Biblioteca Multimediale Marxista
L' illuminismo é l' uscita dell' uomo dallo stato di
minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità é
l' incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un
altro. Imputabile a se stessi é questa minorità se la causa di
essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione
e del coraggio di servirsi del proprio intelletto senza essere guidati da un
altro. Sapere aude ! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza
! - é dunque il motto dell' illuminismo. La pigrizia e la viltà
sono le cause per cui tanta parte degli uomini, dopo che la natura li ha da
lungo tempo affrancati dall' eterodistinzione ( naturaliter maiorennes ), tuttavia
rimangono volentieri minorenni per l' intera vita; e per cui riesce tanto facile
agli altri erigersi a loro tutori. E' tanto comodo essere minorenni ! Se ho
un libro che pensa per me,un direttore spirituale che ha coscienza per me, un
medico che decide per me sulla dieta che mi conviene, ecc., io non ho più
bisogno di darmi pensiero da me. Purchè io sia in grado di pagare, non
ho bisogno di pensare: altri si assumeranno per me questa noiosa occupazione.
A far sì che la stragrande maggioranza degli uomini ( e con essi tutto
il bel sesso ) ritenga il passaggio allo stato di maggiorità, oltrechè
difficile, anche molto pericoloso, provvedono già quei tutori che si
sono assunti con tanta benevolenza l' alta sorveglianza sopra costoro. Dopo
averli in un primo tempo istupiditi come fossero animali domestici e aver accuratamente
impedito che queste pacifiche creature osassero muovere un passo fuori dal girello
da bambini in cui le hanno imprigionate, in un secondo tempo mostrano ad esse
il pericolo che le minaccia qualora tentassero di camminare da sole. Ora questo
pericolo non é poi così grande come loro si fa credere , poichè
a prezzo di qualche caduta essi alla fine imparerebbero a camminare: ma un esempio
di questo genere rende comunque paurosi e di solito distoglie la gente da ogni
ulteriore tentativo. E' dunque difficile per ogni singolo uomo districarsi dalla
minorità che per lui é diventata pressochè una seconda
natura. E' giunto perfino ad amarla, e attualmente é davvero incapace
di servirsi del suo proprio intelletto, non essendogli mai stato consentito
di metterlo alla prova. Regole e formule, questi strumenti meccanici di un uso
razionale o piuttosto di un abuso delle sue disposizioni naturali, sono i ceppi
di una eterna minorità. Anche chi da essi riuscisse a sciogliersi, non
farebbe che un salto malsicuro sia pure sopra i più angusti fossati,
poichè non sarebbe allenato a siffatti liberi movimenti. Quindi solo
pochi sono riusciti, con l' educazione del proprio spirito, a districarsi dalla
minorità e tuttavia a camminare con passo sicuro. Che invece un pubblico
si illumini da sè é cosa maggiormente possibile; e anzi, se gli
si lascia la libertà, é quasi inevitabile. In tal caso infatti
si troveranno sempre, perfino fra i tutori ufficiali della grande folla, alcuni
liberi pensatori che, dopo aver scosso da sè il giogo della tutela, diffonderanno
il sentimento della stima razionale del proprio valore e della vocazione di
ogni uomo a pensare da sè. V' é a riguardo il fenomeno singolare
che il pubblico, il quale in un primo tempo é stato posto da costoro
sotto quel giogo, li obbliga poi esso stesso a rimanervi, non appena abbiano
a ciò istigato quelli tra i suoi tutori che fossero essi stessi incapaci
di ogni lume. Seminare pregiudizi é tanto pericoloso, proprio perchè
essi finiscono per ricadere sui loro autori o sui predecessori dei loro autori.
Perciò il pubblico può giungere al rischiaramento solo lentamente.
