comunista americano e delle diverse organizzazioni sindacali sono state le opere di Malcolm Sylvers Politica e ideologia del comunismo statunitense e Sinistra politica e Movimento operaio negli Stati Uniti.
Il contributo di questo materiale bibliografico è stato necessario per realizzare un'indagine approfondita sulla storia della Universal Negro Improvment Association e il pensiero di Marcus Garvey. Abbiamo scelto però di concentrare la nostra attenzione su un periodo limitato di tempo, ovvero dal 1916 al 1927, perché è stato in questo particolare momento storico che l'organizzazione garveysta riuscì ad assumere un ruolo importante all'interno del panorama politico afroamericano e a coinvolgere nei suoi ambiziosi progetti ampi strati della minoranza nera statunitense. In questo lasso di tempo Garvey, seppur interessandosi alle condizioni della popolazione nera di tutto il mondo, visse negli Stati Uniti ed operò principalmente dal quartier generale di New York . Egli diventò il massimo rappresentante di quella fazione "separatista" della comunità afroamericana che, non credendo nella possibile integrazione dei neri in una società come quella americana dominata economicamente e politicamente dai bianchi, si scontrò duramente con i neri di idee liberali o di stampo socialista. Perciò l'analisi della sua breve ma intensa esperienza statunitense ci porterà ad indagare indirettamente anche sulle condizioni della minoranza nera negli anni Venti e sulle soluzioni proposte dagli altri leader afroamericani al problema tragico della questione razziale.
I cinque capitoli che compongono questa tesi sono strutturati affinché, giunti alla conclusione, si possiedano sufficienti elementi per stabilire l'importanza ed il valore storico del movimento garveysta e del suo leader. La prima parte del nostro studio è stato perciò dedicata alla biografia di Garvey. La vita del giamaicano è stata tutta un continuo susseguirsi d'eventi che lo hanno portato dal piccolo centro rurale di St.Ann's Bay ai grandi palcoscenici della politica internazionale. Egli nacque in Giamaica, diventò una personalità importante negli Stati Uniti e morì in Inghilterra. Nel secondo capitolo, nel delineare i fondamenti del pensiero di Garvey, abbiamo voluto rilevarne le influenze ideologiche e il continuo processo di mutamento che esso subì nel corso degli anni. Indispensabile è stato comprendere la sua personale interpretazione della religione, della cultura e della storia. Il terzo capitolo è stato invece dedicato all'attività propagandistica dell'UNIA, in particolare al settimanale Negro World, e alle vicende della Black Star Line, l'impresa commerciale il cui destino segnò anche il fallimento più generale dell'associazione. La politica pan-africana è stata argomento del quarto capitolo; qui si è trattato specialmente del tentativo di "colonizzazione" della Liberia e della penetrazione dell'ideologia garveysta nell'ambiente politico sudafricano. Nell'ultimo capitolo abbiamo approfondito quali furono le relazioni tra Garvey e gli altri leader della comunità nera statunitense del tempo per capire quale sia la collocazione più corretta del nazionalista giamaicano all'interno del panorama politico afroamericano. La prima parte della conclusione è stata invece riservata all'analisi del difficile rapporto tra il governo statunitense e l'UNIA. In questo modo abbiamo voluto sottolineare quanto l'azione repressiva delle autorità americane abbia contribuito al crollo repentino del movimento di massa. L'importanza storica e l'influenza odierna del garveysmo sono stati temi affrontati nella seconda e conclusiva parte.

Capitolo I - La vita di Marcus Garvey

1. Gli anni di formazione


L'infanzia e l'adolescenza a St.Ann's Bay

Marcus Mosiah Garvey nacque il 17 agosto 1887 nella città di St.Ann's Bay, un piccolo centro situato sulla costa settentrionale della Giamaica. L'isola caraibica, scoperta da Colombo nel 1494 e colonia spagnola sino al 1655, apparteneva allora ai territori della Corona Inglese la quale esercitava il suo potere attraverso l'azione di un governatore. La maggior parte della popolazione era costituita da uomini e donne di discendenza africana che vivevano in una condizione di grande povertà. Anche se la schiavitù era stata abolita nel 1834 la discriminazione razziale dominava ogni aspetto della società giamaicana garantendo ai bianchi, che costituivano all'incirca il 3% degli abitanti, una posizione di dominio economico e politico.(7) Gli appartenenti alla comunità nera perciò si guadagnavano da vivere o coltivando piccoli appezzamenti di terra che i grandi proprietari terrieri gli concedevano in cambio di una consistente parte del loro raccolto o lavorando nelle piantagioni dell'isola come nel periodo precedente l'emancipazione. Oltre al potere economico anche quello politico era completamente in mano ai bianchi perché la richiesta di ristretti requisiti impediva a nove decimi della popolazione di colore di votare. La discriminazione regolava tutti gli aspetti della società giamaicana e quindi anche il sistema scolastico rendendo l'analfabetismo una regola tra la popolazione nera.(8)
In questa realtà di povertà e razzismo era cresciuto il giovane Marcus. La sua famiglia faceva parte di quest'ultima classe sociale, costituita per lo più da piccoli contadini, artigiani e operai. In un breve scritto autobiografico egli descrisse accuratamente il carattere dei genitori. Il padre era un uomo intelligente e coraggioso, talvolta così impavido da non valutare attentamente le conseguenze delle sue azioni. La madre, al contrario, era una donna modesta e una cosciente cristiana, fin troppo buona per i tempi in cui viveva. A proposito Garvey ricorderà: "she was the direct opposite of my father. He was severe, firm, determined, bold and strong, refusing to yield even to superior forces if he believed he was right. My mother on the other hand, was always willing to return a smile for a blow, and ever ready to bestow charity upon her enemy." (9)
Marcus Sr., pur possedendo un piccolo terreno agricolo, lavorava come capomastro. Si vantava d'essere un discendente dei Maroons, gli schiavi africani che, deportati in Giamaica, erano riusciti a sfuggire ai padroni inglesi nascondendosi sulle verdi e impenetrabili colline dell'isola. Egli si distingueva dalla maggior parte dei suoi concittadini per una buona istruzione -possedeva infatti una piccola biblioteca - e per una grande determinazione nel voler migliorare lo standard di vita della propria famiglia. Nonostante fosse un uomo intelligente e intraprendente, non trovò nel piccolo centro di St.Ann's Bay un ambiente adatto a sfruttarne le caratteristiche. La madre di Marcus Jr., Sarah, svolgeva diversi lavori per aiutare la famiglia improvvisandosi all'occorrenza cuoca o commerciante o governante. Anche la sorella maggiore, Indiana, contribuiva lavorando come domestica di servizio presso una famiglia in Inghilterra.
Risale al 1900 uno degli episodi che cambiò la vita del giovane Garvey indirizzandola verso una direzione ben precisa. Nell'autobiografia egli racconterà d'aver vissuto un'infanzia spensierata. Tra i suoi compagni di gioco aveva legato particolarmente con una ragazza bianca che gli abitava affianco. I due amici non avevano mai dato importanza al diverso colore della pelle fino a quando, ricorda Marcus "at fourteen my little white playmate and I parted. Her parents thought the time had come to separate us and draw the color line. They sent her and another sister to Edinburgh, Scotland, and told her she was never to write or try to get in touch with me, for I was a 'nigger'. It was then that I found for the first time that were some difference in humanity, and that there were different races, each having its own separate and distinct social life." (10)


Il processo di maturazione politica

Mentre stava ancora frequentando la scuola primaria, Garvey cominciò a mostrare una profonda avversione verso la subordinazione e l'ubbidienza. Era uno scolaro ribelle che caratterialmente non sopportava di dover sottostare alle violenze e all'autorità degli insegnanti. "I simply refused to be whipped. I was not made to be whipped. It annoys me to be defeated."(11) affermerà nella già citata autobiografia. Nel 1900 Garvey cominciò l'apprendistato come stampatore lavorando presso la tipografia del padrino, Alfred E. Burrowes, un personaggio fondamentale per la formazione culturale del ragazzo. Marcus lo ricorderà come un uomo colto e abile negli affari che lo istruì e lo aiutò nello sviluppo di un carattere forte e determinato: "my apprentice master was a highly educated and alert man. In the affaire of business and the world he had no peer...at fourteen I had enough intelligence and experience to manage man. I was strong and manly, and I made them respect me. I developed a strong and forceful character, and have maintained it still."(12) Nel 1903 Garvey, dopo aver completato la sesta classe, abbandonò la scuola ed iniziò a lavorare stabilmente presso la tipografia. I libri e i giornali stampati nel negozio di Burrowes stimolarono la curiosità intellettuale del ragazzo che cominciò allora a manifestare il desiderio di conoscere ciò che succedeva al di fuori di St.Ann's Bay. Fu per soddisfare questa esigenza che, nel 1906, si trasferì a Kingston, la capitale giamaicana dove, dopo che un tremendo uragano si era abbattuto su St.Ann's Bay distruggendo i campi della famiglia, lo raggiunse anche la madre. Sarah però non si adattò mai alla caotica vita di Kingston e morì poco dopo. Marcus, al contrario, si inserì con successo in questa nuova realtà. Lavorò nella tipografia della P.A. Benjamin & Company, un'industria farmaceutica che stampava le proprie etichette e i propri volantini pubblicitari. Nel 1908 si unì ai colleghi in uno sciopero che non ebbe grande fortuna e che finì per fargli perdere il lavoro. In poco tempo però riuscì a trovare un nuovo impiego nella stamperia del Governo che gli permise di risparmiare i soldi necessari per la pubblicazione del suo primo giornale, il Garvey's Watchman.
Nella capitale giamaicana Garvey si trovò immerso nella vita politica ed intellettuale del paese. Nel 1909 entrò a far parte del National Club(13), fondato il 3 marzo dello stesso anno da S.A.G. "Sandy" Cox, avvocato e membro del Consiglio Legislativo nazionale. Garvey venne presto eletto "assistant secretary", tuttavia, non soddisfatto in pieno del suo lavoro, decise di lasciare l'isola.

La scoperta del mondo: il viaggio in Centro America e l'esperienza europea

Nel corso del 1911 quasi tredici mila giamaicani partirono per il Centro America dove ad aspettarli trovarono almeno altri sessanta mila connazionali. Una parte di loro andò a Panama, dove già a cominciare dagli anni '60 dell'Ottocento un gran numero di immigrati provenienti dalle Indie Occidentali era stato impiegato nella costruzione della linea ferrovia e, successivamente, nella realizzazione del Canale. Altri, tra i quali Garvey, scelsero il Costa Rica uno dei paesi che, grazie all'espansione degli interessi capitalistici statunitensi, offriva in quel momento maggiori opportunità. Garvey, aiutato da uno zio, trovò impiego come "timekeeper"(14) presso le piantagioni di banane della United Fruit Company. Durante il breve periodo trascorso nel piccolo centro di Port Limon pubblicò La Naciòn/The Nation, un giornale stampato in lingua spagnola e in lingua inglese che denunciava nei suoi articoli lo sfruttamento dei lavoratori nelle piantagioni e l'intollerabile comportamento del Console britannico, totalmente passivo nella difesa dei diritti dei sudditi reali.
Nei successivi due anni, Garvey fu impegnato in un viaggio itinerante attraverso l'Ecuador, il Venezuela, la Colombia e tutto il Centro America, regioni nelle quali constatò che le condizioni delle minoranze nere non erano diverse da quella pessime della Giamaica.
Nel 1912 Marcus, senza soldi e alla disperata ricerca di un'occupazione, tornò in patria dove rimase poco tempo prima di ripartire con una nuova destinazione: l' Inghilterra. A Londra Garvey visse delle nuove esperienze culturali e politiche fondamentali per il suo futuro. Egli, che saltuariamente frequentava le lezioni di giurisprudenza del Birbeck College di Londra, passò ore e ore nella galleria degli ospiti della "House of Commons" ad ascoltare Lloyd George(15) ed i suoi colleghi dibattere sui temi del giorno. Stimolato più che mai da questo fervido clima politico, il giovane Marcus esercitava poi la propria arte oratoria all'Hyde Park's Speakers Corner.
Nella capitale inglese Garvey conobbe Dusé Mohamed Alì. Questi, dal 1912, pubblicava una rivista, African Times and Orient Review, che raccoglieva i contributi di scrittori africani, cinesi, arabi ed europei che esponevano nei loro articoli i concetti base del pensiero pan-africano e anti-colonialista pre-bellico. Booker T. Washington, W.E.B. DuBois, Wilmot Blyden, John Edward Bruce e Williams Ferry erano alcuni intellettuali neri collaboratori dell'African Times and Orient Review. Marcus, che lavorò per i primi tempi come messaggero per Alì , nell'ottobre del 1913 pubblicò anche un interessante articolo sulla storia delle Indie Occidentali.
Garvey, tra la fine del 1913 e gli inizi del 1914, visitò importanti città europee come Parigi, Monte Carlo, Madrid, Bologna, Glasgow ed Edinburgo. Una volta tornato a Londra riuscì a risparmiare una cifra sufficiente per poter acquistare un biglietto di ritorno per la Giamaica. Al termine dell'esperienza europea egli racconterà d' aver viaggiato in lungo e in largo ma di aver incontrato sempre la stessa situazione: "I set sail for Europe and although different it was the same stumbling block 'You are black'. I read of the conditions in America. I read 'Up from Slavery', by Booker T. Washington, and then my doom - if I may so call it- of being a race leader dawned upon me in London after I had traveled through almost half Europe. I asked, 'Where is the black man's government?' 'Where is his King and his kingdom?' 'Where is his President, his country, and his ambassador, his army, his navy, his men of big affairs?' I could not find them, and then I declared: I will help to make them."(16)


La creazione della Universal Negro Improvment Association

Alla fine del luglio del 1914 Garvey conobbe Amy Ashwood, la donna che in futuro sarà, per un breve periodo, sua moglie. La giovane, rimasta affascinata dal carisma di Marcus, ben presto diventò la sua fidanzata. Come ricorderà Amy, i due giovani erano uniti dallo stesso desiderio: "Our joint love for Africa and our concern for the welfare of our race urged us on to immediate action. Together we talked over the possibility of founding an organisation to serve the needs of the peoples of African origin."(17) Garvey e la compagna lavorarono duramente per creare la Universal Negro Improvment Association (UNIA), un'organizzazione che nelle loro intenzione doveva operare per il progresso e il miglioramento delle condizioni della razza nera e di cui Marcus divenne il presidente ed Amy segretaria. Garvey racconterà nell' autobiografia che questa particolare denominazione fu pensata al termine di una lunga conversazione con un connazionale che aveva recentemente visitato il Basutoland, l'attuale Lesotho, dalla quale venne a conoscenza dell' orribile trattamento che gli Africani subivano da parte dei colonizzatori: "He related to me in conversation such horrible and pitiable tales that my heart bled within me. Retiring from the conversation to my cabin, all day and the following night I pondered over the subject matter of that conversation, and at midnight, lying flat on my back, the vision and thought came to me that I should name the organization the Universal Negro Improvment Association and African Communites (Imperial) League. Thus to the world a name was born, a movement created, and a man became known."(18)
Agli esordi l'UNIA mancò dell'appoggio della popolazione di colore tanto che nel 1916 gli associati non erano più di cento. Anzi, ad opporsi al movimento erano soprattutto i cosiddetti "respectable Negroes", coloro che secondo Garvey non andavano orgogliosi della propria razza. Egli allora si trovò di fronte ad un bivio: "I had to decide whether to please my friends and be one of the 'black-whites' of Jamaica, and be reasonably prosperous, or come out openly and defend and help improve and protect the integrity of the black millions, and suffer."(19)
Dopo un anno di vita i pochi soci dell'UNIA fissarono come obbiettivo concreto quello di dar vita ad una scuola modellata sull'esempio americano del Tuskegee Institute(20) fondato da Booker T. Washington. La morte improvvisa di Washington, il 14 novembre del 1915, fece slittare di qualche mese il viaggio negli Stati Uniti che Garvey aveva programmato da tempo allo scopo di raccogliere fondi per la scuola.

2. Garvey e l'UNIA negli Stati Uniti


Le prime esperienze politiche

Le difficoltà incontrate in patria costrinsero il fondatore dell'UNIA a varcare i confini nazionali nel tentativo di trovare all'estero il sostegno economico che il pubblico giamaicano gli aveva negato. Se nell'isola caraibica i neri non avevano in alcun modo risposto al suo appello, negli Stati Uniti esistevano le condizioni sociali ed economiche ideali per un interessante sviluppo dell'associazione.
Garvey giunse a New York nel marzo del 1916 all'età di ventotto anni. Egli era un uomo basso e tarchiato ma con un carattere determinato e una grande fiducia nelle proprie capacità. Furono soprattutto le sue spiccate doti oratorie che gli permisero di diventare in poco tempo un personaggio di fondamentale importanza per una parte della comunità afroamericana e di sviluppare il più grande movimento di massa nero dell'epoca. Molte dichiarazioni, sia di sostenitori che di avversari politici, testimoniano questo suo particolare talento. J. Edgar Hoover, capo dell'FBI e tenace nemico del giamaicano lo descrisse come "an exceptionally fine orator." Robert Minor, inviato del partito comunista americano all'assemblea generale dell'UNIA nel 1924, sottolineò in un suo articolo: "I heard Garvey speak last night. He is one of the most powerful personalities that I have ever seen on the plataform."(21) E ancora, un giornalista del Panama-American dichiarò: "He would probably pass unnoticed in a crowd- until he speaks. He has the most precious of all bounties, the gift of eloquence; and as he speaks his small, dark brown eyes seem to grow, his even white teeth flash through black lips. His speech is smooth and unctuous, without any touch of the American twang despite his long residence in the United States. His English is that of an Oxford scholar and when he speaks - his hearers listen."(22)
Per un primo periodo il fondatore dell'UNIA alloggiò presso una famiglia di colore nel quartiere di Harlem e si guadagnò da vivere lavorando part-time in una tipografia. Nel corso del secondo decennio del Novecento gli Stati Uniti, soppiantando Panama, erano diventati la meta principale dell'immigrazione giamaicana. Tra il 1911 e il 1921 all'incirca trentamila immigrati si trasferirono dall'isola caraibica alle grandi città americane, soprattutto a New York. Negli anni Venti ad Harlem, dove viveva la più grande comunità afroamericana della metropoli newyorchese, un nero su cinque proveniva dalle Indie Occidentali.
Garvey ritrovò proprio ad Harlem il connazionale W.A. Domingo, compagno ai tempi del National Club con il quale aveva collaborato in passato alla stesura di The Struggling Mass, un opuscolo d'aspra critica della politica del governo giamaicano. Fu proprio Domingo ad introdurre Garvey alla lettura degli scritti dell'intellettuale nero Edward Wilmot Blyden e a presentarlo ad alcuni prominenti politici afroamericani. William Ferris, collaboratore del Champion Magazine e autore dell'opera The African Abroad or his Evolution in Western Civilization, e Hubert Harrison(23) mostrarono da subito grande disponibilità nell'aiutarlo.
Il 9 maggio 1916 Garvey tenne il primo discorso pubblico in terra statunitense. La sala della chiesa di St. Mark ospitò lo scarso pubblico, circa quaranta persone, radunato per ascoltarlo. Il debutto non fu certo dei migliori, dato che il giovane oratore, imbarazzato e turbato dalla maleducazione della platea, cadde dal palco. Tuttavia questo inconveniente non scoraggiò il presidente dell'UNIA il quale, pochi giorni dopo, partì per un lungo viaggio di promozione e raccolta fondi che lo portò in 38 stati. Agli esordi Garvey non ottenne un grande successo: in giugno era a Boston ed alla fine dell'anno aveva esposto le sue teorie a Filadelfia, Pittsburgh, Baltimora, Washington e Chicago. Nei primi mesi del 1917 raggiunse il Sud e si recò in visita al Tuskegee Institute.
Il manifesto che pubblicizzava l'arrivo di Garvey, in marzo, ad Atlanta lo descriveva così: "An orator of exceptional force, Professor Garvey has spoken to packed audiences in England, New York, Boston, Washington, Philadelphia, Chicago, Milwaukee, St. Louis, Detroit, Cleveland, Cincinnati, Indianapolis, Louisville, Nashville and other cities. He has travelled to the principal countries of Europe, and was the first Negro to speak to the Veterans' Club of London, England. This is the only chance to hear a great man who has taken his message before the world. Come out early to secure seats."(24)
Il 12 giugno 1917 Hubert Harrison, impegnato nell'attività di promozione della "Liberty League", invitò Garvey a parlare dinnanzi all'assemblea di duemila persone radunate nella Betel AME Church. Questa volta il giamaicano ottenne un buon successo che lo convinse ad organizzare regolari incontri dell' UNIA presso la Lafayette Hall, nel quartiere di Harlem. Nonostante l'entusiasmo iniziale le avversità non tardarono a presentarsi, anzi furono tali da portare al fallimento il primo tentativo di dar vita ad una sezione newyorchese dell'UNIA. Tony Martin, esperto studioso del movimento garveysta, sostiene che fu la volontà di alcuni esponenti Socialisti e Repubblicani di trasformare l'UNIA in un club politico a causarne la prima disfatta. Garvey da parte sua ricorderà nell'autobiografia: "They fought me until they smashed the first organization and reduced its membership to about fifty. I started again and in two months built up a new organization of about 1,500 members. Again the politicians came and divided us into two factions. They took away all the books of the organization, its treasury and all its belongings."(25)


Lo sviluppo del ramo newyorchese dell'UNIA

Per salvaguardare l'organizzazione dal dannoso intervento di faziosi politici Garvey, su richiesta dei pochi soci, accettò di diventare il presidente della divisione di New York. Tale nomina provocò un'importante trasferimento di poteri all'interno dell'UNIA: la sezione americana diventò allora il quartier generale superando per importanza la sede di Kingston.
Allora Garvey prese ad agire con rinnovato vigore e il 2 luglio del 1918 l'Associazione per il Progresso e il Miglioramento Nero venne riconosciuta dalle leggi dello stato del New York. L'UNIA cominciò a diffondere il suo messaggio anche in aree geografiche al di fuori degli Stati Uniti dove, in poco tempo, vennero fondate numerose divisioni. Oltre all'intensa azione propagandistica di Garvey, fondamentale per l'espansione internazionale dell'UNIA fu l'opera di alcuni marinai di colore che divulgarono i principi e le regole dell'organizzazione in tutto il continente americano e in Africa. I dati riportati in un registro dell'associazione ben evidenziano la distribuzione delle 996 divisioni dell'UNIA attive nel 1926. All'incirca i tre quarti si trovavano sul territorio statunitense e principalmente negli stati meridionali della Louisiana (74), della Virginia (48), del North Carolina (47) e del Mississippi (44). Le 271 sezioni esterne erano dislocate perlopiù a Cuba (52), a Panama (47), a Trinidad (30) e in Costa Rica (15).(26) Non ci sono invece dati certi sull'effettivo numero di soci iscritti nei registri dell'organizzazione nazionalista. Nel 1920 Garvey dichiarò di avere quattro milioni di seguaci; nel 1924 secondo il giamaicano i suoi sostenitori erano diventati sei milioni e nel 1928, nel vivo del periodo di profonda crisi, a suo avviso erano addirittura aumentati fino a undici milioni. Di tutt'altro spessore furono le stime avanzate dai critici. Nel gennaio del 1923 W.E.B. Du Bois calcolò tra i nove e i diciassette mila il numero dei soci dell'UNIA e nello stesso anno William Pickens affermò che l'associazione non aveva mai superato i trentamila membri.
Fermo restando l'incertezza sul numero dei soci possiamo affermare che la base sociale del movimento era comunque ampia. Negli Stati Uniti la maggior parte dei garveysti erano poveri immigrati provenienti dalle Indie Occidentali, ma vi erano anche professionisti, intellettuali e neri statunitensi che erano stanchi di sottostare al dominio economico e politico dell'elite bianca. Anche numerose donne entrarono a far parte dell'UNIA e alcune di loro seppero ritagliarsi uno spazio importante. Nonostante l'organizzazione fosse dominata dagli uomini Garvey creò due corpi femminili che avevano compiti di rilievo. Le Black Cross Nurses (Infermiere della Croce Nera), modellate sull'esempio della Croce Rossa, costituivano una divisione ausiliaria dell'organizzazione con compiti di soccorso e assistenza medica. L'Universal Motor Corps era invece un'unità militare formata esclusivamente da donne che conoscevano la disciplina militare ed erano in grado di guidare e riparare automezzi.
Tornando agli sviluppi iniziali del ramo newyorchese nel luglio del 1918 venne stampata la Constitution and Books of Laws, una vera e propria costituzione dell'organizzazione. Il preambolo affermava: "The Universal Negro Improvment Association is a social, friendly, humanitarian, charitable, educational, institutional, constructive and espansive society, and is founded by person, desiring to the utmost, to work for the general uplift of the Negroes people of the world."(27) Il documento elencava principi ed obiettivi dell'UNIA ma conteneva soprattutto una lunga serie di norme necessarie a regolare la vita dell'associazione. Nella costituzione veniva affermato che i membri dovevano obbligatoriamente essere persone d'origine africana devote alla causa della propria razza; sette di loro, unendosi e richiedendo il riconoscimento alla sede centrale, avrebbero potuto dar vita ad una divisione locale. Ogni singola sezione aveva il dovere di versare dei contributi mensili all'organizzazione centrale e il diritto d'essere rappresentata durante le annuali assemblee generali da un proprio delegato. Nel testo si stabiliva inoltre che nel corso della prima convention internazionale dell'UNIA si sarebbero svolte le elezioni dei deputati; quest'ultimi dovevano formare l'High Executive Council (Consiglio Esecutivo), ovvero l'organo direttivo che avrebbe stabilito la politica generale dell'associazione. Il Potentate era a capo del consiglio, formato tra l'altro anche da un Supreme Deputy, un President General e un High Commisioner, e possedeva grandi poteri decisionali. Il quinto articolo stabiliva infatti che: "he shall have constitutional authority, through his high offiice, to suspend, reduce or relieve any officer...he shall issue 'articles' or 'message' from time to time to the entire body of members of the UNIA ...he shall be empowered to confer titles, honors, orders of merit, degrees, or marks of distinction on any person who shall have rendered faithful service to the purposes of the UNIA."(28)
In questo periodo Garvey, nel tentativo di favorire una rapida diffusione delle sue idee, decise d'iniziare la pubblicazione di un settimanale. Il 17 agosto 1918 il primo numero del Negro World venne consegnato gratuitamente ai membri dell'UNIA e nel giro di poche settimane si distinse come una delle migliori pubblicazioni afroamericane, distribuito anche fuori dai confini statunitensi.


La Black Star Line

Il 1919 rappresentò per il movimento garveysta un anno di grande importanza. In un articolo pubblicato sul New York Call del 27 aprile il presidente dell'UNIA reclamizzò per la prima volta un nuovo ed ambizioso progetto: la creazione della Black Star Line (BSL), ovvero di una linea di navigazione completamente gestita dai membri dell'associazione. Nella visione di Garvey le navi della BSL avrebbero dovuto trasportare le merci, le materie prime e i manufatti prodotti dagli imprenditori di colore dell'Africa, dei Caraibi e del Nord America diventando così il pilastro di un mercato di scambio globale fra tutte le popolazioni nere del mondo. Perciò da quel momento il nuovo e principale obiettivo dell'associazione diventò la raccolta di fondi per acquistare al più presto la prima imbarcazione della flotta. Il 23 giugno le autorità del Delaware riconobbero legalmente la BSL come società per azioni con un capitale massimo di $500.000 suddiviso in azioni da cinque dollari ciascuna. Il terzo paragrafo del Certificato di Incorporazione stabilì che la BSL era costituita "for the purpose of building for its own use, equipping, furnishing, fitting, purchasing, chartering, navigating or owing steam, sail or other boats, ships, vessels or other property, to be used in any lawful business, trade, commerce or navigation upon the ocean, or any seas, sounds, lakes, rivers, canals or other waterways and for the carriage, transportation or storing of lading, freight, mails, property or passenger thereon."(29)
Garvey si dichiarò subito ottimista riguardo la risposta del popolo nero: "Two Million Dollars must be raised in four months, starting from Sunday the 8th inst., and I trust every man, woman and child in these United States, Canada, South and Central America, the West Indies and Africa, will respond in the true spirit of this universal appeal."(30) Secondo i piani del presidente dell'UNIA il 31 ottobre la BSL avrebbe dovuto presentare agli azionisti la prima nave.
Le reazioni che seguirono a questo annuncio furono differenti. Come osservato anche dagli agenti dell'FBI la comunità afroamericana era pervasa da un'atmosfera di grande eccitamento. Uno degli investigatori sottolineò preoccupato: "It is surprising to note the excitement which Garvey is causing among the negro element in New York truh this steamship proposition. With the promise of 'partecipation in the world's trade' he has induced these negroes to part with their money up to the present to the extent of $25.000 we are informed. A list of contributors published in his newspaper indicates that is campaign in nation-wide, the out of town negroes being handled thru the mails."(31) Per il governo statunitense tutto ciò suonò come un campanello d'allarme che lo indusse a scatenare contro l'UNIA un'offensiva condotta dall'assistente del Procuratore Generale, Edwin Kilroe, e fomentata dalle diffamazioni degli avversari politici afroamericani di Garvey. Il giamaicano venne ripetutamente convocato nell'ufficio di Kilroe ed interrogato su questioni che spesso non riguardavano l'associazione ma vicende della sua vita privata. Dopo che per otto, nove volte si ripeté la stessa scena il presidente dell'UNIA contrattaccò attraverso le pagine del Negro World. Allora venne denunciato per diffamazione e prontamente arrestato. Solo dopo aver ritrattato ciò che aveva scritto venne rilasciato.
Garvey, abile oratore, non perdeva occasione per invitare i soci dell'UNIA ad acquistare le azioni della BSL. Egli assicurava ai suoi sostenitori che investire in questo modo i propri risparmi avrebbe valso un ottimo guadagno: "The Black Star Line Corporation presents to every Black Man, Woman, and Child the opportunity to climb the great ladder of industrial and commercial progress. If you have ten dollars, one hundred dollars, or one or five thousand dollars to invest for profit, then take out shares in the Black Star Line, Inc. This corporation is chartered to trade on every sea and all waters. The Black Star Line will turn over large profits and dividends to stockholders, and operate to their interest even whilst they will be asleep."(32)
La prospettiva di una nave gestita esclusivamente da neri non impressionò comunque né i circoli imprenditoriali di Harlem né la maggior parte dei leader afroamericani che considerarono il progetto della BSL come un semplice tentativo di rubare dei soldi alla povera gente. La risposta concreta di Garvey alle pesanti accuse di ladrocinio non si fece attendere: a metà settembre annunciò con orgoglio che la prima nave della compagnia poteva essere visitata all'attracco portuale della 135 West. L'assistente del Procuratore Generale, una volta scoperto che la BSL non aveva ancora definitivamente acquistato la nave pubblicizzata come propria, convocò Garvey e lo avvertì che stava rischiando di commettere il reato di frode commerciale. Allora il giorno seguente, il 17 settembre, il direttivo della BSL concluse le trattative in corso con la North American Steamship Corporation, una consociata canadese della Harris Magill and Company, e acquistò definitivamente per una cifra di $165.000 una piccola nave da carico, la S.S. Yarmouth che nel corso della guerra era stata utilizzata per trasportare cotone. In realtà l'imbarcazione, date le sue pessime condizioni, non aveva un valore superiore ai $25.000.
La necessità di vendere azioni della compagnia obbligò Garvey ad un'azione di propaganda notevole. Una delle città americane dove viveva allora una delle più grandi comunità afroamericane era Chicago. Nella capitale dell'Illinois l'UNIA decise di impegnarsi in un'imponente campagna pubblicitaria nella speranza di raccogliere più denaro possibile. Gli sforzi dell'associazione furono però in parte vanificati dall'atteggiamento ostile del Chicago Defender, un importante settimanale afroamericano che al momento dell'acquisto della Yarmouth ricordò sarcasticamente ai lettori il totale fallimento di un progetto per molti aspetti simile a quello della BSL, l'Akym Trading Company di "Chief Sam"(33) . A fine settembre, salito sul palco dell'Eighth Regimental Armory per invitare il pubblico a comprare azioni, Garvey ebbe l'occasione di replicare accusando l'editore del Chicago Defender, Robert S. Abbott d'essere un traditore della razza. Al termine del discorso il presidente dell'UNIA fu arrestato per violazione della "Blue Sky Law", una legge statale che vietava la vendita non autorizzata di azioni. Certamente Abbott non fu estraneo alla vicenda anche se Garvey, rilasciato dopo aver pagato una multa di $100, attribuì le responsabilità dell'inconveniente all'incompetenza dei suoi avvocati.
Nell'ottobre dello stesso anno accadde un episodio che pubblicizzò favorevolmente il personaggio di Garvey. Un certo George Tyler, ex dipendente dell'UNIA, si recò nell'ufficio del presidente dell'associazione per reclamare il saldo d'un presunto credito di 25 dollari. Innervosito dalla resistenza incontrata nel vecchio capo, estrasse una pistola dalla quale fece partire quattro colpi. Solamente due andarono a bersaglio: uno sfiorò la fronte di Garvey, l'atro lo ferì alla gamba destra. Tyler, dopo un tentativo di fuga per le vie di Harlem fu arrestato e dopo pochi giorni, prima del processo, si suicidò nella sua cella. La stampa afroamericana diede grande risalto all'accaduto e Garvey divenne una sorta di martire per una parte della comunità nera.
Nel frattempo le operazioni d'organizzazione della BSL procedevano a pieno ritmo. Il primo novembre il presidente dell'UNIA notificò a Josuha Cockburn, un nero nativo delle Bahamas che aveva lavorato a lungo su navi nigeriane e per altre compagnie africane, la nomina a comandante della nave Yarmouth, prontamente ribattezzata S.S. Frederick Douglass.(34) In questo modo la compagnia di navigazione riuscì ad assicurarsi i servizi di uno dei pochi capitani di colore che possedevano una regolare licenza.
Il 5 novembre, sulle ali dell'entusiasmo, Garvey annuniciò l'imminente acquisto di una seconda imbarcazione: "The first step, the S.S. Frederick Douglass is now afloat, and it is the determination of the directors to float a ship every two months, and we have decided to float the second ship, wich will be named the S.S. Phyliss Wheatley,(35) on the first of January, 1920, and I am now asking the hearty co-operation of every Negro, in every part of the world, to do his best and her best to make the Phyliss Wheatley as great as a success as the S.S. Frederick Douglass."(36)
Alla fine di novembre la prima nave della BSL era pronta per affrontare il viaggio inaugurale. Più di cinquemila neri affollarono il molo della 135esima strada e molti di loro pagarono la quota di un dollaro per salire a bordo e osservare da vicino l'equipaggio che si preparava alla partenza. Tutto sembrava pronto quando Leo Healy, il rappresentante della Harris Magill Company, sopraggiunse vietando al capitano di partire fino a quando la BSL non avesse fornito adeguate coperture assicurative. Resosi conto che un eventuale annullamento del viaggio avrebbe potuto provocare delle pericolose reazioni della folla, Healy decise di permettere comunque alla nave di salpare regolarmente, a patto che gli fosse concesso di salire a bordo insieme al capitano della North American Steam Corporation per controllare la situazione. Imbarcati i due nuovi passeggeri la nave finalmente partì. Il primo viaggio fu inaspettatamente breve: giunti in prossimità del fiume Hudson Healy, allarmato dalle insicure condizioni dell'imbarcazione, ordinò di bloccare la nave e di tornare al porto. Pochi giorni dopo, regolate le questioni assicurative, la Frederick Douglass poté riprendere il viaggio interrotto.
Nel frattempo importanti novità segnavano anche la vita privata di Garvey. Il 25 dicembre 1919 all'interno della Liberty Hall di Harlem si celebrarono le nozze tra Marcus ed Amy Ashwood. La ragazza aveva raggiunto l'amato a New York e si era distinta ben presto come una delle figure femminili più attive all'interno dell'organizzazione. I due sposi trascorsero la loro luna di miele in Canada dove Garvey si impegnò in diverse iniziative di promozione dell'UNIA . Il matrimonio, segnato da episodi di infedeltà reciproca, durò solo due mesi. Dopo lunghe vicende processuali i due divorziarono nel giugno del 1922, un mese prima della celebrazione delle seconde nozze di Marcus con Amy Jacques.
Nei primi mesi del 1920 il direttivo dell'UNIA intensificò le iniziative economiche. In primo luogo si impegnò, su proposta dell' intraprendente mediatore Leon R. Swift, nell'acquisto di un battello, il S.S. Shadyside. Nonostante fosse stato costruito nel 1873, dei lavori di riparazione ed ammodernamento l'avevano riportato in buone condizioni. Garvey contrattò l'acquisto ad un valore di $35.000. L'imbarcazione, nelle intenzioni della BSL, doveva compiere delle rinfrescanti gite estive lungo il fiume Hudson dando così anche alle famiglie afroamericane la possibilità di evadere dalle soffocanti giornate estive newyorchesi. Questa volta Garvey fu costretto a scegliere un bianco come capitano, Jacob Wise, data la mancanza di neri in possesso di regolare licenza. Il 22 aprile il battello partì per la sua prima escursione. Pochi giorni dopo Garvey attraverso le pagine del Negro World annunciò che la BSL era in procinto di acquistare una terza nave, da ribattezzare S.S. Antonio Maceo.(37) Leon R. Swift propose al direttivo della compagnia l'acquisto della S.S. Kanawha, uno yacht a vapore di proprietà di un ricco magnate padrone della Standard Oil. Il prezzo dell'operazione prevedeva $60.000 per l'acquisto ed altri 25.000 necessari per adibire l'imbarcazione al trasporto di persone e di merci. Il direttivo della BSL accettò l'offerta e decise di destinare questa nave a veloci spedizioni tra gli Stati Uniti e i Caraibi. Il 20 giugno 1920 la Antonio Maceo partì per il suo viaggio inaugurale.

La prima assemblea internazionale dell'UNIA

La strutturazione dell'UNIA garantiva alle singole divisioni dell'associazione ampia autonomia nei confronti del quartier generale newyorchese e piena libertà d'interpretazione degli obiettivi generali. Le diverse sezioni sparse nel mondo organizzavano settimanalmente degli incontri durante i quali i soci discutevano dei piccoli e grandi problemi che affliggevano la comunità nera locale; talvolta i membri erano spettatori o parte attiva di manifestazioni culturali che spesso si rifacevano alle antiche tradizioni dei gloriosi regni africani. Le singole divisioni erano economicamente indipendenti: gestivano in proprio piccole attività imprenditoriali, raccoglievano tasse tra i loro associati, versavano regolari contributi alla sede centrale. La forte decentralizzazione dell'associazione obbligava però i dirigenti del quartier generale di New York ad una costante opera di controllo e collaborazione.
Allo scopo di unificare gli sforzi dell'UNIA Garvey organizzò nell'estate del 1920 la Prima Convention Internazionale. Vi presero parte all'incirca duemila delegati provenienti da ventidue nazioni che durante tutto il mese d'agosto nel corso di regolari sessioni giornaliere discussero e lavorarono a numerosi progetti. L'assemblea si aprì il primo del mese tra servizi religiosi ed una mastodontica parata per le vie di Harlem. Più di cinquemila associati marciarono ordinatamente formando un lungo e folcloristico corteo che si estese dalla 130esima sino alla 140esima strada. Davanti a tutti sfilarono Garvey e gli alti ufficiali dell'UNIA. A seguire il sindaco di Monrovia, giunto appositamente dalla Liberia, la "Legione Africana" - il corpo militare dell'associazione - e le "Black Cross Nurses" - le infermiere -. Nel mezzo del corteo la banda dell'UNIA suonava e cantava inni all'Africa.
Nella giornata d'apertura della convention il presidente accolse i delegati con parole di grande determinazione: "The delegates who came to New York have absolutely nothing to fear. There is no race or nation in the world that can intimidate the present day Negro. The New Negroes'cry is that we must have liberty or death. We are men. We were sent to France and Flanders and Mesopotamia by the white man to fight for democracy. That democracy we have not yet won, and we will continue to fight for it until we have completely won it for ourselves. We refuse to beg or cringe any longer; we demand our rightful palce in the sun."(38)
La sera successiva i delegati si riunirono all'interno del Madison Square Garden per ascoltare nuovamente le parole del loro leader; quando Garvey salì sul palco vestito con una colorita toga ed uno sgargiante cappello venne accolto da un'ovazione che durò cinque minuti. Il giamaicano, che aveva sempre manifestato pieno appoggio alle lotte nazionaliste combattute in quegli anni da diversi popoli oppressi, esordì mostrando al pubblico due telegrammi. Uno era stato spedito all'UNIA da un certo Louis Micheal, un ebreo di Los Angeles il quale affermava: "there is no justice and peace in this world until the Jew and the Negro both control side by side Palesatine and Africa." L'altro era invece da inviare a Edmund De Valera, presidente della repubblica Irlandese, e dichiarava: "25.000 negro delegates assembled in Madison Square Garden in mass convention, representing 400.000.000 Negroes of the world, send you greetings as President of the Irish Republic. Please accept sympathy of Negroes of the world for your cause. We believe Ireland shall be free even as Africa shall be free for the Negroes of the world. Keep up the fight for a free Ireland."(39)
I numerosi discorsi tenuti da Garvey nel corso della convention affrontarono più volte la questione del nazionalismo africano. Il concetto, ben espresso nello slogan "Africa for the Africans", esprimeva la volontà dei soci dell'UNIA di costituire uno stato africano libero e indipendente. Un chiaro avvertimento venne lanciato nei confronti di coloro che si opponevano a questo progetto, e in particolar modo all'uomo bianco che da sempre ne ostacolava la realizzazione. Da quel momento in poi i neri, suggerì Garvey, non avrebbero più dovuto versare sangue in battaglie combattute agli ordini di comandanti bianchi e in nome della tanto sbandierata democrazia.
I concetti espressi dal presidente dell'UNIA e la loro crescente diffusione cominciarono a preoccupare autorità importanti. Il legislatore dello stato di New York citò il leader giamaicano nel "Lusk Report", un documento d'approfondimento dei più pericolosi movimenti radicali del momento. L'assistente del Procuratore Kilroe, nel tentativo di bloccare i lavori dell'assemblea, chiamò in causa Garvey per delle dichiarazioni apparse sulle pagine del Negro World. Il giudice lo condannò ma fu clemente: decise che era sufficiente la pubblicazione di un articolo in cui il colpevole ritrattava tutto ciò che aveva precedentemente scritto. D'altra parte, anche influenti personalità afroamericane quali i socialisti Owen e Randolph, il celebre intellettuale Du Bois e il direttore del New York Age Moore rilasciarono interviste nelle quali accusarono Garvey, all'apice del successo personale, d'essere un ignorante e un demagogo.(40)
Nonostante la crescente opposizione nei confronti del loro presidente, i delegati riuscirono a lavorare alla stesura della Declaration of Rights of the Negro People of the World, e renderla pubblica il 13 agosto del 1920. Il testo era costituito da una prefazione di dodici "osservazioni critiche" sulla condizione universale dei neri e da cinquantaquattro articoli che denunciavano l'atteggiamento di discriminazione e razzismo adottato contro l'intera razza. Pari opportunità economiche, politiche e sociali ed un'unica legge applicata costantemente era ciò che i membri dell'UNIA chiedevano. I delegati delle diverse divisioni elessero inoltre i rappresentanti nazionali ed internazionali dell'associazione. Garvey venne designato "Provisional President of the African Republic", una sorta di governatore africano in esilio. Per aiutarlo nella sua funzione furono eletti un "Supreme Potentate" ed un "Supreme Deputy Potentate". James W. H. Eason, un predicatore di Philadelphia, fu scelto come leader dei neri d'America che, nelle intenzioni dell'associazione, a breve avrebbe dovuto risiedere nella "Black House" di Washington. George Alexander Mc Guire venne eletto "Chaplain General" dell'UNIA mentre l'attivissima Henrietta Vinton Davis divenne "International Organizer" e "Lady Commander of the Sublime order of the Nile". Tra i più importanti aderenti al movimento garveysta spiccava la figura di Emmett J. Scott, un tempo segretario privato di Booker T. Washington, e impiegato durante il conflitto mondiale presso il Ministero della Guerra. Gli stessi delegati determinarono il valore degli stipendi dei diversi ufficiali commettendo il fatale errore di sottovalutare la delicatezza della questione economica. Il direttivo dell'UNIA sfruttò i giorni delle convention per vendere numerose azioni delle diverse imprese che si trovava a gestire. Per stimolare ulteriormente gli investimenti da parte dei membri vennero coniate delle medaglie: una croce di bronzo sarebbe stata consegnata a chi sottoscriveva azioni per un valore tra i 50 e i 100 dollari, una d'argento per chi investiva tra i 100 e i 500 ed, infine, una d'oro per chi superava l'ammontare di 500 dollari in titoli. Giunta al termine della prima convention internazionale, l'UNIA ne uscì rafforzata e Garvey conquistò la ribalta della scena mondiale.

