Biblioteca Multimediale Marxista


GUERRA CIVILE E RIVOLUZIONE IN SPAGNA


febbraio 2000

 

 

La Spagna agli inizi degli anni trenta

All'inizio degli anni '30 si apre in Spagna una crisi rivoluzionaria di ampie proporzioni, destinata a protrarsi per l'intero decennio e a risolversi più per il rifluire del movimento operaio e contadino che per un'effettiva preponderanza delle forze della reazione. Tuttavia, per oltre cinque anni il movimento rivoluzionario continuerà a creare oggettive situazioni di dualismo di potere, ponendo all'ordine del giorno la questione del socialismo.

Nell'aprile 1931 una forte ondata di lotte nelle campagne e nelle città dà l'ultimo scrollone ad una monarchia agonizzante, nei fatti abbandonata ormai dalle componenti più dinamiche della borghesia. Il regime repubblicano che segue ai moti del '31 non è tuttavia più stabile del precedente. Premuto dalle masse contadine da una parte e dalle esigenze di sviluppo del capitalismo rappresentato dalle forze del radicalismo piccolo borghese dall'altra, il nuovo regime repubblicano è costretto, anche se con mille cautele, a prendere posizione contro la chiesa cattolica, le sue istituzioni, gli infiniti ordini religiosi, il loro enorme patrimonio finanziario e fondiario e contro il ceto dei grandi latifondisti. Il proletariato urbano e agricolo recepisce la caduta della monarchia e i primi timidi provvedimenti di riforma del nuovo regime come una propria vittoria. La repubblica solleva enormi attese di riscatto sociale. Il movimento si allarga ovunque e in modo spontaneo: nelle campagne, nelle fabbriche, nei quartieri proletari delle città industriali nascono le prime forme embrionali di consigli operai e contadini, le juntas. Le rivendicazioni operaie e contadine si fanno sempre più pressanti di contro a un governo, composto da socialisti, radicali e repubblicani, che elude i problemi di fondo ed in particolare evita accuratamente di decidere in merito alla tanto attesa riforma agraria. Nonostante ciò, le forze più conservatrici, agrari e Chiesa cattolica in testa, si sentono minacciate e si adoperano per la restaurazione puntando su gerarchie militari, espressione in prevalenza della borghesia terriera, fanaticamente legate al culto di una presunta "ispanità cattolica", minacciata dall'irrompere della modernità. Già nel '32 viene scoperto un primo tentativo di colpo di stato militare. Il golpe organizzato da un generale in pensione, Sanjuro, si rivela una messinscena da operetta nella tradizione dei pronunciamenti militari propri dei generali spagnoli. Il generale Sanjuro viene arrestato, processato e condannato all'esilio. Ma gli altri generali implicati rimangono ai loro posti. Il tentativo golpista, accantonato in attesa di tempi migliori, ottiene comunque un immediato risultato, spostando a destra gli equilibri politici e frenando ulteriormente la già evanescente volontà riformistica del governo. La borghesia repubblicana inasprisce la repressione nei confronti delle lotte operaie e contadine, tornando a utilizzare come ai tempi della monarchia l'esercito contro i lavoratori. Nel gennaio 1933 a Casas Viejas la Guardia Civil massacra spietamente i braccianti in lotta. La situazione peggiora ulteriormente nel '34, quando nuove elezioni vedono la vittoria delle forze di centrodestra. Il nuovo governo apre decisamente ai latifondisti e alla destra cattolica.Vengono inseriti nel governo alcuni ministri della CEDA, il partito cattolico fondato nei primi anni Trenta che non nasconde le sue simpatie per il fascismo. A Madrid e a Barcellona gli operai scendono in piazza per opporsi a quello che recepiscono come un tradimento delle loro conquiste. Nelle Asturie i minatori insorgono e per alcune settimane controllano la regione. Sarà il generale Francisco Franco, che per questa impresa verrà poi promosso capo di stato maggiore, a reprimere nel sangue la rivolta asturiana. Migliaia di minatori vengono trucidati, decine di migliaia incarcerati, i quartieri operai delle città asturiane messi a ferro e fuoco. È la prova generale di quanto accadrà su scala nazionale due anni più tardi.