Forse una rivoluzione potrà sì determinare l' affrancamento da
un dispotismo personale e da un' oppressione avida di guadagno o di potere,
ma mai una vera riforma del modo di pensare. Al contrario: nuovi pregiudizi
serviranno al pari dei vecchi a mettere le dande alla gran folla di coloro che
non pensano. Senonchè a questo rischiaramento non occorre altro che la
libertà ; e precisamente la più inoffensiva di tutte le libertà
, qyella cioè di fare pubblico uso della propria ragione in tutti i campi
. Ma da tutte le parti odo gridare : ma non ragionate ! L' ufficiale dice :
non ragionate , ma fate esercitazioni militari ! L' intendente di finanza :
non raginate , ma pagate ! L' ecclesiastico : non ragionate , ma credete ! (C'
è solo un unico signore al mondo che dice : ragionate quanto volete e
su tutto ciò che volete , ma obbedite !) Qui v' è , dovunque ,
limitazione della libertà ! Ma quale limitazione è d' ostacolo
all' illuminismo , e quale non lo è , anzi lo favorisce ? Io rispondo
: il pubblico uso della propria ragione deve essere libero in ogni tempo , ed
esso solo può attuare il rischiaramento tra gli uomini ; invece l' uso
privato della ragione può assai di frequente subire strette limitazioni
senza che il progresso del rischiaramento ne venga particolarmente ostacolato
. Intendo per uso pubblico della propria ragione l' uso che uno ne fa, come
studioso , davanti all' intero pubblico dei lettori . Chiamo invece uso privato
della ragione quello che ad un uomo è lecito farne in un certo ufficio
o funzione civile di cui egli è investito . Ora per molte operazioni
che attengono all' interesse della comunità è necessario un certo
meccanismo , per cui alcuni membri di essa devono comportarsi in modo puramente
passivo onde mediante un' armonia artificiale il governo induca costoro a concorrere
ai fini comuni o almeno a non contrastarli . Qui ovviamente non è consentito
ragionare , ma si deve obbedire . Ma in quanto nello stesso tempo questi membri
della macchina governativa considerano se stessi come membri di tutta la comunità
e anzi della società cosmopolitica , e si trovano quindi nella qualità
di studiosi che con gli scritti si rivolgono a un pubblico nel senso proprio
della parola , essi possono certamente ragionare senza ledere con ciò
l'attività cui sono adibiti come membri parzialmente passivi . Così
sarebbe assai pernicioso che un ufficiale , cui fu dato un ordine dal suo superiore
, volesse in servizio pubblicamente ragionare sull' opportunità e utilità
di questo ordine : egli deve obbedire . Ma è iniquo impedirgli in qualità
di studioso di fare le sue osservazioni sugli errori commessi nelle operazioni
di guerra e di sottoporle al giudizio del suo pubblico . Il cittadino non può
rifiutarsi di pagare i tributi che gli sono imposti ; e un biasimo inopportuno
di tali imposizioni , quando devono essere da lui eseguite , può anzi
venir punito come uno scandalo (poichè potrebbe indurre a disubbidienze
generali) . Tuttavia costui non agisce contro il dovere del cittadino se , come
studioso manifesta apertamente il suo pensiero sulla sconvenienza o anche sull'
ingiustizia di queste imposizioni . Così un ecclesiastico é tenuto
a insegnare il catechismo agli allievi e alla sua comunità religiosa
secondo il credo della Chiesa da cui dipende , perchè a questa condizione
egli é stato assunto : ma come studioso egli ha piena libertà
e anzi il compito di comunicare al pubblico tutti i pensieri che un esame severo
e benintenzionato gli ha suggerito circa i difetti di quel credo , nonchè
le sue proposte di riforma della religione e della Chiesa . In ciò non
v' é nulla di cui la coscienza possa venir incolpata . Ciò che
egli insegna in conseguenza del suo ufficio , come funzionario della Chiesa
, egli infatti lo espone come qualcosa intorno a cui non ha libertà di
insegnare secondo le sue proprie idee , ma che ha il compito di insegnare secondo
le istruzioni e nel nome di un altro . Egli dirà : la nostra Chiesa insegna
questo e quello , e queste sono le prove di cui essa si vale . Tutta l' utilità
pratica che alla sua comunità religiosa può derivare , egli dunque
la ricaverà da principi che egli stesso non sottoscriverebbe con piena
convinzione , ma al cui insegnamento può comunque impegnarsi perchè
non é affatto impossibile che in essi non si celi qualche velata verità
, e in ogni caso , almeno , non si riscontra in essi nulla che contraddica alla
religione interiore . Se invece credesse di trovarvi qualcosa che vi contraddica
, egli non potrebbe esercitare la sua funzione con coscienza ; dovrebbe dimettersi
. L' uso che un insegnante ufficiale fa della propria ragione davanti alla sua