Il "Liberian Construction Loan"


Nel corso dei lavori della grande convention estiva i soci dell'UNIA cominciarono ad esprimere la volontà di creare nel continente nero uno stato autonomo, totalmente indipendente dalle potenze coloniali e governato da "africani" - termine con il quale Garvey non intendeva solo gli abitanti dell'Africa ma tutti i neri dislocati nelle varie zone del mondo-. Nell'ottobre del 1920 il direttivo dell'associazione decise d'impegnarsi concretamente nella realizzazione di questo progetto tanto affascinante quanto di difficile attuabilità. In uno dei periodici rapporti stilati per il servizio investigativo federale l'agente P-138 informò i superiori di questo nuovo piano.(41) In conclusione del suo resoconto aggiunse poi delle considerazioni sulle non buone condizioni economiche dell'associazione: "If rumors are true, the financial bottom is sure to be dropped out of his organization very soon..."(42) In effetti, pare che proprio in questo periodo di innegabile popolarità Garvey e gli altri dirigenti dell'UNIA si lasciarono sopraffare da manie di grandezza senza considerare con la dovuta attenzione i delicati equilibri finanziari dell'organizzazione.
Incurante di tutto ciò Garvey invitò i suoi fedeli alla raccolta di $2.000.000 per la concretizzazione di un progetto di colonizzazione e riabilitazione dello stato liberiano. Il "Liberian Construction Loan" puntava in primo luogo alla realizzazione in Liberia di una rete ferroviaria di collegamento fra i più importanti centri del paese, alla costruzione di scuole, università , chiese, fabbriche, porti e altre infrastrutture necessarie ad uno stato forte e indipendente. Il piano finale del presidente dell'UNIA era quello di permettere ai neri che vivevano in Occidente di tornare nel continente africano in uno stato libero dal dominio dei bianchi. Il "Supreme Deputy" dell'UNIA Gabriel Johnson lavorò duramente tanto che nel gennaio del 1921 venne riconosciuta dalla legislazione liberiana la presenza di una divisione locale dell'UNIA. Il primo febbraio del 1921 una commissione d'esperti dell'UNIA partì per la Liberia dove guidata da Cyril A. Crichlow, avrebbe dovuto valutare accuratamente la situazione nelle regioni dove si intendeva cominciare il lavoro di costruzione.


Una nave per l'Africa

Nel frattempo negli Stati Uniti al leader dell'UNIA cominciò a venir meno l'appoggio incondizionato dei suoi sostenitori. Lo testimonia ad esempio la dichiarazione rilasciata da uno degli investigatori federali che seguiva assiduamente le mosse del giamaicano: "I am strongly of the opinion that the sentiment has changed somewhat against Garvey among a certain group of his followers who are getting bit nervous about their investment. From now on I would not be a bit surprised to see a sudden collapse of the steamship proposition, and a decided reversal of sentiment towards Garvey."(43) In effetti l'attività della BSL procedeva tra mille problemi: il bilancio consuntivo del 1920 svelò che nel corso dell'anno la compagnia di navigazione aveva raccolto attraverso la vendita e la sottoscrizione d'azioni $610.860. Il totale degli investimenti effettuati, comprendenti beni immobili, equipaggiamento e l'acquisto di tre navi (Douglass, Kanawha e Shadyside), ammontava però a soli $328.190. Il prospetto risultava in pareggio grazie a delle poco chiare "spese organizzative" di $289.066.
Un altro episodio sintomatico delle difficoltà sempre maggiori dell'UNIA risale ai primi di ottobre del 1920 quando Garvey si recò a Philadelphia per incontrare i membri della sezione locale. I cinquecento che affollavano la "Peoples Church" protestarono violentemente contro l'oscura gestione dei fondi finanziari dell'associazione e costrinsero il giamaicano ad uscire scortato dal corpo armato dell'UNIA. Il giamaicano compresa la delicatezza della situazione cercò di riconquistare immediatamente la fiducia dei suoi fedeli promettendo loro l'acquisto di una nuova nave che, almeno nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto collegare il continente americano all'Africa. L'11 ottobre in un editoriale pubblicato sul Negro World annunciò: "…on January 1, 1921, we plan to launch the 'Phyllis Weathley' and send the first trading ship manned and owned by Negroes and the pioneers of Africa".(44)
La necessità di reperire denaro per l'acquisto di una nuova nave costrinse i dirigenti dell'UNIA ad intensificare notevolmente l'attività di propaganda, e ciò fu fatto soprattutto al di fuori degli Stati Uniti. A partire dal 1919 in tutta la regione centroamericana e nelle isole caraibiche il messaggio di Garvey si era diffuso con notevole successo e grande rapidità. A metà degli anni Venti a Cuba erano attive 52 sezioni dell'associazione costituite perlopiù da immigrati haitiani o cittadini provenienti da isole in mano agli inglesi. Solo tra il 1921 e il 1922 all'incirca ventiduemila giamaicani erano giunti a Cuba, la maggior parte dei quali trovò impiegò nelle piantagioni di zucchero. Le disumane condizioni di lavoro alle quali gli immigrati erano costretti a sottostare e l'indifferenza con la quale il governo locale sorvolava la questione dei loro diritti li spinsero ad associarsi all'UNIA che divenne più che un'organizzazione una sorta di partito politico, l'unico che a Cuba difendeva gli interessi dei lavoratori. A Trinidad e Tobago erano presenti altre trenta divisioni dell'associazione, in Giamaica undici, a Panama quarantasei, in Costa Rica ventitre.
Dato il notevole apprezzamento Garvey decise di compiere un viaggio di promozione dei progetti dell'UNIA proprio in quei paesi. Il capo dell'FBI, J. Edgar Hoover, decise di approfittare della partenza del giamaicano per realizzare un piano personalmente congeniato: una volta uscito dai confini nazionali, a Garvey, che non aveva ancora completato le pratiche per diventare cittadino americano e quindi era ancora a tutti gli effetti un semplice immigrato, sarebbe stato negato il visto di rientro in modo tale da escluderlo per sempre dalla vita politica statunitense. Lo stesso Hoover che a questo scopo aveva intessuto una fitta ragnatela di collaborazione con tutte le autorità preposte al rilascio di visti e permessi d'ingresso negli Stati Uniti, chiarì le sue intenzioni al Commissioner General of Immigration Anthony Caminetti: "My purpose in communicating with you is to ask your cooperation and assistance in having the immigration authorities, at the various ports of entry on the Atlantic and Gulf coasts, on the lookout for the return of Garvey, who is a British subject and who should be closely questioned and examined before being allowed to again enter the United States."(45)
L'offensiva contro Garvey non era comunque un'azione isolata, bensì faceva parte di una strategia repressiva che il governo statunitense adottò contro tutti i movimenti di natura sovversiva allora presenti sul territorio nazionale. Tale atteggiamento venne adottato a partire dal 1919 in seguito allo scoppio della cosiddetta "Red Scare", ovvero di un clima di generale isteria che portò le forze conservatrici della società americana a intravedere dietro ogni sostenitore di idee progressiste o comunque differenti dalle loro il pericolo della rivoluzione comunista.
Garvey partì comunque per il lungo tour di promozione della BSL. In Giamaica i suoi discorsi infiammarono le platee di ascoltatori tanto che il Console americano che risiedeva a Kingston avvertì preoccupato il Dipartimento di Stato dell'abilità del presidente dell'UNIA nel far lievitare l'antagonismo razziale. Per evitare lo scoppio di disordini in una zona nevralgica per la politica estera americana quale il Centro America, le autorità statunitensi agirono immediatamente impedendo al pericoloso politico l'ingresso a Panama. Il viaggio risultò comunque un grande successo personale per Garvey e finanziario per l'UNIA. In Costa Rica il leader nero fu accolto dal presidente della repubblica Acosta con gli onori riservati ai più prestigiosi capi di stato. Il general manager della United Fruit Company stimò che in pochi giorni l'associazione aveva raccolto nel territorio costaricano una somma di circa $30.000.
Al momento di rientrare negli Stati Uniti la situazione si complicò. Le manovre del capo dell'FBI costrinsero il leader giamaicano ad un esilio forzato di cinque mesi, un periodo ben più lungo delle tre settimane preventivate all'inizio del viaggio. Solo la disattenzione di un console da poco in carica e una serie fortunata di eventi permisero a Garvey il ritorno sul suolo statunitense. Il 13 luglio a bordo di una nave giunse al porto di New Orleans dove venne trattenuto dai responsabili dell'ufficio immigrazione che però, dopo aver constato la regolarità del visto di rientro, furono costretti a lasciarlo andare. Poche ore dopo il presidente dell'UNIA tenne un discorso davanti ad una folla di sostenitori che lo aveva accolto festante al rientro. Il tono e il significato delle parole da lui pronunciate allora svelarono però quanto profondamente l'offensiva di Hoover lo avesse scosso e portato ad un a sorta di ripensamento politico. Garvey non fece inviti alla rivolta e alla disobbedienza ma esortazioni a rispettare la legge americana e ad abbandonare comportamenti radicali: "I am not preaching radicalism. I advise you to obey the laws of your country, or you wish you had. Will respect ownership of whites in England, France and America, but if all are not our color in Africa, we will recognize no one."(46) Un'agente investigativo sottolineò: "for some unknown reason all the officials of the Black Star Line and Garvey's other organizations seem to have undergone a change of mind. They are very patriotic in their speeches and have eliminated all the anti-white talks."(47)
Nel frattempo il 7 marzo 1921, pochi giorni dopo la partenza di Garvey per il Centro America, era giunta a New York una commissione liberiana, guidata dal presidente della repubblica Charles D.B. King, allo scopo di negoziare con il governo americano un prestito di cinque milioni di dollari. Al loro arrivo i quattro politici africani trovarono ad accoglierli una piccola delegazione dell'UNIA, orfana però del loro presidente. Per molti associati fu incomprensibile il fatto che Garvey non fosse presente proprio nel momento in cui avrebbe potuto trovare un accordo fondamentale per la realizzazione del progetto di costruzione in Liberia. In realtà lo stesso comportamento di King nei confronti dell'UNIA non fu mai totalmente chiaro. Nell'aprile del 1921, ad esempio, egli espresse dei forti dubbi sulle aspirazioni politiche e l'integrità finanziaria dell'associazione garveysta sottolineando il fatto che le potenze coloniali, in particolare Francia ed Inghilterra, cominciavano a manifestare la loro disapprovazione nei confronti del rapporto di collaborazione tra il governo liberiano e il movimento nazionalista nero.
Totalmente all'oscuro delle divergenze tra le due parti interessate alcuni membri dell'UNIA raccolsero l'invito di Garvey e si presentarono a New York con le valigie in mano pronti per salpare per la Liberia. Molti tra loro avevano venduto tutto ciò che possedevano per poter assicurarsi il biglietto tanto desiderato. A quel punto, onde evitare ulteriore imbarazzo e la severa condanna della comunità afroamericana, l'UNIA dovette annunciare sulle pagine del Negro World che la partenza della nave per l'Africa - l'imbarcazione in realtà non era ancora stata acquistata- era posticipata di un mese. Nel frattempo il programma di costruzione sul territorio liberiano, che fin dagli inizi era proceduto a rilento, sembrò fallire totalmente quando il capo della commissione dell'UNIA, Cyril A. Chrichlow, presentò le dimissioni. Le condizioni di lavoro in Liberia, come spiegò in una lettera del 20 giugno, erano praticamente impossibili e la sua autorità non veniva assolutamente riconosciuta dai politici locali.
Una volta rientrato a New York, Garvey dovette affrontare alcune delicate questioni. Era ormai imminente l'apertura della Seconda Convention Internazionale dell'organizzazione. I delegati giunti ad Harlem nell'agosto del 1921 si dimostrarono ansiosi di conoscere le reali condizioni finanziarie della BSL; le risposte fornite da Garvey non furono mai troppo esaustive cosicché molti tra loro cominciarono a protestare vivacemente. Il clima si fece così teso che il vicepresidente Orlando Thompson confessò ad un agente in borghese di temere addirittura di poter essere assassinato da un giorno all'altro da qualche disperato azionista. Il capo della sezione UNIA di Los Angeles, Noah D. Thompson, deluso, come buona parte degli associati della divisione locale, dalle vane promesse fatte da Garvey decise di fondare una nuova organizzazione, la Pacific Coast Improvment Association. Il leader giamaicano, nella speranza di placare le critiche sempre più pesanti e di evitare ulteriori scissioni, raccomandò al vicepresidente di concludere al più presto le trattative avviate con il Dipartimento della Marina per l'acquisto della S.S. Orion. Thompson, non certo un esperto nel campo della navigazione, si affidò ad uno scaltro mediatore, un certo Silverstone. Il 30 agosto 1921 il broker concesse alla BSL un prestito di $10.000, con un interesse di $1.000, necessario per l'acquisto dell'imbarcazione, che la compagnia si impegnò a restituirgli entro due mesi. Anche in questo caso delle oscure vicende, chiarite solo in parte durante la successiva vicenda processuale, portarono alla scomparsa di ingenti quantitativi di denaro, circa $10.000, che dovevano essere versati dal vicepresidente nelle casse del Dipartimento della Marina statunitense.
Oltre alla mancanza di sufficienti capitali, un altro fattore complicò la non facile trattativa. Ai primi di settembre del 1921 l'agente dell'FBI, Frank Burke, pregò vivamente il responsabile del Dipartimento della Marina, A.J. Frey, di riconsiderare la decisione di vendere la Orion alla compagnia di Garvey in quanto quest'ultimo era "President of the Universal Negro Improvment Association, the communist party which is affiliated with the Russian soviet Government and had been for several years a radical agitator in the organization of which he is a member. He advocates and teaches the over-throw of the United States Government by force and violence."(48) L'ostruzionismo dell'FBI contribuì, e non poco, ad intralciare ulteriormente le trattative. Il Dipartimento della Marina infatti impiegò ben sei mesi per preparare il contratto di vendita per l'Orion ad un prezzo lievitato di $450.000 a ragione di "extraordinary performance bond". A queste condizioni, anche se era stato già versato un acconto di $22.500, la BSL decise di ritirarsi. Una volta fallita definitivamente la contrattazione con il Dipartimento della Marina, numerosi critici si scagliarono contro Garvey. Tra tutti Cyril V. Briggs(49) fu uno dei più feroci. L'editore del Crusader si informò presso il Ministero del Commercio sulla condizione delle navi della BSL. L'ufficio della Marina rispose negando d'avere a registro informazioni riguardanti la Phyllis Wheatley e l'Antonio Maceo (Kanawha). A questo punto Briggs attraverso le pagine del suo giornale legittimamente interrogò la comunità afroamericana: perché la BSL vendeva biglietti per viaggi da compiere su navi che non gli appartenevano?


Dal processo alla deportazione

Le difficoltà del 1922 segnarono per Garvey e l'UNIA l'inizio di un periodo d'inesorabile declino. La politica repressiva adottata allora dal governo statunitense contro i movimenti considerati sovversivi, le pesanti accuse di molti politici afroamericani e le vivaci proteste di alcuni azionisti della BSL spinsero le autorità giudiziarie nazionali ad investigare accuratamente sulla gestione economica dell'associazione e delle sue diverse attività imprenditoriali. Il 12 gennaio Oliver B. Williamson, un ispettore dell'ufficio postale denunciò il politico giamaicano per la presunta violazione della sezione 215 del codice penale statunitense, ossia per frode postale. Più specificatamente, secondo l'accusa Garvey si era servito della posta per pubblicizzare la vendita d'azioni della BSL anche quando era consapevole dell'inevitabile fallimento della compagnia di navigazione. Il presidente dell'UNIA, costantemente ossessionato dalla paura di complotti e cospirazioni, accusò i suoi numerosi avversari politici afroamericani d'aver organizzato questo piano in collaborazione con il governo statunitense per toglierlo di mezzo.
Nonostante tutto rimase ottimista e si dichiarò pronto a sconfiggere i nemici. Le sue speranze in realtà si rivelarono vane quando, in seguito alle vicende processuali, il 15 febbraio 1922 la corte del Distretto Meridionale di New York imputò Elie Garcia, George Tobias, Orlando Thompson e lo stesso Marcus Garvey di dodici capi d'accusa. Il processo fu procrastinato e gli accusati rilasciati su cauzione in attesa dello svolgimento di più accurate indagini investigative. A questo punto il direttivo dell'UNIA fu costretto a dichiarare ufficialmente sospese le attività della BSL.
In un momento così delicato per la sopravvivenza della sua associazione Garvey commise un grave errore: incontrò segretamente l'Imperial Wizard Knight del Ku Klux Klan, Edward Young Clarke. Il KKK era un'organizzazione razzista e xenofoba che nel 1871 era stata soppressa dalla legislazione americana. Ciononostante durante la prima guerra mondiale nel sud degli Stati Uniti alcuni fanatici lavorarono alla sua ricostruzione e nell'arco di un anno, dal 1915 al 1916, raggrupparono più di centomila membri. Neri, ebrei, giapponesi e orientali in genere, cattolici e tutti coloro che non erano nati nello stato americano erano considerati nemici da combattere ed eliminare con la forza e la violenza. Gli aderenti al movimento, che durante le spedizioni punitive bruciavano croci e vestivano tuniche con cappucci bianchi, odiavano gli afroamericani e consideravano gli Stati Uniti una nazione per i bianchi. Garvey, in un messaggio inviato ai membri radunati nella Liberty Hall di Harlem il 25 giugno del 1922, ammise pubblicamente di essersi incontrato con il leader del Klan e di aver riscontrato, paradossalmente, una certa similarità di vedute: "He believes America to be a white's man country, and also states that the Negro should have a country of his own in Africa." Il vero obiettivo del faccia a faccia non fu mai svelato anche se, secondo le testimonianze di Walter F. White, "Assistant Secretary" del NAACP (National Association for the Advancement of the Colored People), i due leader si incontrarono per stabilire un accordo che, da una parte garantiva all'UNIA il permesso e la protezione del Klan per la vendita d'azioni negli stati meridionali e, dall'altra, l'impegno di Garvey nel combattere quei movimenti per i diritti civili, in particolare il NAACP, che adottavano una politica integrazionista.
I numerosi avversari dell'UNIA condannarono all'unanimità il comportamento del leader giamaicano. Organizzati in un unico movimento, Friends of Negro Freedom, durante i lavori della terza assemblea internazionale dell'UNIA, tennero in diverse città dei meeting pubblici anti-Garvey. Particolarmente impegnati nella lotta contro il movimento nazionalista nero furono i socialisti Chandler Owen e Philip Randolph, editori della rivista radicale Messenger, che coniarono per la loro campagna lo slogan "Garvey Must Go". Attaccato da più parti, il presidente dell'associazione rispose attraverso le pagine del Negro World: "Let me tell you somebody is going to be smashed in New York between the 1st and the 31st of August. Any Negro individual or Negro organization ... that thinks it can fight and intimidate the Universal Negro Improvement Association - let you be the National Association for the Advancement of the Colored People - let you be Negro socialists - let me tell you, you are preparing for your Waterloo." (50)
La Terza Assemblea Internazionale dell'UNIA mancò certamente dell'entusiasmo e della numerosa partecipazione che aveva contraddistinto le due edizioni precedenti. Tuttavia se era in notevole diminuzione il numero dei sostenitori dell'associazione cresceva quello dei fanatici disposti a tutto pur di difendere Garvey. Spesso quest'ultimi ricorsero addirittura all'uso della forza per impedire ai cosiddetti "Friends of Negro Freedom" di tenere i loro discorsi contro il nazionalista giamaicano. Più di una volta fu necessario l'intervento della polizia per mantenere l'ordine ad Harlem durante i lavori della convention.
Un significativo episodio del clima che si viveva allora all'interno della comunità afroamericana fu la misteriosa morte di James W.H. Eason. Eason era stato uno dei primi funzionari religiosi che aveva aderito all'UNIA . Nel 1920 era stato eletto "Leader of American Negroes" ma durante la convention del 1922 aveva vivacemente litigato, davanti a tutta l'assemblea, con Garvey. In seguito allo screzio aveva deciso di uscire dall'organizzazione e di formare un nuovo movimento chiamato Universal Negro Alliance. Eason diventò ben presto un personaggio di spicco nella campagna anti-Garvey e probabilmente sarebbe stato un testimone chiave nel processo in corso contro i quattro ufficiali dell'associazione. Mentre si trovava a New Orleans per tenere un discorso contro il leader dell'UNIA venne assassinato. Immediatamente vennero indagati due giamaicani, soci dell'UNIA, William Shakespeare e F.W. Dyer i quali però vennero scagionati. Il caso venne archiviato senza trovare alcun responsabile. Il Dipartimento di Giustizia comunque ne approfittò per far chiudere la sezione di New Orleans dell'UNIA e arrestare dieci ufficiali accusandoli d'organizzare complotti anarchici. La vicenda dell'omicidio di Eason danneggiò e non poco l'immagine di Garvey e del suo movimento.
Il leader dell'UNIA, che nei sette anni vissuti negli Stati Uniti si era imposto come il maggior rappresentante del "nazionalismo nero", si scontrò, in particolar modo, con i cosiddetti "integrazionisti". Quest'ultimi, per la maggior parte afroamericani, credevano fermamente che il futuro dei neri fosse negli Stati Uniti e avevano come obiettivo quello di farsi accettare dalla società bianca. Per questo lavoravano all'interno d'associazioni interrazziali e si opponevano ad un progetto di ritorno in Africa. Tra i principali sostenitori della campagna "Marcus Garvey Must Go", nel gennaio del 1923 i leaders di questo movimento integrazionista, scrissero al Procuratore Generale americano, Harry M. Daugherty. Gli otto firmatari del documento, Harry H. Pace, Robert S. Abbott, John E. Nail, Julia P. Coleman, William Pickens, Chandler Owen, Robert W. Bagnall e George Harris, chiesero l' immediato arresto e la deportazione di Garvey. Il "Comitato degli otto" condannò la filosofia dell'UNIA improntata, secondo loro, all'odio razziale ed attaccò il leader dell'associazione considerato "an unscrupulous demagogue, who has ceaselessly and assidously sought to spread among Negroes distrust and hatred of all white people."(51) La lettera proseguì osservando che i membri del movimento nazionalista nero erano tra i più primitivi ed ignoranti elementi della comunità afroamericana.
Nel maggio del 1923 fu grande la soddisfazione per i suoi avversari quando ebbe inizio il processo contro Marcus Garvey e gli altri tre ufficiali dell'UNIA. Il giamaicano era difeso da Cornelius W. McDougald, uno dei più esperti avvocati neri d'America. Prima dell'inizio dell'udienza Garvey presentò una petizione per sostituire il giudice di prima istanza, Julian W. Mack, membro del NAACP. La legittima richiesta non venne accolta perché il giudice, pur ammettendo l'appartenenza all'organizzazione integrazionista avversa all'UNIA, sosteneva che il fatto non ostacolava il corretto svolgimento del processo. In realtà questa fu una delle tante irregolarità che caratterizzarono l'intera udienza. Immediatamente il leader dell'UNIA, sorprendendo tutti, decise di licenziare l'avvocato McDougald e di difendersi da solo. Egli non riteneva che il suo legale avesse interrogato con la necessaria accuratezza i primi tre testimoni e perciò temeva che fosse parte attiva in un complotto ordito a suo danno. Il giudice accettò la decisione dell'accusato ma chiarì che non gli avrebbe concesso alcun privilegio in quanto "profano" della materia. Garvey, che in realtà aveva letto qualcosa di giurisprudenza durante la sua esperienza giovanile a Londra, sfruttò l'occasione per mostrare ad una giuria bianca e ai numerosi spettatori neri il suo talento d'oratore.
Il Pubblico Ministero, Maxwell S. Mattuck, interrogò all'incirca trenta testimoni, per la maggior parte vecchi impiegati negli uffici dell'UNIA o azionisti della BSL, e sottopose al giudice una lunga serie d'accurati documenti concernenti la compagnia di navigazione. Tutto ciò finì per rivelare alla corte il sistema informale ed approssimativo di gestione delle varie attività dell'UNIA oltre alla mancanza, da parte degli addetti ai lavori, delle necessarie conoscenze di alta finanza. Il Pubblico Ministero in ogni caso fondò l' accusa sul fatto che Garvey avesse consapevolmente utilizzato il servizio postale per promuovere la vendita d'azioni della BSL anche quando era consapevole delle rovinose condizioni finanziarie della compagnia . In realtà, come era vero che esistevano chiare prove della mal gestione dei conti, era evidente anche che non vi fossero elementi sufficienti per condannare i quattro imputati. Garvey, in sua difesa, cercò di dimostrare alla giuria la disonestà d'alcuni soci.
Ad un certo punto l' accusa del Procuratore si arenò su un'unica prova: una busta intestata Black Star Line spedita il 13 dicembre 1920 ad un nero di Harlem, Benny Dancy, il quale, interrogato da Garvey, non ricordava nemmeno quale fosse il contenuto della stessa. La testimonianza che doveva incastrare il giamaicano fu esitante e confusionaria. Di certo non furono le deboli prove a suo carico ma l'atteggiamento arrogante adottato nei confronti dei testimoni interrogati a creare dei pregiudizi nella giuria. Successivamente, quando il processo entrò nella fase conclusiva, Marcus cominciò a consigliarsi con un avvocato bianco, Armin Kohn, e di conseguenza la qualità della sua difesa migliorò sensibilmente. Ciononostante il verdetto emesso fu sfavorevole: il giudice Mack condannò Garvey alla pena massima per il tipo di reato commesso: cinque anni di reclusione e il pagamento di una multa di $1.000. Gli altri tre imputati furono assolti. Prontamente i legali di Garvey chiesero il ricorso in appello ottenendo che il loro assistito, il 10 settembre 1923, venisse rilasciato dal carcere newyorchese delle "Tombs Prison" dopo il pagamento di una cauzione di $25.000.
La maggior parte della stampa afroamericana, in particolar modo il Chicago Defender, il New York Age, il Messenger e l'Amsterdam News, accolse con grande soddisfazione la notizia della condanna del leader dell'UNIA. Il 17 giugno 1923, Garvey salì sul palco della Liberty Hall. Prima di rientrare in prigione, in attesa di conoscere il verdetto dell'appello, volle lanciare un messaggio di speranza ai fedeli seguaci che, nonostante fossero in continua diminuzione, lo idolatravano sempre più. Egli sottolineò che per i neri era solo l'inizio di una lunga battaglia: "We have only started; we are just on our way; we have just made the first lap in the great race for existence, and for a place in the political and economic sun of men."(52) Allo stesso tempo Garvey predicò lealtà nei confronti del governo degli Stati Uniti, un atteggiamento conciliante assunto probabilmente nella speranza d'influenzare positivamente la decisione del giudice: " We are not fighting this great government, because all Negroes in America - all Negroes all over the world - know that the greatest democracy in the world is the America democracy, the greatest government in the world is the America republic. We are not fighting America; we are fighting hypocrisy and lies, and that we are going to fight to the bitter end."(53) Al termine del discorso Garvey abbandonò la Liberty Hall per rientrare in prigione.
Dopo un primo momento d'incertezza sul da farsi, i membri dell'UNIA cominciarono ad organizzare manifestazioni di protesta contro l'incarcerazione della loro guida. Col passare del tempo tra la comunità afroamericana, sorprendentemente anche tra coloro che gli erano stati sempre nemici, crebbe la consapevolezza che Garvey fosse solo una vittima di un sistema giudiziario razzista, come più volte affermato dallo stesso giamaicano: " I was convicted not because any one was defrauded in the temporary failure of the Black Star Line brought about by others, but because I represented, even as I do now, a movement for the real emancipation of my race."(54)


Dalla sua cella Garvey riuscì comunque a mantenere dei contatti con l'organizzazione facendo giungere di tanto in tanto messaggi di incoraggiamento e speranza. Nel settembre dello stesso anno dopo tante vane richieste il detenuto venne rilasciato e una volta tornato in libertà, agli inizi del 1924, organizzò una nuova compagnia di navigazione, la Black Cross Navigation and Trading Company. Nel giugno dello stesso anno presentò un'offerta al Dipartimento della Marina americana per l'acquisto della nave Susquehanna, ma la trattativa non incontrò il favore del Dipartimento memore della negativa esperienza legata alla BSL. Garvey non si fece scoraggiare e intavolò delle contrattazioni con la Panama Railroad Company. Questa volta fu più fortunato e riuscì ad acquistare per $100.000 la General G. W. Goethals, una grande nave che con alcune riparazioni tornò in ottime condizioni. Il presidente dell'UNIA sembrava aver imparato la dura lezione dell'esperienza precedente. La nuova nave, acquistata grazie ai soldi raccolti attraverso la vendita di azioni della Black Cross a più di tremila membri dell'associazione, venne ribattezzata Booker T. Washington. Nell'agosto del 1924 si aprirono i lavori della quarta assemblea internazionale dell'UNIA e l'occasione fu tale per presentare agli azionisti il risultato dei loro investimenti. Questa volta anche i severi critici dovettero riconoscere il buon lavoro di Garvey. Il Chicago Defender riferì di come cinquemila entusiasti garveysti pagarono ben volentieri cinquanta cents per osservare da vicino l'imbarcazione. L'Amsterdam News riconobbe gli innegabili meriti di Garvey "the leading figure in a convention which is attracting more attention than any other gathering of Negroes in modern history".(55)
La Booker T. Washington era certamente una buona nave rispetto alle imbarcazioni acquistate in passato per conto della BSL. Tuttavia il viaggio inaugurale diretto verso le Indie Occidentali non incontrò un destino diverso dalle disastrose esperienze precedenti. Alla fine del gennaio del 1925, prima della partenza dal porto di New York, Garvey si fece garantire dal capitano, il bianco Jacob R. Hiorth, di non permettere spese di alcun tipo per eventuali riparazioni se non prima d'aver ottenuto il consenso del direttivo. Gli inconvenienti non tardarono a manifestarsi: ad Havana dei vecchi creditori cubani della BSL tentarono senza successo d'attaccare la nave. Proseguendo il viaggio la Booker T. Washington arrivò a Kingston dove i giamaicani mostrarono ben poco entusiasmo. Il segretario G. Emonei Carter non riuscì nemmeno a vendere abbastanza azioni per pagare le spese portuali. Ben presto cominciarono a verificarsi anche degli episodi d'indisciplina tra l'equipaggio, costituito per la maggior parte da neri che non rispettavano l'autorità del capitano. Il 9 marzo il comandante e gli altri ufficiali bianchi tentarono senza riuscirvi di abbandonare la nave dopo l'ammutinamento dei marinai di colore. Il problema principale fu comunque la mancanza di fondi. Dopo che per un mese la nave ,senza più carbone, era rimasta ancorata nelle vicinanze di Colon, nelle acque panamensi, giunsero dei soldi da New York. Purtroppo però era troppo tardi e della Booker T. Washington non si seppe più nulla.
Durante i lavori della convention del 1924, Garvey cercò di riprendere anche il vecchio progetto di costruzione in Liberia. Tutti i diversi tentativi di collaborazione con il governo liberiano effettuati nel corso degli anni da parte di delegazioni dell'UNIA erano miseramente falliti. Le commissioni d'esperti giunte ripetutamente in Africa avevano riscontrato le grandi potenzialità di questa terra ma anche l'evidente ostilità del popolo e dei politici africani. Ora il console liberiano residente a Baltimora annunciava: "no person or persons leaving the United States under the auspices of the Garvey movement will be allowed to land in the Republic of Liberia."(56) Nel gennaio del 1925 il presidente liberiano King dichiarò fondamentale per il futuro dello stato africano questa netta presa di posizione, necessaria per mostrare alle confinanti colonie inglesi e francesi e a tutta l'opinione pubblica mondiale l'estraneità rispetto a movimenti che a su avviso predicavano l'odio razziale. A questo punto il presidente dell'UNIA dichiarò fallito il progetto liberiano. Garvey accusò in primo luogo il presidente della repubblica africana, considerato un grande traditore della razza, e poi il rivale di sempre Du Bois che era stato inviato in Liberia dal governo americano per assistere alle celebrazioni presidenziali e che, secondo il leader giamaicano, aveva volutamente discreditato agli occhi del governo locale il lavoro dell'associazione garveysta per promuovere invece il personale progetto pan-africano. Il presidente dell'UNIA non negò, inoltre, il ruolo determinante che avevano giocato le potenze coloniali e in particolare la Francia e l'Inghilterra. Poco dopo aver ripudiato il programma di colonizzazione di Garvey, il governo liberiano si accordò con la Firestone Rubber Company per la cessione di terreni, in un primo momento concessi all'UNIA, da sfruttare per la coltivazione della gomma.
Alla convention del 1924 fu presentato anche un altro progetto dell' inesauribile presidente, la Negro Political Union. L'obiettivo di questo gruppo era quello di consolidare le forze politiche afroamericane attraverso le quali la minoranza nera esprimeva la sua opinione politica. Ciò rappresentò un cambiamento evidente nella strategia d'azione di Garvey che, fino ad allora, era sempre rimasto lontano dalle questioni di politica interna. Durante la campagna per le elezioni presidenziali del 1924 la Negro Political Union si schierò apertamente dalla parte del candidato repubblicano, Calvin Coolidge.
Il 2 febbraio 1925 la Corte d'Appello respinse il ricorso di Marcus Garvey motivando così la decisone presa: "It may be true that Garvey fancied himself a Moses, if not a Messiah; that he deemed himself a man with a message to deliver, and believed that he needed ships for the delivernce of his people, but with this assumed, it remains true thet if his gospel consisted in part of exhortations to buy worthless stock, accompanied by deceivingly false statements a sto the worth thereof, ha was guilty of a scheme or artifice."(57) Garvey, che quello stesso giorno si trovava a Detroit, prese il primo treno per New York per consegnarsi alla polizia. Giunto alla stazione d'arrivo trovò le forze dell'ordine pronte ad arrestarlo. L'8 febbraio entrò nel penitenziario d'Atlanta dove avrebbe dovuto passare i successivi cinque anni.
Orfana del suo presidente, l'UNIA proseguì grazie al prezioso contributo di Amy Jacques Garvey, la seconda moglie del giamaicano, di William Ware, capo della sezione di Cincinnati, ed altri membri. Nel 1925 fu organizzata, allo scopo di ritrovare l'entusiasmo perduto, la tradizionale assemblea internazionale dell'UNIA, la quinta, che però, priva del vero protagonista, mancò dell'eccitazione che aveva caratterizzato le passate edizioni. Nel frattempo i fedeli seguaci si organizzarono in una campagna per ottenere la scarcerazione del loro leader. Sorprendentemente anche personaggi come William Pickens, uno dei firmatari della petizione che nel 1923 aveva chiesto l'immediata incarcerazione di Garvey, si unirono nella protesta consapevoli che il vecchio nemico era stato punito abbastanza. La stampa afroamericana, che per anni si era scagliata contro l'arrogante giamaicano, cominciò a pensare a Garvey come ad una vittima del sistema giudiziario dei bianchi. Il Washington Eagle affermò che Garvey non era un criminale ma giudicato come tale perché viveva in una "white's man country."
In un primo momento Garvey in persona dalla cella del penitenziario di Atlanta aveva tentato, peraltro fallendo, d'ottenere il perdono del presidente americano Coolidge. Successivamente, quando agli sforzi personali si aggiunsero le campagne per la scarcerazione dell'UNIA e della stampa afroamericana, le possibilità di uscire di prigione salirono notevolmente. Negli ultimi mesi del 1927, probabilmente ricordandosi dell'appoggio che la Negro Political Union aveva garantito alla sua candidatura del 1924, il presidente Coolidge ordinò la scarcerazione di Garvey.
Una volta tornato in libertà Garvey, che nonostante avesse richiesto di diventare cittadino americano era ancora ufficialmente registrato come immigrato, venne deportato dagli Stati Uniti. La legge sull'immigrazione prevedeva infatti l'immediata deportazione di qualsiasi straniero colpevole di aver commesso qualunque reato. Nel dicembre del 1927, senza che gli venisse concessa la possibilità di tornare per l'ultima volta nel quartier generale della sua associazione, ad Harlem, salì a bordo della S.S. Saramacca che dal porto di New Orleans salpava per Panama e le isole caraibiche. Centinaia di fedeli si radunarono per assistere ad uno dei momenti più tristi della vita di Garvey e dell'UNIA. Molti piansero quando colui che per molti era stato più di una guida pronunciò questo breve discorso d'addio: "I can only say: Cheer up for the good work is just getting under way. Be firm and steadfast in holding to the principles of the organization. the greatest work is yet to be done. I shall with God's help do it."(58)

3. Il declino dell'UNIA

Il ritorno in Giamaica


Il triste viaggio di ritorno fu caratterizzato da significativi episodi che mostrarono quanto Garvey fosse amato dalla povera gente e allo stesso tempo temuto dalle autorità statali. La Saramacca, dopo alcuni giorni di navigazione, attraccò nel porto di Cristobal, un piccolo centro situato nell'odierno stato di Panama, allora appartenente agli Stati Uniti. La numerosa popolazione nera del luogo, per la maggior parte immigrati giamaicani e cubani che stavano lavorando per il governo americano alla costruzione del Canale, sopraggiunse al molo per salutare con grande entusiasmo il presidente dell'UNIA. Garvey non poté comunque godere dell'abbraccio della folla perché non ottenne il permesso di scendere dalla nave: la sua presenza in una zona ad alta concentrazione di lavoratori di colore era considerata troppo pericolosa. Allora fu permesso ad una delegazione di sei membri, in rappresentanza delle diverse sezioni locali dell'UNIA, di salire a bordo della Saramacca per rendere omaggio al loro leader. Garvey accettò anche una piccola somma in denaro e, visibilmente commosso, assicurò ai suoi fedeli: " Our cause is a righteous one and it must triumph."(59)
Un entusiasmo ancora maggiore caratterizzò l'arrivo di Garvey a Kingston. Dopo undici anni dalla sua partenza per gli Stati Uniti tornava a vivere finalmente in Giamaica, un paese che aveva lasciato quando era un disoccupato considerato da molti un ciarlatano e che adesso lo accoglieva come un grande uomo. Da subito Garvey si mise al lavoro per riordinare le divisioni giamaicane dell'UNIA, non dimenticando tuttavia di cablare settimanalmente al Negro World di New York messaggi di incoraggiamento per gli associati americani. In breve tempo si verificò in Giamaica un notevole aumento degli associati e la creazione di nuove divisioni. Ancora una volta Garvey, superate difficoltà apparentemente insormontabili, sembrò in grado di rilanciare il movimento nazionalista. Per far ciò non dimenticò l'importanza di mantenere il carattere internazionale dell'organizzazione. Nella primavera del 1928 visitò tutte le sezioni centroamericane e caraibiche dell'UNIA e nel maggio dello stesso anno, accompagnato dalla moglie, si recò a Londra dove organizzò il suo quartier generale europeo. Il debutto di Garvey sul palcoscenico londinese avvenne il 6 giugno. Egli, dopo la calorosa accoglienza ricevuta in Giamaica, pensava senza dubbio di riempire la Royal Albert Hall in tutti i suoi diecimila posti. Fu grande il suo stupore quando si ritrovò a parlare davanti a non più di cinquecento persone. Il presidente dell'UNIA non si diede per vinto e raggiunse Parigi dove venne fondata una divisione e fu accolto con calore dagli intellettuali francesi.
In settembre si recò a Ginevra dove presentò alla Società delle Nazioni una petizione a nome di tutti i milioni di neri del mondo. La Società rispose dichiarando che tutte le nazioni che volevano presentare delle rimostranze dovevano farlo attraverso i rispettivi governi. Garvey aveva proposto, in un primo momento, che i territori delle colonie tedesche in Africa fossero lasciati ai neri per la costituzione di uno stato indipendente. Avendo riscontrato una dura opposizione a tale idea chiese allora la formazione nella parte occidentale del continente di una confederazione di stati governata autonomamente da politici africani. La società delle Nazioni non prese in considerazione nemmeno questa proposta. Garvey allora tornò a Londra per tenere un altro discorso. Questa volta la risposta del pubblico britannico fu più confortante, ma niente di così straordinario da impedirgli di lasciare l'Europa.