Caratteristiche del movimento operaio spagnolo

In questo contesto il movimento operaio spagnolo presenta caratteristiche particolari, che lo differenziano radicalmente dal resto d'Europa, sia per il netto prevalere della organizzazione sindacale sulla forma partito sia per la larga egemonia esercitata dall'anarchismo. Gli anarchici controllano la potente Confederazione Nazionale del Lavoro (CNT), che raggruppa i sindacati operai più numerosi e combattivi. La CNT è anche largamente presente nelle campagne e ispira l'incessante lotta dei contadini contro il latifondo. L'altra organizzazione sindacale di rilievo, l'Unione Generale dei Lavoratori (UGT), la cui influenza andrà rapidamente crescendo nel corso dei primi anni Trenta, si colloca nell'area socialista ed è rigidamente controllata da un apparato burocratico di tendenza riformista. Messi a confronto col movimento sindacale i partiti politici operai rappresentano ben poca cosa. Il partito socialista, senza dubbio il più grosso e il più influente, appare diviso al suo interno in due correnti. La prima , facente capo a Largo Caballero e strettamente legata alla UGT, si caratterizza per un sostanziale riformismo rivestito di un inconcludente massimalismo. La seconda corrente, che fa capo a Prieto, espressione di una piccola borghesia intellettuale, radicale e anticlericale, si dimostra dotata di un maggiore realismo politico che la porterà ad essere la principale alleata del PC e insieme ad esso l'interprete più fedele delle indicazioni di Stalin e del Comintern. Quanto al Partito comunista, fino al '36 e al fronte popolare rappresenta ben poca cosa, sia per l'esiguità dei suoi ranghi sia perché i suoi pochi militanti operai risentono ancora dell'isolamento conseguente alla politica settaria seguita fino al VII congresso dell'internazionale comunista. Dopo la costituzione del fronte popolare il suo ruolo continuerà a crescere fino a diventare dominante negli anni della guerra civile. A sinistra di socialisti e comunisti, opera il Partito Operaio di Unificazione Marxista (POUM), particolarmente radicato nella classe operaia di Madrid e in Catalogna, inizialmente sulle posizioni dell'Opposizione di Sinistra (trotskisti) da cui si era staccato per forti divergenze con Trotskij proprio sulla tattica da seguire nella rivoluzione spagnola.

La politica del Fronte popolare e del PC

All'inizio del '36, a causa di uno scandalo finanziario che coinvolge direttamente il primo ministro Lerroux e buona parte del governo, viene sciolto il parlamento; le nuove elezioni nel febbraio '36 vedono la vittoria del Fronte popolare, costituito dalle sinistre (PSOE e PCE) e dai partiti della democrazia radicale, attorno ad un programma vago e minimalistico, che prevede tuttavia l'amnistia per le decine di migliaia di prigionieri politici. Di fronte alla vittoria elettorale dello schieramento democratico, le forze conservatrici e in primo luogo i militari e la gerarchia cattolica preparano il colpo di stato. I generali operano alla luce del sole, i nomi dei cospiratori sono noti, il golpe è l'argomento di moda nei caffè di Madrid, ma il governo non adotta alcuna misura precauzionale pago del giuramento di fedeltà dei generali felloni. I cospiratori possono così in assoluta tranquillità tessere la tela della congiura, stabilendo accordi con Mussolini e Hitler che si impegnano a fornire armi e sostegno finanziario, con gli esponenti della CEDA che siedono in parlamento e col vecchio generale Sanjuro in esilio a Lisbona. Di fronte all'aperto disegno reazionario dei generali i sindacati operai, in particolare la CNT, chiedono la formazione di milizie popolari. Il governo respinge decisamente la proposta, riconfermando la propria fiducia nella lealtà delle forze armate.