comunità religiosa é dunque solo un uso privato ; e ciò
perchè quella comunità , per quanto grande sia , é sempre
soltanto una riunione domestica ; e sotto questo rapporto egli , come prete
, non é libero e non può neppure esserlo , poichè esegue
un incarico che gli viene da altri . Invece come studioso che parla con gli
scritti al pubblico propriamente detto , cioè al mondo , dunque come
ecclesiastico nell' uso pubblico della propria ragione , egli gode di una libertà
illimitata di valersi della propria ragione e di parlare in persona propria
. Che i tutori del popolo ( nelle cose spirituali ) debbano a loro volta rimanere
sempre minorenni , é un' assurdità che tende a perpetuare le assurdità
. Ma una società di ecclesiastici , ad esempio un' assemblea chiesastica
o una venerabile "classe" (come essa si autodefinisce presso gli olandesi),
avrebbe forse il diritto di obbligarsi per giuramento a un certo credo religioso
immutabile , per esercitare in tal modo sopra ciascuno dei suoi membri , e attraverso
essi sul popolo , una tutela continua , e addiritura per rendere eterna questa
tutela ? Io dico che ciò è affatto impossibile . Un tale contratto
, teso a tener lontana l' umanità per sempre da ogni progresso nel rischiaramento
, è irrito e nullo in maniera assoluta , foss' anche che a sancirlo siano
stati il potere sovrano , le Diete imperiali e i più solenni trattati
di pace . Nessuna epoca può collettivamente impegnarsi con giuramento
a porre l' epoca successiva in una condizione che la metta nell' impossibilità
di estendere le sue conoscenze (soprattutto se tanto necessarie) , di liberarsi
dagli errori e in generale di progredire nel rischiaramento . Ciò sarebbe
un crimine contro la natura umana , la cui originaria destinazione consiste
proprio in questo progredire ; e quindi le generazioni successive sono perfettamente
legittimate a respingere quelle convenzioni come non autorizzate ed empie .
La pietra di paragone di tutto ciò che può imporsi come legge
a un popolo stà nel quesito se un popolo possa imporre a se stesso una
tale legge . Ciò sarebbe sì una cosa possibile , per così
dire in attesa di una legge migliore e per un breve tempo determinato , al fine
di introdurre un certo ordine , ma purchè nel frattempo si lasci libero
ogni cittadino , soprattutto l' uomo di Chiesa , di fare sui difetti dell' istituzione
vigente le sue osservazioni pubblicamente , nella sua qualità di studioso
, cioè mediante i suoi scritti ; e ciò mentre l' ordinamento costituito
resterà pur sempre in vigore fino a che le nuvole vedute in questa materia
non abbiano raggiunto nel pubblico tanta diffusione e credito che i cittadini
, con l' unione dei loro voti (anche se non di tutti) , siano in grado di presentare
al vostro sovrano una proposta tesa a proteggere quelle comunità che
fossero d' accordo per un mutamento in meglio della costituzione religiosa secondo
le loro idee , e senza pregiudizio per quelle comunità che invece intendessero
rimanere nell'antica costituzione . Ma concertarsi per mantenere in vigore ,
foss' anche per la sola durata della vita di un uomo , una costituzione religiosa
immutabile che nessuno possa pubblicamente porre in dubbio , e con ciò
annullare per così dire una fase cronologica del cammino dell' umanità
verso il suo miglioramento e rendere questa fase sterile e per ciò stesso
forse addirittura dannosa alla posterità , e questo non è assolutamente
lecito . Un uomo può sì per la propria persona , e anche in tal
caso solo per un certo tempo , differire di illuminarsi su ciò che egli
stesso è tenuto a sapere ; ma rinunciarvi per sé e più
ancora per la posterità , significa violare e calpestare i sacri diritti
dell' umanità . Ora ciò che neppure un popolo può decidere
circa se stesso , lo può ancora meno un monarca circa il popolo , infatti
il suo prestigio legislativo si fonda precisamente sul fatto che nella sua volontà
egli riassume la volontà generale del popolo . Purchè egli badi
che ogni vero o presunto miglioramento non contrasti con l' ordinamento civile
, egli non può per il resto che lasciare i suoi sudditi liberi di fare
quel che credono necessario per la salvezza della loro anima . Cio' non lo riguarda
affatto , mentre quel che lo riguarda è di impedire che l' uno ostacoli
con la violenza l' altro nell' attività che costui , con tutti i mezzi
che sono in suo potere , esercita in vista dei propri fini e per soddisfare
le proprie esigenze . Il monarca reca detrimento alla sua stessa maestà
se si immischia in queste cose ritenendo che gli scritti nei quali i suoi sudditi
mettono in chiaro le loro idee siano passibili di controllo da parte del governo
: sia ch' egli faccia ciò invocando il proprio intervento autocratico