Nell'autunno dello stesso anno visitò il Canada dove giunsero per ascoltarlo anche molti sostenitori americani. Proprio a loro si rivolse il giamaicano quando li invitò a votare, nelle imminenti elezioni presidenziali, il candidato democratico Alfred E. Smith. Il console americano, preoccupato dalla presenza del leader dell'UNIA, chiese con successo alle autorità canadesi di costringere Garvey a lasciare il paese.
Nell'estate del 1929 a Kingston venne organizzata la sesta assemblea internazionale dell'UNIA. La capitale giamaicana, a differenza del quartiere newyorchese di Harlem, non era abituata alla sfarzosa dimostrazione di potenza che caratterizzava le convention. Garvey, nel tentativo di riportare l'associazione agli antichi splendori, sfruttò tutte le sue capacità organizzative. Il 22 agosto all'Edelweiss Park si tenne una fastosa cerimonia ispirata all'antico rituale della corte etiope. Gli alti ufficiali dell'organizzazione, vestiti con sgargianti divise e accompagnati dalle rispettive mogli, sfilarono sotto gli occhi di diecimila increduli spettatori. L'applauso maggiore fu riservato comunque a colui che era allo stesso tempo presidente generale dell'UNIA e "Provisional President of Africa". Garvey, vestito con un'elegante tunica africana, passò insieme alla sua signora tra due ali di "legionari" e raggiunse un palco fastosamente decorato. La meraviglia del pubblico fu tale che da quel giorno, non solo i presenti, ma tutta la società giamaicana guardò a Garvey con rispetto e venerazione.
Ciononostante durante l'assemblea scoppiò una violenta polemica tra il presidente dell'associazione e i delegati statunitensi. Garvey, ricordando l'amara esperienza americana, accusò apertamente d'infedeltà e corruzione alcuni importanti soci afroamericani. Egli affermò che per lunghi periodi, per non pesare troppo sulle casse dell'associazione, aveva rinunciato al proprio compenso a differenza di altri ufficiali che non si erano riguardati dal lamentarsi per il minimo problema relativo ai pagamenti. Queste accuse non furono tollerate dagli associati americani che, oltretutto, litigarono con Garvey anche per un'altra delicata questione: mentre il giamaicano sostenne che il quartier generale dell'organizzazione doveva seguire gli spostamenti del presidente generale, i capi statunitensi affermarono che la sede ufficiale doveva rimanere a New York, dove l'associazione era stata incorporata e aveva costruito le sue fortune. Ad un certo punto, infastiditi dalla testardaggine di Garvey, i delegati americani abbandonarono la convention. Colui che nel lontano 1914 aveva fondato l'UNIA, fu costretto a creare una nuova organizzazione, legalmente riconosciuta come Parent Body of the Universal Negro Improvement Association. Numerose divisioni americane decisero di non passare dalla parte dell'ostinato leader rimanendo fedeli all'associazione incorporata nel 1918.

Una nuova carriera politica


Al termine dell'assemblea internazionale, Garvey creò un partito, People's Political Party, e cominciò una campagna elettorale per promuovere la propria candidatura nel Consiglio Legislativo giamaicano. Durante uno dei numerosi discorsi tenuti per esporre il programma del PPP affermò che, se eletto, avrebbe lavorato all'elaborazione di una legge per punire severamente i giudici che, illecitamente, si accordavano con avvocati e uomini d'affari per privare altri soggetti dei loro diritti. Invettiva quest'ultima nella quale Garvey si riferiva chiaramente alle oscure vicende giudiziarie che lo avevano costretto a pagare una multa e parecchi soldi a George O. Mark, un tempo "Supreme Deputy Potentate" dell'UNIA. La corte considerò queste dichiarazioni come offensive per tutto il sistema legislativo nazionale. Il giudice non accettò la ritrattazione e lo condannò a tre mesi di reclusione e al pagamento di una multa.
Mentre Garvey stava scontando la pena, si tennero le elezioni municipali. Egli, nonostante fosse in prigione, riuscì a conquistare un seggio della "Kingston and St.Andrew Corporation", l'organo che governava sulla capitale e i distretti vicini. Gli agguerriti avversari politici approfittarono della sua impossibilità di partecipare alle riunioni e, avvalendosi di una legge creata appositamente per escluderlo dai giochi, dichiararono il suo posto vacante. In seguito alla scarcerazione, una sentenza stabilì che Garvey era stato legittimamente eletto e che perciò aveva diritto d'occupare il seggio conquistato. Nel 1930 egli si candidò per le elezioni nazionali, quelle che avrebbero assegnato i seggi all'interno del Consiglio Legislativo. Fu probabilmente il fatto che allora solo il 7,75% della popolazione giamaicana godeva del diritto di voto, una percentuale costituita per la maggior parte da piantatori e ricchi borghesi, che determinò la sua sconfitta.

Gli anni londinesi


Nel dicembre del 1933 Garvey cominciò a curare l'edizione di una nuova rivista, Black Man. Questo giornale raccolse l'eredità del Negro World la cui pubblicazione, dopo quindici anni, era stata sospesa. Nell'estate del 1934 i soci del Parent Body dell'UNIA organizzarono la settima assemblea internazionale. Al termine dei lavori venne dichiarato che il 17 agosto, il giorno compleanno di Garvey, doveva essere considerato una festività. I membri dell'associazione pensarono inoltre di elaborare una nuova lingua che doveva essere adottata da tutti gli africani del mondo.
Nel 1935 Garvey si trasferì a Londra da dove, a suo dire, poteva tutelare con più facilità i diritti dei popoli africani e delle minoranze nere disperse nel mondo. In Inghilterra considerò anche la possibilità di chiedere un seggio nel Parlamento nazionale in qualità di rappresentante di tutti i neri che vivevano nell'Impero Britannico. Nell'estate dello stesso anno si verificò un episodio che scatenò le proteste del presidente dell'UNIA: l'invasione dell'Etiopia da parte delle truppe italiane. Garvey attaccò duramente il vile attacco di Mussolini e si appellò ai neri di tutto il mondo perché si unissero in difesa della più antica monarchia africana. Il giamaicano condannò aspramente anche la condotta dell'imperatore etiope, Haile Selassie, il quale era fuggito a Londra lasciando il suo popolo senza una guida. La critica di Garvey nei confronti del Negus fu feroce: "Haile Selassie is the ruler of a country where black men are chained and flogged, he will go down in history as a great coward who ran away from his country."(60)
Nell'agosto del 1936 Toronto fu la sede di una conferenza regionale dell'UNIA. Garvey e gli altri delegati approvarono due risoluzioni: la prima era una severa condanna di "Father Divine", un leader religioso che si stava imponendo nel quartiere di Harlem e che si considerava la divinità assoluta, la seconda si scagliava contro certi tipi di film e rappresentazioni teatrali dove il personaggio nero era rappresentato come ignorante e codardo. L'estate successiva si tenne un'altra conferenza in Canada al termine della quale venne presentata una nuova iniziativa di Garvey, " the School of African Philosophy ". Questa scuola doveva preparare i futuri leader dell'UNIA. Otto dei nove iscritti al primo corso si diplomarono diventando così "commisioner of the UNIA" nelle rispettive zone di residenza. L'ottava assemblea internazionale dell'organizzazione si tenne nei primi diciassette giorni dell'agosto del 1938. I delegati all'unanimità rielessero Garvey come presidente generale per altri quattro anni.
Le condizioni di salute di Marcus cominciarono a peggiorare sensibilmente nella seconda metà degli anni Trenta. Per ben due volte venne ricoverato per violenti attacchi di polmonite. I rigidi inverni londinesi aggravarono anche l'asma di cui soffriva fin da ragazzo. Il medico indiano che l'aveva in cura gli consigliò vivamente di tornare in Giamaica dove il clima era decisamente più favorevole, ma Garvey non ne volle sapere: Londra era l'unico centro da dove riusciva a controllare le attività dei suoi seguaci. Nel gennaio del 1940 un infarto lo colpì paralizzando il lato destro del suo corpo. Dopo pochi giorni di convalescenza volle tornare a passeggiare nell'amato Hyde Park. Nel maggio successivo un giornale londinese pubblicò la notizia della morte di Garvey, un falso annuncio che raggiunse tutte le parti del mondo. Seminfermo e sempre più debole, egli dovette subire l'umiliazione di leggere il proprio annuncio funebre e le relative condoglianze di amici e fedeli sostenitori. Pochi giorni dopo ebbe un collasso e in poco tempo il suo stato di salute peggiorò drammaticamente. Il 10 giugno 1940 Marcus Garvey morì a Londra, senza aver mai messo piede nella tanto amata Africa.

Capitolo II - Il pensiero di Marcus Garvey

Introduzione


Se il primo capitolo di questa tesi è stato dedicato all'analisi delle innumerevoli vicissitudini che caratterizzarono la vita di Marcus Garvey e la storia della Universal Negro Improvement Association, nel secondo capitolo è invece nostra intenzione approfondire in particolar modo lo studio del "garveysmo" - termine coniato dagli storici per indicare il pensiero del nazionalista giamaicano-. Perciò indagheremo innanzitutto sulle origini del garveysmo cercando di capire quali furono le ideologie che influenzarono maggiormente il suo sviluppo. Per farlo sarà necessario però comprendere prima di tutto in quale realtà politica, sociale ed economica crebbe il giovane Garvey. Tale analisi ci porterà quindi ad analizzare il pensiero di alcuni intellettuali e politici neri che a fine Ottocento ebbero grande influenza sulle masse di colore dei Caraibi e non solo: Robert Love, Alexander Bedward e Edward Wilmot Blyden. Sarà fondamentale ricordare anche l'importanza che le teorie dell'intellettuale afroamericano Booker T. Washington ebbero sul nazionalista giamaicano.
In seguito concentreremo la nostra attenzione sui principi fondamentali della dottrina garveysta. Il presidente dell'UNIA fondò il suo successo su un forte richiamo alla consapevolezza e alla solidarietà razziale. Egli cercò di risvegliare l'orgoglio e l'autostima delle masse nere e per farlo sfruttò diversi strumenti. In questo capitolo sottolineeremo l'importanza in questo senso della cultura, della religione e della storia.

1. Le origini del pensiero di Garvey

Il processo di maturazione politica: l'influenza di Love, Bedward e Blyden


Marcus Garvey è stato uno dei grandi protagonisti della storia afroamericana nel periodo tra le due guerre mondiali. L'aspetto che più d'altri rende interessante lo studio della sua controversa vicenda è l'originalità della strategia politica da lui adottata rispetto agli altri leader neri impegnati in quegli anni nella lotta per il riconoscimento dei diritti civili. Tale singolarità derivava, almeno in buona parte, dalla particolare formazione culturale di Garvey; perciò, prima d'esporre i principi basilari della sua filosofia, è a mio avviso necessaria un'analisi del processo di sviluppo e maturazione politica del fondatore dell'UNIA.
Nel primo capitolo abbiamo sottolineato come nella Giamaica di fine '800 l'intransigente legislazione in materia di voto impedisse alla vasta comunità di discendenza africana di partecipare attivamente al governo del paese. Ciononostante, migliaia di ex-schiavi non rinunciarono nel periodo post-emancipazione ad esprimere la propria volontà politica. Fu proprio negli anni a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo che si affermarono come rappresentanti di questa nuova consapevolezza alcuni personaggi fondamentali per la formazione culturale del giovane Garvey.
Basilare per lo sviluppo in Garvey del concetto di "coscienza di razza" fu l'insegnamento di Robert Love. Lo stesso presidente dell'UNIA, in una lettera datata febbraio 1930, affermò: "much of my early education in race consciousness is from Dr. Love. One cannot read his Jamaica Advocate without getting race consciousness."(61) Nato nel 1835 nelle isole Bahamas, Love ancora ragazzo era emigrato negli Stati Uniti dove in seguito si laureò in medicina presso l'Università di Buffalo. Nel 1889 si stabilì in Giamaica e in breve tempo divenne uno dei più famosi personaggi politici. Fu in particolar modo attivo nella campagna per il riconoscimento di una rappresentanza nera negli organi legislativi coloniali. Love, nonostante la strenua opposizione di bianchi e mulatti, riuscì a far approvare alcune riforme elettorali che verranno introdotte a partire dal 1895. Il numero dei seggi disponibili nei consigli cittadini e in quello nazionale aumentò da nove a quattordici e, contemporaneamente, vennero ridotti i requisiti necessari per poter votare. Tale modifica moltiplicò l'elettorato permettendo al nativo delle Bahamas d'essere eletto nel 1898 tra i membri del Consiglio cittadino di Kingston e nel 1906 tra quelli del Consiglio legislativo nazionale. Solo allora emerse chiaramente la sua linea politica di severa condanna dell'intero sistema coloniale. Love si adoperò per far approvare una riforma a favore dei contadini senza terra, denunciò senza mezzi termini le brutalità della polizia nei confronti degli ex-schiavi e chiese l'integrazione di cittadini di colore qualificati, fino ad allora totalmente esclusi, nella macchina burocratica nazionale.
Garvey apprese da Love non solo dell'importanza della lotta nazionalista contro il potere coloniale, ma anche dei concetti fondamentali del pensiero pan-africano. Love nell'aprile del 1901 in collaborazione con Henry Sylvester-Williams organizzò in Giamaica la "Pan-African Association". I principali obiettivi dell'associazione erano il riconoscimento dei diritti civili e politici dei neri di tutto il mondo e il miglioramento delle loro condizioni di vita. Rupert Lewis, uno dei più prolifici studiosi del movimento garveysta, ha sottolineato il fatto che le linee di pensiero anticoloniali tracciate da Love vennero portate avanti da Garvey con molto più successo: "Love's was an important orientation that preceded Garvey, a legacy of ideas and battles that he could drawn on, a platform of views and aspirations to which he could attract a mass base. Love was a fighter, but he was largely alone; he really had no mass following."(62)
Un altro personaggio importante nel processo di formazione culturale del fondatore dell'UNIA fu Alexander Bedward (1859-1930), un predicatore battista che, come Love, si scagliò violentemente contro il sistema coloniale britannico. La differenza tra i due fu che il pensiero del primo incontrò in particolare il favore delle comunità più povere della società giamaicana, come succederà più tardi al movimento dei Rastafariani, mentre le idee del secondo vennero appoggiate soprattutto dalla piccola borghesia nera che trovò nell'atteggiamento razzista dei bianchi l'unico ostacolo in grado di impedirgli un miglioramento della propria posizione sociale.
Lo studio delle opere di Edward Wilmot Blyden fu invece fondamentale per la maturazione in Garvey di una particolare coscienza storica. Lo stesso fondatore dell'UNIA in un pamphlet pubblicato nel 1914 affermò: "you who do not know anything of your ancestry will do well to read the works of Blyden, one of our historians and chroniclers, who have done so much to retrive the lost prestige of the race, and to undo the selfishness of alien historians and their history which has said so little and painted us so unfairly."(63) Blyden, uno dei più grandi intellettuali neri del diciannovesimo secolo, era nato nelle Isole Vergini ed era emigrato nel 1851 in Liberia. Nello stato africano venne nominato "Professor of Classics" al Liberia College. Attraverso i suoi scritti, cercò di dimostrare che in passato l'Africa era stato il continente all'avanguardia artistica, intellettuale e scientifica dell'intera umanità. Secondo Blyden l'antica condizione di superiorità culturale del continente africano rispetto al resto del mondo era stata capovolta, e in seguito storicamente negata, dalla politica aggressiva delle potenze europee disposte a tutto pur di conquistare territori in Africa. A suo avviso era quindi fondamentale per il prossimo futuro di tutti gli africani, compresi quelli dispersi nel mondo, adottare una strategia comune basata sul concetto universale di "African Personality". Ciò avrebbe permesso a tutti i neri di superare le differenze religiose e tribali che li separavano in modo da sconfiggere l'invadente nemico e rivivere i fasti del passato. Indubbiamente queste idee ebbero una grande influenza sul giovane Garvey, avido lettore delle opere di Blyden.

Il pensiero di Booker T. Washington e il modello del Tuskegee Institute


A completare la formazione culturale del giovane Marcus e a convincerlo della necessità assoluta di lottare per difendere la dignità della propria razza contribuì il pensiero di Booker T. Washington. Fu durante la prima esperienza londinese che Garvey leggendo il testo autobiografico del politico afroamericano "Up From Slavery" (1900) venne a conoscenza della sua ideologia.
A differenza di Love e Bedward, Washington era nato ed aveva vissuto negli Stati Uniti in una realtà totalmente differente da quella giamaicana. Mentre all'inizio del ventesimo secolo nella società caraibica i neri e i mulatti costituivano all'incirca il 95% della popolazione complessiva, nel territorio americano essi raggiungevano a mala pena il 20% e per la maggior parte vivevano concentrati negli stati del sud. Inoltre la comunità nera statunitense aveva dovuto attendere il 1865 e il termine della Guerra Civile per celebrare la fine di quel regime schiavista che in Giamaica era stato abolito da oltre trent'anni. Tuttavia il fatto di costituire una piccola minoranza soggiogata favorì nella comunità afroamericana lo sviluppo di una coscienza di razza molto più determinata nel riscattare la propria condizione rispetto a quello che successe nei Caraibi.
Dopo l'approvazione del Tredicesimo Emendamento,(64) negli anni della Ricostruzione l'ideologia politica della comunità afroamericana fu dominata da due tradizioni: la prima e la più influente, riprendendo la linea del movimento abolizionista, trovò in Frederick Douglass il massimo rappresentante. Tale concezione si opponeva nettamente alla segregazione dei neri e alla negazione del diritto di voto. La seconda, espressa dal pastore Alexander Crummell, leader della Chiesa episcopale di St. Luke di Washington, era incentrata al contrario su concetti di sviluppo comunitario e d'indipendenza. Crummell, che predicava l'orgoglio di razza, la solidarietà e il "far da sé" come principi fondamentali, credeva che vivendo quotidianamente in una condizione di ingiustizia i neri dovessero per forza di cose sviluppare comunità e istituzioni segregate e creare quindi una "nazione all'interno di una nazione". Dopo la morte di Douglass (1895) la comunità afroamericana si trovò momentaneamente priva di un leader pronto a guidarla nella battaglia per il riconoscimento dei diritti civili.
Fu in questo delicato periodo che Booker T. Washington si impose come l'uomo nuovo. Egli era nato schiavo nel 1856 in una fattoria vicino ad Hales Ford, in Virginia. Dopo l'emancipazione cominciò a studiare presso l'Hampton Institute, dove Samuel Chapman Armstrong insegnava le sue teorie incentrate sull'autonomia e sulla preparazione industriale. Nel 1881, mettendo in pratica ciò che aveva precedentemente studiato, Washington fondò nel cuore dell'Alabama, nel centro di Tuskegee, il Normal and Industrial Institute for Negroes. Questa scuola, frequentata esclusivamente da ragazzi di colore, forniva agli alunni una preparazione nel campo industriale ed agricolo tale da permettere agli studenti, una volta terminato il corso di studi, di diventare forze produttive in grado, grazie alla conoscenza delle tecniche del commercio, d'accumulare capitali necessari per lo sviluppo della propria comunità e delle proprie istituzioni. Washington credeva che il futuro dei neri fosse indissolubilmente legato alla vita rurale nel Sud degli Stati Uniti. Qui la comunità afroamericana lavorando duramente avrebbe conquistato l'indipendenza economica che costituiva, secondo le sue teorie, il più efficace strumento, anche rispetto all'agitazione e alla protesta, per ottenere il riconoscimento dei diritti civili e politici.
Il giovane Garvey fu un grande estimatore di Washington tanto che, una volta creata l'UNIA, tentò di fondare una scuola di formazione per giovani di colore sul modello del Tuskegee Institute. Come riportato da un articolo del Daily Chronicle dell'agosto del 1915, l' obiettivo principale dell' istituto doveva essere quello di "provide work for the unemployed and to provide the opportunity of training young colored men and women for a better place in the moral, social, industrial and educational life of the country."(65) Più volte il giamaicano si mise in contatto diretto con Washington per chiedergli consigli ed un sostegno economico ai suoi progetti. Fu proprio la raccolta di fondi per la creazione della scuola il motivo che spinse Garvey negli Stati Uniti.

Principi fondamentali del primo garveysmo


Dopo aver delineato le influenze più importanti nel processo di formazione politica del giovane Garvey, procederemo nel nostro studio analizzando le diverse fasi di sviluppo del pensiero e della strategia d'azione del nazionalista giamaicano. Nell'introduzione all' opera The Marcus Garvey and UNIA papers, Robert Hill ha sostenuto che il garveysmo rappresentò l' incontro tra due tradizioni politiche e socioeconomiche altamente sviluppate: quella fondata sul concetto di consapevolezza sociale dei contadini giamaicani e quella imperniata sulla coscienza di razza della comunità afroamericana. Ciò è innegabile, ma è comunque necessario sottolineare che Garvey giunse a compiere tale sintesi politica solo dopo un complesso processo d'evoluzione.
La strategia da lui adottata agli inizi della carriera non fu particolarmente originale. Il periodo che va dall'agosto del 1914, data della fondazione della Universal Negro Improvement Association, al marzo del 1916, momento della partenza per gli Stati Uniti, fu infatti caratterizzato da una condotta dai toni alquanto moderati. Il presidente della neonata organizzazione scelse volutamente di non avvalersi della politica come strumento per ottenere gli obiettivi prefissati, una presa di posizione ben riflessa anche nel programma originale dell'associazione fondato su principi di fratellanza e umanitarismo. Piuttosto Garvey, come egli stesso affermò in una lettera indirizzata a Robert Russa Moton, responsabile del Tuskegee Institute dopo la scomparsa del suo fondatore, intendeva risolvere la drammatica questione razziale secondo le linee tracciate da Booker T. Washington: "I would like to solve it on the platform of Dr. Booker T. Washington, and I am working on those lines hence you will find that up to now my one true friend as far as you can rely on his friendship, is the witheman."(66) Perciò il presidente dell'UNIA identificò nello sviluppo delle capacità produttive ed industriali dei neri lo strumento più efficace per favorire un miglioramento non solo della loro condizione economica ma anche di quella politica e sociale.
Durante le prime apparizioni pubbliche Garvey non espresse alcuna critica nei confronti del sistema coloniale. Egli, al contrario, accusò la comunità nera di non essersi mai seriamente adoperata per risollevare la propria drammatica situazione. In un pamphlet pubblicato nell'estate del 1914 il presidente dell'UNIA affermò: "The Negro is ignored today simply because he has kept himself backward; but if he were to try to raise himself to a higher state in civilized cosmos, all the other races would be glad to meet him on the plane of equality and comradeship. It is indeed unfair to demand equality when one of himself done nothing to establish the right to equality."(67) Garvey ribadì più volte questo concetto ed inoltre sottolineò il fatto che in Giamaica bianchi e neri vivevano insieme come fratelli, uniti dai colori della stessa bandiera e dalle leggi di un'unica Costituzione, quella britannica, imparziale e liberale. L'analisi storica della società giamaicana lo portò a concludere che i problemi della comunità nera non potevano essere risolti attraverso l'esasperazione del conflitto razziale ma tramite la cooperazione con il colonizzatore europeo. Probabilmente il fatto che nel primo periodo di vita l'associazione venisse sostenuta principalmente da bianchi - preti, uomini d'affari e ufficiali del governo britannico- costrinse Garvey ad adottare una politica così accomodante.
Gli obiettivi che l'UNIA perseguì fin dagli inizi furono comunque ambiziosi e d'ampia portata. Alcuni di questi erano indirizzati chiaramente alla risoluzione di problemi nazionali: ad esempio tra le varie finalità dell'associazione vi era la realizzazione d'università, college e scuole secondarie necessarie per garantire ai giovani una buona preparazione per il mondo del lavoro. Un'altra sottolineava la necessità di promuovere tra i cittadini giamaicani una maggior propensione per il commercio e l'industria, attività fondamentali in una società sempre più indirizzata verso il capitalismo. Certi obiettivi erano invece di carattere universale e prevedevano la creazione di istituzioni internazionali a tutela dei diritti della razza nera. Non mancavano, poi, finalità di carattere esclusivamente filantropico.
Garvey, prima d'entrare in contatto con la realtà statunitense, pensava di porre termine alla discriminazione e allo sfruttamento della gente di colore attraverso la promozione di una forte consapevolezza di razza e lo sviluppo di strutture economiche ed educative in grado di favorire un miglioramento della condizione sociale della comunità nera. Egli durante il periodo giamaicano, ma non solo, adottò una condotta riformista fondata sulla speranza, risultata poi vana, che l'espansione del sistema capitalistico avrebbe giovato, oltre che a piccoli e grandi imprenditori anche alle più povere e discriminate classi sociali.

2. Il "Nuovo Nero"

La comunità afroamericana negli anni della Prima guerra mondiale


La svolta che permise a Garvey d'affermarsi nel panorama politico internazionale come uno dei più influenti leader della razza nera fu il suo avvento negli Stati Uniti. Nella nazione americana il presidente dell'UNIA trovò i presupposti ideali per sviluppare un programma che riscosse grande successo tra la popolazione di colore e che si impose all'attenzione dell'opinione pubblica mondiale.
Garvey giunse negli Stati Uniti agli inizi del 1916 quando la quasi totalità dei membri della comunità afroamericana viveva in condizioni di povertà e miseria. Pur essendo a tutti gli effetti cittadini statunitensi i neri erano privi di diritti civili e politici e spesso, soprattutto al sud, erano vittime indifese di linciaggi e brutalità. Per anni i più influenti politici neri, Booker T. Washington in primis, avevano indicato nel progresso morale e nello sviluppo economico i due fattori che avrebbero permesso alla minoranza afroamericana di migliorare la propria condizione sociale. Essi avevano sostenuto che soltanto dando prova delle loro capacità i neri avrebbero potuto finalmente ottenere il rispetto e il riconoscimento dello stato d'uguaglianza con l'uomo bianco. In questo contesto lo scoppio della Prima Guerra mondiale e l'entrata in combattimento delle forze armate statunitensi parve ai membri della comunità afroamericana una grande opportunità per dimostrare all'intera nazione le proprie doti di coraggio e patriottismo. Perciò molti uomini di colore si arruolarono nell'esercito con entusiasmo e nella speranza che la sconfitta del nemico avrebbe valso non solo la vittoria delle ostilità.
Prima dell'entrata in guerra gli uomini reclutati nella milizia regolare e nella Guardia Nazionale erano 750.000, di cui all'incirca 2.000 afroamericani. Il 18 maggio del 1917 il governo statunitense, allo scopo d'infoltire le file del proprio esercito, approvò il Selective Service Act, una legge che prevedeva l'arruolamento di maschi abili tra i ventuno e i trentuno anni. Dei 2.290.525 neri che si presentarono 367.000 vennero chiamati in servizio. Il 5 ottobre 1917 il governo, nel tentativo di moderare i toni di una questione razziale che tra continui linciaggi e problemi legati all'immigrazione afroamericana verso gli stati settentrionali rischiava di degenerare complicando i piani bellici, annunciò la nomina di Emmett J. Scott, afroamericano che per ben diciotto anni era stato stretto collaboratore di Booker T. Washington, ad assistente speciale del segretario alla guerra Newton D. Baker. Il ruolo di Scott era quello di consigliere confidenziale per i problemi relativi alla comunità nera statunitense.
Nonostante i continui atti di discriminazione subiti in patria i soldati afroamericani impegnati nel sanguinoso conflitto dimostrarono grande valore. Al termine della guerra interi battaglioni di combattenti neri vennero premiati per il coraggio con cui avevano affrontato e sconfitto il nemico. Tuttavia, la maggiore soddisfazione per questi uomini fu quella d'essere trattati con grande rispetto e sincera fratellanza dai civili e dai militari francesi. Anche coloro che rimasero negli Stati Uniti non fecero mancare un concreto supporto alla nazione. Essi furono impegnati in gran parte nella fabbricazione di munizioni, utensili in ferro e acciaio, nell'inscatolamento di cibi, nella produzione di automobili e di materiale elettrico.
Al ritorno in patria i soldati afroamericani, convinti che finalmente qualcosa sarebbe cambiato, furono accolti con poco calore e tanta diffidenza. Nel 1919, tra i settanta uomini di colore linciati in un solo anno dieci erano veterani di guerra. Di gran lunga maggiore fu il numero dei reduci che vennero aggrediti durante i ripetuti scontri razziali che scoppiarono in diverse città durante lo stesso anno. La comunità afroamericana si domandò allora se le giovani vite sacrificate nelle trincee europee erano servite a qualcosa e se la democrazia sarebbe rimasta per gli uomini di colore solo una vana promessa. Le risposte date a questi interrogativi furono diverse ma portarono tutte nella stessa direzione: la ricerca e lo sviluppo all'interno della stessa comunità afroamericana degli elementi necessari alla sopravvivenza e alla realizzazione dei propri sogni.
Gli studi dell'antropologo Anthony F. C. Wallace possono chiarire quelle che furono le dinamiche sociali che rivoluzionarono l'atteggiamento della popolazione di colore americana all'indomani della Grande Guerra. Una sua teoria afferma che quando aumenta il divario tra le aspettative che un certo ambiente culturale ha creato tra i suoi cittadini e la realtà che questi affrontano quotidianamente, la conseguente tensione, talvolta, viene allentata attraverso l'azione di un cosiddetto revitalization movement, ovvero un tentativo deliberato dei membri della stessa società di costruire una cultura più soddisfacente, più vicina ai desideri e alle speranze della gente.(68)
Negli anni del dopoguerra la comunità afroamericana trovò proprio in Garvey la guida in grado di predicare questo nuovo messaggio, l' uomo scelto dal popolo per il popolo, il "Mosè nero".

La nuova strategia d'azione: l'UNIA diventa un'organizzazione politica


Una volta giunto negli Stati Uniti, il fondatore dell'UNIA dedicò un primo periodo all'osservazione e allo studio della società americana. Egli rimase in particolar modo impressionato dalla consapevolezza di razza che permeava la comunità afroamericana, tanto che, dopo otto mesi dal suo arrivo ad Harlem, affermò: "The American Negroes are the best organized and the most conscious of all the Negroes in the world. They have become so because of their peculiar position. They live in very close contact with racial prejudice, and this very prejudice forces them to a rare consciousness that they wuold not have otherwise."(69) Garvey, come rivela un suo articolo pubblicato nel gennaio del 1917 sul Champion Magazine, fu sorpreso anche dalla dinamicità in campo economico della popolazione di colore. Egli dichiarò: "As I travel through the various cities I have been observing with pleasure the active part played by Negro men and women in the commercial and industrial life of the nation. In the cities I have already visited … I have seen commercial enterprise owned and managed by Negro people... The acme of American Negro enterprise is not yet reached. You have still a far way to go. You want more stores, more banks, and bigger enterprises."(70)
Indubbiamente gli sviluppi della Prima guerra mondiale avevano offerto anche alla comunità afroamericana interessanti prospettive commerciali. Migliaia di neri, durante e immediatamente dopo il conflitto, avevano abbandonato le regioni rurali del Sud per emigrare negli stati settentrionali. In effetti, se per l'economia meridionale questo era stato un periodo di forte recessione, per le industrie del Nord, al contrario, si era trattato di un momento di grande espansione. Le numerose fabbriche erano alla frenetica ricerca di forze produttive in grado d'occupare i posti lasciati liberi dagli operai arruolati nell'esercito e dal blocco quasi totale dell'immigrazione,(71) cosicché gli afroamericani non si lasciarono sfuggire l'occasione per abbandonare il Sud e trasferirsi negli stati settentrionali.
In questo particolare momento segnato dal progresso economico della nazione americana e dal relativo accrescimento della ricchezza della popolazione di colore, Garvey si convinse che lo sviluppo di un cosiddetto black capitalism avrebbe favorito l'emancipazione economica e politica della comunità nera. Egli affermò quindi: "the wealth, business experience, and leadership skills of African Americans, if properly organized and direct, could stimulate the liberation of and economic development of African peoples everywhere."(72) Una strategia, quella capitalista del presidente dell'UNIA, di stampo conservatore che non avrebbe mai incontrato l'opposizione del governo statunitense se non fosse stata accompagnata, come successe di lì a poco, da una retorica dai toni aggressivi e da una politica dalle finalità separatiste.
In breve tempo, infatti, accaddero alcuni eventi che trasformarono l'ottimismo di Garvey in pessimismo e spinsero il giamaicano ad adottare una linea ben più radicale. Nel giugno del 1917 violenti scontri razziali scoppiarono a St. Louis, provocando la morte di almeno quaranta afroamericani; incidenti divamparono per le strade di Houston, Knoxville, Washington D.C. e Chicago. Nel 1919 la tensione sociale era ancora ad altissimi livelli: un funzionario del Dipartimento di Giustizia affermò in un rapporto che un pericoloso spirito vendicativo permeava gli scritti dei più importanti leader neri e si trasmetteva con preoccupante successo anche tra i loro sostenitori.(73) Fu quindi poco prima degli anni Venti che lo spirito del "Nuovo Nero" cominciò a diffondersi tra la comunità afroamericana. Garvey, pur rimanendo dell'idea che l'indipendenza economica era per i neri la chiave per ottenere il riconoscimento dei propri diritti, ne fu uno dei grandi portavoce. Egli nell'ottobre del 1919 si rivolse così ai neri di Filadelfia: "I want you to realize that this dear America, the greatest democracy in the world for white man, the greatest republic in the world for white man, that this America is becoming more prejudiced every day against the Negro. Month by month they are lynching more Negroes than they ever did before... Every succeding generation of the white race is getting more prejudiced against the Negro. It is time, therefore, for the Negro to look out for the future for himself."(74) Il leader giamaicano comprese che il nuovo scenario dove si trovava ad agire gli imponeva una rivalutazione del ruolo della politica, tanto che, arrivò ad affermare: "politics is the science that rules the world … although industry has a great deal to play in it."(75) Di conseguenza l'UNIA, nata in Giamaica come organizzazione umanitaria e filantropica, si trasformò rapidamente in un movimento politico di massa. Garvey fu convinto che tale cambiamento di strategia fosse necessario anche in seguito agli sviluppi della situazione internazionale post-bellica. In un articolo del novembre 1920 egli dichiarò: "The age in which we are living is also acquiring an individuality of its own. It is the age of the unrest, the age of dissatisfaction. Never before in the history of the world has the spirit of unrest swept over as it has during the past two years. Classes, nations and races which had been quiet for centuries are now asserting themselves and demanding a readjustment of things."(76)
Le lotte per l'indipendenza combattute in quegli anni in diversi paesi stimolarono in Garvey l'articolazione di un programma politico di "African Redemption". In particolar modo un importante riferimento per il leader giamaicano fu il movimento rivoluzionario irlandese, come dimostra ad esempio il fatto che lo slogan adottato dall'UNIA "African for the Africans at home and abroad" si rifacesse al motto " the Irish race at home and abroad". In quelli stessi anni anche altri due politici afroamericani, Hubert Harrison e Cyril V. Briggs, avevano espresso il loro appoggio alla causa del popolo celtico: il primo, in qualità di rappresentante di spicco del movimento nazionalista nero, aveva affermato: "the colored people rise against the goverment just as the Irish against England unless their rights"(77) ; il secondo, nella fase più radicale della sua carriera politica, aveva pubblicato sul Crusader numerosi articoli a difesa delle rivendicazioni indipendentiste irlandesi e tratto spunto dal corpo denominato Irish Republican Brotherhood per creare l'African Blood Brotherhood for African Liberation and Redemption (ABB). Nel periodo post-bellico i nazionalisti neri trovarono nel movimento irlandese quel valido modello contemporaneo che la rivoluzione russa aveva invece rappresentato per coloro che abbracciarono le tesi socialiste e comuniste.

Il concetto di "Race First"


Garvey si distinse dagli altri leader della comunità afroamericana degli anni Venti perché diede vita ad un movimento di massa che non fu di semplice protesta ed agitazione per il riconoscimento dei diritti civili ma che fondò la propria azione su un programma politico ed economico finalizzato alla totale emancipazione della comunità nera internazionale dal dominio bianco. Come sottolineato da Tony Martin, attento studioso del movimento garveysta, la base ideologica della politica del giamaicano era costituita dal concetto di "Race First". Ciò sta a significare che secondo Garvey qualsiasi tentativo dei neri di migliorare la propria condizione economica e sociale doveva essere fondato sulla solidarietà e la collaborazione tra gli appartenenti alla razza. Egli sosteneva infatti, diversamente dall'interpretazione classista dei sostenitori del socialismo, che la comunità nera internazionale era oppressa per un fattore esclusivamente razziale.
Lo studioso giamaicano Norman P. Girvan, nel corso del suo intervento alla conferenza internazionale "Marcus Garvey: His Work and Impact", ha fornito un'interessante spiegazione storica della genesi dell' idea di "Race First". Girvan, analizzando l'economia politica dominante nella realtà caraibica e in quella statunitense nel periodo dello schiavismo e in quello immediatamente successivo, ha evidenziato il fatto che le classi dominanti di queste società basavano il proprio benessere su un sistema di lavoro, quello delle piantagioni, fondato su un'ideologia chiaramente razzista; in queste regioni, quindi, la discriminazione diventò una componente necessaria per il mantenimento dell'ordine socio-economico vigente. Di conseguenza, anche la lotta intrapresa dalle comunità oppresse in difesa dei propri diritti fondò la propria ideologia su concetti come "nazionalismo nero" ed "orgoglio di razza". Garvey, cresciuto in una realtà come quella giamaicana che per anni aveva fondato l'intera economia sul sistema di lavoro nelle piantagioni, fu uno dei maggiori portavoce di queste dottrine che si riveleranno fondamentali per lo sviluppo dello spirito del "Nuovo Nero".
In primo luogo il presidente dell'UNIA si adoperò in tutti i modi e con grande successo per convertire la tradizionale negatività connessa all'appartenenza alla razza nera in un positivo strumento di lotta. Egli dichiarò infatti: "No man can convince me contrary to my belief, because my belief is founded upon a hard and horrible experience, not a personal experience, but a racial experience. The world has made being black a crime, and I have felt in common with men who suffer like me, and instead of making it a crime I hope to make it a virtue."(78)


Garvey, la cultura e l "Harlem Renaissance"


Il presidente dell'UNIA adottò diverse strategie per concretizzare il piano di rivalutazione della razza, ma fu in particolar modo la cultura il mezzo di diffusione ideologica da lui preferito. Egli stesso, che tra le altre cose era anche un prolifico poeta, si servì dei versi come strumento di lotta e di propaganda di una nuova mentalità. Le sue rime spesso glorificavano il passato del continente africano, lodavano la bellezza delle donne di colore, talvolta protestavano contro la partecipazione dei neri nelle guerre combattute dai bianchi. Nella prefazione ad una delle sue poesie più interessanti, Tragedy of White Injustice, Garvey affermò che egli componeva allo scopo di stimolare nei suoi lettori lo sviluppo di una nuova e solida coscienza di razza, di un'ideologia in grado di liberarli dalle invisibili catene del pregiudizio.(79)
Molti studiosi di storia afroamericana rimarcano il fatto che il periodo di maggior successo dell'UNIA coincise con lo sviluppo della corrente culturale del cosiddetto "Harlem Renaissance" (Rinascimento di Harlem). Questo movimento letterario, conosciuto anche con il nome di "Black Renaissance" o "New Negro Movement", si affermò negli Stati Uniti del dopoguerra quando alcuni scrittori, nauseati dalla monotonia dominante il mondo intellettuale americano del dopoguerra, cominciarono a denunciare nei loro scritti le lacune della democrazia capitalista statunitense. Le più delicate problematiche sociali ed economiche, in particolar modo la scottante questione razziale, diventarono quindi di grande interesse per questi letterati. Molti autori afroamericani, favoriti certamente dalla diffusione di principi come l' autostima e la consapevolezza, colsero così l'occasione per scrivere di loro stessi e della realtà in cui vivevano. Il noto storico afroamericano John Hope Franklin ha sottolineato nell'opera "From Slavery to Freedom" il ruolo fondamentale giocato da Garvey nello sviluppo di tale corrente culturale: "By raising the consciousness of millions of Black Americans, by outraging many of their articulate leaders such as W.E.B. Du Bois and James Weldon Johnson, and by creating so much excitement in Harlem for black and white alike, Garvey stimulated a variety of forms of expression. Caught up in the controversies of which Garvey was the center, or brooding over the conditions in American life to wich he pointed, many blacks began to write about them, as though reacting to Garvey's harangues, even if they seldom agreed with him."(80) La vitale influenza che Garvey ebbe sull'emergente movimento letterario è dimostrata dal fatto che alcuni dei suoi più famosi interpreti furono soci dell'UNIA. Tra gli altri Claude McKay(81) collaborò regolarmente con il Negro World durante i primi anni di pubblicazione, Eric Walrond fu editore del giornale e Zora Neale Hurston rubricista.(82)
Le critiche espresse da Garvey nei confronti di alcuni artisti afroamericani dimostrano quanto fosse importante e delicato, secondo il giamaicano, il ruolo della cultura nell'affermazione del concetto di "Race First". Marcus, ad esempio, criticò aspramente McKay perché a suo avviso nell'opera Home to Harlem aveva prostituito la propria intelligenza a servizio dell'uomo bianco mettendo in risalto i tratti peggiori della gente di colore. Egli era convinto che la comunità nera avesse bisogno di un diverso tipo d'artista, fedele e orgoglioso delle proprie origini: " We must encourage our own black authors who have character, who are loyal to their race, who feel proud to be black, and in every way let them feel that we appreciate their efforts to advance our race through healty and decent literature."(83)
Perciò nella seconda metà degli anni '30 Garvey, pur riconoscendone l'enorme talento, attaccò verbalmente Paul Robeson, il più famoso attore afroamericano dell'epoca. Il ruolo del nero docile e sottomesso da lui interpretato in importanti produzioni cinematografiche, come Emperor Jones, Sanders of the River e Stevedore, venne considerato un atto di diffamazione nei confronti della razza africana.(84) Le implicazioni razziali legate alla cultura portarono Garvey ad interessarsi anche di sport -manifestò pubblicamente il suo appoggio al pugile di colore Joe Louis - e di musica - l'UNIA organizzò diverse bande e gruppi canori.-

Garvey e il ruolo della religione


La religione fu un altro strumento di propaganda che Garvey adottò a suo favore per rafforzare la propria leadership e per diffondere tra la comunità nera statunitense ed internazionale i principi fondamentali della dottrina "race first". Egli, pur essendo di fede cattolica, sviluppò nel corso degli anni una concezione religiosa del tutto indipendente. L'immodestia e la presunzione lo spinsero più di una volta a proporre paralleli tra la propria vita e quella di Gesù. Anche i più fanatici tra i suoi stessi sostenitori lo fecero arrivando persino a venerare il carismatico giamaicano. Fu così che ad esempio i garveysti della sezione panamense di Colon affermarono: "We the Negroes of the World look upon Garvey as a superman; a demigod; and has the reincarnated Angel of Peace come from Heaven to dispense Political Salvation to an oppressed people."(85)
Da parte sua Garvey era allo stesso tempo un uomo religioso ed un anticlericale. Nel tentativo di sottolineare gli aspetti più progressisti e rivoluzionari del primo cristianesimo, definì il Cristo come il capo di un movimento di massa che si era battuto per i diritti degli oppressi. L'insegnamento di Cristo, egli affermò, "was simple but revolutionary. He laid the foundations of a pure democracy and established the fact, not a theory, of the Universal Brotherhood of man."(86) Nonostante questa ed altre dichiarazioni l'ideologia politica del presidente dell'UNIA lo portò a criticare e a ribaltare alcuni concetti fondamentali della tradizionale predicazione cristiana. In primo luogo egli sosteneva che se, come affermato nei testi sacri del cristianesimo, l'uomo era stato creato a immagine e somiglianza di Dio, non vi era motivo per cui i neri non dovessero credere e venerare un Dio nero. Perciò Garvey non solo denunciò apertamente la distorsione fatta dai predicatori bianchi che per anni avevano rappresentato il Cristo come un uomo di carnagione chiara, ma si adoperò per convincere i suoi seguaci dell'inganno. Egli accusò d'ipocrisia il cristianesimo tradizionale. Un editoriale da lui scritto nel 1923 e pubblicato sul Negro World ben sintetizza il suo pensiero in riguardo: "The Negro is now accepting the religion of the real Christ, not the property-robbing, gold-stealing, diamond-exploiting Christ, but the Christ of Love, Justice and Mercy. The Negro wants no more of the white man's religion as it applies to his race, for it is a lie and a farce..."(87) Nel tentativo di creare una nuova coscienza religiosa nella comunità nera nell'estate del 1924, nel corso della cerimonia che segnò la chiusura dell'assemblea internazionale dell'UNIA, Cristo venne canonizzato come "Black Man of Sorrows" e la Vergine Maria come "Black Madonna".

