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Le Tesi

SULLA QUESTIONE DELLE FORZE ARMATE


Dall'attivizzazione politica dei militari alla militarizzazione della politica

1 - Le caratteristiche fondamentali del progetto reazionario borghese pongono in primo piano il ruolo dei corpi armati dello stato, delle Forze armate, dei corpi di polizia, dei servizi segreti.
Il controllo sulle forze armate e sui servizi di polizia è stato garantito, lungo tutto il dopoguerra, dal monopolio democristiano del potere, dalla sua fedeltà atlantica — cioè dalla soggezione agli USA — escludendo ogni spazio a forze democratiche e riformiste, e alimentando rilevanti feudi esplicitamente fascisti, socialdemocratici e anticomunisti. La « separatezza » dei corpi armati non ha mai messo in forse la loro dipendenza diretta dal potere democristiano, e la loro netta caratterizzazione di destra. A ciò ha contribuito una linea di capitolazione delle forze riformiste, che hanno costantemente subito e anzi avvalorato il monopolio reazionario sulle forze armate.
La crisi della gerarchia sociale capitalista, e la crisi della centralità democristiana, hanno prodotto una progressiva attivizzazione dei corpi militari, mettendo via via in campo la riserva reazionaria che essi costantemente rappresentano nel regime statale borghese. L'attività dell'esecutivo si è progressivamente spostata verso i corpi militari, svelando la natura violenta del regime capitalista, mascherato nelle fasi di « pace sociale » dietro il rispetto della democrazia borghese. La crisi della centralità democristiana ha accelerato un processo di iniziative centrifughe e di autonomizzazione delle forze armate, che conduce tendenzialmente da un loro più massiccio uso nello scontro politico, che ne spezza pubblicamente la separatezza chiamandole alla ribalta nella gestione della crisi istituzionale, a una futura funzione delle forze armate come strumento centrale di una sostituzione di regime. Questo processo sta sotto i nostri occhi. Esso conduce tendenzialmente dalla galvanizzazione politica dei militari alla militarizzazione della politica. Esso costituisce il cuore di un processo golpista, fondato non sulle frange estreme fasciste delle forze armate, bensì sull'intelaiatura centrale dell'apparato militare.

L'antagonismo di classe fra base proletaria e gerarchia borghese è il fondamento della lotta antifascista nelle forze armate

2 - Il carattere delle forze armate italiane, così come di ogni esercito regolare di uno stato borghese, è definito dalla loro struttura di classe, di gerarchia, di comando.
Le forze armate sono un organo decisivo della dittatura di classe borghese. La disciplina e l'automatismo del comando impongono a ogni loro componente, compresa la loro base proletaria, la coerenza con questo ruolo di repressione classista.
Ogni tentativo di definire un carattere « popolare » delle Forze armate, a partire dalla presenza in esse di soldati di leva provenienti da « tutto il popolo », è un inganno.
Le forze armate fondate sulla coscrizione generale obbligatoria raccolgono bensì una parte importante dello schieramento proletario, ma solo nella misura in cui i soldati negano la disciplina fascista e l'automatismo dell'ordine, e organizzano il proprio antagonismo nei confronti della struttura e delle finalità classiste e gerarchiche dell'esercito.
Nell'esercito fondato sulla coscrizione generale obbligatoria si esprime una contraddizione antagonista tra la gerarchia borghese e reazionaria e la base proletaria e popolare. Questa contraddizione, che non si manifesta nei corpi di polizia e nei corpi armati di tipo professionale, è il fondamento di una linea di lotta democratica e di classe all'interno delle forze armate.