Il 16 luglio 1936 parte la rivolta dei generali. Anche di fronte all'aperta sollevazione il fronte popolare si rifiuta di armare gli operai, i contadini, i militanti delle stesse organizzazioni che lo compongono. Inutilmente l'UGT, il sindacato vicino al PSOE maggiore forza di governo, reclama con insistenza l'armamento generale delle masse. Ancora il 18 luglio, con la rivolta militare in pieno sviluppo, il partito socialista e il partito comunista dichiarano congiuntamente che la situazione è difficile ma non disperata e che il governo è in possesso dei mezzi sufficienti per soffocare il pronunciamento sedizioso senza uscire dalla legalità costituzionale. Il rispetto della legalità democratica è il paravento che mal cela la sostanziale paura delle masse armate, tipica di ogni rappresentanza borghese. In questi due giorni il governo si affatica a trovare un compromesso con i generali rivoltosi per arrivare a una mediazione e ad una ricomposizione pacifica della crisi. È il rifiuto dei franchisti, che approfittano delle esitazioni del governo per conquistare terreno, a rendere inevitabile l'armamento del popolo. E comunque sono gli operai a bloccare il golpe, attaccando, spesso a mani nude, le caserme, recuperando armi, convincendo i soldati di leva a passare dalla parte del popolo dopo aver fucilato gli ufficiali. Dal 19 gli operai armati cominciano a organizzare colonne di miliziani che passano al contrattacco riconquistando parte del territorio caduto sotto il controllo dei franchisti. Il 20 luglio, allo scadere dei quattro giorni programmati dai generali per la conquista di tutta la Spagna, sono in mano ai rivoltosi le colonie, poche città dell'Andalusia occidentale a Sud e una parte della Vecchia Castiglia e del Léon al nord. Ovunque la reazione dei proletari, dei braccianti, dei contadini è stata immediata anche se lasciata alla spontaneità e disorganizzata. È questo l'inizio di un rapido processo rivoluzionario che investe tutta la Spagna. Ovunque si formano comitati rivoluzionari di operai, di braccianti, di contadini che assumono tutto il potere; confiscano terre e le distribuiscono, requisiscono le fabbriche e ne controllano la produzione, formano sotto il loro controllo forze di polizia, aprono e gestiscono nuove scuole. I simboli del vecchio potere, le chiese, le gendarmerie, le sedi dei partiti e dei giornali di destra vengono date alle fiamme, si processano e si giustiziano i fascisti. Un pugno di giorni basta a far esplodere la rabbia immensa del popolo, accumulata in secoli di servaggio. Ma non è una collera cieca, senza prospettive. Forte è la consapevolezza fra le masse della necessità dell'organizzazione del potere proletario. Il governo centrale, che non riesce a star dietro al ritmo incalzante degli avvenimenti, è come se non ci fosse. Tutto il potere è nelle mani di un proletariato in armi fieramente determinato a combattere fino alla fine. Mentre questa potente ondata rivoluzionaria incendia la Spagna, blocca e fa retrocedere il golpe franchista, i dirigenti del PCE, scavalcati da un movimento che nulla hanno fatto per scatenare e che non controllano, ribadiscono con ostinazione che in Spagna non è all'ordine del giorno la presa del potere da parte del proletariato, ma la difesa delle conquiste democratiche garantite dalla vittoria del fronte popolare nelle elezioni del febbraio. Su l'Humanité del 3 agosto fanno scrivere per rassicurare la borghesia spagnola e internazionale: "Il popolo spagnolo non sta combattendo per stabilire la dittatura del proletariato... esso non conosce che uno scopo: la difesa dell'ordine repubblicano nel rispetto della proprietà".