La politica del successo


L'atteggiamento di Garvey durante gli anni trascorsi negli Stati Uniti fu caratterizzato da due particolari tendenze: la persistente paura di fallire e l'ossessionante ricerca del successo.(88) All'origine delle sue scelte politiche vi fu sempre la netta convinzione che il successo costituisse per i neri la chiave per ottenere il rispetto e la tanto agognata uguaglianza. Tutto ciò lo portò ad agire sempre con grande determinazione e a sfruttare ogni minima possibilità che gli venne concessa per portare avanti la causa che più gli stava a cuore.
Garvey molto spesso si presentava al pubblico come il prototipo del "self-made man" e talvolta, allo scopo d'educare moralmente e intellettualmente i propri seguaci, raccontava parabole tratte dalla sua stessa vita: "I can recall having read and studied in the same class room with white boys, but up to now none of them has made better success in life than I have on their own iniziative. Hence, I come to the conclusion that I am as good as any white man."(89)
Per il presidente dell'UNIA il successo costituiva un fattore fondamentale per la risoluzione della problematica razziale. Egli, nei discorsi e negli scritti, incitava costantemente il popolo nero a reagire affinché si risvegliasse dal torpore che aveva contraddistinto gli ultimi secoli della sua storia. Ciò lo portò ad essere molto critico nei confronti dell'atteggiamento passivo adottato dall'uomo di colore al quale attribuiva grandi responsabilità: "All peoples are struggling to blast a way through the industrial monopoly of races and nations, but the Negro as a whole has failed to grasp its true significance and seems to delight in filling only that place created for him by the white man."(90) La disorganizzazione e la mancanza di cooperazione tra i neri erano considerati da Garvey i veri ostacoli sulla strada della totale emancipazione.
Il politico giamaicano, nonostante predicasse una dottrina anti-coloniale, interpretò il successo secondo i criteri della tradizionale cultura occidentale e quindi, paradossalmente, adottò il sistema di civilizzazione dell'uomo bianco per misurare i progressi della propria razza. Alla base di questo ragionamento stava una concezione alquanto particolare della storia, considerata come un processo di duplicazione nel quale le posizioni dell'Africa e dell'Europa una volta erano state invertite: "The World today is indebted to us for benefits of civilization. They stole our arts and sciences from Africa. Then why should we be ashamed of ourselves? Their modern Improvements are but duplicates of a grander civilization that we reflected thousands of years ago..."(91)
Di conseguenza la redenzione del popolo africano doveva avvenire attraverso un processo di assimilazione dei criteri della civiltà occidentale. Allo scopo di favorire tale sviluppo, convinto che ciò sarebbe stato utile per inculcare "la mentalità del successo" tra i neri, Garvey utilizzò una serie di paralleli politici e culturali. In un articolo apparso sul Negro World del 21 giugno 1919 dichiarò che se l'uomo bianco possedeva la "White Star Line"(92) quello africano avrebbe presto avuto una "Black Star Line". Nel 1920, durante la presentazione al pubblico del "Liberian Construction Loan", affermò che la "Gold Cross of African Redemption", un riconoscimento che veniva consegnato a coloro che investivano una certa quantità di denaro in azioni dell'associazione, era per i neri l'equivalente di ciò che per gli inglesi rappresentava la "Victoria Cross of England" o per i tedeschi la "Iron Cross of Germany". L'UNIA , inoltre, adottò una serie di titoli aristocratici con chiaro riferimento all'antica tradizione europea. Garvey giustificò tutto ciò affermando: "You can have your own king, your own emperor, you own pope, your own dukes, your own everything - therefore, don't bow down to other races for recognition... A white king has no more right to drive in a golden coach than your king and sovereign. Their pope has no more right of putting on sacred robes than your pope..."(93)
L'obiettivo di questa strategia era quindi il raggiungimento dell'uguaglianza con la razza bianca e ciò poteva avvenire solamente elevando la condizione dell'uomo nero a quella di una normale esistenza. Tale concetto venne chiaramente espresso in un articolo pubblicato su un numero del Black Man del 1934 dove Garvey affermò che, solamente quando la razza nera sarebbe stata in grado di produrre scienziati, uomini di stato e filosofi sullo stesso livello di quelli appartenenti alla razza bianca, il pregiudizio nei suoi confronti sarebbe svanito.

Il ritiro dal radicalismo e il dogma della purezza razziale


Una volta negli Stati Uniti Garvey riuscì in pochi anni a trasformare l'UNIA da una semplice organizzazione filantropica nel primo e più importante movimento di massa nero allora esistente. Indubbiamente gli elementi che permisero all'associazione di riscuotere tale immediato e sorprendente successo furono la propaganda e la retorica dai toni aggressivi tipica del giamaicano. Proprio le parole di Garvey, oltre ad allarmare il governo americano e le potenze coloniali europee, risvegliarono ed infiammarono lo spirito ribelle di parte della comunità nera.
Ciononostante, a partire dal luglio del 1921, Garvey fu costretto ad abbandonare tale atteggiamento e a dare inizio ad una nuova fase della sua carriera. Tale mutamento fu determinato dal verificarsi di un particolare episodio: nell'estate dello stesso anno egli, obbligato dalle pressanti esigenze finanziarie dell'UNIA, partì per un tour di promozione nei Caraibi delle varie attività imprenditoriali dell'associazione. Garvey contava di tornare nel quartier generale di New York al massimo entro tre settimane se non che J. Edgar Hoover, capo dell' FBI attuò un piano che lo costrinse ad un esilio forzato d'oltre quattro mesi. Una volta rientrato negli Stati Uniti la retorica del presidente dell'UNIA mutò di colpo assumendo toni molto più moderati rispetto al passato. In particolar modo Garvey adottò un diverso atteggiamento nei confronti dei governi nazionali contro i quali si era scagliato per anni. Dal palco allestito a New Orleans il giorno stesso del suo ritorno nel territorio statunitense egli predicò fedeltà alla legge americana e condannò severamente ogni tentativo di seminare odio tra le diverse razze. Dopo meno di due mesi dal suo ritorno, il 1°settembre del 1921, Garvey presentò alle autorità governative la dichiarazione d'intento per diventare cittadino americano.
L'abbandono di una retorica dai toni aggressivi segnò per l'UNIA l'inizio della fase di declino. Il più grande errore commesso da Garvey in questo periodo fu quello di proporre come base della nuova strategia politica il dogma della purezza razziale. Egli era convinto che alcuni leader della comunità afroamericana, per la maggior parte mulatti contrari alle sue posizioni segregazioniste, stessero collaborando con il governo statunitense in modo da eliminarlo al più presto dalla scena americana. A suo parere, il forzato esilio nel mar dei Caraibi era stato solo il primo tentativo d'attuare questo diabolico piano, cosicché cercò di neutralizzare la presunta influenza politica dei suoi avversari provando a distinguersi da loro sulle basi di una supposta "purezza razziale". Secondo i principi di questa nuova dottrina il compito degli uomini virtuosi e moralmente puri, bianchi o neri che fossero, era quello di opporsi energicamente ad ogni tentativo di incrocio tra le razze; una casta ibrida, priva perciò di qualsiasi esperienza sociale e morale, avrebbe costituito secondo Garvey un pericolo per tutta la società. Egli credeva che fosse necessario mantenere una netta distinzione tra le diverse razze almeno fino a quando ognuna di esse fosse riuscita a garantirsi il rispetto e la stima delle altre. A suo avviso, solo in questo modo il pregiudizio che per secoli aveva condannato il popolo africano ad una misera esistenza sarebbe svanito lasciando spazio alla vera democrazia. Perciò, come lo stesso Garvey affermò, l'UNIA credva che entrambe le razze "have separate and distinct destinies, that each and every race should develop on its own social lines, and that any attempt to bring about he amalgamation of any two opposite races is a crime against nature."(94)
Nell'ottobre del 1921 il presidente degli Stati Uniti Warren G. Harding,(95) in visita a Birmingham, Alabama, pronunciò un controverso discorso. Il capo di stato americano si dichiarò fermamente contro la cosiddetta uguaglianza sociale: "There shall be recognition of the absolute divergence in things social and racial …Men of both races may well stand uncompromisingly against every suggestion of social equality…Racial amalgamation there cannot be."(96) Mentre i più influenti politici afroamericani criticarono aspramente la presa di posizione del presidente, Garvey, al contrario, espresse immediatamente il proprio appoggio ad Harding, al quale telegrafò un messaggio di congratulazioni affermando che "all true Negroes are against social equality believing that all races should develop on their social lines."(97)
Esaminando la strategia politica adottata dal presidente dell'UNIA a partire dall'estate del 1921, i più importanti studiosi del movimento nazionalista nero si sono divisi dandone diverse interpretazioni. Secondo Cronon, Garvey non solo difese a spada tratta la teoria della racial purity, ma erroneamente cercò di trasferire il sistema razziale tripartito tipico della società giamaicana negli Stati Uniti. La stessa teoria è stata sostenuta anche da sociologi contemporanei allo stesso Garvey, come Charles S. Johnson e W.E.B. Du Bois. Lo storico R.Hill ha affermato invece che tali osservazioni non prendono in considerazione il vero significato del cambiamento politico del giamaicano: a suo avviso se prima della crisi del 1921 il fondatore dell'UNIA non reputò necessario sfruttare a suo favore il principio della "purezza razziale", fu solo dopo il forzato esilio che la volontà di risolvere il conflitto con il governo statunitense lo costrinse ad un cambiamento di rotta. Fu la convinzione, certamente eccessiva, che a quel tempo i suoi avversari politici volessero favorire uno scontro tra l'UNIA e lo stato americano che spinse Marcus a sfidare la loro influenza promuovendo il concetto di purezza razziale.


Capitolo III - La nave promessa

Introduzione


Se nelle pagine precedenti abbiamo esaminato i fondamenti ideologici del garveysmo, per comprenderne appieno il significato ed il valore dobbiamo analizzare ciò che l'UNIA realizzò concretamente sotto le direttive del suo presidente. Perciò in questo pagine abbiamo scelto di concentrare la nostra attenzione su due attività che segnarono nel bene e nel male il destino dell'organizzazione e del suo carismatico leader: l'impresa commerciale della Black Star Line e la pubblicazione del giornale Negro World.
Nella prima parte di questo terzo capitolo indagheremo quindi sui fattori economici e sociali che spinsero il leader dell'UNIA ad agire secondo una precisa strategia imprenditoriale e su quali elementi portarono in breve tempo alla creazione ed al fallimento della compagnia di navigazione. Gli storici hanno dato diverse interpretazioni sugli obiettivi politici che Garvey tentò di realizzare attraverso la BSL. Alcuni, screditando l'immagine del leader giamaicano, hanno sostenuto che tale progetto non si fondava su alcun disegno politico ma esclusivamente sugli interessi personali di una piccola elite afroamericana da lui rappresentata. A nostro avviso, per dare una valutazione il più corretta possibile, sarà necessario capire quali errori furono commessi in prima persona da Garvey e quali responsabilità lo coinvolsero solo indirettamente nel crack finanziario che segnò per l'organizzazione nazionalista l'inizio di un rapido declino.
Nella seconda parte la nostra indagine si concentrerà sull'attività propagandistica dell'UNIA ed in particolare sul Negro World. La pubblicazione di questo settimanale costituirà per Garvey il tentativo concreto di creare un'alternativa valida all'ideologia etnocentrista dei bianchi imposta da secoli di dominio delle potenze occidentali sul popolo africano disperso nel mondo. Probabilmente è dall'analisi di questo particolare sforzo culturale che emerge, più che in altri casi, il contributo del politico giamaicano all'emancipazione psicologica ed intellettuale della razza nera.


1. La Black Star Line

La comunità afroamericana e il boom economico del dopoguerra


Poco dopo il suo arrivo negli Stati Uniti Garvey si convinse che per il popolo africano e tutta la comunità nera dispersa nel mondo l'indipendenza economica potesse rappresentare lo strumento necessario per ottenere l'emancipazione totale dal dominio dei bianchi. Perciò in qualità di presidente dell'UNIA lanciò una serie d'attività commerciali che in breve tempo ottennero un successo notevole.
Storici ed economisti concordano sul fatto che il decennio 1919-1929 fu per gli Stati Uniti un periodo d'espansione economica segnato da un netto aumento del reddito nazionale e da una notevole crescita della produzione industriale. Nonostante la grave crisi dell'agricoltura nazionale provocata dal vertiginoso crollo dei prezzi dopo la guerra, a livello generale il popolo americano aumentò qualitativamente il proprio standard di vita concedendosi lussi che fino ad allora non aveva potuto permettersi. Il prodotto nazionale lordo aumentò costantemente del 2% annuo fra il 1922 e il 1929, l'inflazione rimase sotto l'1% all'anno e il tasso di disoccupazione non superò mai il 3,7%. Se le cifre complessive confermano che nonostante la breve recessione postbellica del biennio 1920-21 questo fu il periodo di massimo splendore economico di tutta la storia americana, è necessario ricordare come la prosperità non si distribuì in maniera omogenea nella società statunitense ma si concentrò soprattutto tra le classi più alte. Ciononostante è innegabile che a livello generale fu un decennio di pieno impiego e bassa inflazione che favorì investimenti e speculazioni in tutti i settori.
W.P.G. Harding, autore del libro The Formative Period of the Federal Riserve System, ha sostenuto che tra l'aprile del 1919 e l'estate del 1920 il boom economico fu talmente eccezionale da allarmare anche il segretario del Tesoro, il quale dichiarò: "All sense of values seems to have departed from among us."(98) Negli Stati Uniti le ripercussioni della Grande Guerra determinarono inoltre importanti trasformazioni a livello sociale. Si verificarono in particolare due avvenimenti correlati tra loro: il trasferimento d'intere famiglie di colore dagli stati meridionali a quelli settentrionali e il fenomeno crescente dell' urbanizzazione. Entrambi i processi favorirono, oltre alla maturazione di una forte consapevolezza razziale, la parziale crescita economica della comunità nera. Dopo lo scoppio delle ostilità si era registrata una sensibile diminuzione del flusso di immigrati europei, per la maggior parte proveniente dall'est e dal sud del Vecchio Continente, che per anni avevano costituito la manodopera non specializzata del settore industriale americano. Se nel periodo 1910-14 erano giunti negli Stati Uniti alla ricerca di un'occupazione più di cinque milione di stranieri, nel quinquennio successivo la guerra e le nuove severe leggi sull'immigrazione fecero scendere bruscamente il loro numero.(99) Per supplire alla carenza improvvisa d'operai, piccoli e grandi imprenditori furono costretti a supplicare i neri purché questi accettassero le loro offerte di lavoro. Fu così che negli anni Venti più di ottocentomila afroamericani lasciarono il Sud del paese per trasferirsi nei centri cittadini del nord dove trovarono impiego soprattutto nelle fabbriche automobilistiche, nei cotonifici, nelle ferrovie e nelle acciaierie. Le grandi città industriali americane diventarono quindi la nuova dimora per migliaia di neri. Tra il 1910 e il 1920 la popolazione di colore a Chicago aumentò del 148%, a Pittsburgh del 117%, a New York del 66% e a Filadelfia del 58%. Questo processo d'urbanizzazione che coinvolse la comunità afroamericana migliorò le condizioni economiche dei neri, permise loro un aumento del potere d'acquisto e favorì di conseguenza investimenti e piccolo risparmio prima d'allora impossibili.

Garvey e l'importanza dell'indipendenza economica


Garvey comprese immediatamente che il periodo di prosperità della comunità afroamericana era vincolato alla particolare situazione creatasi dopo la guerra mondiale. Ne fu così convinto da affermare: "it is accidental today as it was during the war of 1914-18 when colored men were employed in different occupations, not because they were wanted, but because they were filling the place of other men of other races who were not available at that time." Egli temeva che in poco tempo i vecchi equilibri socio-economici sarebbero tornati a dominare la nazione statunitense infrangendo una volta per tutte le speranze democratiche della minoranza di colore. A suo avviso per evitare d'arrivare ad un punto di non ritorno era necessario per il "popolo africano" conquistare al più presto l'indipendenza economica dalla razza bianca: "a race that is solely dependent upon another for its economic existence sooner or later dies. As we have in the past been living upon the mercies shown us by others, and by the chances obtainable, and have suffered therefrom, so will we in the future suffer if an effort is not made now to adjust our own affaire."(100) Secondo Garvey il pregiudizio che portava alla discriminazione degli "africani" non era originato né dal differente colore della pelle, né dalla diversa religione ma esclusivamente dal differente grado di potere; perciò raggiungere l'autosufficienza era l'unico sistema per ottenere il rispetto degli altri popoli. Come Booker T. Washington, egli sosteneva il ruolo predominante del fattore economico nella società moderna, prioritario anche rispetto all'azione politica: "after a people have established successfully a firm industrial foundation they naturally turn to politics and society, but not first to society and politics, because the two latter cannot exist without the former."(101) Il fatto che i neri non fossero produttori di beni e servizi ma dei semplici consumatori lo convinse quindi della necessità d'agire al più presto.
Fu così che tra il 1918 e i primi anni Venti l'UNIA si impegnò in una serie di business imprenditoriali. Nel 1919 vennero incorporate la Black Star Line e la Negro Factories Corporation. Sotto l'egida di quest'ultima corporazione nacquero ristoranti, lavanderie, drogherie, alberghi e numerose altre attività commerciali. Inoltre l'associazione acquistò tre edifici e pubblicò regolarmente il settimanale Negro World. Complessivamente nel 1920 più di trecento persone lavorarono negli Stati Uniti per conto dell'UNIA. Anche le divisioni dell'organizzazione sparse nell'intero continente americano acquistarono proprietà e si lanciarono in diverse attività commerciali. Partendo dalle singole realtà Garvey aveva intenzione di realizzare un sistema pan-africano di cooperazione economica che, a suo parere, una volta ben sviluppato sarebbe stato così vasto da garantire l'indipendenza e l'autonomia del popolo nero anche in caso d'ostilità da parte del resto del mondo. Egli sintetizzò così il concetto: "Negro producers, Negro distributors, Negro consumers! The world of Negroes can be self-contained."(102)

Le origini della BSL


La Black Star Line fu l'attività imprenditoriale che per significato politico e valenza commerciale si distinse tra quelle lanciate dall'associazione garveysta. L'analisi d'alcuni degli elementi che portarono alla creazione e al fallimento della BSL può rivelarsi utile per la comprensione di ciò che hanno rappresentato per la storia afroamericana Garvey e l'UNIA.
Un primo interrogativo al quale vale la pena rispondere è il seguente: quali considerazioni convinsero il politico giamaicano ad investire notevoli capitali proprio in una compagnia di navigazione ? Probabilmente Garvey fece delle valutazioni di diverso tipo che di seguito proveremo a ripercorrere. Da una parte scelse le navi per l'immagine di potenza che esse rappresentarono a livello internazionale a partire dalla Prima Guerra mondiale. In questo contesto non bisogna dimenticare il fatto che lo stesso governo statunitense durante il conflitto aveva dato priorità assoluta al potenziamento della marina militare e mercantile, cosicché, al momento della firma dell'armistizio, entrò in possesso d'oltre milletrecento imbarcazioni, la maggior parte delle quali requisite al nemico tedesco durante le operazioni belliche.
Tuttavia, al di là del valore simbolico, furono soprattutto precise valutazioni economiche a spronare Garvey alla creazione di una compagnia di navigazione. La necessità di collegare tra loro i numerosi centri del mercato pan-africano, soddisfacendo così allo stesso tempo le richieste dei commercianti africani e le esigenze della popolazione caraibica, fu uno degli elementi che lo spinse alla creazione della BSL. Dopo la guerra le navi erano diventate lo strumento fondamentale con il quale i produttori statunitensi rispondevano alle pressanti richieste del mercato internazionale. Il rilancio dell'economia europea rappresentò certamente il più importante tra gli obiettivi postbellici della politica estera americana, ma non bisogna dimenticare l'interesse sempre maggiore per le materie prime del continente africano se il valore complessivo del commercio tra l'America e l'Africa nell'intervallo 1914-1920 crebbe da 47 a 325 milioni di dollari. Ne è prova il fatto che il Dipartimento della Marina dichiarò sorpreso: "the exchange of manufactured goods for the rich and necessary cargoes of the great continent of Africa opens up unlimited possibilities of trade."(103) Nell'immediato dopoguerra gli Stati Uniti tentarono l'espansione commerciale nel continente nero, fino ad allora monopolio dei mercanti e delle compagnie di navigazione britanniche e tedesche. Gli stessi affaristi africani, nella speranza di trovare valide alternative agli acquirenti europei, accolsero con favore le nuove mire statunitensi convinti di trovare appoggio soprattutto nella comunità nera americana. In realtà l'assenza di adeguate strutture commerciali gestite da afroamericani fu uno dei fattori che impedì uno sviluppo interessante dei rapporti commerciali tra l'Africa e l'America e li rese qualcosa di molto occasionale.
Diversamente, i produttori delle Indie Occidentali instaurarono con i commercianti statunitensi rapporti di scambio molto più regolari. In questo caso, un importante ruolo fu giocato dalle comunità di immigrati caraibici stanziate negli Stati Uniti e in Canada che acquistarono e pubblicizzarono con successo le merci provenienti dai loro paesi d'origine. Le opportunità di guadagno intrinseche a questo nuovo mercato spinsero grandi imprese americane ad interessarsi del trasporto e della vendita dei prodotti caraibici. La United Fruit Company, ad esempio, fu una delle poche aziende in grado di trasportare, grazie alle sue apposite navi, la frutta, soprattutto banane, coltivata nelle piantagioni del Centro America, che peraltro erano in gran parte di sua proprietà. Le imbarcazioni della compagnia evitavano però di fermarsi nei porti minori dove il traffico non era tale da permettere sufficienti guadagni ed in questo modo emarginarono i piccoli e medi produttori. Spesso, sulle stesse navi che trasportavano i raccolti, cercavano di salire anche uomini e donne con la speranza di trovare impiego nelle grandi piantagioni di zucchero e banane. Per coloro che non avevano già un contratto di lavoro le speranze di ottenere un passaggio erano poche e per gli abitanti delle isole più piccole nulle.
Il presidente dell'UNIA agì, inoltre, nella speranza di fornire alla popolazione di colore una concreta alternativa alle pratiche razziste attuate dalle compagnie di navigazione bianche. Spesso, infatti, i biglietti di prima classe non potevano essere acquistati dai neri e quelle poche volte che i più fortunati vi riuscivano non potevano comunque usufruire integralmente dei servizi offerti agli altri passeggeri.

La gestione economica della BSL


Negli anni Venti il prezzo d'acquisto per una buona imbarcazione variava dai 150.000 ai 500.000 dollari, importo al quale andavano quasi sempre aggiunte ulteriori spese per adattare la nave al tipo di carico da trasportare. In qualità di presidente dell'UNIA Garvey, come i pochi imprenditori afroamericani presenti sul mercato, non possedeva capitali sufficienti da poter investire in tale attività e fu costretto perciò ad optare per l'azionariato popolare.
Il politico giamaicano trovò nella classe lavoratrice afroamericana una risorsa economica fondamentale per la realizzazione dei suoi progetti. Indubbiamente l'immediata e favorevole risposta al suo appello fu agevolata in particolar modo da due fattori. In primo luogo dalla consuetudine, diffusa tra la popolazione di colore a partire dalla guerra mondiale, d'investire i propri guadagni in azioni ed obbligazioni. Testimoniano questo fatto le stime concernenti le cinque campagne nazionali di prestito alle quali ricorse il governo statunitense nel corso del conflitto: i dati rivelano che i neri impegnarono all'incirca $250.000.000 in titoli di credito e francobolli. Gli organi di stampa continuarono a pubblicizzare le nuove formule speculative anche una volta terminate le ostilità: il Guardian di Boston esortò i lettori all'acquisto d'azioni della Colored American Theatres Corporation promettendo guadagni netti del 50%, la testata newyorchese Age affermò: "the gold mine still exists in Harlem and paying ore awaits the efforts of the earnest and industrios pioneers."(104) Nel clima euforico del momento anche gli afroamericani vennero attratti dalle nuove prospettive di guadagno e tra loro in particolar modo i professionisti emersero come la classe dei nuovi investitori.
L'altro elemento che favorì gli investimenti della comunità nera in azioni della BSL fu il fatto che a partire dal 1915 le autorità statali statunitensi, e successivamente anche imprenditori privati, cominciarono ad appellarsi a particolari sentimenti nazionalistici per destare l'interesse dei potenziali azionisti. Ad esempio, nell'aprile del 1919 il governo, nel tentativo di tranquillizzare i toni del conflitto razziale in un periodo di grande tensione sociale, si rivolse in questi termini alla popolazione afroamericana di New York: "When one becomes the owner of a bond of the United States, he becomes a stockholder in the country. As a stockholder, he will feel a greater degree of interest in the welfare of the country and is entitled to greater consideration in its affaire. Invest in the stocks of Uncle Sam."(105) Una volta terminato il conflitto alcuni abili imprenditori trasformarono l'appello alla solidarietà nazionale in uno di carattere prettamente etnico; fu così che gli uomini d'affari irlandesi crearono la Green Star Line ed i polacchi la Polish Navigation Steamship Company.
Garvey, perciò, non si distinse per originalità quando nel 1919, rivolgendosi alla comunità afroamericana, lanciò la BSL. Il suo progetto, allora, poteva essere comparato ad una delle tante proposte imprenditoriali che sfruttavano la componente etnica per accumulare capitale se dietro a tutto questo non ci fosse stata una precisa strategia politica.


L'ambiguità della strategia politica


Le trasformazioni economiche e sociali che nel dopoguerra coinvolsero la nazione statunitense, e in particolar modo la comunità afroamericana, convinsero Garvey che lo sviluppo di un capitalismo nero avrebbe favorito il processo d'emancipazione politica della minoranza di colore. Tra le varie opportunità offerte dal mercato egli decise comunque di impegnarsi in un'attività commerciale che potesse rivestire nello stesso momento anche un determinato significato politico. Perciò se i ristoranti e le altre piccole imprese che l'UNIA gestì prima del maggio 1919 non costituivano secondo il giamaicano strumenti idonei alla realizzazione dell'obbiettivo grandioso quanto utopico che l'organizzazione si era posto, ovvero la redenzione dell'Africa, probabilmente il lancio della BSL gli parve in grado di rispondere in pieno sia alle esigenze politiche sia alle priorità economiche.
Judith Stein ha evidenziato come in realtà gli obiettivi concreti che Garvey tentò di realizzare attraverso la creazione della BSL siano stati diversi da quelli pubblicizzati nei suoi discorsi e nei suoi articoli. A suo parere, mentre a livello concreto il leader giamaicano fondò la BSL principalmente per dare nuove opportunità alla classe media afroamericana, agli individui più poveri ed ignoranti della comunità nera presentò le navi come gli strumenti che al più presto avrebbero permesso il ritorno in Africa di tutti gli africani dispersi nel mondo. Questo spiegherebbe secondo la Stein come mai nella fase di lancio della compagnia Garvey cercò soprattutto l'appoggio della borghesia nera e perché, nel clima d'agitazione del 1919, molti intellettuali, professionisti, giornalisti e piccoli uomini d'affari di colore furono pronti a sostenerlo. Probabilmente la principale preoccupazione dell'organizzazione nazionalista non fu la risoluzione immediata dei gravissimi problemi economici e sociali che attanagliavano le classi meno abbienti della comunità nera ma la sempre più emergente discriminazione nei confronti dell'elite afroamericana di cui Garvey si sentiva parte.
Perciò il presidente dell'UNIA distinse da subito il cosiddetto "razzismo militante", ritenuto necessario per mobilitare le masse, dal "radicalismo sovversivo" al quale si oppose teoricamente e per convenienza.(106) Questa presa di posizione alquanto moderata gli permise di conquistare un importante spazio nel panorama politico del tempo senza tuttavia privarsi del vitale sostegno popolare. Nel gennaio del 1920 il Dipartimento di Giustizia descrisse Garvey come il principale agitatore della comunità afroamericana newyorchese ma contemporaneamente sostenne che per il presidente dell'UNIA l'appello al nazionalismo nero era comunque secondario rispetto al progetto di vendita delle azioni della BSL. Tale giudizio, che erroneamente dipinse il giamaicano come un semplice "stock promoter", rivela però che finché egli subordinò l'esigenze politiche a quelle economiche venne visto dal governo come un problema relativo. Probabilmente se non fosse stato per il carattere violento della retorica di Garvey che rischiava di alimentare ancor di più il clima di tensione razziale, il governo statunitense non si sarebbe mai opposto ad un progetto di sviluppo del capitalismo nero, anzi, come successo ad esempio durante la recente presidenza di Clinton, lo avrebbe appoggiato.
Nel momento in cui le esigenze finanziarie divennero sempre più incombenti i dirigenti dell'UNIA furono costretti a cercare sostegno anche tra le classi più povere della popolazione di colore. L'appello alle masse divenne quindi uno strumento necessario per garantire la sopravvivenza della BSL e ciò finì per allarmare non poco il governo statunitense. L'FBI mutò improvvisamente il comportamento indulgente nei confronti del politico giamaicano mutandolo in uno molto più severo. Chiaramente quello che preoccupava maggiormente gli agenti federali non era quanto Garvey faceva, ma ciò che il suo messaggio poteva ispirare.

Le cause del fallimento


L'analisi delle alterne vicende che caratterizzarono l'attività della Black Star Line mette in evidenza al contempo le qualità migliori e quelle peggiori del movimento garveysta. Se da una parte la partecipazione popolare alla gestione di un'impresa di tali dimensioni rappresentò un'iniziativa senza paralleli nella storia della comunità afroamericana, dall'altra l'incompetenza e la negligenza con la quale Garvey e i suoi alleati amministrarono la compagnia mostrano i grandi difetti dell'organizzazione nazionalista.
La Black Star Line nei primi dieci mesi d'attività raccolse quasi $750.000, una cifra tale da indurre Garvey ad aumentare il capitale sociale della compagnia da $500.000 a $10.000.000. Sino all'agosto del 1922 furono vendute azioni per un valore di $900.000, cosicché, considerando anche i soldi collezionati dalla Black Cross Navigation and Trading Company, la cifra totale investita dai risparmiatori afroamericani in attività dell'UNIA fu all'incirca di $1.250.000. I numeri testimoniano la grande disponibilità al sacrificio che persone di colore di tutto il mondo e di tutte le classi sociali dimostrarono in nome del movimento nazionalista nero e, contemporaneamente, ci obbligano ad un'analisi delle ragioni del clamoroso crack finanziario della BSL.
Mentre alcune cause del fallimento sembrano coinvolgere direttamente Garvey, altre lo interessano solo indirettamente. Tra le prime spicca chiaramente la carenza di personale qualificato all'interno dell'organizzazione, una situazione determinata dai particolari criteri adottati dal presidente dell'UNIA nella nomina dei suoi subordinati. Garvey, infatti, nella selezione dei collaboratori fu sempre interessato alla fedeltà personale, più che alle competenze strettamente imprenditoriali dei vari individui. Il timore di divenire la vittima di intricati complotti segnò tutta la carriera del politico giamaicano e lo spinse a scegliere uomini innanzitutto fidati e, solo in secondo luogo, preparati al mondo imprenditoriale. Garvey, inoltre, ossessionato com'era dalla paura di fallire, non volle rischiare di perdere la posizione di predominanza all'interno del movimento cosicché, per gli incarichi più importanti, scelse sempre uomini che non mostravano delle spiccate doti di leadership. Talvolta alcuni associati polemizzarono con il presidente e pagarono con l'espulsione dall'associazione il loro scontroso atteggiamento. Il continuo ricambio di alti dirigenti è testimonianza ulteriore di quanto il giamaicano fosse un uomo con il quale non era facile lavorare.
Altre responsabilità indicano in Garvey uno dei colpevoli del tracollo finanziario della Black Star Line. Alcune di queste derivarono soprattutto dalla mancata conoscenza del mondo della navigazione e dei vari aspetti, soprattutto burocratici, legati ad esso. Alla vigilia del processo che coinvolse il presidente e altri quattro dirigenti della compagnia i registri contabili sequestrati dall'accusa rivelarono il caos totale con il quale fu gestita l'intera attività.
Il leader giamaicano, inoltre, non tracciò mai una netta linea di distinzione tra gli aspetti politico-promozionali e quelli economici della Black Star Line. Molto spesso le scelte imprenditoriali vennero subordinate alle necessità politiche, una decisione che costò molto cara al bilancio, costantemente in rosso, della compagnia. In questo senso fu molto significativo il rapporto conflittuale tra Garvey e Joshua Cockburn, primo capitano della Black Star Line e unico, tra i dirigenti dell'UNIA, ad avere una certa competenza nel mondo della navigazione. Molto spesso il presidente dell'associazione si disinteressò del parere dell'esperto uomo di mare e prese delle decisioni che, privilegiando gli aspetti politici, si dimostrarono altamente controproducenti a livello economico. Ad esempio, il 13 gennaio del 1920, la nave Yarmouth da poco tornata dal viaggio inaugurale, nonostante necessitasse d' accurati controlli e immediati interventi di riparazione, fu costretta, su ordine di Garvey, a salpare velocemente per L'Avana con un prezioso carico di whisky. La Green River Distilling Company era infatti ansiosa di vendere la propria merce del valore di $4.000.000 prima che il 17 dello stesso mese entrasse in vigore negli Stati Uniti la legge proibizionista. Il capitano Cockburn inizialmente si lamentò perché la nave non era adibita al trasporto di liquori ma successivamente accettò di cooperare. Una volta informato da Garvey dell'esiguo guadagno dell'intera operazione il suo scetticismo si tramutò in collera. Il giamaicano allora, nel tentativo di calmare l'unico capitano di colore disponibile sulla piazza, lo invitò a fare del suo meglio rassicurandolo sul fatto che la BSL agendo in tal modo si sarebbe pubblicizzata positivamente. I due litigarono nuovamente quando Garvey decise d'affidare le riparazioni alla Irvine Engineering Company al costo di $11.000, annullando così immediatamente ogni speranza di ottener un profitto. Nonostante i contrasti tra il massimo dirigente e il capitano, la nave salpò andando incontro a nuovi e gravi problemi.
Garvey, inoltre, commise l'errore di mostrarsi esuberante anche quando la gravità della situazione non lo permetteva. Probabilmente lo stesso carattere forte e determinato, a tratti persino cocciuto, indispensabile nella fase iniziale della sua carriera, gli impedì in seguito d'ammettere in pubblico i fallimenti e gli errori personali. I suoi numerosi avversari approfittarono di tale atteggiamento per escluderlo definitivamente dalla scena politica. Garvey, infatti, venne condannato per aver promesso agli azionisti della BSL alti dividendi anche quando era cosciente delle pessime condizioni finanziarie dell'impresa. Lo stesso atteggiamento superficiale lo portò ad acquistare nuove navi anche quando i pagamenti delle precedenti non erano stati completati.
Tra le cause del fallimento della BSL vi furono anche fattori che non erano sotto il diretto controllo di Garvey. Se gli attacchi dei suoi accaniti rivali ebbero un ruolo molto importante che approfondiremo nel quinto e ultimo capitolo, furono soprattutto il ricorso alla corruzione e al ladrocinio diffusosi tra gli impiegati a causare grosse difficoltà nella gestione della compagnia. In effetti, tra i numerosi afroamericani che aderirono al movimento garveysta alcuni lo fecero solo per stretta convenienza. Mentre nel 1919 la BSL sembrava lanciata verso un prospero futuro, in breve tempo la situazione peggiorò costringendo gli associati a sacrifici economici che non tutti erano disposti a fare. Fu così che alcuni di loro si rifecero dei mancati guadagni ricorrendo a piccoli furti e stratagemmi a danno della compagnia. Spesso però la buona volontà degli impiegati svanì proprio davanti all'apparenza di benessere data da Garvey e dagli altri ufficiali.
Il presidente dell'UNIA attribuì le cause del fallimento esclusivamente all'azione dei nemici che individuò all'interno e all'esterno dell'organizzazione. In un testo autobiografico egli spiegò così l'evolversi della situazione: "My downfall was planned by my enemies. They laid all kind of traps for me. They scattered their spies among the employes of the Black Star Line and the Universal Negro Improvement Association. Our office records were stolen. Employes started to be openly dishonest ... The ship's officers started to pile up thousands of dollars of debts against the company without the knowledge of the officers of the corporation. Our ships were damaged at sea, and there was a general riot of wreck and ruin. Officials of the UNIA also began to steal and be openly dishonest. I had to dismiss them. They joined my enemies, and thus I had an endless fight on my hands to save the ideals of the association and carry out our programm for the race. My negro enemies, finding that they alone could not destroy me, resorted to misrepresenting me to the leaders of the white race, several of whom, without proper investigation, also opposed me."(107) E' opportuno credere a questa versione dei fatti o essa rappresenta una mistificazione di ciò che realmente accadde?
Due storici in particolare si sono segnalati per le loro contrastanti interpretazioni delle cause che portarono al fallimento della Black Star Line. La studiosa bianca Judith Stein sostiene che la maggior parte delle responsabilità sono attribuibili direttamente a Garvey e al suo modo d'agire troppo superficiale ed attento alle prerogative personali. La Stein ha dichiarato che "Garvey's desire for success and power blinded him to alternative options at any moment. Fear of failure and suspicions of competitors directed his attention to exposing the real and imaged misdeeds of others rather than pursuing blueprints that required time and work and witheld immediate reward."(108) Tony Martin, pur sottolineando gli errori del presidente dell'UNIA, ha individuato invece negli agenti esterni - l'opposizione del governo statunitense e delle potenze coloniali, l'azione dei nemici interni alla comunità afroamericana, la disonestà di alcuni membri - i fattori che portarono al tracollo finanziario della BSL. Egli afferma che: "there was nothing inevitable about the failure of the Black Star Line and al lied ventures. The few trips of the Yarmouth proved that the possibilities for substantial cargoes and a profitable passengers business were there. Without the problems enumerated above there is no reason why the UNIA shipping ventures could not have been at least modestly profitable."(109)

2. Il Negro World

La propaganda


Garvey attribuì sempre grande importanza all'attività propagandistica. Egli credeva che in una civiltà altamente sviluppata ed organizzata la propaganda rappresentasse uno strumento fondamentale per far conoscere il proprio pensiero e per attirare sulle proprie iniziative i consensi e l'approvazione del maggior numero possibile d'individui. A suo avviso, concetti ben radicati nella società americana ed europea quali "destino manifesto"(110) , supremazia bianca e inferiorità della razza nera erano stati imposti da un'azione studiata e diretta dall'elite intellettuale e politica occidentale. Per anni era stata prodotta ed imposta come verità assoluta un tipo di letteratura che rappresentava l'Africa come una terra senza passato, abitata da selvaggi e cannibali dove la civilizzazione non avrebbe mai potuto avvenire se non con l'aiuto dell'uomo bianco. Perciò Garvey sosteneva che "propaganda has done more to defeat the good intentions of races and nations than even open warfare. Propaganda is a method or medium used by organized peoples to convert others against their will. We of the Negro race are suffering more than any other race in the world from propaganda - Propaganda to destroy our hopes, our ambitions and our confidence in self."(111) I mezzi d'informazione, l'indottrinamento religioso e l'insegnamento della storia rappresentavano solo alcuni degli strumenti adottati dalla razza bianca per perpetuare il proprio dominio sul mondo. Hubert Harrison, autorevole intellettuale afroamericano e collaboratore del Negro World, condivideva con il politico giamaicano l'idea che il sistema scolastico esistente negli Stati Uniti e nelle Indie Occidentali essendo stato creato dai bianchi per le loro specifiche esigenze culturali non avrebbe mai educato correttamente i ragazzi di colore. Essi infatti "know nothing of the stored-up knowledge and experience of the past and present generations of Negroes in their ancestral lands, and conclude there is no such store of knowledge and experience. They readily accept the assumption that Negroes have never been anything but slaves and that they never had a glorious past as other fallen peoples like Greeks and Persian have."(112) Secondo Garvey per rivalutare l'immagine della cultura africana era necessario quindi per l'uomo di colore sviluppare una specifica propaganda impostata su concetti di auto-consapevolezza e fiducia in se stessi.
A questo scopo il politico giamaicano si impegnò in numerose iniziative, alcune delle quali ottennero grande successo. L'UNIA divulgò in diversi modi il proprio messaggio tanto che ogni singola attività dell'organizzazione assunse un determinato ruolo propagandistico. Le produzioni artistiche, le manifestazioni religiose e le diverse proposte commerciali furono prima di tutto strumenti atti alla diffusione di una nuova mentalità tra il popolo nero. Garvey, il quale riteneva che l'uomo di colore non aveva bisogno di stare ad ascoltare tante parole ma, piuttosto, di confrontarsi con validi esempi pratici, agì concretamente per diffondere il suo pensiero. Così vennero filmate alcune parate annuali dell'associazione per essere proiettate successivamente all'interno della Liberty Hall, alcuni discorsi del presidente vennero registrati, riprodotti su vinile e messi sul mercato e durante la convention del 1929 i delegati giunsero addirittura a prendere in considerazione l'idea di creare una radio per diffondere con maggior efficacia il messaggio garveysta.