La dipendenza delle forze armate dall'imperialismo USA è un elemento determinante del loro ruolo

3 - Le forze armate sono la chiave di volta della reazione borghese, il « partito della borghesia », nel momento in cui la borghesia non riesce a garantire il suo dominio di classe attraverso il rispetto delle regole parlamentari. La possibilità che le forze economiche, sociali, politiche della reazione borghese si unifichino e scendano in campo aperto è legata in ultima istanza all'esistenza di un organo di violenza capace di misurarsi con il proletariato e sconfiggerlo con la forza delle armi.
Le forze armate sono la chiave di volta della reazione internazionale della borghesia. In un quadro internazionale ferreamente dominato dall'imperialismo USA, dalla rigidità e insostituibilità del suo dominio militare, dalla rigidità dei rapporti di forza tra le due principali potenze, l'evoluzione del regime interno di un paese come l'Italia, per la sua posizione strategica e per la sua forza economica, minaccia di squilibrare in misura decisiva i rapporti di forza interimperialisti. Ben prima della borghesia imperialista nazionale, è quella internazionale a revocare il proprio mandato all'assetto istituzionale democratico-borghese, affidandolo alle forze armate, con le quali ha sempre coltivato un legame e un controllo privilegiato. La rigidità dello schieramento politico e militare inter-nazionale tende a essere maggiore di quella degli schieramenti interni (i quali a loro volta, come mostra ad usura l'esperienza italiana, si avvalgono della prima per rafforzare la propria conservazione).
La prima e determinante causa della costituzione delle forze armate come polo di aggregazione della reazione è l'imperialismo mondiale, e la sua direzione nordamericana.

Non è possibile confidare nella democraticità della gerarchia militare

4 - Non è possibile confidare, rispetto alle forze armate italiane, sulla ipotesi di una consistente spaccatura verticale tra un'ala reazionaria e un'ala costituzionale, né tantomeno prevederla. In generale, una spaccatura di questo tipo si è presentata storicamente in presenza di uno scontro interimperialistico e/o di una guerra civile. Pur con diverse sfumature politiche, le gerarchie militari italiane sono interamente subordinate, militarmente ed ideologicamente, allo schieramento atlantico, statunitense e anticomunista, la cui supremazia militare mondiale è un'ulteriore, ragione materiale di questa subordinazione. Inoltre sulla collocazione della gerarchia militare italiana non possono agire, o non è prevedibile che agiscano, quegli elementi che in altri paesi hanno agito: da un lato infatti è assente l'elemento che ha operato in Portogallo (il crollo di un regime militare coloniale); d'altro lato non è prevedibile una situazione come quella che si è creata nel conflitto greco-turco, conflitto fra due paesi appartenenti entrambi alla Nato.
Queste ragioni di fondo sono destinate, pur se non meccanicamente, a prevalere sulle divisioni interne alla gerarchia militare, che hanno tuttavia non i connotati di diverse scelte strategiche di collocazione internazionale, bensì i connotati della lotta di fazione, della concorrenza fra gruppi di potere, del clientelismo, mutuati dal regime istituzionale dal quale il potere militare è stato gestito, e ulteriormente esasperati all'interno di una corporazione chiusa. La storia antica e recente mostra, a volte in modo perfino caricaturale, la strumentalità e la fragilità di queste divisioni, che un'analisi seria non può ignorare, ma che non possono a nessun costo essere contrabbandate come la divisione fra un'ala eversiva e un'ala democratica della gerarchia militare. Ogni strategia antifascista che si affidi fondamentalmente a questa divisione, e non alla divisione di classe fra gerarchia militare e base proletaria, fra il potere militare della borghesia e la forza della classe operaia, è suicida. In particolare, non è ipotizzabile, nel caso di una consistente azione eversiva delle forze armate, una risposta attiva di una parte consistente di esse, inclusa una parte del-la gerarchia militare. Questa contrapposizione attiva potrebbe venire solo a rimorchio di una risposta proletaria capace di apparire vincente. Altra cosa è l'ipotesi di una separazione, all'interno delle forze armate, fra un settore politicamente e militarmente decisivo, e un settore secondario, destinato a essere emarginato e a restare passivo nel momento dell'iniziativa reazionaria. Questa ipotesi è data per scontata in qualunque progetto golpista, e la sua premessa sta nella divisione, tenacemente perseguita, fra un settore « specializzato » e l'insieme delle forze armate. Altra cosa ancora è l'ipotesi, che giudichiamo possibile in una fase avanzata dello scontro di classe, che la forza della classe operaia e del movimento proletario tutto, in primo luogo, ma anche la lotta specifica dei soldati riescano a produrre all'interno della bassa gerarchia una serie di contraddizioni che, può non avendo la caratteristica di essere antagonistiche o di richiamarsi ad una connotazione proletaria, possono però anche a questo livello inficiare il normale funzionamento delle FF.AA., portandovi ulteriori elementi di disgregazione e allargando ulteriormente gli spazi per l'iniziativa di classe.