La tattica, apparentemente miope e suicida del PCE, si spiega ampiamente nel quadro più complessivo della strategia staliniana. Per Stalin la questione spagnola si inserisce in un più generale disegno internazionale che tende a privilegiare gli interessi dello Stato russo rispetto a quelli della rivoluzione. L'alleanza con la Francia in funzione antitedesca rappresenta in quegli anni l'asse portante della diplomazia sovietica e a tale obiettivo va sacrificata ogni altra considerazione. Su questo punto Stalin è irremovibile: sia in Francia che in Spagna non si deve in alcun modo uscire dall'ambito di Fronti popolari intesi come ragguppamenti sul piano della democrazia borghese di forze politiche e sociali diverse. In Spagna, poi, va assolutamente evitata ogni accelerazione rivoluzionaria che possa impensierire la borghesia "democratica" di Francia e Inghilterra. Questo ripete incessantemente la stampa del Comintern, per la quale l'azione diretta delle masse è una forzatura "estremistica" che oggettivamente gioca a favore del fascismo, isolando il campo repubblicano. Palmiro Togliatti, nella sua qualità di segretario dell'Internazionale, individua la presunta peculiarità della rivoluzione spagnola nel suo carattere "popolare, nazionale e antifascista". "Noi -dichiara il PCE nell'estate del '36 proprio mentre è più forte la spinta rivoluzionarie delle masse operaie e contadine- non possiamo oggi parlare di rivoluzione proletaria in Spagna, poichè le condizioni storiche non lo consentono. Noi desideriamo solo lottare per una repubblica democratica con un contenuto sociale esteso. Non può essere questione oggi, né di dittatura del proletariato né di socialismo, ma soltanto di lotta della democrazia contro il fascismo". Il governo repubblicano, diretto dal moderato José Giral, evita così accuratamente di prendere tutte quelle decisioni che, come la proclamazione dell'indipendenza del Marocco o una radicale riforma agraria, avrebbero costituito un potente elemento di sfaldamento delle truppe controrivoluzionarie, in gran parte composte di soldati marocchini, oltre che a portare la rivoluzione nelle retrovie franchiste.

La guerra civile

Fin dai primi giorni la rivolta dei generali comincia a ricevere consistenti aiuti materiali da Hitler e da Mussolini, grazie ai quali riesce rapidamente a superare le difficoltà impreviste dovute agli insuccessi militari e al mancato appoggio della marina che è rimasta fedele alla repubblica. Le truppe more e la legione straniera che dovevano essere trasportate via mare in Spagna rimangono bloccate in Marocco; ma già nel mese di luglio un ponte aereo organizzato dai nazi-fascisti garantisce l'afflusso di queste truppe nel territorio spagnolo occupato dai rivoltosi. Rapidamente Franco può riorganizzare il suo schieramento e rilanciare con forze fresche l'offensiva verso Madrid. Il governo repubblicano è costretto a chiedere aiuto: si rivolge al governo di fronte popolare in Francia, presieduto dal socialista Léon Blum. Ma senza esito. Dopo consultazioni con gli inglesi, il governo francese dichiara di auspicare una politica di non-intervento, limitandosi ad una inconcludente azione di pressione diplomatica su Italia e Germania perchè anche le due potenze fasciste si astengano dall'intervenire apertamente in Spagna. L'URSS stessa esita. Fornire a luglio-agosto del '36 armi alla Spagna repubblicana significa irrobustire il potere del popolo in armi; il governo ufficiale non ha alcun potere, non dispone di un esercito regolare o di forze di polizia. Stalin non vuole una rivoluzione in Spagna, gli aiuti verranno concessi col contagocce e sempre mirando a irrobustire lo Stato borghese e il governo. Gli aiuti dell'URSS arriveranno e saranno pagati in oro, circa i 2/3 dell'intera riserva aurea dello stato spagnolo, non appena si profilerà una rottura dell'equilibrio fra masse e governo centrale, a favore di quest'ultimo, e quindi un principio di restaurazione. Gli aiuti sovietici sono preceduti da vari emissari dell'IC e infine da una delegazione ufficiale che stabilirà i termini dell'accordo: oltre a forniture di armi e viveri arriveranno dall'URSS tecnici militari e agenti della Ghepeu col compito, questi, di riorganizzare i servizi di polizia. Il governo Giral non ha alcuna autorità e influenza presso i proletari o i contadini per convincerli a smobilitare le strutture di potere autonome e non ha la forza materiale per farlo. Ai suoi ripetuti tentativi di sciogliere ora questo ora quel Comitato si erano opposte tutte le organizzazioni operaie, eccetto il PC. Durante i due mesi dell'estate '36 il PC si conquista con l'appoggio dato al governo Giral, la fiducia e la stima di tutte le componenti borghesi del fronte popolare, dai repubblicani ai socialisti di destra. Esso si afferma, malgrado continui ad essere una forza minoritaria all'interno del fronte popolare, come il garante più sicuro della restaurazoine del potere statale, come la forza che più di tutti crede nella continuità del potere borghese. Questo ruolo di gendarme a baluardo della democrazia borghese verrrà accresciuto dal peso che avranno nella vita politica della repubblica gli aiuti e l'assistenza sovietica. Prima ancora dell'arrivo della delegazione diplomatica russa, è il PCE, ormai controllato e diretto dagli emissari dell'IC, tra cui Togliatti, la chiave di volta della politica governativa: su iniziativa sua si procede all'inizio di settembre del '36 a un rimpasto ministeriale che porta alla formazione del governo Caballero. Esso sarà composto da esponenti di tutte le forze politiche del fronte popolare e dell'UGT e da novembre anche gli anarchici della CNT vi saranno inclusi.