La stampa e il Negro World


Lo strumento di propaganda che l'UNIA adottò con maggior successo fu la stampa. Garvey, che da ragazzo in Giamaica aveva lavorato come tipografo e come giornalista, seppe sfruttare al meglio queste esperienze professionali e nel corso della sua carriera politica fondò numerose testate in diversi paesi a cominciare, tra il 1910 e il 1911, dal Garvey's Watchman in Giamaica, La Nacion in Costa Rica e La Prensa a Panama.(113)
Il più importante e prestigioso giornale pubblicato dal leader giamaicano fu comunque il Negro World, un settimanale stampato regolarmente ad Harlem tra il 1918 e il 1933. Questo periodico distribuito in tutto le regioni del mondo abitate da neri si affermò negli Stati Uniti come una delle migliori iniziative intellettuali fino ad allora proposte alla comunità di colore. Nello spazio di pochi mesi quella che era la voce ufficiale dell'UNIA diventò uno dei settimanali più importanti nel panorama editoriale afroamericano e uno strumento propagandistico di grande efficace in mano al movimento nazionalista nero. Le stime parlano di una circolazione che variò negli anni di maggior successo dell'organizzazione dalle sessantamila alle duecentomila copie.
Il Negro World si distinse dalle altre testate afroamericane perché era al contempo strumento politico e spazio di dibattito culturale. Tra i numerosi giornalisti che collaborarono alla sua pubblicazione spiccano alcuni tra i nomi più prestigiosi del panorama letterario nero del tempo. T. Thomas Fortune, decano dei reporter afroamericani ed attivista del partito repubblicano, curò la pubblicazione del settimanale dal 1923 fino alla sua morte nel 1928; John Edward Bruce, fondatore della Negro Society for Historical Research, lavorò come "associate editor" fino al 1924; autorevoli scrittori come Hubert Harrison, William H. Ferris ed Eric Walrond completarono lo staff editoriale coordinato naturalmente da Garvey stesso. La seconda moglie del giamaicano, Amy Jacques, fu incaricata invece della cura della pagina dedicata alle donne.
Il razzismo imperversante nel mondo del giornalismo statunitense rese il Negro World uno spazio unico per gli scrittori di colore più o meno affermati che desideravano mettere alla prova il proprio talento e la propria inventiva. Harrison pubblicò sul settimanale dell'UNIA la prima rubrica di recensione letteraria mai apparsa su una testata afroamericana ed altri intellettuali di futuro successo come J.A. Rogers, Arthur A. Schomburg, Carter G. Woodson, Claude McKay e Zora Neale Hurston collaborarono almeno una volta con un loro pezzo. Nell'opera Literary Garveysm lo studioso Tony Martin ha voluto sottolineare come gli storici, pur riconoscendo il ruolo fondamentale di Garvey nella diffusione di concetti come consapevolezza di razza e Pan-africanismo costantemente ripresi dagli artisti del cosiddetto "Harlem Renaissance", non abbiano mai compreso appieno il contributo culturale direttamente apportato dal giamaicano. Un errore di valutazione grave se si pensa che nel 1922 anche autorevoli nemici di Garvey come Randolph e Owen confessarono sulle pagine del giornale socialista Messenger: "He has inspired an interest in Negro traditions, Negro history, Negro literature, Negro art and culture. He has stressed the international aspect of the Negro problem."(114) Anche Claude McKay nel 1940, in occasione della morte del presidente dell'UNIA, sottolineò con queste parole l'importanza del contributo culturale di quest'ultimo: "Garvey assembled an exhibition of Negro accomplishment in all the skilled crafts, and art work produced by exhibitors from all the Americas and Africa, which were revelations to Harlem of what the Negro people were capable of achieving...The flowering of Harlem's creative life came in the Garvey era."(115)
Nonostante il grande interesse per la cultura Garvey era soprattutto un politico e in quanto tale riteneva che l'arte dovesse essere messa al servizio dei neri per cause fondamentali per la razza. Perciò egli affermò: "We must encourage our own black authors who have character, who are loyal to their race, who feel proud to be black, and in every way let them feel that we appreciate their efforts to advance our race through healthy and decent literarture."(116) Allo scopo di rivalutare l'immagine dell'uomo di colore screditata da anni di propaganda razzista il Negro World utilizzò le sue pagine per raccontare ai lettori la gloriosa storia del popolo nero. Più volte Garvey scrisse con orgoglio ed ammirazione delle gesta eroiche di schiavi ribelli come Denmark Vesey(117) , Gabriel Prosser(118) e Nat Turner,(119) della resistenza dei guerrieri Zulu e Hottenthot contro l'invasore europeo, delle celebri vicende dei Mori e dell'impero etiope, dell'audacia mostrata da Toussaint L'Overture(120) nell'opporsi all'esercito francese.
Nelle sue pagine, variabili dalle dieci alle sedici, il Negro World informava delle varie attività svolte dalle sezioni dell'UNIA sparse in tutto il mondo, contribuendo in questo modo ad unificare gli sforzi delle varie componenti dell'associazione. Gli stessi lettori erano invitati a partecipare al dibattito facendo pervenire in redazione i loro pareri riguardo le tematiche più importanti affrontate negli articoli. Uno degli spazi editoriali di maggior successo fu quello dedicato alla poesia popolare, "Poetry for the People", nel quale tutti avevano l'opportunità d'esprimere in versi la devozione alla razza.
Le caratteristiche puramente grafiche del Negro World meritano alcune considerazioni. A separare le due parole del titolo, "Negro" e "World", c'era una figura simile al volto d'una sfinge che sorreggeva il motto dell'organizzazione: "One Aim, One God, One Destiny". Immediatamente sotto capeggiava la frase "A Newspapers Devoted Solely to the Interest of the Negro Race". La prima pagina era puntualmente riservata a lunghi editoriali nei quali il presidente dell'UNIA si impegnava di volta in volta in sommarie ricostruzioni storiche o in concreti appelli promozionali. Nei suoi pezzi egli esordiva sempre appellandosi ai "fedeli compagni della razza nera" per poi concludere con la formula "Your obedient serf, Marcus Garvey, President General". Il Negro World, per esigenze economiche, riservò degli spazi anche alla pubblicità ma ciò fu fatto seguendo una strategia coerente ai concetti di fierezza razziale portati avanti dal movimento. Infatti, mentre in quegli anni molti giornali afroamericani ottennero notevoli entrate reclamizzando sulle proprie pagine speciali prodotti di bellezza, come lo schiarente per la pelle, che invitavano i neri a mascherare la propria tipicità per assomigliare sempre più all'uomo bianco, Garvey e gli editori del settimanale dell'UNIA si rifiutarono sempre di promuovere articoli che degradavano l'identità della razza.

Le autorità coloniali e il Negro World


Copie del Negro World vennero distribuite e lette in tutte le aree del mondo abitate da popolazioni d'origine africana. Negli Stati Uniti la diffusione del giornale venne gestita dai membri delle numerose sezioni presenti sul territorio, mentre nei Caraibi, nel Centro America e in Africa questo compito spettò a fidati marinai di colore.(121) Il fatto che a partire dal 1923 sezioni del Negro World fossero stampate, oltre che in inglese, anche in spagnolo ed in francese facilitò la divulgazione internazionale del garveysmo. L'influenza di questo messaggio fu tale che le autorità coloniali indicarono nella diffusione del giornale dell'UNIA uno dei fattori scatenanti dei movimenti di protesta e ribellione indipendentisti scoppiati nel Dahomey,(122) nell'Honduras britannico,(123) in Kenya, a Trinidad e a Cuba. I governi di Francia, Inghilterra e Stati Uniti tentarono d'opporsi in tutte le maniere più o meno lecite alla distribuzione del settimanale, in special modo in Africa, nel Centro America e nelle Indie Occidentali. Le autorità britanniche, in particolare, furono impegnate su più fronti nella lotta alla diffusione del Negro World: nel Nyasaland(124) la pubblicazione dell'UNIA fu inclusa nella lista dei giornali proibiti per i contenuti considerati provocatori e perniciosi; nella Rhodesia del Nord(125) alcune copie vennero confiscate; in Sierra Leone la sua circolazione, anche se non proibita, venne comunque controllata e limitata dal governatore. In altre colonie britanniche dell'Africa occidentale - Nigeria, Gambia e Costa d'Oro(126) - la distribuzione e la lettura di tale giornale venne completamente messa al bando sino alla fine degli anni Trenta.
Anche nelle Indie Occidentali l'azione repressiva del governo coloniale inglese si scagliò contro il Negro World; qui, però, a differenza della realtà africana incontrò una strenua resistenza popolare. Nei Caraibi, infatti, la coscienza politica della popolazione era molto maggiore rispetto a quella modesta degli abitanti del continente nero. Nell'Honduras Britannico all'inizio del 1919 venne approvata una legge transitoria che vietava la diffusione del settimanale. Tuttavia, quando l'anno successivo il governatore ottenne dalla Corona l'autorizzazione per rendere tale provvedimento permanente, il timore che un'azione repressiva diretta contro l'organo di stampa dell'UNIA potesse provocare una nuova ribellione della popolazione di colore dopo quella scoppiata nel luglio del 1919, costrinse l'amministratore inglese ad approvare una regolamentazione ben più tollerante nei confronti del giornale. E' evidente come in questo caso il messaggio garveysta fu considerato dalle autorità coloniali un fattore importante nelle rivendicazioni indipendentiste della comunità nera ondurégna. Nella Guinea Britannica(127) l'iter legislativo anti-Negro World seguì più o meno lo stesso percorso. Nei primi mesi del 1919 la distribuzione del giornale venne momentaneamente messa al bando e nel giugno successivo il comitato esecutivo coloniale propose di vietarne definitivamente la lettura, così come per il Crusader, il Monitor e il Recorder. Una violenta protesta della popolazione di colore sconsigliò e bloccò l'approvazione di quest'ultima legge.
Il Negro World ebbe un ruolo fondamentale anche all'interno del movimento rivoluzionario che, nel dicembre del 1919, scosse le fondamenta del sistema coloniale britannico in Trinidad e Tobago. In questo paese le tensioni razziali crebbero a dismisura una volta che tornarono in patria i soldati di colore del British West Indies Regiment, unitisi alle forze inglesi nel corso della Prima Guerra mondiale. Gli abusi e le umiliazioni patite in Europa dagli uomini di questo reggimento li spinsero ad unirsi in un'organizzazione denominata The Returned Soldiers and Sailors Council and Organization che individuò nell'autorità coloniale il vero nemico al quale opporsi. Alla rabbia dei reduci si aggiunse il malcontento dei lavoratori che ricorsero invano a scioperi e manifestazioni di protesta per ottenere un miglioramento della loro posizione contrattuale. In questa situazione di fermento sociale pare che la lettura del Negro World fosse per la popolazione del Trinidad un'ulteriore elemento di spinta verso l'attacco rivoluzionario. Ciò è testimoniato in parte dalla preoccupazione espressa dal console americano Baker, il quale più volte si lamentò con il Dipartimento di Stato che permetteva la spedizione da uffici postali statunitensi di un giornale dai contenuti anarchici e sovversivi. Il primo dicembre lavoratori e reduci di guerra, per la maggior parte membri attivi delle divisioni locali dell'UNIA, si unirono nella protesta e misero a ferro e fuoco per tre giorni la capitale nazionale, Port of Spain. Le autorità coloniali furono allora costrette a scendere a patti con i rappresentanti dei lavoratori e cedere alle loro richieste. Una volta ristabilito il proprio potere il governo britannico decise d'agire contro gli elementi più rivoluzionari; fu allora che il console americano suggerì come efficace mossa reazionaria la messa al bando del Negro World, a suo avviso "responsible for the rapid growth of class and race feeling, and of anarchist and Bolshvist ideas among the ignorant population of Trinidad."(128)
Anche le autorità coloniali francesi contrastarono, legalmente e non, la distribuzione del settimanale dell'UNIA proibendone la lettura in tutte le colonie di sua appartenenza. Alcune sezioni del giornale erano pubblicate in francese e spagnolo appositamente per favorire i lettori che non conoscevano l'inglese. In risposta all'azione repressiva coloniale Garvey creò un sistema di contrabbando ben organizzato che in molti casi rese vani i controlli e la legislazione dei governi. La cellula fondamentale nella diffusione illegale del Negro World fu costituita soprattutto dai marinai di colore. Le dichiarazioni delle stesse autorità confermano il successo di tale azione; il governatore dell'Honduras Britannico, ad esempio, confessò che nonostante l'embargo in vigore dai primi mesi del 1919 "I had every reason to believe that the newspaper was being smuggled into the colony through Mexico and Guatemala, in larger numbers than before the ban was placet on it."(129)


Il governo statunitense e il Negro World


Il governo degli Stati Uniti non proibì mai la distribuzione e la lettura del Negro World ma controllò attentamente sin dalle prime uscite i contenuti della pubblicazione. Nel 1919, ad esempio, il Procuratore Generale A. Mitchell Palmer lo menzionò, primo tra i giornali afroamericani, nel rapporto "Radicalism and Sedition Among the Negroes as Reflected in their Publications". Palmer confessò d'essere preoccupato più d'ogni altra cosa dall'influenza che Garvey ed altri editori sembravano avere sui lettori di colore e di temere, perciò, la diffusione di massa d'atteggiamenti sovversivi. Anche i membri del Post Office Department dal canto loro cercarono costantemente, ma senza riuscirvi, moventi validi per procedere legalmente contro il Negro World. Il governo americano, nel pieno del "Red Scare", fu allarmato soprattutto dagli articoli che riteneva essere di carattere pro-bolscevico e da quelli che invece predicavano i principi della dottrina "race first"; ciononostante preferì attaccare direttamente Garvey piuttosto che agire contro il suo mezzo di propaganda principale.
Le vicissitudini legate alla distribuzione più o meno legale del Negro World nel mondo ben evidenziano la preoccupazione con la quale le autorità coloniali guardarono alla diffusione del messaggio garveysta. Ad impensierire i colonizzatori fu soprattutto la possibile ispirazione che le popolazioni oppresse potevano trarre dai principi d'indipendenza e libertà esaltati negli articoli pubblicati sul settimanale dell'UNIA. Non a caso nelle regioni come il Trinidad o l'Honduras Britannico dove i dominatori europei incontravano una resistenza sempre più tenace da parte delle popolazioni indigene la lettura del giornale fu un fattore da non sottovalutare nello scoppio dei movimenti di ribellione. D'altro canto il governo statunitense adottò una politica permissiva nei confronti della distribuzione del Negro World proprio per il fatto che esso, pur attuando una politica espansionistica fondata sull'esportazione di merci e capitali soprattutto in direzione del Pacifico e dell'America Latina, non possedeva vere e proprie colonie.

Capitolo IV - Africa for the Africans

Introduzione


Questo capitolo ha come obiettivo specifico l'analisi della politica pan-africana adottata da Garvey nel corso della sua carriera di presidente dell'UNIA. In poche pagine cercheremo di inquadrare correttamente le posizioni del leader giamaicano all'interno della corrente ideologica che si sviluppò a partire dal diciannovesimo secolo con l'obiettivo di realizzare l'unificazione politica e culturale del continente africano. Dopo aver definito correttamente cosa si intende oggi con il termine Pan-africanismo procederemo nel nostro lavoro evidenziando quali processi storici portarono alla nascita del movimento anti-colonialista. Successivamente indagheremo sui fondamenti ideologici e sulle realizzazioni concrete del pensiero pan-africano del leader giamaicano. Per valutare correttamente quale fu il valore di tale politica abbiamo deciso di mettere a confronto in tutti i loro aspetti due specifici interventi dell'UNIA sul continente africano, quello in Liberia e quello in Sud Africa. Dal raffronto di questi due casi capiremo le ragioni più profonde del fallimento dei progetti concreti dell'associazione e come mai il messaggio garveysta sia stato recepito dagli abitanti dell'Africa in modo differente a seconda della situazione politica ed economica dei diversi paesi. Ancora oggi è aperto il dibattito tra gli storici sul significato e la validità della politica pan-africana di Garvey: alcuni ne sottolineano esclusivamente gli insuccessi e il carattere utopico mentre altri accentuano l'influenza e l'importanza che essa ha avuto soprattutto a lungo termine ed in particolare nel corso del processo di decolonizzazione.

1. La politica pan-africana di Garvey

Il Pan-africanismo


Con il termine Pan-africanismo si indica quel particolare movimento politico ed ideologico tuttora esistente la cui azione è volta a favorire l'affermazione della cultura, dell'unità e dell'autodeterminazione dei popoli di origine africana. Lo studioso George Shepperson lo ha metaforicamente descritto come un "dono" del Nuovo Mondo al continente africano per il fatto che esso si sviluppò in reazione alle disumane violenze fisiche e psicologiche subite dai neri durante la sanguinosa tratta degli schiavi e nel corso del successivo periodo abolizionista.(130) Affermatasi nel corso dell'Ottocento, la filosofia pan-africana persegue ancora oggi l'obiettivo di portare, attraverso lo sviluppo sociale, politico, economico e tecnologico di tutte le aree abitate da neri, ad un'effettiva uguaglianza razziale tra tutti i popoli del mondo.
Le sue origini risalgono agli inizi del diciannovesimo secolo quando la ristretta cerchia di intellettuali neri - formata perlopiù da avvocati, insegnanti, giornalisti, studenti e uomini di chiesa provenienti dall'Africa occidentale, dai Caraibi e dagli Stati Uniti - era convinta, come la maggior parte dei pensatori europei, che la diffusione del capitalismo, della tecnologia e della scienza avrebbe favorito il progresso anche nelle aree più povere del mondo. L'abolizione della schiavitù sembrò confermare la validità e l'universalità dei principi illuministi e, di conseguenza, l'assimilazione della cultura europea diventò il nuovo antidoto al pregiudizio razziale. Tuttavia questa convinzione mutò non appena la crisi economica di fine secolo spinse le potenze europee ad adottare una nuova ed aggressiva politica imperialistica. Solo allora i primi leader pan-africani, per la maggior parte neri che vivevano negli Stati Uniti, si resero conto che la concezione occidentale di progresso era limitata ai grandi stati-nazione e basata sull'idea di inferiorità della razza nera.
Fu così che nel 1900 a Londra trentasette uomini di colore organizzarono il primo congresso pan-africano allo scopo di coordinare i differenti movimenti d'opposizione all'imperialismo europeo. Dagli Stati Uniti giunsero nella capitale inglese otto delegati tra i quali il vescovo della "Zion Church" Alexander Walters e W.E.B. Du Bois; da Haiti arrivò Benito Sylvain, da Trinidad H.Sylvester Williams. Insieme essi elaborarono e pubblicarono documenti con l'intenzione primaria di diffondere un maggior grado d'autostima tra la razza nera. Essi cercarono nel passato del continente nero le prove del contributo culturale e scientifico che gli africani avevano dato all'intera umanità. Tutti i delegati che presero parte alla conferenza attribuirono grande valore alla storia gloriosa degli antichi regni africani dimenticando tuttavia il ruolo importantissimo che la popolazione aveva avuto e poteva ancora avere per il futuro del continente. I politici pan-africani celarono dietro a tale atteggiamento una visone particolarmente aristocratica ed idealista del mondo: essi infatti pur essendo certamente progressisti e anti-imperialisti finirono per adottare una strategia moderata che si limitò alla spedizione di petizioni ai colonialisti.(131) Solo molto più tardi, dopo lo scoppio di disordini e di manifestazioni di protesta di carattere popolare, i leader pan-africani compresero il ruolo centrale delle masse nel processo di liberazione del continente. Marcus Garvey fu indubbiamente uno dei primi politici a fondare sull'ideologia pan-africana un movimento che coinvolse larghi strati della popolazione.


"Africa for the Africans"


Per comprendere appieno il valore e l'importanza della posizione garveysta all'interno del movimento pan-africano è necessario in primo luogo analizzare certi aspetti che caratterizzarono il contesto politico e culturale nel quale il fondatore dell'UNIA maturò la propria idea di Africa. Tale approfondimento ci aiuterà a capire innanzitutto perché la liberazione del continente nero dal dominio colonialista rimase un obiettivo costante e fondamentale nella politica di Garvey.
Il politico giamaicano era nato nel 1887, e cioè due anni dopo che nel corso della Conferenza di Berlino(132) le maggiori potenze europee, mosse da imperativi economici e considerazioni razziste inevitabilmente legate alla superstruttura capitalista, avevano sancito una prima spartizione del continente africano e codificato le norme che avrebbero dovuto regolarla nell'avvenire. Una volta completato tale processo, all'inizio del '900, le uniche regioni che rimasero indipendenti furono la Liberia, l'Impero etiope e, non per molto, la Libia e il Marocco. L'Africa venne divisa in colonie e protettorati, separati da confini arbitrari, tracciati sulla cartina geografica senza tenere conto delle divisioni tribali e delle preesistenti realtà etnico-linguistiche.
Garvey era un nero cresciuto in una società dominata dai colonialisti che basava il proprio sistema economico e sociale sul concetto di superiorità della razza bianca giustificato esclusivamente da convinzioni pseudo-scientifiche di tipo darwiniano. In tale contesto, nella coscienza del giovane Marcus la volontà e la determinazione nell'opporsi all'imperialismo europeo per redimere il popolo africano diventò un elemento indelebile. Ciò accadde perché esisteva una sostanziale differenza tra l'istruzione formale di tipo britannico impartita ai ragazzi di colore nelle scuole giamaicane e il processo educativo degli stessi giovani nei villaggi e nelle comunità rurali, dove l'importanza delle origini africane era rievocata costantemente nella letteratura, nella musica, nella danza, nei costumi e nelle tradizioni.
Agli inizi del ventesimo secolo le elite intellettuali occidentali fondarono sulla concezione di superiorità della razza bianca e su un'errata ricostruzione storica che negava il ruolo avuto dall'Africa nel processo mondiale di sviluppo scientifico e culturale la convinzione che l'estensione del capitalismo era l'unica via percorribile in direzione del progresso universale. Quindi, al termine della Prima guerra mondiale, una volta ultimata la conquista e la spartizione delle regioni non ancora occupate, gli ideologi dell'imperialismo europeo nel tentativo di dimostrare la superiorità del nuovo modo di produzione e dei corrispettivi fondamenti filosofici e religiosi reclamarono il riconoscimento universale del sistema capitalistico quale unico strumento di progresso. L'interpretazione storica ad esso legato si dimostrò scorretta perché in primo luogo non riconobbe gli innegabili contributi al progresso di civiltà non europee come la Cina e l'Egitto, dall'altro perché non chiarì la ragione per cui quest'ultime società utilizzassero con successo relazioni sociali alternative a quelle introdotte dal capitalismo. Garvey, che nel tentativo di fuggire dalla mediocrità della società giamaicana si era recato prima in Centro America e successivamente in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, durante queste esperienze conobbe tutti gli aspetti della rivoluzione capitalista in atto in gran parte del sistema economico mondiale. Ben presto comprese la stretta connessione esistente tra imperialismo economico e sfruttamento del proletariato nero che stava soggiogando il popolo africano e non solo.
La diffusione del suo pensiero fu una chiara risposta all'affermazione del sistema dottrinale imperialista e al susseguirsi in tutto il mondo d'episodi di sfruttamento e brutalità ai danni di uomini di colore. Egli si oppose a questa potente ideologia e alle sue conseguenze militari ed economiche in primo luogo attraverso la rivalutazione della cultura e delle tradizioni africane. Il leader giamaicano partì da considerazioni alquanto pessimiste riguardo al destino dei neri che vivevano al di fuori del continente africano e in particolar modo negli Stati Uniti. Al contrario di molti rappresentanti afroamericani riformisti che adottarono una politica "accomodante" egli guardò sempre alla nazione americana come ad un paese controllato politicamente ed economicamente dall'uomo bianco dove i neri non avrebbero mai potuto costruirsi un solido futuro. Garvey definì gli Stati Uniti "a white man's country" e avvertì ripetutamente la comunità afroamericana: "it is only a matter of time when the white man will corner the Negroes in the United States of America and we will have to go and seek salvation or remain here and die. He is going to corner us economically, he is going to corner us industrially. It is the new plan of this country to close out the Negro industrially and economically, and when you close down upon a man's bread and butter you have beaten him."(133)
Egli, per di più, sostenne che sfruttando appieno le sue doti e le crescenti opportunità di formazione culturale l'uomo di colore avrebbe ricoperto al più presto ruoli molto influenti all'interno della società statunitense entrando in stretta competizione con la tradizionale struttura di potere bianca. Secondo Garvey, entro cinquanta o cento anni la rivalità sarebbe sfociata inevitabilmente in un conflitto razziale dall'epilogo certamente tragico per i discendenti africani.
Il leader dell'UNIA, spinto da tali pessimistiche considerazioni, abbracciò allora la tesi della separazione razziale secondo la quale l'unica via di salvezza per i neri del mondo era quella di unire le loro risorse intellettuali e materiali, bloccare la colonizzazione dell'Africa e lavorare per la costruzione di una grande nazione africana. La volontà dei garveysti era quella di costituire nel continente nero uno stato libero e indipendente dove ogni uomo di colore avrebbe potuto vivere sotto la protezione delle più moderne istituzioni democratiche. Per ottenere il rispetto e la considerazione delle altre razze l'uomo di colore aveva un'unica soluzione: "to build his own government, industry, art, science, literature, culture, before the world will stop to consider him. Until then, we are but wards of a superior race and civilization, and the outcasts of a standard social system."(134)
L'ambizioso progetto garveysta si scontrò da subito con un ostacolo insormontabile: la forte presenza europea nel continente africano. Egli, tuttavia, individuò nella situazione politica internazionale del dopoguerra le condizioni ideali per sconfiggere il prepotente invasore. A suo giudizio era nel breve periodo di riassestamento mondiale che i neri avrebbero dovuto reclamare l'indipendenza del continente africano, unendosi in questo modo alle rivendicazioni autonomiste di popoli come quello irlandese, quello indiano e quello ebreo. Permettere un riordinamento dello scacchiere politico mondiale senza prenderne parte avrebbe certamente significato la fine delle speranze democratiche per il popolo africano.
Garvey con lo slogan "Africa for the Africans" propose ai suoi seguaci una concezione storica personale e di natura divina che utilizzò ogni qual volta si trovò a rivendicare l'indipendenza dell'Africa. A suo avviso Dio aveva creato gli uomini uguali e con pari diritti attribuendo ad ogni particolare razza una determinata porzione della terra. Perciò, se l'Europa era stata destinata all'uomo bianco e l'Asia era la legittima dimora delle popolazioni orientali, ne conseguiva che l'Africa doveva essere la casa dei neri. Allora, come gli europei e gli asiatici avevano fatto combattendo a lungo per difendere il proprio continente, pure i neri avrebbero dovuto lottare con tutte le loro forze per la redenzione dell'Africa e dell'intera razza nera.

"Sionismo nero"?


Oggi il problema interpretativo e di classificazione del programma pan-africano dell'UNIA divide gli storici così come fece negli anni Venti. Allora l'espressione utilizzata più frequentemente dai rivali di Garvey per descrivere la sua politica anti-colonialista fu "back to Africa movement", una formula adoperata anche da studiosi moderni che per diverse ragioni non le attribuisce il giusto significato.
Spesso l'opinione pubblica dei primi del Novecento interpretò l'espressa volontà dell'UNIA di liberare e rendere l'Africa la nazione dell'intero popolo di colore come innegabile elemento di somiglianza con il sionismo ebraico propugnato da Theodor Herzl.(135) Arnold Rose ha sottolineato le interessanti affinità tra Garvey e lo scrittore e politico ungherese: entrambi adottarono un nazionalismo di tipo sciovinistico e religioso, entrambi ebbero il sostegno delle fazioni più aggressive appartenenti al loro gruppo etnico ed entrambi fondarono i loro movimenti su evidenti elementi di fanatismo. Tuttavia, nonostante la similarità nelle origini e negli obiettivi, il sionismo ebraico dimostrò d'essere un movimento molto più forte e più solido rispetto a quello africano, e questo principalmente perché fu sostenuto finanziariamente ed intellettualmente dagli ebrei di tutto il mondo. Il garveysmo, viceversa, fu penalizzato dal fatto d'essere la crociata personale di un singolo leader che con i suoi sistemi autocratici e la sua incompetenza finanziaria finì con l'alienarsi gran parte del supporto che avrebbe potuto ricevere.(136)
Alcuni critici, nel tentativo di denigrare il movimento nazionalista, scelsero l'espressione "esodo" per definire e rimarcare il carattere utopico del progetto garveysta. In realtà Garvey, pur credendo come alcuni sionisti che una volta costruito una forte nazione africana i neri di tutto il mondo avrebbero guadagnato in forza e rispetto ed avrebbero potuto godere della eventuale protezione di quel governo, nel 1924 di fronte al pubblico del Madison Square Garden affermò che l'obiettivo dell'UNIA non era quello di riportare tutti i neri del Nuovo Mondo in Africa: "we don't want all the Negroes in Africa … some are no good here, and naturally will be no good there."(137) A suo avviso in un primo momento era necessario trasferire solo persone qualificate- ingegneri, artigiani e volonterosi lavoratori specializzati - pionieri che avrebbero costruito le basi della nuova nazione. Soltanto in una fase successiva ed indeterminata essi sarebbero stati raggiunti dalla massa della popolazione.
Nonostante le dichiarazioni di smentita dello stesso Garvey, autorevoli storici contemporanei quali John Hope Franklin e Theodore Draper hanno interpretato il garveysmo come un irrealizzabile "back-to-Africa movement" che forgiò nelle menti dei suoi sostenitori un'Africa più psicologica che reale nella quale i neri poterono ritirarsi per autodifesa pur rimanendo negli Stati Uniti. Franklin ha sostenuto che l'ampio consenso ottenuto dal progetto dell'UNIA "was more a protest against the antiblack reaction of the postwar period than an approbation of the fantastic schemes of the black leader."(138)
A mio parere l'analisi storica più corretta è quella proposta da Robert Hill il quale ha saggiamente sottolineato come per il leader dell'UNIA e i suoi sostenitori il concetto di "Africa" esistesse su due piani ontologici separati, uno psicologico e l'altro reale. Il primo era un richiamo esclusivamente culturale ed ideologico al continente nero che fornì al politico giamaicano un'efficace strumento d'attrazione e aggregazione delle masse. Il secondo, chiaramente espresso nell'iconografia della Black Star Line che dipingeva il continente nero come "la terra delle opportunità", intese l'Africa come un qualcosa di concreto. Qui il popolo africano disperso nel mondo si sarebbe riunificato, avrebbe costruito città, creato istituzioni politiche, industrie, scuole e tutto ciò di cui necessitava una democrazia moderna. Specialmente nei primi anni d'attività dell'associazione molti tra i più ignoranti ed ingenui elementi della comunità nera garantirono il loro sostegno al movimento nazionalista perché rimasero affascinati dagli aspetti folcloristici di rievocazione della tradizione e degli antichi costumi africani. Non a caso una volta che le componenti pittoresche e barocche furono messe in secondo piano iniziò il periodo di declino dell'organizzazione nazionalista. Lo stesso Garvey ne fu ben consapevole tanto da cercare di riconquistare la fiducia delle masse spiegando loro le motivazioni di tale cambiamento: "there is no flare of trumpets, there is no wave of banners, there is no beating of drums, because the time is too serious and our experiences are too rich in knowledge to make us still resort to this method of getting people toghter."(139)
L'idea di un'Africa libera e indipendente che Garvey elaborò e propose alla comunità nera internazionale non fu quindi qualcosa di mitico, ma un progetto dal contenuto visibile e dagli obiettivi concreti. Il suo programma pan-africano, così come l'iniziativa imprenditoriale della Black Star Line, tentò in primo luogo di soddisfare le ambizioni della borghesia nera alla quale egli stesso apparteneva. I progetti dell'UNIA sul continente nero, nonostante i proclami di redenzione dell'intero popolo africano necessari per ottenere l'indispensabile sostegno politico ed economico del proletariato nero, risposero principalmente alle esigenze di quei professionisti afroamericani che negli Stati Uniti del dopoguerra trovarono nel razzismo l'unico e insormontabile ostacolo sulla via del successo personale. La violenta retorica di Garvey spinse alcuni giornalisti e diverse autorità coloniali a considerare il pericolo d'un attacco militare per la liberazione dell'Africa, anche se in realtà il politico giamaicano propose come chiave di risoluzione della questione pan-africana gli stessi strumenti moderati utilizzati nel continente americano. La radicalità delle parole non fu sostenuta da azioni concrete di stampo rivoluzionario ma venne mitigata di fronte alla realtà politica e sociale del tempo.
Più di una volta Garvey tentò di sottoporre i suoi progetti pan-africani all'attenzione dei delegati della Società delle Nazioni. Nel 1922 nel testo di una petizione redatta dall'UNIA affermò, come sua consuetudine, di rappresentare in qualità di presidente dell'associazione gli interessi e il volere dei quattrocento milioni di neri del mondo. Ciò non deve sorprendere perché la presunzione espressa in questo convincimento appare contraddistinguere l'intera carriera politica del giamaicano. Alla base di tale atteggiamento vi era la convinzione che il suo destino fosse quello di liberatore dell'Africa come evidenziato ancora meglio dal tono e dal contenuto del discorso da lui stesso pronunciato quando i massimi rappresentanti dell'organizzazione nazionalista lo nominarono 'Presidente Provvisorio dell'Africa': "The signal honor of being Provisional President of Africa is mine. It is a political calling for me to redeem Africa. It's like asking Napoleon to take the world… He failed and died at St. Helena. But may I not say that the lessons of Napoleon are but stepping stones by which we shall guide ourselves to African liberation?"(140) Garvey, uomo ambizioso quanto ingenuo, venne abbagliato dalla possibilità di diventare eroe e simbolo di libertà per la sua razza.
Con considerabile audacia ed immaginazione egli voleva chiedere ai membri della Società delle Nazioni che le colonie africane della Germania, una potenza che era uscita distrutta dal conflitto mondiale, venissero assegnate al popolo nero. L'ottavo punto della petizione recitava così: "Your Petitioners pray that you will grant to us, for the purpose of racial development, the mandates now given to the Union of South Africa; namely German East Africa, and German Southwest Africa. We feel that if the League will pass over to our control as a race the development of these two late German colonies, we shall be able, within twenty years, to prove to the world and to the League our ability to govern ourselves."(141) Tale proposta non venne naturalmente presa in considerazione in quanto il delegato dell'UNIA ufficialmente non rappresentava alcun governo nazionale.
Il disinteresse della diplomazia internazionale e in particolare della Società delle nazioni, alla quale Garvey peraltro si rivolse più di una volta nel corso della sua carriera, lo costrinse ad agire in un altro modo. L'occupazione quasi totale del continente africano da parte delle potenze coloniali lo spinse a concentrare la propria attenzione sulle poche regioni non controllate dai governi europei. Egli guardò allora agli stati africani indipendenti che nell'immediato dopoguerra erano solamente due: l'Etiopia, governata da una monarchia millenaria che faceva risalire le sue origini alla dinastia di re Salomone, e la Repubblica Liberiana. I progetti dell'UNIA s'indirizzarono in particolare su quest'ultima nazione dalla storia indissolubilmente legata a quella statunitense.


Il Liberian Construction Loan


La Liberia fu fondata negli anni Venti del diciannovesimo secolo dall'American Colonization Society allo scopo di riportare in Africa gli schiavi americani liberati. In precedenza questa regione dell'Africa Occidentale era stata abitata esclusivamente da alcune tribù originarie del Sudan tra i quali i Kru, che erano un popolo di navigatori, e altri gruppi di lingua Mande. Nel 1821 i rappresentanti di queste tribù indigene concessero ai delegati statunitensi dell'American Colonization Society un tratto di terra presso la foce del fiume Saint Paul, lungo quella che gli europei avevano denominato "Costa del Pepe"; l'anno successivo i primi libero-americani cominciarono a insediarsi nella zona dell'attuale Monrovia.(142) Nei due decenni successivi gli insediamenti continuarono ma sorsero anche i primi conflitti tra i coloni e la Società. Nel luglio 1847 i neri statunitensi si ribellarono e proclamarono la Liberia una repubblica indipendente; Joseph Jenkins Roberts, il primo presidente, rimase in carica fino al 1856 e l'anno seguente al nuovo stato venne annesso il Maryland, un'entità politica molto simile fondata nel 1833 presso Capo Palmas. Dopo l'indipendenza l'economia della giovane repubblica africana conobbe un ventennio di grande sviluppo che coincise con l'espansione capitalistica di metà secolo. Alcuni cittadini liberiani divennero gli indispensabili mediatori tra i produttori dell'interno del continente e gli acquirenti europei, traendo così notevole profitto dalla crescente domanda di merci africane che la riduzione dei costi sul trasporto navale aveva stimolato notevolmente; altri, invece, si dedicarono alla coltivazione del caffè e dello zucchero sfruttando la manodopera a basso costo dei più poveri coloni americani. Tuttavia, la depressione economica che colpì il sistema capitalistico mondiale nell'ultimo quarto di secolo non risparmiò il giovane stato africano. I mercanti liberiani si scontarono contro la concorrenza spietata dei commercianti europei e la crescita dell'industria del caffè in Brasile e della barbabietola da zucchero in Europa fece crollare l'altro pilastro dell'economia nazionale. Le difficoltà e i sacrifici pesarono soprattutto sulla popolazione indigena che rimase priva di diritto di voto fino al 1944. Il potere politico, infatti, era detenuto dai circa cinquemila americo-liberiani che vivevano di commercio a Monrovia e nelle altre città della costa; essi governavano su più di cinquecento mila indigeni africani che popolavano l'hinterland. Le ribellioni popolari provocate dalla corruzione e dal malgoverno degli amministratori liberiani divennero sempre più frequenti indebolendo progressivamente l'autorità di questa ristretta elite e rendendo il governo incapace di garantire l'ordine e la pace. Fattori esterni destabilizzarono ulteriormente lo stato liberiano. La principale minaccia fu rappresentata dalle banche europee che nel 1871, nel 1906 e nel 1912 avevano concesso al governo nazionale dei prestiti necessari per pagare debiti sempre più pesanti. Gli sviluppi della Prima Guerra mondiale indebolirono ancor di più l'economia liberiana: al termine del conflitto i commercianti tedeschi che controllavano i tre quarti del mercato nazionale vennero espulsi e tale provvedimento aumentò notevolmente le difficoltà di un settore agricolo già in crisi. Nel gennaio del 1918 i rappresentanti politici africani si rivolsero allora al governo degli Stati Uniti al quale chiesero un prestito di cinque milioni di dollari. La possibilità d'espandere i propri interessi economici in Liberia, la pressione dell'elite politica afroamericana e delle associazioni filantropiche bianche convinse il presidente Wilson dell'utilità della concessione, cosicché il 12 settembre 1918 venne siglato l'accordo tra le parti.