Le condizioni del processo reazionario nella fase attuale

5 - La rigida dipendenza della reazione interna dalla reazione internazionale, oltre che l'enorme sviluppo dell'apparato repressivo dello stato, segna una netta differenza nei confronti della instaurazione del fascismo di cinquanta anni orsono. Allora, l'instaurazione della reazione passò attraverso la consumazione della sconfitta di una crescita insurrezionale della lotta operaia, l'attivizzazione antidemocratica di strati di massa della piccola e media borghesia e del semiproletariato, la formazione, sostenuta dal grande capitale, di una forza armata irregolare antioperaia, la disgregazione e la consegna dello stato al fascismo. L'allentamento e la disgregazione dei vincoli imperialisti mettevano in primo piano il retroterra nazionale e non quello internazionale del processo reazionario. Diversa è la situazione attuale, in cui la forza strutturale e politica della classe operaia, e il carattere prolungato della crisi, indeboliscono fortemente gli sforzi di attivizzazione reazionaria di massa, e di unificazione reazionaria della grande borghesia. Ciò, ben lungi dal rendere impraticabile il cammino della reazione — come pretende un idillico e disarmante schema diffuso e ostentato anche nella sinistra — lo rende tendenzialmente inevitabile, e rovescia, al suo interno, il rapporto fra armamento irregolare e regolare della classe dominante, a vantaggio del secondo; questa modificazione riproduce la modificazione nel rapporto fra condizioni interne e condizioni internazionali della reazione, a vantaggio delle seconde.

Il lavoro nelle forze armate non è un'attività settoriale

6 - L'indebolimento dell'uso reazionario delle forze armate è dunque un elemento centrale nella costruzione della forza del proletariato. Questa, prima e sopra di ogni altro aspetto, è la posta del nostro lavoro nelle forze armate, dell'unità fra operai e soldati. È una tipica conseguenza del militarismo suicida di certe « avanguardie » l'incapacità di valutare questo aspetto, come in generale la dimensione di massa della lotta per il potere proletario.
Alla centralità di questa linea, si oppone una sottovalutazione del lavoro politico sulle forze armate, o una sua considerazione deviante (come un passaggio fra i tanti e indistinti della « lunga marcia attraverso le istituzioni », o come un'articolazione economicista dell'« unificazione del proletariato ») o, ancora, una sua concezione settoriale.
La contraddizione di classe all'interno delle forze armate può dispiegarsi pienamente solo se l'iniziativa sta nelle mani della classe operaia e del proletariato nel suo insieme. Questo significa che il lavoro sulle forze armate non può essere concepito e condotto come un'attività separata e collaterale del partito; che l'organizzazione dei militanti nelle forze armate non può essere costruita come un'organizzazione separata dal partito, ma come una sua componente essenziale, integrata nell'insieme dell'organizzazione, senza altri limiti se non quelli che derivano da una giusta applicazione della vigilanza.

Applicare una linea di massa tra i soldati, e nel rapporto fra i soldati e il movimento proletario