Il governo Caballero

Col governo Caballero si avvia e si porta a compimento la prima tappa della restaurazione: l'eliminazione della situazione di dualismo di potere e l'accentramento del potere nelle mani dell'apparato statale centrale. Quest'opera viene realizzata quasi in maniera indolore; nel governo sono presenti tutte le forze che dirigono i comitati e i poteri locali, e queste presentano l'operazione di smantellamento delle strutture del potere proletario come dovuta alla necessità di centralizzazione delle conquiste e della direzione della rivoluzione. Gran parte dei comitati vengono sciolti o si trasformano in mere rappresentanze locali del potere centrale controllate direttamente da questo. Nelle fabbriche viene posta fine a ogni forma di controllo e di "autogestione" delle officine: gli orari di lavoro aumentano e i salari scendono di un terzo rispetto al '34-35. Nelle campagne le terre dei latifondisti stranieri o fedeli alla repubblica vengono restituite ai legittimi proprietari; si blocca in ogni regione la spinta alla collettivizzazione; le milizie armate vengono irregimentate sotto il controllo di commissari governativi, sono reintrodotti i gradi militari e le differenze di paga; si da inizio ai primi tentativi di ricostituire un esercito regolare borghese organizzando centralmente il reclutamento di leva; i reparti di polizia sotto il controllo dei comitati vengono sciolti e sostituiti progressivamente da un apparato di polizia sotto il controllo del ministro degli Interni, inquadrato da "esperti" sovietici.

La "rivolta" di Barcellona

A Barcellona nel maggio '37 il governo sferra l'ultimo attacco al potere proletario che da quella città controlla ancora di fatto il sistema di telecomunicazioni dell'intero paese. I proletari di Barcellona scendono spontaneamente in piazza, respingono le forze di polizia e per quattro giorni erigono barricate, in difesa del potere dei consigli operai. E' l'ultimo vero tentativo rivoluzionario, ma questa volta la direzione del movimento è ancora più debole: solo il POUM, estromesso dalla coalizione governativa, approva e appoggia il movimento; CNT e FAI non prendono apertamente posizione. Il governo ha mano libera nella repressione. Dopo i fatti di Barcellona la repressione colpisce con estrema violenza trotskisti, poumisti, anarchici e più in generale chiunque sia sospettato di simpatizzare per la sinistra rivoluzionaria. Il POUM viene posto fuori legge, i suoi dirigenti arrestati e condannati a pesanti pene per tradimento. Andrés Nin, leader storico del partito e del movimento operaio spagnolo, viene sequestrato e dopo atroci torture assassinato perchè rifiuta di confessare sul modello dei processi di Mosca. La polizia segreta russa ha in Spagna un'organizzazione efficiente, con proprie prigioni segrete, e gode di assoluta libertà d'azione. I rivoluzionari sono oggetto di una caccia implacabile. Molti spariscono senza lasciare traccia come l'austriaco Kurt Landau o il segretario di Trotskij, Erwinn Wolff. Di altri vengono ritrovati i corpi crivellati di pallottole, come nel caso degli anarchici italiani Berneri e Barbieri.