Garvey, che in un primo momento si era allineato al pensiero dei maggiori esponenti politici afroamericani dichiarandosi favorevole all'intesa tra Stati Uniti e Liberia, a partire dal 1919, forte dell'affermazione personale ottenuta con la Black Star Line, si convinse della possibilità d'agire controcorrente. Egli allora dichiarò: "We of the UNIA at this moment have a solemn duty to perform and that is to free Liberia of any debts that she owes to any white government."(143) All'apice del successo Garvey attaccò il governo statunitense, giudicando l'influenza americana pericolosa per il futuro della repubblica africana quanto la presenza europea. Quindi, per debellare definitivamente la minaccia colonialista in suolo liberiano, egli assegnò all'UNIA il compito di raccogliere un fondo di cinquemila dollari da girare in prestito allo stato africano.
E' interessante notare come l'atteggiamento di Garvey nei confronti del governo americano mutò a seconda della posizione di forza o di debolezza nella quale egli si trovò ad agire nel corso della sua carriera politica: se nel 1919 e nel 1920 l'abbondanza di risorse economiche gli permise d'opporsi apertamente al concordato americo-liberiano, a partire dal 1921 le difficoltà finanziarie dell'associazione lo costrinsero a rivedere il comportamento ostile. Così, per giustificare il repentino mutamento di posizione, il politico giamaicano adottò una netta distinzione tra le varie nazioni bianche. Lo fece ad esempio nel 1923 quando pregò "the philantropic and liberal America, whose honesty in international politics should be better trusted than the ravenous white nations of Europe."(144)
Nel momento di massima popolarità Garvey presentò con fiducia ai soci dell'UNIA l'ambizioso Liberian Construction Loan, un progetto elaborato nel tentativo di risollevare le sorti dello stato africano e dare inizio alla redenzione dell'intero continente. Egli invitò i neri che vivevano nel "Nuovo Mondo" a contribuire con il proprio denaro al prestito in sostegno della Liberia perché solo così, oltre alla riscossione a breve termine di vantaggiosi interessi, avrebbero garantito a se stessi e ai propri discendenti un prospero futuro in Africa. Gli obiettivi concreti prefissati erano principalmente otto: la realizzazione di una linea ferroviaria di collegamento tra i vari centri cittadini; l'edificazione di scuole e college per l'istruzione della popolazione; la costruzione di chiese per il benessere spirituale e di fabbriche per il progresso economico del paese; lo sviluppo dell'agricoltura e del settore minerario ed, infine, la costituzione di un governo stabile e in grado di difendere i diritti dei neri in tutto il mondo. Secondo il presidente dell'UNIA la concretizzazione del Liberian Construction Loan avrebbe significato infatti la fine della segregazione, dei linciaggi e del regime di discriminazione in tutto il mondo.
Nonostante la buona volontà dei garveysti il progetto fallì. Una delle principali cause che impedì la buona riuscita del piano fu l'atteggiamento ostile della classe dirigente liberiana nei confronti dei rappresentanti dell'associazione garveysta. In principio essi aderirono con entusiasmo all'iniziativa garantendo ampie concessioni all'organizzazione nazionalista, come testimoniato dalla promessa del Segretario di Stato Edwin Barclay di consentire "every facility legally possibile to foster UNIA's industrial, agricultural and business projects."(145) I politici africani agirono in questo modo perché con i retrogradi sistemi di produzione e le poche risorse economiche che avevano a disposizione non erano in grado di portare avanti autonomamente il necessario processo di modernizzazione della nazione; perciò furono costretti a ricorrere ai capitali e alla forza lavoro qualificata estera. Quando fu il momento di passare dalle parole ai fatti il timore d'essere scalzati dalle proprie posizioni privilegiate trasformò la collaborazione dei rappresentanti liberiani in opposizione. La richiesta dell'UNIA di governare autonomamente su alcuni territori dati in concessione e la volontà dell'associazione di rendere più democratiche le istituzioni politiche locali provocò la rottura tra la dirigenza africana e quella statunitense. Cyril A. Crichlow, capo della commissione che nel gennaio del 1921 Garvey aveva mandato in Liberia allo scopo di verificare quali erano le reali condizioni di sviluppo nel paese africano, tre mesi dopo il suo arrivo avvisò il presidente dell'associazione delle sopravvenute difficoltà nella realizzazione del progetto. Egli sottolineò l'evidente ostilità nei confronti degli afro-americani, in particolare quelli poveri: "Americans especially are not particulary wanted, unless they have money. Their money is loved but they themselves are not loved."
Chriclow vide messa in discussione la propria autorità anche dal "Potentate" e dal "Supreme Deputy" , entrambi africani, ai quali l'UNIA aveva attribuito il compito d'amministrare le divisioni locali dell'associazione. I due affermarono: "the American and West Indian Negroes could control things on their side of the water; we Africans will run things over here. We hold the trump cards; we can make or break them; they have got to come by us."(146) Perciò i delegati complottarono in modo d'escludere il membro afroamericano al momento di prendere le decisioni economicamente più importanti. Chriclow, sopraffatto nel suo ruolo, si vide costretto a dare le dimissioni e consigliare a Garvey la sostituzione degli inaffidabili membri liberiani con più esperti afroamericani. Egli in una personale relazione sottolineò con un pizzico di razzismo quanto i liberiani fossero incapaci di gestire gli aspetti finanziari dell'associazione: "Liberians are not accostumed to business on the same huge scale and business methods of the European or American business man; so that to place any American or West Indian, who is a first class business man, under the Potentate and Supreme Deputy, is to handicap him before he starts."(147) Quindi, a suo avviso, era opportuno affidare ai delegati africani solo compiti propagandistici riservando esclusivamente a quelli statunitensi la gestione degli aspetti pratici.
Altri fattori trascinarono verso il fallimento il progetto dell'UNIA. Un elemento determinante fu la mancanza d'entusiasmo da parte della popolazione locale; le pessime condizioni economiche in cui versava la maggior parte dei cittadini liberiani impedì loro d'investire in azioni dell'associazione. Come si evince dalle perplessità espresse da Cyril Henry in una lettera indirizzata al vicepresidente dell'associazione O. M. Thompson, l'ostacolo che più d'altri frenò la realizzazione del progetto fu la differenza culturale esistente tra gli africani e i "coloni" afroamericani. "Africa is more Oriental than Occidental", concluse Henry, cittadino statunitense esperto in agricoltura che lavorava in Liberia per conto dei missionari della Chiesa episcopale metodista, dopo aver osservato le abitudini alimentari, i costumi e le tradizioni delle popolazioni che abitavano il continente nero. Le radici dell'insuccesso del Liberian Construction Loan emergono da una sua stessa dichiarazione: "One can live in Liberia all right, but only in effective and profitable work can a true man find real happiness. These opportunities must first be created. Africa's problems are large, very large, and to tackle it largely is the only sure road to success - in short, is the only solution of the problems. We must bide our time."(148) L'appartenenza alla stessa razza non si dimostrò quindi un legame abbastanza forte per garantire la collaborazione tra la popolazione liberiana e i "coloni" del mondo occidentale. Il profondo divario culturale tra le due parti e l'arrivismo della classe dirigente liberiana impedirono la cooperazione, fondata sulla rinuncia ai personali interessi, necessaria per la realizzazione del progetto e la redenzione dell'Africa.

Il garveysmo in Sud Africa


Riflettere sulla validità e il significato del progetto pan-africano dell'UNIA dopo aver analizzato esclusivamente gli aspetti messi in luce dalla fallimentare esperienza liberiana darebbe una scorretta impostazione alla nostra analisi storica. Perciò, per evitare di commettere un simile errore e per comprendere appieno il valore della proposta politica garveysta dovremo indirizzare la nostra attenzione anche su quello che l'associazione realizzò in altre regioni del continente nero. Perciò è necessario sottolineare come, al contrario della Liberia, in Sud Africa il messaggio garveysta si diffuse con notevole successo e rapidità. Diversi fattori favorirono la divulgazione della dottrina "race first": il paese sudafricano era di gran lunga il più industrializzato tra gli stati africani, la popolazione bianca, seppur in minoranza, era comunque considerevole e la forma locale di razzismo, l'apartheid,(149) non era molto differente dal cosiddetto "Jim-crowismo" adottato negli Stati Uniti. In una società africana altamente "occidentalizzata" le soluzioni proposte da Garvey come strumento di battaglia nella lotta contro i governanti europei riscuoterono il successo che in Liberia non avevano minimamente incontrato. Questo perché le condizioni di vita dei cittadini di colore sudafricani erano per certi aspetti molto più simili a quelle degli afroamericani rispetto a quelle degli abitanti del loro stesso continente.
In Sud Africa vennero fondate numerose divisioni dell'UNIA ed i principi della dottrina "race first" predicati da Garvey influenzarono notevolmente la politica di alcuni prestigiosi leader neri appartenenti a importantissime organizzazioni nazionali come l'African National Congress(150) (ANC) e l'Industrial and Commercial Workers Union (ICU). Il primo dei due movimenti politici venne fondato nel 1912 come organizzazione non violenta, con l'obiettivo di ottenere per i neri i diritti civili negati dall' Unione Sudafricana. Solomon T. Plaatje, primo segretario generale e uno dei promotori dell'ANC, ebbe l'occasione di conoscere i fondamenti della dottrina garveysta nel corso di un viaggio che lo portò negli Stati Uniti nel 1920 e nel 1921. Durante la permanenza nel continente americano egli incontrò personalmente il presidente dell'UNIA e salì sul palco della Liberty Hall per ben sei volte, cogliendo così l'occasione per descrivere agli associati afroamericani le condizioni di vita dei neri sudafricani. Al suo ritorno in patria Plaatje divulgò con fervore il messaggio garveysta causando la reazione preoccupata dell'autorità britannica in Sud Africa e nel Basutoland. Un altro esponente dell'ANC che si ispirò chiaramente ai principi della dottrina "race first" fu James Thaele, sudafricano che per quindici anni visse negli Stati Uniti. In un articolo apparso sul giornale di Città del Capo, Africa Voice, egli espresse senza mezzi termini l' ammirazione personale nei confronti del leader giamaicano: "Among the combinations and permutations that go to make up the kaleidoscope of human history Marcus Garvey, the potentate of the Universal Negro Improvement Association, will indeed remain a shining constellation… the Garvey program must be studied by the Bantu politicals in season and out of season. His adamant stand in championing the sacred cause of freedom for the Negro peoples of the world must be nurtered in our mind as leaders."(151) Dopo che nel 1924 Thaele venne eletto presidente del partito, l'ANC cominciò la pubblicazione dell'African World. In un articolo stampato su uno dei primi numeri del giornale venne sottolineato il ruolo fondamentale dell'UNIA e della sua politica di cooperazione per l'emancipazione dell'Africa: "I believe that it is essential to the early success of our cause that Africans here at home should seek co-operation with the Africans abroad. The Universal Negro Improvement Association and African Communities League is the biggest thing today in Negro modern organizations. Its program must be scrutinezed, imbided and assimilated by us."(152) L'ANC manifestò il proprio sostegno all'UNIA anche in altri modi. Dopo l'incarcerazione di Garvey, ad esempio, i membri del partito fecero una costante pressione sulle autorità statunitensi perché rilasciassero il politico giamaicano. Fu celebrato un "Marcus Garvey Day" e numerose petizioni denunciarono l'ingiustizia perpetrata ai danni del presidente dell'associazione.
Anche alcuni esponenti dell'Industrial and Commercial Workers Union vennero contagiati dal messaggio garveysta, nonostante Clements Kadalie, rappresentante a capo dell'unione, fosse certamente più vicino alle idee di A. Philip Randolph, uno dei maggiori nemici afroamericani di Garvey. Le numerose lettere di cittadini sudafricani pubblicate sulle pagine del Negro World sono un'ulteriore indicazione del grande impatto che il garveysmo ebbe in Sud Africa. In effetti all'interno dei suoi confini nacquero più divisioni dell'UNIA che in qualsiasi altro stato del continente nero.

Il significato del garveysmo in Africa


L'analisi comparata del fallimentare caso liberiano e della più fortunata esperienza sudafricana ci aiuterà a capire quale fu il reale valore dell'azione targata UNIA nel contesto della situazione politica e sociale africana nel periodo tra le due guerre. Da tale raffronto potrà emerge o, al contrario, essere negata l'importanza a lungo termine della diffusione del messaggio garveysta.
Prima di tutto è necessario sottolineare la sostanziale differenza esistente tra i due specifici interventi dell'UNIA: in Liberia l'associazione lavorò ad un progetto concreto la cui realizzazione richiedeva finanziamenti puntuali, adeguate conoscenze tecniche e particolare abilità politica; in Sud Africa, al contrario, l'azione si limitò a più semplici obiettivi propagandistici. Come evidenziato da Judith Stein, Garvey incontrò nella repubblica liberiana gli stessi ostacoli che gli impedirono di imporsi a lungo termine sulla scena politica statunitense. L'appello alla dottrina "race first", ossia alla necessità assoluta d'interpretare i problemi della comunità nera internazionale prima di tutto in chiave razziale, escludendo perciò ogni altro tipo di risoluzione, si dimostrò troppo debole per convincere le masse della sua convenienza. Le ambizioni personali della classe dirigente liberiana, e talvolta anche degli stessi membri dell'UNIA, vanificarono gli sforzi del leader giamaicano. In Liberia, così come avvenne nei pochi territori dove i neri godettero d'una certa libertà politica ed ebbero la possibilità reale d'arricchirsi e di guadagnare prestigio sociale, le considerazioni altruistiche vennero oscurate dall'individualismo imperversante tra la ristretta borghesia locale. Se da una parte i detentori del potere politico ed economico temevano che l'intervento degli esponenti afroamericani avrebbe potuto minare la loro autorità, dall'altra i cittadini più poveri della repubblica africana, ovvero la maggior parte della popolazione, rimasero indifferenti o al più perplessi di fronte all'azione d'individui che pur essendo della stessa razza apparivano culturalmente troppo diversi avendo essi assimilato una mentalità assolutamente occidentalizzata. Perciò ricchi e meno ricchi valutarono troppo rischioso affidare il programma di rilancio e sviluppo del paese ad un'organizzazione a molti sconosciuta che faceva della soluzione capitalista il suo cavallo di battaglia. Il programma di prestito e colonizzazione dell'UNIA venne comunque preso in considerazione nel momento di grande crisi finanziaria del paese nel dopoguerra e scartato solo una volta che sullo stato liberiano si concentrarono gli interessi commerciali delle grandi potenze mondiali. Per i dirigenti africani l'intervento europeo e statunitense avrebbe significato sviluppo economico senza tuttavia mettere a rischio la propria posizione di privilegio. Ciò li spinse nel 1926 ad affidare parte dei territori che in un primo tempo erano stati promessi all'associazione garveysta alla compagnia Firestone per l'avvio una piantagione di caucciù, evento che diede inizio allo sfruttamento delle risorse naturali del paese da parte delle grandi compagnie straniere, soprattutto americane. Mentre l'UNIA propose il suo piano d'intervento come unico e valido strumento di lotta contro l'imperialismo europeo i membri del governo liberiano lo guardarono allo stesso modo delle altre offerte straniere. Ciò potrebbe significare che nelle poche regioni africane dove la libertà politica apparteneva ad almeno una parte del popolo ed il colonialismo non era considerato il nemico principale da sconfiggere il messaggio garveysta non trovò le condizioni ideali per diffondersi.
Nei paesi più pesantemente oppressi dalla piaga del colonialismo la situazione fu totalmente differente. Qui l'UNIA, ostacolata dalla presenza europea, non trovò lo spazio per intervenire concretamente come accadde in Liberia e fu obbligata a scegliere l'unica via praticabile: la propaganda. Ciononostante, come dimostrato dal caso sudafricano, i principi della dottrina "race first" penetrarono profondamente nelle menti dei leader politici che si battevano per l'indipendenza dei propri paesi diventando fondamenti importanti della lotta anticoloniale. Dove la presenza dell'uomo bianco impedì al popolo indigeno di godere degli innegabili diritti naturali e l'imperialismo europeo fu quindi considerato il grande nemico da sconfiggere le teorie garverysta vennero accolte con grande favore.
Allo stesso modo è necessario sottolineare come i pregi e i difetti della personalità di Garvey e dei suoi più fedeli collaboratori determinarono rispettivamente fortune e insuccessi dell'UNIA in Africa, così come accadde nel resto del mondo. La sua grande capacità oratoria fu un'arma fondamentale nel risvegliare l'orgoglio delle parti più oppresse della popolazione di colore. Il ricorso all'appello razziale riscosse favore fin quando l'UNIA si limitò ad un intervento di "stimolo ideologico" ma fu destinato alla disfatta una volta passati all'aspetto pratico. Come accadde per la vicenda della BSL, l'ignoranza in materia finanziaria e l'ostinazione di Garvey nel non voler riconoscere i propri evidenti limiti portarono al crollo i progetti dell'associazione.

Nkrumah, Lumumba, Kenyatta


Una breve analisi del pensiero dei politici africani che maggiormente si distinsero nella lotta per la conquista dell'indipendenza dei propri paesi ci mostrerà chiaramente come il messaggio garveysta ebbe un'influenza che andò oltre il breve periodo. Jomo Kenyatta, Kwame Nkrumah, Patrice Lumumba e Sékou Touré furono solo alcuni dei grandi protagonisti del processo di decolonizzazione che trassero ispirazione dalla filosofia del politico giamaicano.
Nkrumah fu il primo presidente del Ghana, denominazione assunta dalla Costa d'Oro una volta ottenuta l'indipendenza. Nato nel 1909, nel 1935 si recò per motivi di studio negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Proprio in Inghilterra dieci anni più tardi organizzò il V congresso pan-africano. Tornato in patria, nel 1949 fondò un partito dalle posizioni radicali, il Convention People's Party, che nel 1951 vinse le prime elezioni generali. In qualità di leader della maggioranza gli fu affidato il compito di formare un nuovo governo e di portare all'indipendenza nell'ambito del Commonwealth la colonia britannica della Costa d'Oro: il nuovo stato del Ghana fu proclamato il 6 marzo 1957 e Nkhrumah ne divenne il presidente. Una volta al potere egli perseguì una politica pan-africana radicale e nel 1963 giocò un ruolo fondamentale nell'Organizzazione per l'unità africana (OUA).(153) La fine di una carriera segnata dallo scarso successo come capo di stato giunse nel 1966 quando, dopo aver dato vita ad un partito unico ed essersi autoproclamato presidente a vita, fu rovesciato da un colpo di stato militare e costretto all'esilio.
Più volte Nkrumah riconobbe verbalmente l'importanza di Garvey come ispiratore della sua politica pan-africana e di tutti i movimenti di liberazione del continente nero. Nel 1953 il rappresentante ghanese impegnato a presiedere la West African nationalist conference lodò il fondatore dell'UNIA "for his early inspiration to the Negro race"(154) mentre nel 1958, riferendosi al lascito spirituale del giamaicano, affermò: "it has warmed us that so many of our brothers from across the seas are with us. We take their presence here as a manifestation of the keen interest in our struggle for a free Africa. We must never forget that they are part of us...These sons and daughters of Africa were taken away from our shores and, despite all the centuries which have separated us, they have not forgotten their ancestral links. Many of them made no small contribution to the cause of African freedom. A name that springs imediately to mind in this connection is Marcus Garvey. Long before many of us were conscious of our own degradation Marcus Garvey fought for African national and racial equality."(155)
Inoltre, Nkrumah, che durante la permanenza negli Stati Uniti partecipò ad alcuni incontri della divisione newyorchese dell'UNIA, una volta diventato presidente del Ghana adottò la bandiera dell'associazione come vessillo nazionale e battezzò la linea di navigazione nazionale Black Star Line in segno di rispetto nei confronti di Garvey. Egli, che non si distinse per una carriera di capo di stato particolarmente brillante, lo fece però per la sua politica pan-africana di chiara ispirazione garveysta. Rifacendosi alle concezioni del leader giamaicano, Nkrumah sottolineò l'importanza di realizzare l'unione dell' intero continente africano, comprendendo anche le regioni più settentrionali di lingua araba e berbera. Garvey parlò sempre di un'Africa unita dal Cairo a Città del Capo e così fece il politico ghanese quando si impegnò nel creare una coalizione comprendente tutti i paesi del continente.
Lumumba è stato un altro grande politico che si ispirò alla filosofia garveysta. Nato nel 1925, fu il fondatore del multietnico Movement National Congolais e nel 1960 divenne primo ministro della Repubblica del Congo (l'attuale Repubblica Democratica del Congo) e ministro della Difesa. In un primo momento, le autorità belghe impegnate nel processo di decolonizzazione del paese accolsero con favore e sostennero l'emergere di Lumumba come leader nazionale in quanto erano convinte della sua posizione moderata. Il 30 giugno del 1960, il giorno dell'indipendenza congolese, i vecchi governanti s'accorsero d'aver fatto delle valutazioni scorrette sul suo conto quando Lumumba salì sul palco e pronunciò un infervorato discorso che si rifece in molti punti alle teorie esposte da Garvey. Egli affermò che la colonizzazione del Congo non era stata altro che una dominazione barbarica dei bianchi sui neri e si spinse oltre dichiarando: "We have suffered humiliating slavery wich was imposed on us by force. Let us show the world what the black man can do when he works in freedom!"(156) Dopo queste parole il governo belga scelse d'opporsi in tutte le maniere a Lumumba e vi riuscì con successo favorendo un colpo di stato militare da parte del tristemente noto Mobutu. Lumumba morì dopo essere stato torturato per più di un mese e mezzo e nel 1966 fu proclamato eroe e martire nazionale.
Anche il pensiero di Kenyatta subì l'influenza del garveysmo quando a Londra, insieme a George Padmore, cominciò a sviluppare l'idea di pan-africanismo. Kenyatta fu il primo presidente del Kenya indipendente (1964), carica che mantenne fino alla morte. Lo stesso Padmore in un articolo apparso sul Jamaica Gleaner del 1954 affermò che Kenyatta aveva incontrato Garvey in Inghilterra e si era convertito alla sua filosofia pan-africana riassunta nello slogan "Africa for the Africans".
Oltre a Nkrumah, Lumumba e Kenyatta anche altri importanti politici africani come Sékou Touré(157) e Nnamdi Azikiwe(158) ripresero nelle loro strategie politiche aspetti fondamentali del pensiero garveysta. Questo dimostra l'importanza e l'influenza che la dottrina pan-africana del presidente dell'UNIA ebbe nel continente nero anche dopo la sua morte. Incapace di realizzare per responsabilità personali e per fattori esterni un progetto concreto di liberazione dell'Africa, Garvey è riuscito però a trasmettere ai politici africani attraverso la radicalità della sua retorica i principi fondamentali della dottrina nazionalista.

Capitolo V - Garvey e gli altri politici afroamericani

Introduzione


Il capitolo finale della nostra tesi ha lo scopo d'inquadrare la posizione di Marcus Garvey all'interno del complesso panorama politico afroamericano del Ventesimo secolo. Un compito non facile se si pensa che nei quarant'anni trascorsi dall'inizio del dibattito storiografico sul garveysmo gli studiosi hanno dato valutazioni differenti e talvolta contrastanti sul valore dell'azione del presidente dell'UNIA e sul significato del messaggio da lui divulgato. David Cronon, colui che è stato in assoluto il primo intellettuale ad interessarsi alle vicende del movimento di massa nero, al termine della sua analisi ha affermato: "The Universal Negro Improvement Association, far from being oriented to the left, may be classified as a movement of the extreme right."(159) Secondo l'autore di Black Moses l'intenso appello nazionalista al quale fece costante ricorso Garvey e la sua rigida prospettiva razziale sono elementi che pongono la politica del giamaicano in una posizione di netto contrasto con quella adottata dai gruppi liberali e di sinistra d'allora. L'UNIA, ha sostenuto Cronon, con il suo fiero sciovinismo e la sua leadership fortemente centralizzata aveva le caratteristiche tipiche del futuro regime fascista. Diversamente da Cronon, Tony Martin in tutti i suoi libri, ed in particolar modo in Race First, nel tentativo di ribaltare conclusioni fondate a suo avviso su un'analisi storica non completa ha evidenziato alcuni aspetti che hanno accomunato la politica del movimento garveysta a quella dei sindacati e del partito comunista. Alcuni storici hanno invece ricordato Garvey come un semplice visionario, altri come un truffatore senza strategia politica, altri ancora lo hanno considerato un profeta incompreso.
Nella nostra indagine procederemo analizzando di volta in volta i rapporti tra il presidente dell'UNIA e i grandi protagonisti del panorama politico afroamericano degli anni Venti. Perciò in primo luogo approfondiremo le difficili relazioni tra Garvey e il giovane ed emergente partito comunista americano tentando di capire le ragioni della mancata cooperazione tra due movimenti che fondavano le proprie fortune sul consenso popolare. In secondo luogo indagheremo sulle posizioni dei garveysti rispetto alla politica delle associazioni integrazioniste ed in particolar modo sul rapporto conflittuale tra il presidente dell'UNIA e Williams Edward Burghardt Du Bois, uno degli intellettuali afroamericani e statunitensi più importanti del ventesimo secolo. La parte finale del capitolo sarà invece dedicata allo studio delle relazioni tra Garvey e due grandi esponenti del socialismo americano come A. Philip Randolph e Chandler Owen.


1. Garvey e il comunismo

Garvey, il comunismo e il capitalismo controllato


L'analisi delle relazioni tra Garvey e i comunisti statunitensi è una questione problematica ma di fondamentale importanza per la completezza della nostra ricerca storica. In primo luogo indagheremo quindi sul reale significato dello scritto "The Negro, Communism, Trade Unionism and His (?) Friend", pubblicato nella raccolta Philosophy and Opinions (1923), nel quale il presidente dell'UNIA fece alcune personali considerazioni sul rapporto tra la comunità afroamericana, le associazioni sindacali e il comunismo. Egli espresse in poche righe ma molto chiaramente un forte scetticismo nei confronti della politica del partito comunista americano: "The danger of Communism to the Negro, in the countries where he forms the minority of the population, is seen in the selfish and vicious attempts of that party or group to use the Negroe's vote and physical numbers in helping to smash and overthrow, by revolution, a system that is injurious to them as the white underdogs, the success of which would put their majority group or race still in power, not only as communists but as whitemen...Fundamentally what racial difference is there between a white Communist, Republican or Democrat?"(160)
Dalla lettura di questo editoriale emerge la forte convinzione in Garvey che negli anni Venti il razzismo fosse un elemento così intrinseco e indissolubile nella società americana da rendere irrealizzabile qualsiasi progetto di cooperazione e solidarietà tra lavoratori bianchi e neri. A suo avviso la lotta di classe "multietnica" promossa dai comunisti non sarebbe servita per porre fine alla condizione d'emarginazione e segregazione degli afroamericani perché, una volta approfittato del contributo dei neri per il compimento della rivoluzione sociale, i compagni bianchi, spinti da un' irrefrenabile pregiudizio razziale, avrebbero cominciato a sfruttare gli uomini di colore come avevano fatto in precedenza piccoli e grandi industriali. Quindi, pur riconoscendo che il capitalismo era stato uno dei fattori scatenanti della Prima Guerra mondiale e che i suoi interessi avevano portato all' oltraggiosa spartizione dell'Africa, Garvey lo reputò l'unico strumento di progresso a disposizione della popolazioni oppresse e della comunità nera internazionale. Egli, seppur favorevole al libero mercato, propose comunuqe di porvi delle limitazioni: "No individual should be allowed the possession, use or the privilege to invest on his account more than a million, and no corporation should be allowed to control more than five millions. Beyond this, all control, use and investment of money, should be prerogative of the State with the concurrent authority of the people."(161)
Oggi l'idea del leader giamaicano di un "capitalismo moderato" non solo appare irrealizzabile ed ingenua ma evidenzia ancora una volta i limiti e la superficialità che talvolta hanno caratterizzato le sue valutazioni politiche ed economiche. Tra le altre cose il presidente dell'UNIA non capì, o forse sottovalutò, quanto fosse importante allora per i governanti e per gli imprenditori americani alimentare la spirale dell'odio razziale per mettere contro lavoratori bianchi e neri ed impedire così il formarsi di una pericolosissima alleanza trasversale del proletariato. Garvey prospettò ai neri la creazione di un sistema economico parallelo a quello dei bianchi come strumento diretto per raggiungere l'indipendenza economica e politica perché presumibilmente non comprese quanto il successo del modello capitalista americano fosse fondato sulla discriminazione e lo sfruttamento delle minoranze etniche. Oltretutto egli non capì quanto improbabile fosse per la stessa natura del sistema del libero mercato che i grandi e piccoli capitalisti bianchi rinunciassero a parte dei loro profitti per concedere spazio al "black capitalism".
Le interpretazioni che gli storici hanno dato dell'editoriale sopraccitato sono state differenti e spesso in totale contrasto tra loro. Rupert Lewis ha sostenuto comunque che dare valutazioni definitive sul rapporto tra garveysmo e comunismo tenendo conto solo di queste affermazioni sarebbe un grave errore A suo avviso, far ciò indurrebbe a negare l'esistenza di un'evidente politica di cooperazione tra i due movimenti nella lotta anti-colonialista e anti-imperialista.(162) Tale osservazione ci obbliga quindi, per comprendere appieno le peculiarità del rapporto tra UNIA e comunismo, ad approfondire maggiormente la nostra analisi ed indagare in particolar modo sulle relazioni tra Garvey e gli esponenti della sinistra americana ed internazionale.

L'UNIA, il Workers Party e l'Internazionale Comunista


Negli Stati Uniti dell'immediato dopoguerra importanti trasformazioni nella sinistra politica portarono alla scissione del Socialist Party of America e alla nascita di due nuovi partiti: il Communist Party (CP), formato in gran parte da federazioni di lingua straniera, e il Communist Labor Party (CLP) costituito perlopiù da persone nate in America. Entrambi gli schieramenti diedero al problema della comunità afroamericana un'interpretazione rigorosamente marxista legata al concetto di lotta di classe
Nel 1919, durante i lavori delle assemblee costituenti dei neonati partiti comunisti nessun delegato di colore vi prese parte. Ciononostante nel programma adottato dal CP venne affrontata la questione razziale e redatto un paragrafo che affermava: "The Negro problem is a political and economic problem. The racial oppression of the Negro is simply the expression of his economic bondage and oppression, each intensifying the other. This complicates the Negro problem, but does not alter its proletarian character."(163) I comunisti statunitensi sostennero quindi che, sebbene la discriminazione razziale aggravasse il problema della minoranza afroamericana, non esistevano soluzioni alternative alla lotta di classe. A loro avviso il razzismo imperversante nella civiltà occidentale e in particolare in quella statunitense sarebbe svanito una volta completata la rivoluzione socialista. Questo concetto fu ribadito anche dal programma dell'United Communist Party(164) che indicò nell'abolizione "of wage slavery through the overthrow of the capitalist State and the erection of a Communist society"(165) l'unico sistema per realizzare un'uguaglianza effettiva tra neri e bianchi.
Nel dicembre del 1921 dall'unificazione dei due partiti comunisti statunitensi nacque il Workers Party (WP) il quale, pur adottando una politica meno ortodossa rispetto al CP e al CLP nei confronti della questione razziale, rimase dell'idea che gli interessi dei lavoratori neri fossero identici a quelli dei lavoratori bianchi. Il programma del nuovo partito stabilì comunque che era compito del WP aiutare "the Negroes in their struggle for Liberation, and will help them in their fight for economic, political and social equality" e "to destroy altogheter the barrier of race prejudice that has been used to keep apart the Black and White workers, and bind them into a solid union of revolutionary forces for the overthrow of our common enemy."(166)
Garvey, che in quegli anni era pubblicamente riconosciuto come il leader del più grande movimento di massa nero allora esistente, si sentì chiamato in causa e dichiarò: "We have sympathy for the Workers Party. But we belong to the Negro party, first, last and all the time. We will support every party that supports us..."(167) Nonostante queste dichiarazioni benaugurati nessun tipo di cooperazione tra UNIA e partito operaio statunitense ebbe modo di realizzarsi.
Lo studioso Lewis ha sostenuto che le responsabilità di questo fallimento vanno attribuite unicamente al Workers Party il quale commise allora dei gravi errori di valutazione: non considerò adeguatamente l'importanza dell'eredità culturale e psicologica dello schiavismo e non capì che gli afroamericani vivevano in una sorta di "colonia interna" situata nel cuore di un paese altamente capitalista.(168) Dello stesso avviso è stato anche Tony Martin che ha affermato: "the rigidity of the American communist analysis made difficult an objective analysis of the national and racial components in a successful ideology such as Garveysm."(169)
Fu infatti in Russia e non negli Stati Uniti che per la prima volta nel 1920, in occasione del secondo congresso della Terza Internazionale,(170) i circoli comunisti riconobbero apertamente lo stretto legame tra la drammaticità della condizione economica, sociale e politica degli afroamericani e la discriminazione razziale. Durante la discussione delle tesi proposte da Lenin sulla questione del colonialismo e del nazionalismo, John Reed,(171) delegato statunitense del CLP, sottolineò il ruolo fondamentale dell'identità e della consapevolezza razziale nelle rivendicazioni democratiche della comunità nera. Perciò dichiarò: "as an oppressed and downtrodden people, the Negro offers to us a double or twofold opportunity: first, a strong race and social movement; second, a strong proletarian labor movement." Reed affermò comunque che i neri non domandavano la loro indipendenza in quanto entità nazionale separata dagli Stati Uniti e che "every movement which has thus far been carried on among them with the aim of establishing a separate national resistance - for example 'Back To Africa' movement - has met with little, if any, success."(172)
Lenin, invece, nella stesura finale del documento Thesis on the National and Colonial Question dichiarò che l'appoggio ai movimenti di liberazione delle minoranze nazionali, tra le quali incluse anche la comunità afroamericana, dal dominio imperialista era compito delle forze comuniste: "Offences against the equality of nations and violations of the guaranteed rights of national minorities, repeatedly committed by all capitalist States despite their 'democratic' constitution, must be inflexibily exposed in all the propaganda and agitation carried on by the communist parties, both inside and outside parlamient...communist parties must give direct support to the revolutionary movements among the dependent nations and those without equal rights (e.g., in Ireland, among the American Negroes, ect.), and in the colonies. Without this last particulary important condition the struggle against the oppression of the dependent nations and colonies, and the recognition of their rights to secede as separate States, remains a deceitful pretence, as it is in the parties of the Second International."(173)
Da allora la questione della minoranza afroamericana diventò tema di discussione in tutte le successive assemblee del Comitern. Nel 1928, sotto le direttive di Stalin, il sesto congresso dell'Internazionale Comunista elaborò una strategia che propose in caso di successo della rivoluzione l'autodeterminazione dei neri nella regione meridionale del "Black Belt".(174) Questo progetto dal carattere spiccatamente nazionalistico costituì una sorta d'allineamento alle teorie garveyste che George Padmore,(175) allora membro attivo del partito comunista americano, più tardi indicò come un tentativo di guadagnare il sostegno dei membri dell'UNIA disorientati dalla deportazione del loro leader. Padmore affermò: "It was therefore decided that, since Marcus Garvey had rallied popular support by promising to establish a 'National Home' for blacks in Africa, the American communist should go one better and offer the American Negroes a state of their own in Black Belt...It was hoped by this manoeuvre to satisfy the nationalist aspirations of those Negroes who still hankered after 'Black Zionism' and turn them away from Garveysm to Communism."(176) La nuova linea stabilita a Mosca venne subito adottata anche dal partito comunista americano che affermò in pieno stile garveysta: " … it is necessary to supplement the struggle for the full racial, social, and political equality of the Negro with a struggle for their right to establish their own state, to erect their own government, if they choose to do so."(177)
E' chiaro quindi che nel corso degli anni Venti l'atteggiamento dell'ala radicale della sinistra statunitense nei confronti del nazionalismo nero mutò sensibilmente. In un primo periodo, che coincise con il momento di massimo splendore dell'UNIA, i comunisti misero in primo piano la lotta operaia ed avversarono la strategia nazionalista proposta da Garvey. In seguito, però, l'analisi di Lenin e le direttive del Comitern li portarono ad adottare una politica a sostegno delle rivendicazioni indipendentiste degli afroamericani. Nel momento in cui Garvey scomparì definitivamente dallo scenario politico americano i comunisti, nella speranza di guadagnare il sostegno dei seguaci del giamaicano, promossero un progetto, quello della costituzione di uno stato autonomo per i neri nel "Black Belt", molto simile, anche se più facilmente realizzabile, alla proposta dell'UNIA.
La cooperazione tra garveysmo e comunismo non era allora così irrealizzabile come ci porterebbe a pensare l'analisi dei difficili rapporti tra i due movimenti. Alcuni fattori però la ostacolarono: in primo luogo i principi della strategia "nazionalista" dell'UNIA e delle teorie marxiste del partito dei lavoratori erano concepiti in modo troppo rigido; Garvey, in secondo luogo, sbagliò nel considerare più importante mantenere un atteggiamento rigorosamente consono ai principi della dottrina "race first" piuttosto che mostrarsi elastico ed assicurarsi l'appoggio di un partito con un importante sostegno internazionale e con un programma che faceva dell'anti-imperialismo uno dei suoi cavalli di battaglia. Probabilmente questa sua rigidità politica, così come successe anche al momento delle nomine dei dirigenti dell'UNIA, fu determinata soprattutto da egoismi personali e in particolar modo dalla paura di perdere la posizione di prestigio di cui godeva all'interno della comunità afroamericana. Questo accentuato individualismo del giamaicano spiegherebbe in parte anche le ragioni della sua conflittualità con i più importanti politici afroamericani.
In realtà l'atteggiamento di Garvey nei confronti dell'ideologia comunista non fu poi così ostile come risulta dall'analisi dei difficili rapporti avuti con i membri del partito statunitense. Il politico giamaicano, infatti, riconobbe sempre il contributo fondamentale del comunismo alla lotta anti-colonialista e non mancò di sottolineare gli spazi di manovra politica che il successo della rivoluzione socialista avrebbero creato per i movimenti nazionalisti della popolazione nera. Lo fece ad esempio nel marzo del 1919 quando dichiarò: "We are not very much concerned as partakers in these revolutions, but we are concerned in the distruction that will give us a breathing space to then declare for our freedom from the tyrannical rule of oppressive over-lords",(178) e nel 1930 quando ormai esiliato affermò: "We, as a race, have no desire to initiate war in any part of the world, we are for peace and goodwill. Nevertheless, because of our condition we shall be glad to welcome any world change that will place us in a different position to the one we now ignominiously occupy. If Russia is to bring hope, let it come. We are not parties to the Russian methods, but surely we shall be paries to the cause of relief when it is in sight."
Garvey, inoltre, era un ammiratore di Lenin tanto che al momento della morte del fondatore dell'Unione Sovietica lo ricordò ai lettori del Negro World come il più grande uomo politico vissuto tra il 1917 e il 1924. Lo storico Cronon ha sostenuto che tale ammirazione non derivò da una particolare affinità politica ma dal puro desiderio egoistico del giamaicano d'associare la propria immagine a quella dei più celebri personaggi dell'epoca. Quest'ultimo giudizio pare maligno e privo di fondamento se si pensa che nello stesso articolo in memoria di Lenin il presidente dell'UNIA dichiarò anche il pieno appoggio dell'associazione nazionalista nera alla causa del nuovo governo russo: "…it is without any hesitancy, without any riserve, we could not but favour the existence of a social democratic government in Russia and naturally our sympathy shuold be with the people who feel with us, who suffer with us."(179)
Sebbene durante la sua permanenza negli Stati Uniti Garvey non ammise come facevano i marxisti l'esistenza di un conflitto tra capitalisti e lavoratori, è chiaro che in qualità di leader del movimento nazionalista nero vide nei rivoluzionari bolscevichi dei potenziali alleati nella lotta anti-colonialista e anti-imperialista. Dopo la deportazione dal territorio americano egli continuò a confrontarsi apertamente con esponenti comunisti, come fece nel 1929 quando nel corso dell'annuale convenzione dell'UNIA invitò Otto Huiswood, membro dell'International Negro Congress of Labour, ad esporre le sue teorie sulla cooperazione tra lavoratori bianchi e neri.

Garvey e le organizzazioni sindacali


Il già citato editoriale "The Negro, Communism, Trade Unionism and His (?) Friend" contiene anche delle interessanti riflessioni di Garvey sulle organizzazioni sindacali che difendevano i diritti dei lavoratori bianchi negli Stati Uniti. Il presidente dell'UNIA le reputò pericolose per gli afroamericani quanto la politica del partito comunista americano perchè sosteneva che "White Unionism is now tryng to rope in the Negro and make him a standard wage worker, then, when it becomes generally known that he demands the same wage as the white worker, an appeal or approach will be made to the white capitalist or employer, to alienate his sympathy or consideration for the Negro, causing him, in the face of all things being equal, to discriminate in favor of the white worker as a race duty and obligation."(180)
Alcuni studiosi hanno creduto che l'ostilità di Garvey nei confronti dei sindacati americani che emerge chiaramente dalla lettura di questo scritto sia prova di una generale avversione nei confronti delle associazioni dei lavoratori. Tra gli altri David Cronon ha affermato: "Garvey had a strong distaste for any alliance with white labor organisation, a skepticism that probably stemmed in part from his early failure as a strike leader in Jamaica."(181) In realtà dobbiamo sottolineare che nel condannare le pratiche razziste dei sindacati americani, e in particolare dell' American Federation of Labor (AFL),(182) egli non agì diversamente da come fecero esponenti comunisti ed altri leader afroamericani. Ad esempio, l'American Negro Labor Congress aveva varato una risoluzione di protesta contro la AFL che affermava: "The failure of the American Federation of Labor officialdom, under pressure of race prejudice benefiting only the capitalists of the north and south, to stamp out race hatred in the unions, to organize the Negro Workers and to build up a solid front of the workers of both races against American capitaism, is a crime against the whole working class."(183) Anche il Workers Party si era unito alla protesta e nel programma nazionale del 1928 al paragrafo "Oppression of the Negroes" aveva denunciato il pregiudizio razziale della AFL che impediva ai neri di entrare a far parte di questa organizzazione sindacale.(184) Allora ciò che realmente distinse Garvey dagli altri politici e venne considerato dagli esponenti di sinistra un errore fondamentale fu l'appello rivolto alla classe lavoratrice nera a non lasciarsi ingannare dalle promesse delle associazioni sindacali ma accettare salari più bassi rispetto a quelli degli operai bianchi per garantirsi un posto di lavoro sicuro. Il presidente dell'UNIA giunse adirittura ad affermare: "It seems strange and a paradox but the only convenient friend the Negro worker or laborer has, in America, at the present time, is the white capitalist."(185)
Onde evitare di giungere ad affrettate conclusioni è necessario sottolineare che Garvey adottò tale strategia non certo per difendere gli interessi dei padroni ma perché si sentì costretto dal razzismo delle organizzazioni sindacali americane. Infatti, in altri contesti egli si distinse per la partecipazione attiva alle lotte delle associazioni dei lavoratoti, come nel 1907 quando venne eletto vice-presidente della Kingston Typografichal Union e nel 1910 quando entrò a far parte del National Club.(186) Fu comunque durante il periodo trascorso in Giamaica tra il 1927 e il 1935 che la sua attività sindacale divenne più intensa. Se il Blackman, periodico che Garvey cominciò a stampare agli inizi del 1929, diventò in breve tempo uno spazio fondamentale per le lotte e le proteste dei lavoratori giamaicani, il Peoples Political Party da lui fondato fu il primo partito di massa giamaicano che si batté per garantire un minimo salariale ai lavoratori e una giornata lavorativa di otto ore. Non dobbiamo dimenticare poi i forti legami che l'UNIA ebbe con le organizzazioni dei lavoratori in molte regioni dei Caraibi e dell'America centrale.