ed esponendosi al rimprovero che Caesar non est supra grammaticos , sia , e
a maggior ragione , se egli abbassa il suo potere supremo tanto da sostenere
il dispotismo spirituale di qualche tiranno nel suo Stato contro tutti gli altri
suoi sudditi . Se ora si domanda : viviamo noi attualmente in un' età
illuminata ? allora la risposta é : no , bensì in un' età
di illuminismo . Che nella situazione attuale gli uomini presi in massa siano
già in grado , o anche solo possano essere posti in grado di valersi
sicuramente e bene del loro proprio intelletto nelle cose della religione ,
senza la guida d' altri , é una condizione da cui siamo ancora molto
lontani . Ma che ad essi , adesso , sia comunque aperto il campo per lavorare
ed emanciparsi verso tale stato , e che gli ostacoli alla diffusione del generale
rischiaramento o all' uscita dalla minorità a loro stessi imputabile
a poco a poco diminuiscano , di ciò noi abbiamo invece segni evidenti
. A tale riguardo quest' età é l' età dell' illuminismo
, o il secolo di Federico . Un principe che non crede indegno di sè dire
che considera suo dovere non prescrivere nulla agli uomini nelle cose di religione
, ma lasciare loro in ciò piena libertà , e che quindi respinge
da sè anche il nome orgoglioso della tolleranza , é egli stesso
illuminato e merita dal mondo e dalla posterità riconoscenti di esser
lodato come colui che per primo emancipò il genere umano dalla minorità
, almeno da parte del governo , e lasciò libero ognuno di valersi della
sua propria ragione in tutto ciò che é affare di coscienza . Sotto
di lui venerandi ecclesiastici , senza pregiudizio del loro dovere d' ufficio
, possono liberamente e pubblicamente , in qualità di studiosi , sottoporre
all' esame del mondo i loro giudizi e le loro vedute che qua e là deviano
dal credo tradizionale ; e tanto più può farlo chiunque non é
limitato da un dovere d' ufficio . Questo spirito di libertà si estende
anche verso l' esterno , perfino là dove esso deve lottare contro ostacoli
esteriori suscitati da un governo che fraintende se stesso . Il governo infatti
ha comunque davanti agli occhi un fulgido esempio che mostra che nulla la pace
pubblica e la concordia della comunità hanno da temere dalla libertà
. Gli uomini si adoperano da sè per uscire a poco a poco dalla barbarie
, purchè non si ricorra ad artificiosi strumenti per mantenerli in essa
. Ho posto particolarmente nelle cose di religione il punto culminante del rischiaramento
, cioè dall' uscita dell' uomo dallo stato di minorità che egli
deve imputare a se stesso ; riguardo alle arti e alle scienze , infatti , i
nostri reggitori non hanno alcun interesse a esercitare la tutela sopra i loro
sudditi . Inoltre la minorità in cose di religione é fra tutte
le forme di minorità la più dannosa ed anche la più umiliante
. Ma il modo di pensare di un sovrano che favorisce quel tipo di rischiaramento
va ancora oltre , poichè egli vede che perfino nei riguardi della legislazione
da lui statuita non si corre pericolo a permettere ai sudditi da fare uso pubblico
della loro ragione e di esporre pubblicamente al mondo le loro idee sopra un
migliore assetto della legislazione stessa , perfino criticando apertamente
quella esistente . Abbiamo in ciò un fulgido esempio , e anche in ciò
nessun monarca ha superato quello che noi veneriamo . Ma é pur vero che
solo chi , illuminato egli stesso , non ha paura delle ombre e contemporaneamente
dispone a garanzia della pubblica pace di un esercito numeroso e ben disciplinato
, può enunciare ciò che invece una repubblica non può arrischiarsi
a dire : ragionate quanto volete e su tutto ciò che volete ; solamente
obbedite ! Si rivela qui uno strano inatteso corso delle cose umane ; come del
resto anche in altri casi , a considerare questo corso in grande , quasi tutto
in esso appare paradossale . Un maggiore grado di libertà civile sembra
favorevole alla libertà dello spirito del popolo , epperò pone
ad essa limiti invalicabili ; un grado minore di libertà civile , al
contrario , offre allo spirito lo spazio per svilupparsi con tutte le sue forze
. Se dunque la natura ha sviluppato sotto questo duro involucro il germe di
cui essa prende la più tenera cura , cioè la tendenza e vocazione
al libero pensiero , questa tendenza e vocazione gradualmente reagisce sul modo
di sentire del popolo ( per cui questo , a poco a poco , diventa sempre più
capace della libertà di agire ) , e alla fine addirittura sui principi
del governo il quale trova che é nel proprio vantaggio trattare l' uomo
, che ormai é più che una macchina , in modo conforme alla di
lui dignità .
Königsberg in Prussia , 30 settembre 1784