La sconfitta della rivoluzione

La normalizzazione della spagna repubblicana apre inevitabilmente la strada alla sconfitta anche sul piano militare. Lo svuotamento radicale delle conquiste della rivoluzione ha come immediata conseguenza la smobilitazione generale. Pochi giorni prima di essere assassinato, Camillo Berneri aveva scritto che il "dilemma guerra o rivoluzione" non aveva alcun senso e che il solo vero dilemma era "o la vittoria su Franco grazie alla guerra rivoluzionaria, o la sconfitta". Privato del suo contenuto sociale, il conflitto diventa sempre più un confronto puramente militare fra la repubblica allo stremo e le armate franchiste massicciamente appoggiate da Hitler e Mussolini. I comunisti sono i più decisi perchè si passi rapidamente dalla guerra di popolo ad una guerra classica condotta secondo le regole dell'arte militare. Forti del controllo sugli aiuti sovietici, ormai unica fonte di sopravvivenza della repubblica, il PCE alleato ai socialisti di destra determina la caduta del governo Caballero, considerato troppo movimentista, e la formazione di una nuova coalizione diretta da Juan Negrín. In pochi mesi Negrin liquida le residue milizie operaie e contadine, scioglie con la forza i comitati di villaggio dell'Aragona. La repubblica lentamente agonizza, lacerata da lotte intestine, priva del sostegno delle masse popolari, ormai demoralizzate e deluse. A partire dall'estate del '37 la guerra si trasforma in un lento stillicidio di sconfitte. Lentamente, ma inesorabilmente le truppe franchiste assumono il controllo del paese. Nel mese di giugno cade Bilbao, in ottobre tutto il nord, nel febbraio 1938 l'Aragona. Il 26 gennaio 1939 Barcellona cade nelle mani dei franchisti, il 28 marzo i fascisti entrano a Madrid, il 1 aprile tutte le potenze, eccetto l'URSS, riconoscono il governo di Franco.

Bilancio di una sconfitta

Di fronte alla tragedia spagnola molti dei protagonisti e degli storici si sono arrampicati sugli specchi per giustificare la politica del Partito comunista, sostenendo la tesi che non si poteva dividere il fronte repubblicano di fronte all'attacco franchista. I più smaliziati sull'esempio di Togliatti, che come segretario dell'IC porta gravissime responsabilità nel disastro spagnolo e nella repressione dei movimenti rivoluzionari, hanno sostenuto che si trattava di consolidare la prima fase della rivoluzione, quella democratica e che il passaggio alla seconda, quella sociale, sarebbe stato prematuro e distruttivo anche perchè la Spagna repubblicana aveva bisogno dell'appoggio esterno e nessun paese sarebbe stato disposto a fornire aiuti a un governo rivoluzionario. In realtà, è proprio l'arresto del processo rivoluzionario, la separazione meccanica ed astratta della lotta democratica dalla battaglia per il socialismo, a isolare la Spagna, a impedire il consolidamento delle conquiste democratiche, a dare nuova forza e impulso alla spinta delle masse verso forme sempre più avanzate di gestione consiliare del potere. Sciolto il rapporto che lega le masse alla rivoluzione, restaurato lo stato borghese, trasformata la guerra rivoluzionaria nel conflitto di due eserciti regolari, i lavoratori perdono ogni identificazione con gli obiettivi della lotta. L'esperienza spagnola dimostra che l'ondata rivoluzionaria ha bisogno di essere di continuo alimentata e spinta in avanti, legando indissolubilmente e sempre più stabilmente gli interessi immediati delle masse proletarie a quelli della rivoluzione. Se questo legame viene reciso l'ondata rivoluzionaria si esaurisce per rifluire nell'apatia e nel disincanto. E' l'intera esperienza del movimento operaio di questo secolo a confermare questa lezione. In Spagna, ma anche nella Francia del fronte popolare, così come nell'Italia del 1945-48 o nel Cile di Salvador Allende, l'abbandono da parte dei comunisti di una chiara posizione di classe, l'appoggio o addirittura l'entrata nei governi della borghesia in nome di un presunto "realismo" ha sempre determinato conseguenze catastrofiche per il movimento operaio.