2. Garvey e gli Integrazionisti

Garvey, Du Bois e il NAACP


Durante la sua breve ed intensa esperienza americana Garvey dovette affrontare l'opposizione di numerosi avversari politici. Particolarmente tenace fu quella dei rappresentanti del cosiddetto "movimento integrazionista". Essi, come i comunisti e contrariamente alle teorie separatiste dell'UNIA, credevano nella possibilità per gli afroamericani di vivere e costruirsi un futuro negli Stati Uniti e confidavano nella cooperazione interrazziale come strumento fondamentale per consentire il riconoscimento dei diritti civili e il progresso della razza nera. Gli integrazionisti erano organizzati in diverse associazioni, la più importante delle quali era la National Association for the Advancement of Colored People (NAACP). La NAACP era stata costituita agli inizi del Novecento, in un periodo di grande tensione per la società statunitense caratterizzato da ripetuti e durissimi scontri razziali. Nel 1909, dopo che Springfield, Illinois, era stata sconvolta da terribili violenze che costarono la vita a quattro bianchi e si conclusero con il linciaggio di due neri, un gruppo di bianchi dalle idee liberali guidato dall'editore Oswald Garrison Villard, nipote del noto abolizionista William Lloyd Garrison,(187) decise d'organizzare una conferenza aperta a tutti coloro i quali desideravano adoperarsi per porre fine alla tensione razziale. Nel corso dell'assemblea i partecipanti bianchi e neri, d'accordo sull'utilità di costituire un'organizzazione permanente che lavorasse in favore della cooperazione interrazziale e del progresso afroamericano, crearono la National Association for the Advancement of Colored People.
Un decennio più tardi, nel momento dell'arrivo e dell'affermazione di Garvey negli Stati Uniti, la NAACP era diventata il movimento nero più importante e il suo leader, il mulatto William Edward Burghardt Du Bois, era riconosciuto come uno dei più abili e sagaci politici afroamericani. Nato nel 1868 a Great Barrington, nel New England, Du Bois grazie al sostegno economico della famiglia e di alcuni amici era riuscito a frequentare una scuola secondaria nel Tenessee e, successivamente, a laurearsi ad Harvard. Ottenuto il dottorato dalla prestigiosa università, prima persona di colore a riuscirvi , si era recato poi per motivi di studio a Berlino prima di tornare negli Stati Uniti nel 1897 ed iniziare la carriera accademica alla Atlanta University, dove insegnò sociologia fino al 1910. Nel 1903 pubblicò l'opera Souls of Black Folk nella quale criticò aspramente le teorie predicate da Booker T. Washington: invece dell'adattamento e di antiquati programmi industriali, Du Bois suggerì la coltivazione di un élite intellettuale e culturale, il cosiddetto Talented Tenth, ovvero quella decima parte della popolazione nera dotata di particolari capacità. Sostenitore dell'uguaglianza razziale aveva iniziato ad impegnarsi sul piano politico fondando nel 1905 il Niagara Movement,(188) un gruppo di intellettuali di colore che nel 1909 partecipò alla creazione della NAACP.
Nonostante l'UNIA e la NAACP lottassero entrambe per un obiettivo comune, il progresso dei neri e il riconoscimento dei loro diritti, i rapporti tra le due associazioni furono segnati da una costante e reciproca ostilità. Diversi fattori alimentarono questi contrasti, in primo luogo profonde diversità ideologiche. La politica pan-africana rappresentò uno dei più grandi temi di divergenza tra le due organizzazioni. L'UNIA riteneva che i problemi economici e politici dei neri in Africa e dei neri nel continente americano fossero strettamente connessi e quindi risolvibili attraverso un'unica grande azione di portata mondiale: perciò concentrò le proprie energie soprattutto su progetti di carattere pan-africano come la BSL e il Liberian Construction Loan. La NAACP, invece, diede un'interpretazione diversa rispetto al movimento garveysta; il suo massimo esponente, Du Bois, affermò: "we know more or less clearly that the problem of the American Negro is very different from the problem of the South African Negro or the problem of the Nigerian Negro or the problem of the South American Negro."(189) I membri dell'associazione integrazionista credevano che per gli afroamericani fosse più utile preoccuparsi dei gravi problemi che quotidianamente dovevano affrontare negli Stati Uniti e perciò si impegnarono in particolar modo contro i linciaggi e le misure discriminatorie in materia di diritto di voto, per l'istruzione e i diritti civili dei neri. Nel 1905 la NAACP ottenne una grande conquista quando la Corte Suprema dichiarò incostituzionale la "clausola del nonno"(190) in Oklahoma e nel Maryland, e un'altra importante vittoria quando la stessa Corte annullò nel 1917 un'ordinanza dell'amministrazione di Louisville contenente misure di segregazione relative alla residenza.
E' interessante notare come nei momenti più duri dello scontro tra la NAACP e l'UNIA, Du Bois e i suoi collaboratori, influenzati probabilmente dalla febbre nazionalista del dopoguerra, non mancarono di sottolineare il fatto che Garvey era uno straniero, non un normale cittadino statunitense. Nel 1924 il segretario dell'associazione, James Welodn Johnson, dichiarò: "Mr. Garvey, who is not an American citizen, has taken it upon himself to go before the white people of this country advocating that the American Negro abdicate his constitutional rights, quit this country and go to Africa. Mr . Garvey apparently does not know that the American Negro considers himself, and is, as an American as anyone..."(191) Affermazione quest'ultima dalla quale si desume un'altra sostanziale differenze di pensiero tra le due associazioni: mentre i garveysti erano convinti che tutti gli appartenenti alla razza nera, e quindi anche gli afroamericani, fossero prima di tutto africani e solo secondariamente cittadini di qualche particolare stato, i dirigenti della NAACP, al contrario, consideravano i neri che vivevano negli Stati Uniti americani con diritti e doveri potenzialmente pari agli altri connazionali.
Altri elementi differenziavano la strategia politica delle due organizzazioni. La NAACP credeva nella possibilità di migliorare le condizioni degli afroamericani attraverso la cooperazione interrazziale mentre l'UNIA adottava una politica fondata sull'idea che una convivenza fra bianchi e neri negli Stati Uniti e negli altri stati occidentali era impossibile. Così, se da una parte Du Bois, leader indiscusso dell'associazione integrazionista, era affiancato e sostenuto da liberali e filantropi bianchi, l'UNIA, dall'altra , era costituita esclusivamente da uomini di colore perché Garvey considerava assolutamente nociva la presenza bianca nelle organizzazioni per il progresso nero. Egli dichiarò: "the greatest enemies of the Negro are among those who hypocritically profess love and fellowship for him, when in truth, and deep down in their hearts, they despise and hate him. Pseudo-philanthropists and their organizations are killing the Negro."(192)
Queste diversità ideologiche portarono le due associazioni a scontrarsi in più di un'occasione, in particolar modo sulla questione della legge anti-linciaggio. Nel maggio del 1919, nel corso della conferenza nazionale della NAACP, i membri dell'associazione decisero di intraprendere una dura campagna di protesta contro i linciaggi e, allo scopo di pubblicizzare al meglio il loro programma, di raccogliere dei fondi. Garvey replicò immediatamente e, attraverso le pagine del Negro World, dichiarò che anziché confidare sull'aiuto economico delle associazioni filantropiche bianche sarebbe stato meglio per i neri rispondere alla violenza con la violenza. Quando nel 1921 dopo essersi guadagnato l'appoggio di numerosi senatori e deputati, l'integrazionista James Weldon Johnson convinse il rappresentante repubblicano del Missouri L.C. Dyer a proporre una legge che assicurasse a tutti i cittadini americani uguale protezione e che garantisse la punizione del crimine del linciaggio, l' UNIA mutò politica, lasciò da parte la rivalità e optò per una strategia di collaborazione con Du Bois e soci. Nel gennaio del 1922 Garvey spedì un telegramma al Congresso sollecitando l'approvazione della legge e nel giugno dello stesso anno i garveysti si unirono alla NAACP, alla YMCA(193) e ad altre organizzazioni in una manifestazione che partì da Harlem ed giunse sino al quartiere bianco di Manhattan. La scelta d'appoggiare la politica di Du Bois non impedì comunque ai massimi dirigenti dell'UNIA d'esprimere i loro timori. Commentando il linciaggio di un quindicenne nero in Texas al quale prese parte una folla inferocita di duecento bianchi John Edward Bruce affermò disgustato che non sarebbero bastate mille leggi per placare i responsabili di questi efferati delitti. Poco dopo Garvey cominciò a criticare la scelta del NAACP di attaccare l'amministrazione repubblicana anche in un momento nel quale l'appoggio dei loro deputati e senatori era fondamentale e, a partire dal 1923, l'UNIA cominciò a dimostrarsi nuovamente ostile nei confronti della campagna anti-linciaggio.
I contrasti tra l'UNIA e la NAACP derivarono in parte anche da un forte antagonismo personale tra i leader delle due associazioni. Du Bois venne a conoscenza di Garvey e della sua associazione nel 1915 quando, in occasione di una visita in Giamaica, ricevette una lettera di benvenuto da parte dell'allora sconosciuta Associazione per il Progresso e il Miglioramento Nero. Allora il giamaicano ammirava il politico afroamericano tanto da includerlo in una lista di eroi della razza nera che pubblicò in un pamphlet. Nel 1916, Garvey, da pochi mesi arrivato ad Harlem, si rivolse a Du Bois nella speranza, rese vana da una risposta negativa, che il già noto e affermato sociologo presiedesse al primo incontro dell'UNIA in territorio statunitense. Nel corso degli anni i rapporti tra i due mutarono. Mentre nel 1919 Garvey si stava affermando come uno dei più importanti politici di Harlem, Du Bois, come egli stesso ammise, ignorò sia lui che il suo movimento. Il leader della NAACP espresse pubblicamente un parere sul giamaicano e sui membri della sua organizzazione solamente nell'agosto del 1920 quando rilasciò un'intervista a Charles Mowbray White(194) nella quale dichiarò: "I do not believe that Marcus Garvey is sincere. I think he is a demagogue, and that his movement will collapse in a short time. His movement is not representative of the American negro. His followers are the lowest type of negroes, mostly from the Indies ... They are allied with the Bolsheviks and the Sinn Feiners in their world revolution, and is doubtful, even if the success should temporarily come to them, if it will permanently improve the condition of the negro."(195) Un giudizio che rivela una scarsa conoscenza dei programmi dell'UNIA perché indica troppo semplicisticamente una collaborazione tra rivoluzionari bolscevichi e garveysti mai realizzata. Pochi mesi dopo, nel dicembre del 1920, Du Bois pubblicò un articolo sulle pagine del The Crisis, il giornale ufficiale della NAACP, nel quale mutò in parte il parere su Garvey. Infatti, pur riconoscendo i numerosi difetti caratteriali del giamaicano, ne sottolineò l'onesta e la sincerità: "he has been charged with dishonesty and graft, but he seems to me essentialy an honest and sincere man with a tremendous vision, great dynamic force, stubborn determination and unselfish desire to serve, but also he has very serious defects of temperament and training: he is dictatorial, domineering, inordinately vain and very suspicios."(196) Du Bois, inoltre, si dichiarò favorevole alla strategia economica ed ai progetti dell'UNIA pur rimanendo dell'idea che essi erano realizzabili solo adottando un piano diligente e ben ponderato: "…shorn of its bombast and exaggeration, the main lines of the Garvey plan are perfectly feasible… It is, in a sense, practical; but it will take for its accomplishment long years of painstaking, self-sacrificing effort. It will call for every ounce of ability, knowledge, experience and devotion in the whole Negro race. It is not a task for one man or one organization, but for co-ordiante effort on the part of millions."(197)
Con il passare del tempo lo scambio d'accuse tra i due divenne sempre più frequente e pesante e si concluse solo con l'arresto del giamaicano. Nel febbraio del 1923 Du Bois pubblicò un articolo diffamatorio sulle pagine della rivista Century che fece andare su tutte le furie Garvey. Il leader della NAACP, abbandonando temporaneamente lo stile e l'eleganza che lo contraddistingueva, descrisse il giamaicano come "a little, fat, black man; ugly, but with intelligent eyes and a big head."(198) e ne sottolineò le origini alquanto povere e la mancanza d'una adeguata educazione scolastica. Il presidente dell'UNIA allora replicò prontamente attraverso il Negro World dipingendo Du Bois come uno sfortunato mulatto "who bewails every day the drop of Negro blood in his veins, being sorry that he is not Dutch or French."(199) In un editoriale pubblicato su The Crisis nel maggio del 1924, affermò: "Marcus Garvey is, without doubt, the most dangerous enemy of the Negro race in America and in the world. He is either a lunatic or a traitor."(200) D'altro canto Garvey accusò Du Bois di non avere un programma politico valido e di essere manipolato dai bianchi.
Le radici dell'antagonismo tra Garvey e Du Bois sono certamente più culturali che politiche. In effetti, lo scontro tra il leader dell'UNIA e quello della NAACP non è stato provocato dalla netta divergenza tra le posizioni separatiste e integrazioniste delle due associazioni, ma piuttosto dai contrasti tra filosofie di vita completamente diverse. I due erano cresciuti in contesti sociali ed ambienti intellettuali totalmente diversi. Du Bois era nato nel New England in una famiglia ricca e in una regione dove imperavano ancora i dogmi elitari dell'ideologia patrizia ottocentesca, principi che influenzarono anche la sua politica nel momento di elaborare il concetto di"Talented Tenth". Egli aveva saputo sfruttare al meglio l'opportunità di studiare e una volta laureato si era imposto come una delle personalità più intelligenti e raffinate della comunità afroamericana. Garvey, invece, aveva trascorso la sua adolescenza in una realtà estremamente povera e ancora legata culturalmente alle ancestrali origini africane. Il suo grado d'istruzione non era certo paragonabile a quello di Du Bois ma la grande determinazione gli permise comunque di diventare un personaggio importante nel panorama politico internazionale. Il giamaicano vedeva in se stesso la realizzazione dell'ideale del self-made man che, seppur partendo da una condizione svantaggiosa, era riuscito a superare tutti gli ostacoli. Tale convinzione venne chiaramente espressa in un articolo nel quale propose un parallelo tra se stesso e il leader del NAACP: "Marcus Garvey was born in 1887; Du Bois was born in 1868; that shows that Du Bois is old enough to be Marcus Garvey's father. But what has happened? Within the fifty-five years of Du Bois' life we find him still living on the patronage of good white people, and with the thirty-six years of Marcus Garvey's (who was born poor and whose father, according to Du Bois, died in a poor house) he is able to at least pass over the charity of white people and develop an indipendent program originally financied by himself to the extent of thousands of dollars, now taken up by the Negro people themselves. Now which of the two is the poorer in character and manhood?"(201)
Nel periodo del dopoguerra e del boom economico Garvey divenne il portavoce di una nuova mentalità basata su fattori quali la determinazione, l'ambizione, la forza di volontà che contrastavano nettamente con l'ideologia culturale degli ambienti elitari dei bianchi nei quali era cresciuto Du Bois.


Garvey e Randolph


Oltre a Du Bois, un altro importante afroamericano che si oppose fermamente alla politica nazionalista di Garvey fu il socialista A. Philip Randolph. Egli era nato nel 1889 a Crescent City, Florida ed aveva trascorso la sua adolescenza a Jacksonville. Dopo aver terminato la scuola secondaria si era trasferito a New York e si era iscritto al locale City College. Nel 1917 insieme a Chandler Owen(202) aveva fondato la rivista afroamericana di stampo socialista The Messenger per la quale lavorò a lungo come co-editore.
Quando Garvey arrivò ad Harlem in cerca di sostegno per la sua associazione, Randolph fu uno dei primi ad aiutarlo nell'organizzazione dei primi dibattiti pubblici dell'UNIA in territorio statunitense. Ciononostante a partire dal 1920 Randolph, insieme agli altri esponenti socialisti, cominciò ad interrogarsi sulla validità e l'onestà del progetto garveysta e a criticare pubblicamente la politica del movimento nazionalista. Nell'agosto del 1920 lui e Owen rilasciarono un'intervista nella quale dichiararono senza mezzi termini quel che pensavano di Garvey: "He is of course an uneducated man - a ignoramus, and is appealing to the negroes through their emotional nature. He is a demagogue and a weak character without the scientific type of mind necessary to lead a big movement."(203) Secondo Randolph ed Owen Garvey mancava di un'ideologia politica concreta ed il suo temporaneo successo era fondato esclusivamente su fattori emotivi che facevano presa solo sulla parte più ignorante della comunità afroamericana.


Come i comunisti e gli integrazionisti anche i socialisti rifiutavano i rigidi principi della dottrina "race first" dell'UNIA e si dichiaravano assolutamente contrari ad ogni idea di separazione razziale. Il movimento socialista credeva nella possibilità di creare una società multietnica democratica dove bianchi e neri avrebbero potuto convivere in una condizione d'uguaglianza sociale: "We believe the negro the equal of the white socially, and with education he will be equal of white from every standpoint. Therefore we do not think it will be necessary for the negro alone to fight for his freedom. If he joins with the Socialists of the world he will square equally with the white in all things when socialism becomes the new order of the day."(204) Così, mentre Garvey interpretava i linciaggi come la più eclatante e barbara espressione del razzismo dei bianchi, Randolph sosteneva che fossero un prodotto del sistema capitalista. Perciò se la soluzione proposta dal primo era la separazione razziale per il secondo, invece, l'unico modo per garantire l'uguaglianza e pari diritti ai neri era l'abbattimento del regime capitalista.
Nell'aprile del 1922 Randolph pubblicò un articolo sulle pagine di The Messenger nel quale espresse giudizi fortemente negativi sui progetti e la politica del presidente dell'UNIA: "His African Empire dream is obsolete and undisiderable. His 'Negro First' policy is not defensible, is unsound in theory and in practice. His steamship line is not only impracticable, but would have no effect on the Negro problem if successfully established, because the Negro problem is not one of trasportation." Nello stesso pezzo il socialista afroamericano riconobbe comunque a Garvey il merito d'aver stimolato l'orgoglio dei neri: "He has instilled a feeling into Negroes that they are good as anybody else...He has inspired an interest in Negro traditions, Negro history, Negro literature, Negro art and culture. He has stressed the international aspect of the Negro problem."(205)
Tuttavia nel giugno dello stesso anno Randolph intensificò i toni della polemica e insieme ad Owen cominciò una campagna diffamatoria nei confronti del presidente dell'UNIA allo scopo di eliminarlo definitivamente dallo scenario politico americano. L'imperativo era uno solo: "Garvey Must Go". Durante la terza convenzione internazionale dell'UNIA tenutasi nell'agosto del 1922 Randolph ed Owen insieme ai sempre più numerosi oppositori del giamaicano organizzarono una serie d'incontri sotto gli auspici della Friends of Negro Freedom nei quali chiesero al governo americano la sua immediata deportazione. Il 15 gennaio del 1923 andarono oltre ed inviarono una lettera al Procuratore Generale Harry M. Daugherty nel tentativo di velocizzare i tempi del processo a carico di Garvey e degli altri tre associati imputati di frode postale. Oltre ai due socialisti tra coloro che sottoscrissero il documento vi erano anche Williams Pickens e Robert W. Bagnall, esponenti del NAACP e il direttore del Chicago Defender Robert S. Abott.
I firmatari della lettera affermarono che era loro intenzione sottoporre all'attenzione del procuratore generale la grave minaccia all'armoniosa relazione tra bianchi e neri costituita dalla politica nazionalista dell'UNIA. Essi elencarono una lunga serie di capi d'accusa nei confronti del presidente dell'associazione e dei suoi membri. Garvey venne descritto come "an unscrupolous demagogue, who has ceaselessly and assidously sought to spread among Negroes distrust and hatred of all white people"; i suoi sostenitori, invece, vennero considerati fanatici ed opportunisti, "the most primitive ignorant element of West Indian and American Negroes."(206) Il Negro World venne indicato come lo strumento propagandistico utilizzato dal giamaicano allo scopo di diffondere un clima di tensione razziale.
La risposta del politico giamaicano non si fece attendere. Egli replicò punto su punto alle accuse dei suoi denigratori e affermò: "My enemies, and those opposed to the liberation of the Negro to nationhood are so incompetent and incapable of meeting argument with argument and tolerance with tolerance that they have cowardly sought the power of Government to combat and destroy me ... That shows their weakness and inability to stand up under the onward march of African redemption and real Negro freedom. They are all afraid of the black man. They try to hold him down and yet claim his inferiority."(207)

CONCLUSIONE

La condanna di Garvey al massimo della pena per uso fraudolento del servizio postale, ossia cinque anni di reclusione e il pagamento di una multa di $1.000, fu l'evento che segnò per l'UNIA ed il suo leader l'inizio di un rapido ed inesorabile declino. Nel febbraio del 1925 il politico giamaicano venne arrestato e rinchiuso nel penitenziario federale di Atlanta; nel novembre del 1927 con un atto di clemenza il presidente statunitense Coolidge decise di concedergli la libertà immediata; il 2 dicembre dello stesso anno venne deportato dagli Stati Uniti dove gli fu impedito per sempre di ritornarvi.
Il forzato allontanamento del presidente dell'UNIA dal territorio statunitense e dal quartier generale di New York fu un fattore determinante nel processo di disfacimento del movimento nazionalista nero. Infatti, sebbene l'organizzazione fosse strutturata secondo uno schema fortemente decentralizzato e nonostante le sue divisioni fossero sparse in tutto il continente americano e in Africa, la presenza di Garvey negli Stati Uniti si dimostrò necessaria per garantire all'UNIA prestigio internazionale e sostegno economico. Il fatto che nel 1926 su un totale di 996 divisions quasi i tre quarti (723) si trovassero in America ben evidenzia l'importanza del contributo afroamericano ai successi dell'Associazione per il Miglioramento Universale Nero. Tuttavia la fedeltà e l'appoggio incondizionato alla politica dell'UNIA erano per la maggior parte dei soci elementi troppo vincolati alla figura di Garvey e alla sua spiccata leadership per essere garantiti anche in sua assenza. Perciò, dopo la deportazione del carismatico giamaicano l'associazione nazionalista che si era distinta negli Stati Uniti per essere stata il primo grande movimento di massa nero della storia americana cominciò a perdere sostenitori fino a diventare agli inizi degli anni Trenta ininfluente nel panorama politico nazionale.
Inoltre l'UNIA, pur avendo in teoria una struttura organizzativa fondata su principi democratici, in realtà era stata governata per anni in modo autocratico dal solo Garvey che si era avvalso dell'aiuto di pochi fidati collaboratori. Una volta venuta a mancare la sua presenza diretta nel quartier generale newyorchese fu difficile per gli altri dirigenti delineare una strategia politica comune a tutte le divisioni americane senza provocare contrasti interni e conseguenti scissioni.
L'incarcerazione e la successiva deportazione del politico giamaicano non furono comunque i soli elementi che determinarono la crisi dell'associazione garveysta. Piuttosto essi si inserirono in una generale fase di declino del movimento nazionalista cominciata ben prima del 1925 ed originata dalla natura stessa dell'UNIA, dagli errori del suo presidente e dalla disonestà di alcuni alti dirigenti. I guai giudiziari di Garvey e l'intervento del governo statunitense non fecero altro che accelerare un processo di decadenza comunque irreversibile.
Una volta chiarito questo aspetto è in ogni caso interessante capire di chi furono le responsabilità della condanna del giamaicano. Certamente non possono essere attribuite, come fece Garvey, agli altri politici afroamericani che per lungo tempo lo criticarono ed invocarono il suo arresto. Essi, infatti, non avevano potere sufficiente per influenzare l'azione del governo statunitense. Perciò la deportazione del presidente dell'UNIA può essere considerata solo in minima parte il risultato della lunga serie d'azioni che coinvolsero il leader della NAACP, i socialisti Randolph e Owen e gli esponenti delle altre organizzazioni integrazioniste.

Il ruolo fondamentale fu invece giocato dal Dipartimento di Giustizia americano che dopo alcuni tentativi riuscì, attraverso delle disoneste manovre ed in stretta collaborazione con l'ufficio coloniale britannico, ad eliminare il leader dell'UNIA. J. Edgar Hoover fu colui che più di tutti si impegnò a fondo in questa azione repressiva. Nominato assistente speciale dal Procuratore Generale A. Mitchell Palmer, Hoover fu incaricato nel 1919 d'organizzare e guidare una nuova divisione del Dipartimento della Giustizia dedicata al controllo dei gruppi più sovversivi. Egli, scelto per la sua reputazione di uomo diligente, in breve tempo divenne un grande esperto di radicalismo.
Anche se il nome di Garvey cominciò ad apparire nei rapporti stilati dagli agenti federali e dalla polizia newyorchese già nel 1917, ossia pochi mesi dopo il suo arrivo ad Harlem, solo a partire dal 1919 il presidente dell'UNIA diventò uno degli obiettivi principali delle attenzioni degli investigatori. Ciò non accadde certamente per caso se si pensa che il 1919 è ricordato nella storia americana come il periodo del cosiddetto "Terrore Rosso". Una volta terminata la guerra mondiale il trionfo della rivoluzione bolscevica in Russia e la fondazione della Terza Internazionale avevano risvegliato negli Stati Uniti i timori di una possibile trasformazione interna ed alimentato i sentimenti nazionalisti tanto venerati nel periodo bellico. Questa volta però la xenofobia dei conservatori non fu diretta verso i presunti simpatizzanti della Germania, ma contro i radicali e i rivoluzionari, soprattutto se immigrati di recente o stranieri. Molti cittadini si allarmarono per le simpatie sovietiche di una fazione militante del partito socialista americano e per l'inizio dell'attività del movimento comunista statunitense. L'ostilità per le idee e le attività sindacali si diffuse tra la gente, specialmente dopo che in occasione di uno sciopero degli agenti della polizia nel settembre del 1919 Boston fu messa a soqquadro da disordini e saccheggi contro cui le forze dell'ordine non intervennero. La paura della rivoluzione crebbe ulteriormente quando illustri uomini politici e industriali furono vittime di attentati e allorché il 2 giugno esplosero simultaneamente ordigni in otto diverse città.
La conseguente ondata repressiva fu diretta contro radicali e dissenzienti di ogni tipo, Garvey compreso. Il congresso e l'assemblea legislativa dello stato di New York espulsero i loro membri di idee socialiste nonostante fossero stati regolarmente eletti. In trentadue stati furono promulgate leggi in base alla quale era considerato un reato la militanza negli IWW(208) e in altre organizzazioni sindacali. In due processi del 1919 la Corte Suprema ritenne ancora applicabili le limitazioni alla libertà di parola e stampa previste in tempo di guerra dal Sediction Act(209) e dall'Espionage Act.(210) Mitchell Palmer, ministro della giustizia del governo Wilson, si mise a capo di una crociata antiradicale che portò all'arresto senza processo di novemila persone; più di cinquecento radicali di origine straniera, tra i quali i famosi anarchici Emma Goldman(211) e Alexander Berkman furono espulsi.
Garvey, quindi, diventò una delle tante vittime dell'ondata reazionaria del dopoguerra. Il clima d'isteria portò Hoover a vedere anche nel nazionalista giamaicano un elemento sovversivo ed un possibile sostenitore della rivoluzione bolscevica. In un rapporto dell'ottobre del 1919 il futuro capo dell'FBI affermò: "he is one of the most prominent agitator of New York...he is an exceptionally fine orator, creating much excitment among negroes through his steamship proposition; in his paper the 'Negro World' the Soviet Russian Rule is upheld and there is open advocation of Bolshevism."(212) Nel dicembre dello stesso anno Hoover, nel tentativo di conoscere ogni pensiero e progetto di Garvey, decise di avvalersi del contributo dell'insospettabile agente James Wormely Jones, il primo di colore nella storia dell'FBI. Il Dipartimento di Giustizia sfruttò tutte le armi che aveva a disposizione per controllare l'attività dell'UNIA e per cinque anni sorvegliò ogni singola mossa del suo leader. Ciononostante è necessario sottolineare che il governo statunitense non adottò nei confronti di Garvey lo stesso atteggiamento aggressivo utilizzato con la maggior parte delle vittime dell'ondata repressiva. Il politico giamaicano, a differenza delle novemila persone che nel 1919 vennero deportate senza aver avuto nemmeno la possibilità di difendersi, venne processato in tribunale e arrestato solo dopo la condanna nel 1925.(213)
Il primo serio tentativo d'eliminare Garvey dal panorama politico americano fu fatto nell'estate del 1921. Approfittando del lungo tour promozionale che il presidente dell'UNIA era intenzionato a compiere nel Centro America e nelle Indie Occidentali, Hoover, in collaborazione con le autorità coloniali britanniche e i consolati statunitensi, tentò di negargli il visto di rientro. Fallita per poco questa manovra l'assistente del Procuratore Generale iniziò ad indagare sulla possibilità di incastrare il giamaicano con qualche altro stratagemma. Informato da uno dei suoi numerosi agenti della grave crisi finanziaria dell'associazione nazionalista Hoover riuscì a far accusare Garvey di frode postale. Nel maggio del 1923 iniziò il processo e già nel settembre dello stesso anno l'Ufficio Immigrazione cominciò a lavorare al suo caso per procedere ad un eventuale deportazione. La costanza con la quale per anni Hoover e gli investigatori federali controllarono i movimenti e le mosse del giamaicano dimostra quanto fosse allarmato il governo statunitense dalla minaccia sovversiva del nazionalista nero.
Tuttavia il Dipartimento di Giustizia non era preoccupato tanto dall'eventuale e improbabile realizzazione dei progetti commerciali dell'UNIA ma da altri importanti aspetti connessi all'attività dell'associazione: in primo luogo dalla possibilità che la retorica aggressiva e ribelle di Garvey contagiasse la maggior parte della comunità afroamericana in un momento di grande tensione sociale; in secondo luogo dalla pericolosa diffusione di un messaggio anti-coloniale ed anti-imperialista in Africa e nelle regioni del Centro America dove erano in espansione gli interessi commerciali del governo e di alcune grandi imprese statunitensi. Se oggi alcuni studiosi rimarcano soprattutto gli aspetti utopistici e folcloristici della politica garveysta sottovalutando la risposta entusiasta delle masse nere, anche a livello di sacrificio economico, all' appello nazionalista, ciò non accadde negli anni Venti quando il governo americano considerò quest'ultimo aspetto il più degno e meritevole d'attenzione. Anche i più acerrimi rivali politici di Garvey erano preoccupati e consapevoli della sua grande capacità d'attrarre il consenso delle masse. Così, ad esempio, Mary White Ovington, una delle fondatrici del NAACP, dichiarò poco dopo la deportazione di Garvey dagli Stati Uniti: "He was the first Negro in the United States to capture the imagination of the masses. Among the poor and the exploited, even among those whose money he missappropriated, he is defended with an ardor that abashes the critic. Charlatan or fanatic, profiteer or martyr, he has profoundly stirred the race counsciousness of Negroes throughout the world."(214)
Nonostante tutti gli studiosi del garveysmo abbiano riconosciuto lo straordinario impatto che il messaggio del giamaicano ebbe sulle masse nere dell'epoca, la caratteristica principale dell'odierno dibattito storiografico in materia risulta la difformità. Di fatto la maggior parte di coloro che sono intervenuti nella discussione hanno abbracciato posizioni o assolutamente a favore o totalmente contro il leader dell'UNIA. Garvey è stato pesantemente denigrato da alcuni storici che non hanno esitato a definirlo un fanatico, un demagogo, un disonesto ed astuto truffatore; viceversa altri studiosi lo hanno ritenuto un martire per la libertà del popolo africano, il "Mosè nero", un lungimirante politico i cui visionari progetti non vennero realizzati solo perché si scontrarono con l'azione repressiva del governo statunitense e contro gli obiettivi imperialistici delle grandi potenze europee. Tra le fonti utilizzate per l'elaborazione di questa tesi l'analisi di Judith Stein ci è sembrata la più equilibrata.
In realtà Garvey non fu né un ladro né un profeta. Egli era dotato di una personalità forte e di una grande determinazione, doti che gli permisero di conquistare la fiducia di numerose persone e di ritagliarsi uno spazio politico importante. Maestro nel catturare l'immaginazione della gente ed alimentarne le speranze, Garvey, soprattutto nel decennio trascorso negli Stati Uniti, non si dimostrò però altrettanto abile nel realizzare i progetti concreti dell'UNIA - Black Star Line e Liberian Construction Loan furono i suoi due più clamorosi fallimenti - e nel valutare la complessa situazione politica ed economica della comunità nera internazionale ed in particolar modo statunitense. D'altro canto questo tipo d'analisi richiedeva capacità e conoscenze specifiche che era difficile possedere senza aver fatto esperienze importanti e senza aver studiato o frequentato certi ambienti culturali. Garvey, cresciuto in un contesto rurale poverissimo e costretto a lavorare fin da ragazzino, non aveva avuto l'opportunità di dedicare molto tempo agli studi. Pur avendo frequentato saltuariamente le lezioni di giurisprudenza del Birbeck College durante la sua permanenza a Londra, egli non si interessò mai agli aspetti più specifici delle diverse teorie economiche e politiche. Perciò, talvolta, non solo le parole ma anche le azioni concrete del giamaicano si distinsero più per ingenuità ed immaginazione che per saggezza. Oltre alla mancanza di realismo politico, determinante per il fallimento dei piani dell'associazione nazionalista fu il costante ed egoistico timore di Garvey di perdere l'indiscussa posizione di leadership; tale preoccupazione provocò infatti una gestione autocratica dell'UNIA che alla lunga si dimostrò fatale per la sopravvivenza dell'organizzazione.
Così come lo è stato per i fallimenti e gli errori è necessario per correttezza storica sottolineare anche i meriti di Garvey. Il suo avvento negli Stati Uniti e la fondazione dell'Universal Negro Improvement Association hanno segnato comunque un momento di svolta nella drammatica storia della minoranza nera. Garvey non solo è stata l'anima del primo grande movimento di massa afroamericano ma grazie ad una sorprendente capacità comunicativa ha saputo risvegliare nei neri di qualsiasi condizione sociale e di ogni grado educativo sentimenti quali l'orgoglio delle proprie radici culturali e la fiducia in se stessi che lunghi secoli di schiavismo e razzismo avevano ormai soppresso. Egli, come nessun altro esponente politico o religioso era riuscito a fare fino ad allora, esortò i neri a mettere in discussione il sistema culturale che l'uomo bianco gli aveva imposto e li spinse a lottare per la propria indipendenza politica ed economica. Il nazionalista giamaicano propose un modello di resistenza culturale che ancora oggi, nel bene e nel male, influenza gli atteggiamenti della minoranza afroamericana e delle comunità nere caraibiche. Come evidenziato da E. D. Cronon "Marcus Garvey intuitively put his finger on the pulse of his race, and even today in many areas his prescription of Negro nationalism has wide appeal as the only tonic that will cure the world of discrimination, prejudice, intolerance, and injustice."(215)
Inoltre, come abbiamo già sottolineato nel quarto capitolo, la politica pan-africana e i principi race first del suo messaggio furono un essenziale punto di riferimento per i movimenti di lotta indipendentisti dei paesi africani. Carismatici leader quali il ghanese Nkrumah e il congolese Lumumba riconobbero apertamente l'apporto del garveysmo nel loro processo di maturazione politica.
Di notevole importanza è stato poi l'influsso che Garvey ha avuto nel processo di rinascita ed affermazione dei movimenti nazionalistici afroamericani negli anni Sessanta e Settanta. La dottrina razziale e la strategia separatista dell'UNIA ispirarono ad esempio l'azione dell'American Muslim Mission (Missione musulmana d'America),(216) l'organizzazione, conosciuta anche con il nome di Nazione islamica dell'Occidente, che diffuse la religione mussulmana fra la popolazione nera statunitense. I membri della Nation of Islam credevano infatti, come aveva sostenuto Garvey qualche decennio prima, che la questione razziale sarebbe stata risolta solo con la conquista da parte dei neri di una propria nazione, libera ed indipendente. I principi del garveysmo vennero quindi ripresi e sostenuti con vigore dai massimi rappresentanti dell'organizzazione religiosa ed in particolar modo dal celebre Malcolm X.
Uno sguardo sulla vita di quest'ultimo personaggio rivela che nel suo processo di maturazione politica l'influenza di Garvey fu tutt'altro che secondaria. Ancora ragazzino Malcolm Little(217) venne introdotto dai genitori, entrambi fedelissimi sostenitori dell'UNIA, negli ambienti più radicali del nazionalismo nero. Nell'autobiografia Malcolm ben ricorda quei particolari momenti. Riferendosi a suo padre egli racconta "ero il solo dei suoi figli che portava con sé alle riunioni dell'UNIA di Garvey che convocava senza tanta pubblicità in casa di gente sempre diversa. Ogni volte c'erano solo poche persone, al massimo venti, ma sembravano moltissime tutte stipate nel salotto di una casa privata …Mio padre diceva che non sarebbe passato molto tempo prima che l'Africa fosse completamente governata da negri, da 'uomini con la pelle nera' secondo la frase ch'egli adoperava sempre."(218) Earl, il padre, un predicatore battista nato in Georgia, era stato presidente della sezione di Omaha, Nebranska, mentre la madre Louise, nativa delle Indie Occidentali e successivamente emigrata negli Stati Uniti, aveva svolto le mansioni di segretaria per la divisione diretta dal marito. Earl Little, uno dei firmatari della petizione inviata al Dipartimento della Giustizia americano per chiedere il rilascio di Garvey dopo il suo arresto, venne assassinato nel 1931 in circostanze misteriose da alcuni membri del Ku Klux Klan proprio per il suo continuo impegno nel difendere la causa del nazionalismo nero.
Le esperienze giovanili di Malcolm X lo indussero a credere che il razzismo dei bianchi fosse una piaga sociale troppo profonda per permettere la realizzazione di qualsiasi progetto di integrazione. Perciò parlò ai suoi seguaci del nazionalismo nero, li incoraggiò a ricercare le proprie radici, a essere orgogliosi del proprio retaggio razziale, ad allearsi con i popoli non bianchi di tutto il mondo in una ribellione globale contro l'oppressore. Egli quindi riprese con vigore alcuni dei concetti fondamentali della dottrina race first predicati con successo negli anni Venti dal presidente dell'UNIA. Nell'autobiografia afferma: "Anche quando ero seguace di Elijah Muhammad, ero stato sempre profondamente consapevole della capacità delle teorie politiche e socio-economiche dei nazionalisti negri di infondere nel nostro popolo la dignità razziale, lo stimolo e la fiducia di cui abbiamo bisogno per sollevarci, camminare con le nostre gambe, liberarci dalle cicatrici e prendere posizione."(219) Le affinità esistenti tra il pensiero di Garvey e quello di Malcolm X sono quindi numerose e ci portano a sottolineare l'influenza indiretta del giamaicano sulla politica del più giovane afroamericano.
Tale convinzione è rafforzata da una dichiarazione che nel 1964 lo stesso Malcolm X rilasciò al Jamaica Gleaner nella quale sottolineò il ruolo di grande ispiratore che Garvey aveva assunto in tutte le lotte combattute dalle popolazioni di colore oppresse : "Every time you see another nation of the African continent become indipendent, you know that Marcus Garvey is live. It was Marcus Garvey's philosophy of Pan-Africanism that initiated the entire freedom movement, which brought about the indipendence of African nations. And had it not been for Marcus Garvey, and the foundations laid by him, you could find no indipendent nations in the Carribean today ... All the freedom movements that are taking place right here in America today were initiated by the work and teachings of Marcus Garvey. The entire Black Muslim philosophy in America is feeding upon the seeds that were planted by Marcus Garvey."(220) E' necessario sottolineare comunque che la strategia d'azione di Malcolm X, pur traendo ispirazione dal pensiero garveysta, andò oltre e si distinse per il suo carattere prevalentemente politico. Infatti, rispetto al presidente dell'UNIA che era stato impegnato soprattutto in progetti di promozione di un cosiddetto black capitalism, Malcolm X lavorò alla soluzione dei più concreti e drammatici problemi della minoranza afroamericana come la privazione del diritto di voto e la mancanza di un'adeguata educazione scolastica per i giovani neri.
Il pensiero di Marcus Garvey è stato d'ispirazione anche per un altro discusso leader della Nation of Islam impostosi negli anni Ottanta e ancora oggi, quasi settantenne, riconosciuto come uno dei più radicali personaggi pubblici afroamericani: Louis Farrakhan.(221) Per certi aspetti l'ideologia e lo stile di Farrakhan paiono molto simili a quelli del nazionalista giamaicano. Come Garvey, egli ha dimostrato nel corso degli anni grande capacità oratoria e spiccate doti di leadership che gli hanno permesso di organizzare, il 16 ottobre del 1995, la "Million man march", la più grande dimostrazione nera di tutti i tempi in cui quattrocentomila maschi afroamericani hanno sfilato per le strade di Washington. Nei suoi discorsi Farrakhan ha spesso invitato i suoi seguaci ad avere fiducia in se stessi e consapevolezza delle proprie capacità ed, in pieno stile garveysta, ha sottolineato l'importanza per i neri di crearsi un proprio sistema economico che gli garantisca indipendenza economica. La Nation of Islam ha creato a questo scopo un sistema di stretta cooperazione tra i produttori e i consumatori neri chiamato POWER - People Organised and Working for Economic Rebirth - che pare trarre ispirazione dai principi del black capitalism predicati molti anni prima da Garvey.
Quindi come dimostrano i casi di Malcolm X e Louis Farrakhan, sebbene l'intera vicenda di Garvey e dell'UNIA sia stata segnata da temporanei successi e grandi fallimenti, egli merita comunque d'essere ricordato nel panorama politico internazionale non solo per essere stato il padre del nazionalismo nero e un profeta del panafricanismo ma anche per la fondamentale influenza che il suo messaggio ha avuto e continua ad avere sulla popolazione nera mondiale anche alcuni decenni dopo la sua scomparsa.