7 - La lotta delle avanguardie di massa antifasciste nelle forze armate può diventare la lotta della grande maggioranza dei soldati. Ridurre la organizzazione rivoluzionaria nelle forze armate in. una dimensione cospirativa sarebbe un gravissimo errore, come lo sviluppo stesso della lotta dei soldati basta già a provare. Conquistare attraverso una linea di massa la grande maggioranza dei soldati, questo è il compito del partito, dei suoi militanti nelle forze armate, dei suoi militanti fuori da esse. Le condizioni economiche, morali, sociali, il peso della disciplina autoritaria, l'addestramento antipopolare, stanno alla base delle rivendicazioni materiali e democratiche dei soldati. Nella crescita di queste rivendicazioni, nella realizzazione collettiva, sta la garanzia maggiore contro l'uso reazionario delle forze armate. La lotta per la libertà di organizzazione democratica dei soldati, legata alle giuste rivendicazioni materiali, è il banco di prova di una corretta linea di massa nelle forze armate. Anche in questo ambito, soprattutto in questo ambito, il compito dei rivoluzionari è di liberarsi del minoritarismo, di non avere paura di se stessi, di lavorare per la conquista della maggioranza. Rafforzare il partito per conquistare la maggioranza. Al tempo stesso, il movimento dei soldati deve sapersi legare alla maggioranza del proletariato, raccogliendo la contraddizione tra la sensibilità antifascista del proletariato e l'opportunismo delle sue organizzazioni maggioritarie. Questa contraddizione apre un ampio spazio all'iniziativa delle avanguardie dei soldati, nelle manifestazioni proletarie, nei consigli di fabbrica e di zona, negli stessi sindacati, nelle sezioni dei partiti di sinistra. La presenza dei soldati e della loro particolare esperienza è un contributo politicamente determinante alla crescita di un'organizzazione di massa del proletariato capace di misurarsi con la questione del potere.

Il problema dei corpi di polizia - Accrescere le contraddizioni della loro gestione antipopolare e reazionaria

8 - L'apparato armato dello stato, il suo ruolo repressivo e la sua disponibilità reazionaria, non si fondano tuttavia sulle forze armate soltanto, bensì, e massicciamente, sui corpi di polizia, e in particolare, fra essi, sull'arma dei carabinieri. In questi corpi la divisione di classe fra una base di origine proletaria e sottoproletaria e la gerarchia non ha la possibilità di esprimersi come una contrapposizione politica, per il peso tremendo dei condizionamenti disciplinari, ideologici ed economici. Il rifiuto politico del ruolo repressivo, della disciplina disumana, si. esprime in questi corpi nella forma della defezione individuale; è di fatto esclusa la possibilità di un'organizzazione fondata sull'autonomia di classe. Ciò limita drasticamente, ma non esclude la possibilità di un intervento politico su questi corpi. Non si tratta, qui, né di conquistare la maggioranza, né di organizzare una minoranza, bensì di far leva sulle contraddizioni interne allo uso e all'abuso antipopolare dell'apparato repressivo, per ridurne la compattezza e la disponibilità reazionaria. Queste contraddizioni sono inevitabilmente tanto più acute quanto più forte è la lotta proletaria. Nella situazione di classe del nostro paese, la proposta di costituzione di un sindacato confederale della polizia non rappresenta una iniziativa di razionalizzazione dell'apparato poliziesco, bensì un'acutizzazione delle sue contraddizioni interne. Essa riproduce in forma allargata una divisione interna alla borghesia. Essa non può essere confusa con una velleitaria « democratizzazione » della polizia, ma dev'essere vista come uno strumento di indebolimento e di resistenza alla gestione reazionaria della polizia; essa non è dunque contraria all'interesse del proletariato.
Per i corpi di polizia militare, come i carabinieri, che hanno assunto, in dispregio di ogni definizione istituzionale: un peso enorme nelle funzioni generali di ordine pubblico, un ruolo centrale nella cospirazione reazionaria — fungendo da tramite decisivo fra i centri politici reazionari e la gerarchia delle forze armate — e uno spropositato sviluppo propriamente tecnico-militare, dev'essere considerata con favore e sostenuta ogni iniziativa che ostacoli l'impunità e l'autonomia cospirativa degli alti gradi e il regime di terrore interno nei confronti dei graduati subalterni e della truppa. Vanno in questo senso la rivendicazione di una discussione parlamentare su tutte le nomine negli alti comandi; della pubblicità di tutti i provvedimenti amministrativi interni, trasferimenti, punizioni, promozioni, premi; la possibilità di un ricorso diretto all'autorità politica, senza seguire la trafila gerarchica, lo smantellamento di quelle strutture tecniche e militari che non trovano alcuna giustificazione nell'esercizio, comunque inteso, di compiti di polizia, ma predispongono un vero e proprio stato di guerra interna; lo scioglimento completo del SID.