Biblioteca Multimediale Marxista


Internazionalismo proletario: I nodi vengono al pettine! (1968)


 

La Russia e i paesi del patto di Varsavia invadono Cecoslovacchia. I borghesi gridano: ecco il vero volto del comunismo! I partiti revisionisti restano sorpresi ed esprimono il loro "dissenso e grave riprovazione" per il fatto che un paese socialista ha guidato l’invasione contro un paese fratello.

I BORGHESI VOGLIONO SCREDITARE IL COMUNISMO, I REVISIONISTI SI ERGONO A DIFENSORI DEL COMUNISMO: IN REALTA’ LO UCDONO TUTTI E DUE.

La questione è che non si tratta né di paesi socialisti, né di paesi fratelli. In URSS e in Cecoslovacchia, non c’è il socialismo. Prima di tutto il potere politico non è in mano alle masse, ma in mano a potenti apparati di burocrati privilegiati. Il potere popolare fondato sui Soviet, organizzazione politica di base in cui le masse decidono direttamente le scelte politiche generali, non esiste più in Russia, non è mai esistito in Cecoslovacchia. In URSS come in Cecoslovacchia, le masse sono sfruttate e oppresse; la loro partecipazione è richiesta solo come appoggio alle decisioni prese dai vertici, come capita ogni volta che ai vecchi burocrati incompetenti e autoritari, si sostituisce una nuova leva di tecnici "competenti". Da questo rinnovamento, avvenuto in URSS prima, e in Cecoslovacchia ora, quali sono i vantaggi venuti alle masse?

- Maggiore autonomia e libertà per chi dirige le fabbriche. Libertà cioè di sfruttare meglio gli operai, per mezzo dei tradizionali strumenti propri del capitalismo: multe, cottimi, "regolamenti interni" che come ben sappiamo, sono strumenti che servono per farci sfruttare da soli, e per dividerci e diminuire la nostra forza.

- Autonomia di commerciare tranquillamente in mano d’opera, trasferendola da una zona all’altra, importando ed esportando uomini come una qualsiasi merce (la Polonia "esporta" già da tempo manodopera nella Germania dell’Est, la Cecoslovacchia, grazie alla "democratizzazione", si preparava ad importarne dalla Jugoslavia).

- MINOR POTERE PER CHI LAVORA. Minor potere perché questa "borghesia rossa" organizza la società secondo i propri interessi, che sono quelli di conservare e accrescere il proprio potere e i propri privilegi: aumenta i dislivelli salariali tra tecnici e burocrati da una parte e operai dall’altra (arrivano anche al rapporto di 1 a 20); attribuisce per sé i privilegi crescenti nella vita civile (posizione sociale, ereditarietà del posto, automobili, ville e vacanze sul Mar Nero); nelle scuole seleziona i propri successori, adottando gli stessi metodi di selezione che ci sono nelle nostre scuole: gli allievi vanno avanti per un presunto merito che non è altro che la possibilità economica e culturale della famiglia, cosicché, e le statistiche lo chiariscono bene, il risultato finale è che una percentuale altissima (circa l’83%) dei figli dei lavoratori non riesce a raggiungere i gradi superiori dell’istruzione.

E allora che rapporti ci possono essere tra paesi governati da questa nuova specie di sfruttatori? L’Unione Sovietica ha instaurato rapporti di sfruttamento coloniale con i paesi dell’Est: COMPRA A BASSO PREZZO E VENDE A PREZZO ELEVATO, impone una politica di divisione dei compiti produttivi, specializzati paese per paese, in maniera da poterne importare le eccedenze, e riservando per sé i rami più redditizi. Così ad esempio, la Cecoslovacchia, specializzata nell’industria pesante, produceva molte locomotive in più di quanto fosse necessario per il suo bisogno, e che andavano a finire in Russia a prezzi ribassati, mentre era costretta ad acquistare dall’URSS i beni di consumo necessari ai bisogni interni, ma a prezzi rialzati. Questi dunque i "fraterni" rapporti tra URSS e Cecoslovacchia. Di fronte a questa situazione, la nuova classe dei tecnici ceki, che ha sostituito la vecchia classe burocratica "fedele" a Mosca, seguendo il criterio del massimo profitto, ha preteso di porre i rapporti con l’Unione Sovietica su un piano di parità, cercando cioè, di rendere autonomo il ruolo della economia cecoslovacca, e di assumere una posizione competitiva nel mercato capitalistico internazionale. Le misure necessarie, secondo gli innovatori, erano: rammodernamento delle strutture, diversificazione della produzione, per potersi sganciare dalla servitù imposta della dipendenza, per molti prodotti, dalle forniture sovietiche; concessione ai dirigenti di fabbrica di una "larga libertà" cioè di dominio assoluto, nell’ambito delle aziende. Per realizzare questi programmi, i dirigenti del nuovo corso, intendevano, se possibile, valersi dell’aiuto di Mosca, non rinunciando però, in caso contrario, ai prestiti occidentali, che consentivano pure un allargamento di mercato e la possibilità di più stretti contatti con il mondo capitalista. Ma in questo modo anche il ruolo del partito doveva subire una revisione: diventava un insieme di consiglieri di uno stato governato con l’aiuto della nuova classe privilegiata dei tecnocrati. Questo allargamento concedeva alcune libertà formali e dava la possibilità ai nuovi dirigenti di divulgare le idee innovatrici, denunciando lo stato di servitù precedente. A questo punto i russi sono corsi a salvare il loro patrimonio "socialista". Paladini e difensori di un "socialismo in pericolo" hanno aperto le ostilità facendo fuoco e fiamme contro i pericoli che misure, quali la libertà di stampa, l’abolizione della censura ecc. potevano comportare, mentre in realtà ciò che li aveva fatti correre in tutta fretta non era il socialismo minato e traballante quanto la necessità di mantenere, oltre ai propri profitti locali, la posizione imperiale nel delicato equilibrio del blocco cosiddetto socialista. La tattica seguita è stata la solita: quella del bastone e della carota: ieri carri armati, oggi il compromesso. Quel che appare evidente è che i due gruppi burocratici legati come sono a doppio cordone, non possono assolutamente permettersi di travolgersi a vicenda. Ma è anche chiaro che in questo trambusto le masse non hanno ricoperto nessun reale ruolo attivo, a mano che non si voglia intendere per ruolo attivo – che è solo la direzione e gestione attiva delle proprie cose per mezzo di organi di potere collettivo realmente e non formalmente democratici – l’aver parteggiato in qualche misura, di fronte ai carri sovietici, per il buon padrone Dubcek.

Noi non siamo né con gli oppressori russi né con gli oppressori cecoslovacchi, né con nessun oppressore.

SIAMO CON LE MASSE SFRUTTATE E SUBORDINATE IN RUSSIA, NELLA CECOSLOVACCHIA E A CASA NOSTRA.

L’UNICA COSA CHE CONTA E’ LOTTARE CONTRO I PADRONI, CONTRO TUTTI I PADRONI, CONTRO IL CAPITALISMO E L’IMPERIALISMO E CONTRO CHI FA MERCATO DEL SOCIALISMO RIVOLUZIONARIO PER CONSERVARE LE MASSE NELLA SCHIAVITU’.

I compagni de "IL POTERE OPERAIO"

ARTI GRAFICHE PACINI MARIOTTI - PISA