Note:

1 Tutte le statistiche sulla condizione attuale della minoranza afroamericana sono state tratte da Malcolm Sylvers, Gli Stati Uniti tra dominio e declino, Editori Riuniti, 1999, pp. 140-141-142.
2 I primi fra loro a raggiungere le colonie americane arrivarono a Jamestown, Virginia, nel 1619 a bordo di una fregata olandese. In un primo momento essi non vennero utilizzati come schiavi, bensì come servi a riscatto. Perciò dopo un determinato periodo di tempo riconquistarono la propria libertà.
3 J. Hope Franklin -A.A. Moss, From Slavery to Freedom, Alfred A.Knopf, NY 1947, p. 397.
4 Per ogni ulteriore informazione sulle opere citate si rimanda alla relativa sezione bibliografica.
5 Tutte le tre opere sopraccitate sono state tradotte e pubblicate in italiano: The Limits of Liberty nel 1984 con il titolo di Storia degli Stati Uniti d'America (Bompiani); The Great Republic nel 1988 con il titolo di La nascita di una potenza mondiale (il Mulino); Anxious Decades nel 1995 con il titolo L'età dell'ansia (il Mulino).
6 Judith Stein, The World of Marcus Garvey, Race and Class in Modern Society, Louisiana State University Press, Baton Rouge, 1986, p. 4.

7 Secondo i dati del censimento giamaicano del 1911 la popolazione totale dell'isola era allora di 831.383 persone. I neri erano 630.181 (76%), i mulatti 163.201 (20%), i bianchi 15.605 (2%), gli Indiani 17.380 ed i cinesi 2.111.
8 Nel 1883 meno del 10% dei 250.000 neri giamaicani era in grado di scrivere.
9 M. Garvey, The Negro's Greatest Enemy, in R. Hill The Marcus Garvey and Universal Negro Improvement Association Papers, University of California Press, Berkeley 1983, Volume I, p. 3.
10 M. Garvey, The Negro's Greatest Enemy, in R. Hill The MG and UNIA papers, vol. I, p. 4.
11 Ibidem.
12 Ibidem.
13 Il National Club ha rappresentato la prima organizzazione politica di stampo nazionalista giamaicana. Era stato creato per porre fine agli abusi del governo coloniale britannico e focalizzava la propria attenzione su problemi quali l'immigrazione di Indiani e Orientali, il sistema giudiziario, l'educazione e il comportamento autocratico tenuto dal governatore dell'isola, Sir Sidney Oliver. Il National Club propose d'adottare una politica più liberale e cercò di far occupare anche ad alcuni componenti dell'organizzazione i seggi del Consiglio Legislativo nazionale. La voce ufficiale era l'Our Own, un bimensile che uscì per un anno il cui titolo era la traduzione in inglese del gaelico "Sinn Fein", nome del movimento nazionalista irlandese. R.Hill, The MG and UNIA papers, vol. I, p. 21.
14 Il "timekeeper" era l'addetto al calcolo delle ore di lavoro degli operai impiegati nelle piantagioni.
15 David Lloyd George (1863 - 1945), uomo politico britannico, esponente del Partito liberale, primo ministro dal 1916 al 1922. Eletto al Parlamento nel 1890, mostrò di possedere una visione della politica sociale fortemente radicale.
16 M. Garvey, The Negro's Greatest Enemy, in R. Hill The MG and UNIA papers, vol. I, p. 5.
17 A. A. Garvey, The Birth of the Universal Negro Improvment Association, in T. Martin The Pan-African Connection, The Majority Press, Dover 1983, p. 225.
18 M. Garvey, The Negro's Greatest Enemy, in R. Hill The MG and UNIA papers, vol. I, p. 6.
19 Ibid., p. 6.
20 Questa scuola, frequentata esclusivamente da ragazzi di colore, forniva agli alunni una preparazione nel campo industriale ed agricolo tale da permettere agli studenti, una volta terminato il corso di studi, di diventare forze produttive in grado d'accumulare capitali necessari per lo sviluppo della propria comunità e delle proprie istituzioni.


21 Cit. in Rupert Lewis, Marcus Garvey: Anti-Colonial Champion, Africa World Press, Trenton 1988, pp. 78-79.
22 R. Lewis, Anti-Colonial Champion, p. 101.
23 Hubert Harrison era un brillante oratore, conferenziere e attivista politico considerato da molti il padre del radicalismo ad Harlem. Era nato nelle Isole Vergini ed era giunto negli Stati Uniti all'età di diciassette anni. Dopo aver completato gli studi, nel 1907 aveva trovato impiego come critico letterario presso il New York Times. Successivamente si era unito al Socialist Party of America (SPA) avendo individuato nel socialismo la soluzione al problema razziale. Era diventato assistente editore del The Masses e collaboratore di altre testate giornalistiche. In seguito al rifiuto da parte del SPA di riconoscere la discriminazione razziale sia fuori che all'interno del partito, Harrison decise nel 1914 di abbandonare il Socialst Party. Da quel momento concentrò tutte le sue energie nella promozione dell'indipendenza nera sotto lo slogan "Race First". R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. I, pp. 210-211.
24 Manifesto di Marcus Garvey in R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. I, p. 202.
25 M. Garvey, The Negro's Greatest Enemy, in R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. I, p. 7.
26 Dati tratti dalle tabelle 1 e 2 pubblicate in Tony Martin, Race First: The Ideological and Organizational Struggle of Marcus Garvey and The Universal Negro Improvment Association, Greenwood Press, 1976, pp. 15-16.
27 Constitution and Book of Laws dell'UNIA, in R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. I, p. 256.
28 Constitution and Book of Laws dell'UNIA, in R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. I, p. 259.
29 Certificato di incorporazione della BSL Inc. in R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. I, p. 441.
30 M. Garvey, editoriale pubblicato sul Negro World del 7 giugno 1919, in R. Hill The MG and UNIA papers, vol. I, p. 413.
31 Rapporto dell'FBI in R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. I, pp. 454-455.
32 M. Garvey, cit. in E. David Cronon, Story of Marcus Garvey: Black Moses and the UNIA, The University of Wisconsis Press, Madison 1955, p. 52.
33 Alfred Charles Sam (ca. 1879-1930) era il figlio di Akosua Buaa e Nana Kwayke, un capo della tribù ghanese dei Akyem Takyiman. Sam . In Africa venne introdotto dal padre nel mondo del commercio e nel 1911 giunse negli Stati Uniti dove diede vita alla Akim Trading Co. La compagnia ebbe tra i suoi obiettivi anche quello di acquistare delle navi per collegare la costa occidentale del continente africano con gli Stati Uniti. Il progetto fallì miseramente. R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. I, pp. 536-547.
34 Frederick Douglass ( Maryland 1817 - Washington 1895) era un oratore e scrittore americano, ex-schiavo, diventato famoso per il fondamentale ruolo svolto nella campagna abolizionista. I suoi accorati discorsi e l'impegno nella cosiddetta Underground Railroad, l'organizzazione che aiutava gli schiavi fuggiaschi a raggiungere il Canada, contribuirono fortemente a promuovere la causa degli abolizionisti e il riconoscimento dei diritti dei neri. Allo scoppio della guerra di secessione, Douglass contribuì alla formazione di due reggimenti di soldati neri e al termine del conflitto fu il primo afroamericano a ricoprire incarichi politici; tra le altre cariche, fu console degli Stati Uniti ad Haiti. J.Hope Franklin - A.A. Moss, From Slavery to Freedom, pp. 203-204.
35 Phillis Wheatley (1753 ca. - 1784) era una poetessa africana che lavorava come domestica al servizio della moglie di un sarto di Boston. Fu la prima americana di colore a essere apprezzata dalla critica per le sue opere letterarie. J. Hope Franklin - A.A. Moss, From Slavery to Freedom, pp. 106-107.
36 M. Garvey, editoriale del 5/11/19 pubblicato sul Negro World in R. Hill The MG and UNIA papers, vol. II, p. 151.
37 Antonio Maceo era un patriota nero che aveva combattuto nelle lotte indipendentiste cubane contro l'esercito spagnolo.
38 M. Garvey, discorso del 1/8/20, in R. Hill The MG and UNIA papers, vol.II, p. 480.
39 Negro World Convention Bulletin del 3 agosto 1920, in R. Hill The MG and UNIA papers, vol. II, p.499.
40 Del difficile rapporto tra Garvey e i più importanti politici afroamericani parleremo specificatamente nel quinto ed ultimo capitolo.
41 In realtà l'agente si chiamava Herbert Boulin ed era un nero di Harlem proprietario di una fabbrica di bambole di cui Garvey non sospettava minimamente e con il quale spesso si confidava.
42 Rapporto FBI, in R. Hill The MG and UNIA papers, vol. III, p. 52.
43 Rapporto FBI, in R. Hill The MG and UNIA papers, vol. III, p. 44.
44 M. Garvey, editoriale pubblicato sul Negro World dell'11 ottobre 1920, in R. Hill The MG and UNIA papers, vol. III, p. 50.
45 J. Edgar Hoover, lettera del 24/2/21 indirizzata a A. Caminetti, in R. Hill The MG and UNIA papers, vol. III, p. 235.
46 M. Garvey, discorso del 13/7/21, in R. Hill The MG and UNIA papers, vol.III, p. 528.
47 Rapporto dell'FBI, in R. Hill The MG and UNIA papers, vol.III, p. 558.
48 F. Burke, lettera del 1/9/21 indirizzata a A.J. Frey, in R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. IV, p.4.
49 Cyril V. Briggs nacque a Nevis, un'isola delle piccole Antille, nel 1888. Giunto negli Stati Uniti nel 1905 sette anni più tardi cominciò a collaborare con il settimanale afroamericano Amsterdam News. Egli scrisse anche per la rivista socialista The Messenger di Philip Randolph e Chandler Owens fino a quando nel 1919 il Partito Socialista americano si scisse e Briggs si allineò con l'ala della sinistra più radicale. Nello stesso anno fondò l'African Blood Brotherhood e divenne editore del suo organo di stampa, The Crusader. L'ABB anziché appoggiare i socialisti si unì al neonato Partito Comunista assicurandogli un contributo fondamentale. R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. I, p. 428.
50 M. Garvey, cit in E. D. Cronon, Black Moses, p. 108.
51 Lettera del "Comitato degli otto" inviata al Procuratore Generale, cit in Marcus Garvey, Philosophy and Opinions of Marcus Garvey, Frank Cass, Londra 1967, vol. II, p. 295.
52 M. Garvey, cit in E. D. Cronon, Black Moses, p. 119.
53 M. Garvey, Philosophy and Opinions, vol. II, pp. 180-182.
54 M. Garvey, cit. in E. D. Cronon, Black Moses, p. 120.
55 E. D. Cronon, Black Moses, p. 122.
56 E. D. Cronon, Black Moses, p. 129.
57 E. D. Cronon, Black Moses, p. 134.
58 M. Garvey, cit. in E. D. Cronon, Black Moses, p. 142.


59 M. Garvey, cit. in E. D. Cronon, Black Moses, p. 144.
60 M. Garvey, cit. in E. D. Cronon, Black Moses, p. 162.

61 Lettera di M. Garvey, cit. in R. Lewis, Anti-Colonial Champion, p. 25.
62 R.Lewis, Marcus Garvey: Anti-Colonial Champion, p. 33.
63 M.Garvey, A Talk With Afro-West Indians, in R. Hill The MG and UNIA papers, vol. I, p. 57.
64 Ratificato nel 1865 al termine della Guerra Civile (1861-1865) combattuta tra le forze dell'Unione e quelle confederate, il Tredicesimo Emendamento portò alla completa abolizione della schiavitù.

65 Articolo pubblicato sul Daily Chronicle del 3 agosto 1915, in R. Hill The MG and UNIA papers, vol. I, p. 128.
66 M. Garvey, lettera del 29/2/16 indirizzata a R.R. Moton in AA.VV., African American Political Thought, M.E. Sharpe, New York 1995, p. 183.
67 M. Garvey, A Talk With Afro-West Indians, in R. Hill The MG and UNIA papers, vol. I, p. 56.


68 cit in L. W. Levine, Marcus Garvey and the Politics of Revitalization, in AA.VV. Black Leaders of the Twentieth Century, University of Illinois Press, Chicago 1982, pp. 113-114.
69 R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. I, p. xxxviii.
70 Ibid., p. 198.
71 Nel 1914 gli immigrati giunti negli Stati Uniti furono più di un milione, l'anno successivo il loro numero scese all'incirca a 300.000.
72 AA.VV., African American Political Thought, p. 11
73 Ibidem.
74 M. Garvey, discorso del 21/10/19, in AA.VV. Afro American Political Thought, pp. 204-205.
75 Ibid., p. lxvii.
76 M. Garvey, editoriale pubblicato sul Negro World del 1 Novembre 1920, in R. Hill The MG and UNIA papers, vol. I, pp. 67-68.
77 R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. I, p. lxx.
78 T. Martin, Race First, p.23
79 T. Martin, The Poetical Woks of Marcus Garvey, The New Marcus Garvey Library, Dover 1983, p. vii.
80 J.H. Franklin - A.A. Moss, From Slavery to Freedom, p. 402.
81 Claude McKay, letterato giamaicano, è considerato dalla critica il primo rappresentante del movimento culturale del "Rinascimento nero". Quando nel 1912 arrivò negli Stati Uniti era già conosciuto per le sue pregevoli composizioni poetiche. Tuttavia fu la pubblicazione dell'opera Harlem Shadows (1922) a consacrarlo come uno dei migliori scrittori nel panorama americano del dopoguerra. Nel 1919 collaborò con il Negro World. J. Hope Franklin - A.A. Moss, From Slavery to Freedom, pp. 405-406.
82 Zora Neale Hurston era una giovane antropologa che alla fine degli anni Venti cominciò a pubblicare delle brevi storie, novelle, letteratura per bambini ma anche autorevoli scritti sulla vita ad Haiti e in Giamaica. La Hurston ebbe il merito di colmare il vuoto tra la prima e la seconda fase dell'Harlem Renaissance. J. Hope Franklin - A.A. Moss, From Slavery to Freedom, p.417.
83 T. Martin, Race First, p. 26.
84 In realtà Robeson aveva interpretato anche ruoli nei quali del protagonista nero spiccavano coraggio, intelligenza ed altri aspetti positivi. E' probabile che Garvey fu particolarmente critico nei suoi confronti soprattutto per la scelta dell'attore d'appoggiare apertamente l'attività del partito comunista statunitense.
85 M. Garvey, cit. in T. Martin, Race First, p. 69.
86 Ibid., p. 68.
87 Ibid., p. 71.
88 R. Hill, The MG and UNIA papers, p. xli.
89 Ibid., p. xli.
90 M. Garvey, Philosophy and Opinions, p. 9.
91 R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. I, p. li.
92 La White Star Line era una compagnia di navigazione che inaugurò la propria attività nel giugno del 1849 con un viaggio che da Liverpool raggiunse gli Stati Uniti. In seguito le rotte della compagnia coprirono la tratta Inghilterra - Australia.
93 R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. I, p. liii.
94 R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. I, p. lxxxii.
95 Warren Gamaliel Harding (1865-1923), ventinovesimo presidente degli Stati Uniti (1921-1923). Dopo una carriera come giornalista e politico nell'Ohio, fu eletto senatore nel 1914; nel 1920 il Partito repubblicano lo candidò alla presidenza degli Stati Uniti. Uscito vincente dalle elezioni, diede voce al desiderio di pace della nazione, guidandola verso il ritorno alla normalità dopo gli anni del primo conflitto mondiale. Il suo governo, tuttavia, è legato agli episodi di corruzione scoperti dopo la morte dello stesso Harding, in cui vennero coinvolti i dipartimenti degli Interni, della Marina e della Giustizia. Gli succedette il suo vicepresidente, Calvin Coolidge.
96 Discorso del Presidente americano W.G. Harding (ottobre 1921) citato in E.D. Cronon, Black Moses, p. 194.
97 E.D. Cronon, Black Moses, pp. 194-195.

98 cit. in J. S. Davis, The World Between the Wars, 1919-1939: An Economist's View, Johns Hopkins University Press, 1975, p.85.
99 Il Bureau of the Census ha fornito i seguenti dati riguardanti il flusso annuale d'immigrati negli Stati Uniti nel periodo 1910-1920: 1910 - 1.041.570; 1911- 878.587; 1912 - 838.172; 1913 - 1.197.892, 1914 - 1.218.480; 1915 - 326.700; 1916 - 298.826; 1917 - 295.403; 1918 - 110.618; 1919 - 141.132; 1920 - 430.001. Nota tratta dalla tabella pubblicata in appendice a John L. Thomas, La nascita di una potenza mondiale, Il Mulino, p. 249.
100 M.Garvey, Philosophy and Opinions, pp. 36-37.
101 M. Garvey, articolo pubblicato sul Negro World del 17/5/24 cit. in T.Martin, Race First, p. 33.
102 M. Garvey, articolo pubblicato sul Black Man del 10/4/29 cit. in T. Martin, Race First, p. 35.
103 cit. in J. Stein, The World of Marcus Garvey, p. 65.
104 cit. in J. Stein, The World of Marcus Garvey, p.70.
105 Ibid., p. 71.
106 J. Stein, The World of Marcus Garvey, p. 85.
107 M. Garvey, The Negro's Greatest Enemy, in R. Hill The MG and UNIA papers, vol. 1, p.9.
108 J. Stein, The World of Marcus Garvey, p.91.
109 T. Martin, Race First, p. 167.

110 Espressione coniata nel 1845 da un giornalista di New York per indicare la convinzione radicata nella società americana che la Provvidenza aveva voluto assegnare agli Stati Uniti il totale controllo del continente nordamericano. Questo assunto fornì una motivazione comoda e razionale allo sterminio di popoli considerati inferiori come gli indiani e i messicani. Allo stesso tempo, tuttavia, il concetto di "manifest destiny" era intriso di una sorta di romanticismo basato sull'idea che il modo migliore di diffondere principi e istituzioni democratiche era quello d'ampliare il territorio americano. Nota tratta da Maldwyn A. Jones, Storia degli Stati Uniti d'America, Bompiani 2001. Sul concetto di "destino manifesto" vedi anche D.B. Davis, D. Donald, Espansione e conflitto, il Mulino, Bologna 1997, p. 170.
111 M. Garvey, Philosophy and Opinions, p. 14.
112 H. Harrison, The Racial Roots of Culture, in T. Martin, African Fundamentalism, pp. 8-9.
113 La Prensa (The Press) e La Naciòn (The Nation) erano giornali pubblicati sia in spagnolo che in inglese.
114 Cit. in T. Martin, Literary Garveysm, The Majority Press, Dover, 1983, p. 6.
115 Cit. in T. Martin, Literary Garveysm, p. 7.
116 Cit. in T. Martin, Race First, p. 26.
117 Denmark Vesey era uno schiavo che nel 1800 pagò il proprio padrone per ottenere la libertà. Mentre lavorava come carpentiere a Charleston, nella Carolina del Sud, organizzò uno dei più elaborati tentativi di insurrezione della storia americana. Assieme ad alcuni compagni raccolse numerose armi nel tentativo di liberare coloro che vivevano ancora in schiavitù. Nel luglio del 1822 scoppiò la rivolta che terminò con l'arresto di 139 neri, 47 dei quali vennero condannati. Anche quattro bianchi vennero imprigionati per aver incoraggiato gli schiavi ribelli. Le stime parlano di almeno 9.000 afroamericani coinvolti nel complotto. Nota tratta da J. Hope Franklin- A. Moss, From Slavery to Freedom, p. 164.
118 Gabriel Prosser era un nero che nell'agosto del 1800 si mise al comando di più di mille schiavi in marcia verso Richmond. capitale della Virginia, con l'intenzione d'ottenere, se necessario con la forza, il riconoscimento della propria libertà. Il vile atto di due neri unito ad una forte tempesta permise alla milizia cittadina d'arrestare e condannare a morte trentacinque ribelli. Prosser venne catturato e giustiziato a fine settembre. J. Hope Franklin - A. Moss, From Slavery to Freedom, pp. 162-163.
119 Nat Turner era uno schiavo dalla personalità mistica e ribelle. Il 13 agosto del 1831 assieme ad alcuni compagni uccise l'intera famiglia del padrone. In ventiquattro ore altre sessanta persone vennero assassinate dai suoi seguaci. La resa dei conti giunse al momento dello scontro con le truppe federali: cento schiavi vennero uccisi nella battaglia, quindici impiccati. Turner fu catturato il 30 ottobre e giustiziato l'11 novembre. J. Hope Franklin - A. Moss, From Slavery to Freedom, pp. 164-165.
120 Toussaint L'Overture fu il leader della tenace resistenza haitiana contro l'invasione francese dell'isola di Santo Domingo. Fu catturato per volere di Napoleone dopo che per sei anni guidò il proprio popolo nella battaglia. Nota tratta da J. Hope Franklin- A. Moss, From Slavery to Freedom, pp. 101-102.
121 Si noti l'interessante analogia con il ruolo dei marinai americani nella divulgazione in Germania della propaganda anti-nazista.
122 Stato dell'Africa occidentale, ex colonia francese, che nel novembre del 1975 è stato ribattezzato Repubblica del Benin.
123 Stato indipendente membro del Commonwealth, situato nella sezione più settentrionale dell'America centrale, che nel 1973 assunse il nome di Belize. La completa indipendenza gli fu riconosciuta nel 1981.
124 Ex protettorato britannico nell'Africa sud-orientale attualmente conosciuto come Malawi.
125 Ex colonia britannica dell'Africa australe divenuta stato indipendente nel 1980 col nome di Zambia.
126 Colonia britannica denominata, a partire dal 1957, anno della sua indipendenza, Ghana.
127 Nome attribuito alla Guyana durante la colonizzazione britannica (1831-1966).

128 Cit. in T. Martin, The Pan-African Connection, p. 56.
129 Cit. in T. Martin, Race First, p.96 .

130 Cit. in R. Lewis - P. Bryan, Garvey: His Work and Impact, pp. 189-190.
131 Horace Campbell, Rasta and Resistance, Africa World Press, New Jersey, 1987, p. 51.
132 Conferenza internazionale tenutasi a Berlino tra il 15 novembre 1884 e il 26 febbraio 1885, cui presero parte i delegati di 14 nazioni: Belgio, Danimarca, Norvegia, Svezia, Paesi Bassi, Germania, Austria-Ungheria, Francia, Regno Unito, Portogallo, Spagna, Turchia, Russia e Stati Uniti. A. Brancati Storia 1789-1989, La Nuova Italia, 1989, pp. 296-297.
133 Resoconto di un meeting dell'UNIA, in R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. III, p. 79.
134 M. Garvey, Philosophy and Opinions, p. 24.
135 Theodor Herzl (1860-1904), ungherese di famiglia ebrea, fu il fondatore del sionismo ed esercitò grande influenza sul movimento che portò alla creazione dello stato di Israele. Le ripercussioni dell'affare Dreyfus lo convinsero del fatto che la questione ebraica poteva essere risolta solo con la creazione di una nazione con un proprio territorio. Nel 1896 pubblicò Der Judenstaat (Lo stato ebraico), in cui auspicava la creazione di uno stato ebraico. A tal fine, nel 1897, organizzò il Congresso sionista di Basilea, nel corso del quale, a causa dei suoi legami con la storia ebraica, la Palestina fu scelta quale terra del futuro stato.
136 E. D. Cronon, Black Moses, pp. 199-200.
137 Cit. in E.D. Cronon, Black Moses, p.185.
138 J. Hope Franklin - A.A. Moss, From Slavery to Freedom, p. 397.
139 Cit. in R. Hill, Introduzione a The MG and UNIA papers, vol. I, p. lxxxv.
140 Cit. in E.D. Cornon, Black Moses, p. 185
141 Petizione dell'UNIA alla Società delle Nazioni, in R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. IV, pp. 737-738.
142 Attuale capitale liberiana; la città venne chiamata così in onore del quinto presidente degli Stati Uniti (1817-1825) James Monroe.

143 Cit. in J. Stein, The World of Marcus Garvey, p. 117.
144 Ibid., p. 118.
145 Cit. in J. Stein, The World of Marcus Garvey, p. 119.
146 C. Chrichlow, lettera del 24/6/21 a M. Garvey in R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. III, pp. 485-491.

147 C.Chrichlow, lettera del 24/6/21 a Garvey in R. Hill, The MG and UNIA papers, vol.III, pp.485-491.
148 C.Henry, Lettera del 1/6/21 a O. Thompson in R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. III, p. 504.
149 Anche se adottato ufficialmente solo a partire dal 1948 dopo la vittoria elettorale del Partito nazionalista del Sudafrica, l'utilizzo dell'apartheid - termine che nella lingua afrikaans significa "separazione" e indica la rigida divisione razziale che regolava le relazioni tra la minoranza bianca e la maggioranza non bianca della popolazione e favoriva lo sfruttamento capitalista - cominciò all'inizio del XX secolo applicato esclusivamente alle maestranze di colore utilizzate in lavori manuali non specializzati.


150 L'ANC è il partito attualmente al governo e per anni è stato impegnato nella battaglia per l'abolizione dell'apartheid e di altre forme di discriminazione razziale, nonché per l'instaurazione di una democrazia multietnica. Nel maggio del 1994 vinse le prime elezioni in cui la maggioranza nera ebbe diritto di voto e Nelson Mandela, alla guida del partito, venne eletto presidente.
151 Cit. in T. Martin, The Pan-African Connection, p. 139.
152 Ibid., p. 140.
153 L'organizzazione fu fondata per promuovere la cooperazione tra gli stati africani, il coordinamento delle loro politiche in campo economico, culturale, medico, scientifico e militare, la salvaguardia dell'indipendenza e dell'integrità territoriale dei paesi membri e il processo di decolonizzazione nel continente africano.
154 Cit. in E. D. Cronon, Black Moses, p. 216.
155 Cit. in T. Sewell, Garvey's Children, pp. 75-76.
156 Cit. in T. Sewell, Garvey's Children, p. 77.
157 Touré fu il primo presidente della Guinea che liberò il paese dal dominio coloniale francese.
158 Nnamdi Azikiwe divenne presidente della Nigeria il 1° ottobre 1963 quando il paese che aveva ottenuto l'indipendenza solo nel 1960 adottò la forma di governo repubblicana.

159 E.D. Cronon, Black Moses, p. 198.
160 M. Garvey, The Negro, Communism, Trade Unionism and His (?) Friend in Philosophy and Opinions, pp. 69-70.
161 M. Garvey, The Negro, Communism, Trade Unionism and His (?) Friend in Philosophy and Opinions, pp. 72-73.
162 R. Lewis, Anti-Colonial Champion, p. 151.
163 Programma adottato dalla convenzione del Partito Comunista americano, cit. in P.S. Foner - J. S. Allen, American Communism and Black Americans - A Documentary History 1919-1929, Temple University Press, Filadelfia 1987, p. 3.
164 Denominazione temporaneamente adottata nel 1922 dalla coalizione formata dal CP e dal CLP prima che questa nel 1924 divenisse legalmente riconosciuto come Workers Party.
165 Cit. in T. Martin, Race First, p. 223.
166 Programma e Costituzione del Workers Party of America, cit. in P.S. Foner - J. S. Allen, American Communism and Black Americans, p. 9.
167 Cit. in T. Martin, Race First, p. 221.
168 R. Lewis, Anti-Colonial Champion, p. 137.
169 T. Martin, Race First, p. 223.
170 La Terza Internazionale o Internazionale comunista (Comitern) fu organizzata nel marzo del 1919 da Lenin, il leader bolscevico del nuovo governo sovietico, al fine di diffondere nel mondo il modello russo di conquista rivoluzionaria del potere.
171 John Reed (Portland, Oregon 1887 - Mosca 1920) era un giornalista e rivoluzionario statunitense che, terminati gli studi presso la Harvard University, collaborò con la rivista di orientamento socialista The Masses e con il Metropolitan Magazine, del quale fu corrispondente durante la Rivoluzione messicana. Allo scoppio del primo conflitto mondiale si recò in Europa come inviato di guerra e visitò la Russia dove conobbe personalmente Lenin e fu testimone diretto dei principali eventi della Rivoluzione d'Ottobre, poi narrati nel suo libro più celebre, I dieci giorni che sconvolsero il mondo (1919). Tornato negli Stati Uniti nel 1919, fu espulso dal Partito socialista assieme ad altri compagni, con i quali fondò il Communist Labor Party, attirandosi l'accusa di sedizione. Si rifugiò in URSS, dove morì di tifo l'anno seguente.
172 Discorso di John Reed al II congresso dell'Internazionale Comunista, cit. in S. P. Foner- J. S. Allen, American Communism and Black Americans, p. 8.
173 Cit. in T. Martin, Race First, p. 224.
174 Black Belt è un'espressione utilizzata per indicare un territorio che si estende dalla Georgia al Mississipi, comprendente la parte centrale dell'Alabama. Si è calcolato che nel 1928 l'86% degli afroamericani vivesse nel Sud degli Stati Uniti e che nelle regioni del Black Belt i neri costituissero il 50% dell'intera popolazione.
175 George Padmore è oggi ricordato come uno dei più importanti politici pan-africanisti di tutti i tempi. Egli, nato nel 1901 a Trinidad, andò a studiare negli Stati Uniti dove negli anni Venti si unì al partito comunista americano. In breve tempo si impose all'interno del gruppo dirigente del partito tanto da diventare capo del Negro Bureau of the Communist Trade Union International.
176 Cit. in T. Martin, Race First, p. 228
177 Cit. in T. Martin, Race First, p. 228.
178 M. Garvey, articolo pubblicato sul NW cit. in R. Lewis, Anti-Colonial Champion, p. 149.
179 Cit. in T. Martin, Race First, pp. 252-253.
180 M. Garvey, The Negro, Communism, Trade Unionism and His (?) Friend in Philosophy and Opinions, p. 69.
181 E. D. Cronon, Black Moses, p. 195.
182 L'American Federation of Labor (Federazione americana del lavoro) era la maggior forza sindacale degli Stati Uniti del dopoguerra. Era costituita da una coalizione di sindacati nazionali ed autonomi in cui la direzione centrale non poteva intervenire nelle scelte strategiche e tattiche delle singole associazioni. Ciononostante gli affiliati dell' AFL condividevano un'impostazione generale. Il fondatore della federazione fu Samuel Gompers che ricoprì la carica di presidente fino alla sua morte nel 1924. La AFL, almeno agli inizi, era un raggruppamento di sindacati di mestiere che organizzavano solo operai specializzati. Venne esclusa così la grande massa di donne, neri e immigrati che non svolgevano lavori specializzati. Alcuni sindacati appartenenti all'AFL proibivano l'iscrizioni agli afroamericani e sostenevano pubblicamente la loro inferiorità. M. Sylvers, Sinistra politica e movimento operaio negli Stati Uniti, Liguori, 1984.
183 Risoluzione dell'American Negro Labor Congress pubblicata sul Daily Worker del 27/10/25 inserita nella raccolta edita da P.S.Foner e J.S.Allen, American Communism and Black Americans, p. 117.
184 Vedi National Platform of the Workers Party, 1928 in S.P.Foner e J.S. Allen, American Communism and Black Americans, pp. 144-147.
185 M. Garvey, The Negro, Communism, Trade Unionism and His (?) Friend in Philosophy and Opinions, pp. 69-70.
186 Il National Club ha rappresentato la prima organizzazione politica di stampo nazionalista giamaicana. Era stato creato per porre fine agli abusi del governo coloniale britannico e focalizzava la propria attenzione su problemi quali l'immigrazione di Indiani e Orientali, il sistema giudiziario, l'educazione e il comportamento autocratico tenuto dal governatore dell'isola, Sir Sidney Oliver.

187 William Lloyd Garrison era un abolizionista bianco che si distinse per il suo grande impegno a favore della liberazione degli schiavi. Nel 1831 fondò a Boston il giornale "The Liberator", attraverso il quale promosse la causa antischiavista; nel 1833 fondò a Philadelphia l'American Anti-Slavery Society, che nel 1839 si scisse in due fazioni, quella radicale e quella progressista. I radicali esigevano l'emancipazione immediata degli schiavi, mentre i progressisti ritenevano che l'emancipazione potesse essere raggiunta solo attraverso un'azione di pressione religiosa e politica. J. Hope Franklin - A. A. Moss, From Slavery to Freedom, pp. 193-199.
188 Il Niagara Movement fu fondato nel 1905 da Du Bois ed altri giovani afroamericani i quali, stanchi di vedersi privati dei loro diritti, decisero d'unirsi ed attraverso una politica aggressiva cercare d'ottenere ciò che gli spettava. Fra le altre cose essi domandavano libertà di parola e d'opinione, il suffragio maschile e l'abolizione di qualsiasi distinzione basata sul colore della pelle. J. Hope Franklin - A. A. Moss, From Slavery to Freedom, pp. 350-351-352.
189 Cit. in M. Garvey, Philosophy and Opinions, p. 316.
190 La "clausola del nonno" venne inserita nelle costituzioni degli stati meridionali dopo la guerra civile per impedire ai neri di votare anche dopo l'approvazione del Quindicesimo emendamento. La legge stabiliva che non si aveva diritto di voto se i propri nonni non lo avevano avuto. La Corte Suprema la dichiarò incostituzionale nel 1915.
191 Cit. in T. Martin, Race First, p. 276.
192 Ibid., p. 274.
193 La Young Men's Christian Association (YMCA) o Associazione dei giovani cristiani venne fondata a Londra nel 1844. E' un'organizzazione internazionale tuttora esistente che, nel rispetto dei principi del cristianesimo, promuove iniziative sociali, didattiche e sportive per giovani e adulti. Annovera oggi quasi trenta milioni di soci distribuiti in 110 paesi. Maldwin A. Jones, Storia degli Stati Uniti d'America, p. 304.

194 Charles Mowbray White era un docente universitario che si interessava di socialismo e di movimenti radicali.
195 Articolo di C. M. White del 22/8/20 pubblicato su The Negro citato in R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. II, p. 620.
196 W.E.B. Du Bois, articolo del dicembre 1920 pubblicato su The Crisis citato in Cary D. Wintz, African American Political Thought, p. 123.
197 Ibid., p. 127.
198 Cit. in M. Garvey, Philiosophy and Opinions, p. 310.
199 Ibidem.
200 W.E.B. Du Bois, Articolo pubblicato nel maggio 1924 su The Crisis, citato in Cary D. Wintz, African American Political Thought, p. 129.
201 M. Garvey, Philosophy and Opinions, p. 315.
202 Chandler Owen (1889-1967) era un nero di posizioni socialiste che criticò violentemente la politica di Garvey e dell'UNIA. Nato a Warrenton, North Carolina, nel 1916 incontrò Randolph con il quale allacciò un rapporto di stretta collaborazione. I due lavorarono alla pubblicazion di The Messenger fino a quando Owen nel 1925 abbandonò la politica socialista e pervenne a posizioni più moderate.
203 Intervista con C. Owen e A.P. Randolph in R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. II, pp. 609.
204 Intervista con C. Owen e A.P. Randolph in R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. II, p. 610.
205 A. P. Randolph, Garvey Unfairly Attacked, articolo del 4/4/22 pubblicato su The Messenger citato in Cary D. Winzt, African American Political Thought, p.276.
206 M. Garvey, Philosophy and Opinions, p. 308.
207 M. Garvey, Philosophy and Opinions , p. 309.

208 Gli Industrial Workers of the World (IWW) era un gruppo di idee anarchico-rivoluzionarie fondato a Chicago nel 1905. I Wobblies (come venivano chiamati da un pubblico derisorio quanto preoccupato) rifiutavano ogni forma di azione politica e propugnavano gli scioperi e il sabotaggio come unico strumento di lotta contro i padroni. Fecero numerosi proseliti tra i boscaioli e i lavoratori stagionali agricoli degli stati del Middle West e del Far West, nonché tra gli immigrati impiegati nelle industrie tessili degli stati della costa atlantica. Ciononostante non ebbero mai un seguito molto numeroso. Ottenero anche alcune vittorie ma mancarono dei fondi necessari per portare avanti la loro battaglia. Gli IWW furono le principali vittime dell'isterica ondata antiradicale del primo dopo guerra e del "Terrore Rosso". Maldwin A. Jones, Storia degli Stati Uniti d'America, Bompiani 2001, pp. 284-285.
209 Provvedimento introdotto nel giugno del 1917 in base al quale era reato ostacolare il reclutamento militare o incoraggiare atteggiamenti contrari alla lealtà; richiamandosi a tali norme il ministro delle poste Albert S. Burleson vietò la distribuzione di alcuni periodici radicali. Maldwin A. Jones, Storia degli Stati Uniti d'America, p. 385.
210 Provvedimento introdotto nel maggio del 1918 che limitava la libertà d'espressione prevedendo ad esempio pesanti sanzioni a carico di chiunque tentasse di scoraggiare la vendita dei titoli del prestito di guerra o pronunciasse o pubblicasse frasi sleali, profane o scurrili riguardanti il Governo, la Costituzione, l'esercito o la marina. Maldwin A. Jones, Storia degli Stati Uniti d'America, p. 385.
211 Emma Goldman (Kaunas, Lituania 1869 - Toronto 1940) era un'anarchica russa che, emigrata negli Stati Uniti nel 1885, divenne leader del movimento anarchico insieme al polacco Alexander Berkman. Venne arrestata a New York nel 1893 per i suoi attacchi al governo e per incitamento alla rivolta. Dopo il suo rilascio nel 1894 tenne un ciclo di conferenze in Europa e, tornata negli Stati Uniti, dal 1906 al 1917, pubblicò il mensile anarchico Mother Earth. Nel 1917, insieme a Berkman, venne accusata di cospirazione per aver incitato alla violazione delle leggi statunitensi sul servizio militare obbligatorio e fu condannata a due anni di prigione; al suo rilascio, sempre con Berkman, venne deportata in Unione Sovietica.
212 Memorandum dell'FBI in R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. II, p. 305.
213 Sulla legittimità giuridica del processo gravano però ancora oggi pesanti dubbi.
214 E. D. Cronon, Black Moses, p. 204.
215 E. D. Cronon, Black Moses, p. 203.
216 Organizzazione che ha diffuso la religione islamica negli Stati Uniti fra la popolazione afroamericana. Ha assunto dal 1975 la denominazione di Comunità mondiale dell'Islam, imponendo ai fedeli il vincolo della solidarietà reciproca nella fedeltà comune ai principi etici dell'Islam. L'organizzazione conta circa 100.000 membri. Le istanze d'emancipazione sociale del movimento traggono origine dall'opera del Moorish Science Temple of America (Tempio della sapienza moresca d'America), fondato nel 1913 dal profeta Drew Alì, e dall'UNIA. Alla morte di Alì la guida della comunità fu assunta da Wallace Fard, che nel 1930 fondò a Detroit un tempio, poi divenuto moschea, e gettò le basi della Nazione islamica, ricevendo dai suoi seguaci il titolo di grande madhi dei musulmani neri. Al 1933 risale la fondazione della moschea di Chicago, il cui capo, Elijah Muhammad, assunse la guida dell'intera comunità nel 1934 dopo la misteriosa scomparsa di Fard. Muhammad rimase al vertice del movimento fino alla morte, nel 1975; la sua supremazia fu posta in discussione soltanto negli anni Sessanta da Malcolm X, il capo della moschea di New York, assassinato nel 1965 da sicari appartenenti probabilmente agli ambienti stessi dei Black Muslims.
217 Egli adottò il nome di Malcolm X nel 1952 quando, dopo essere uscito di prigione, aderì al tempio dei Black Muslims di Detroit. Malcolm, come tutti i membri della sua confraternita, sostituì il suo cognome, a suo parere un'eredità dello schiavismo, con una X, a significare il nome sconosciuto dei suoi antenati africani.
218 Malcolm X - J. Haley, Autobiografia di Malcom X, Einaudi 1967, pp. 8-9.
219 Malcolm X - J. Haley, Autobiografia di Malcolm X, p. 379.
220 Malcolm X, cit. in T. Sewell, Garvey's Children, p. 59.
221 Louis Farrakhan è nato nel maggio del 1933 a Roxbury, Massachussetts. Fin da giovane dimostrò un grande talento per la musica che gli permise, appena tredicenne, di suonare il violino con la Boston College Orchestra e la Boston Civic Symphony. Nonostante fosse diventato famoso in tutti gli Stati Uniti per questa sua grande capacità nel febbraio del 1955, dopo aver ascoltato un discorso di Malcolm X, decise abbandonare la carriera di musicista e di convertirsi all'Islam. Da allora egli ha dedicato la sua vita alla predicazione degli insegnamenti del profeta mussulmano Elijah Muhammad ed è diventato, dopo la morte di Malcolm X e Wallace D. Muhammad, il leader indiscusso della Nation of Islam.