Biblioteca Multimediale Marxista


LA POSIZIONE DEL PMLI SULLA VIOLENZA RIVOLUZIONARIA E IL TERRORISMO




di Dario Granito


La violenza rivoluzionaria è parte integrante della linea politica del PMLI. Per comprenderne la giustezza, occorre leggere e studiare anzitutto il Programma del Partito.
Nel V capitolo viene chiarito che per i marxisti-leninisti "La violenza rivoluzionaria è inevitabile per prevenire o stroncare il golpe fascista, comunque è indispensabile per la presa del potere politico da parte della classe operaia. Il grande passaggio storico dal capitalismo al socialismo può avvenire solo attraverso la rivoluzione violenta; solo con la forza del fucile la classe operaia e le masse lavoratrici possono sconfiggere l'esercito armato della borghesia, trasformare la vecchia società, abolire la proprietà privata capitalistica, distruggere lo Stato borghese e imporre il proprio potere. Nella sua lotta per la conquista del potere politico, il proletariato italiano non può non seguire nei principi e nei suoi tratti fondamentali e tattici, che la via universale della Rivoluzione d'Ottobre''.
Nello stesso capitolo più avanti, si evidenzia anche come via via che si determinano certe condizioni concrete favorevoli, che oggi ancora non ci sono né sono dietro l'angolo, che si eleva il livello di coscienza delle masse lavoratrici e popolari con il fondamentale apporto e ruolo del PMLI, che è tangibile il loro stato d'animo e la loro disponibilità a mobilitarsi in senso rivoluzionario grazie all'azione politica del Partito ma anche alla loro diretta esperienza su tale necessità, che vanno maturando insomma le necessarie condizioni rivoluzionarie oggettive e soggettive, il Partito può operare tappa dopo tappa, perché vi sia un'adeguata preparazione insurrezionale, grazie al suo precedente e indispensabile radicamento, alla forza acquisita e all'influenza politica e organizzativa esercitata sulle masse. "Prima dell'insurrezione il Partito deve saggiare la forza, la preparazione, la compattezza, la disciplina, il coraggio e la determinazione delle masse rivoluzionarie mediante manifestazioni e scioperi politici e il largo uso dei vari metodi di lotta fra cui la lotta di strada, i blocchi stradali, delle ferrovie, dei porti e degli aeroporti, l'occupazione di edifici pubblici e l'erezione di barricate''.
Questi metodi di lotta quindi vanno bene, anzi benissimo, se attuati quando ve ne sono le condizioni a livello di massa e non di piccolo gruppo staccato e isolato dalle masse, perché la violenza rivoluzionaria va portata avanti di pari passo con l'acuirsi delle contraddizioni tra proletariato e borghesia e in coerenza col quadro strategico e tattico tracciato dal PMLI sempre nel proprio Programma in conclusione del V capitolo: "La rivoluzione socialista è opera delle masse. Finché le forze rivoluzionarie sono deboli, finché non hanno stabilito uno stretto legame con le masse non possono e non devono andare allo sbaraglio, bruciando i tempi e facendo fallire l'insurrezione. Il Partito non può affrontare il nemico da solo; quando scatena l'insurrezione deve avere conquistato la maggioranza del proletariato. L'insurrezione promossa dal Partito non è un atto improvviso e uno scoppio spontaneo, non è l'azione di una pattuglia di ardimentosi, ma è lo sbocco di un lungo processo minuziosamente preparato e diretto dal Partito, è un'azione cosciente e responsabile che presuppone l'esistenza del Fronte unito rivoluzionario e dell'Esercito rosso, l'esistenza di una massa di milioni e milioni di persone disposte a battersi con le armi in pugno sotto la direzione della classe operaia e del suo Partito''.
Questa è la linea del Partito che va assimilata e applicata dialetticamente in base all'attuale situazione che certo non è preinsurrezionale eppure va sfruttata per educare le masse all'utilizzo della violenza rivoluzionaria anzitutto a livello teorico e di elevazione delle coscienze e anche pratico quando le circostanze sono favorevoli, il momento opportuno e le masse pronte a farlo. Non a caso nel VI capitolo del Programma del PMLI si indica che "Il Partito, mentre guida la lotta delle masse per migliorare le condizioni di vita e di lavoro, deve far loro comprendere che non si può strappare niente di fondamentale al capitalismo e al suo governo, se non con la forza, con la violenza e con l'azione rivoluzionarie contando sulle proprie forze e sul proprio ardimento e che oggi partecipare alle istituzioni rappresentative borghesi significa frenare la loro totale disgregazione e soffocare lo slancio rivoluzionario del movimento operaio, contadino, popolare e giovanile''.

LA VIOLENZA DI PICCOLO GRUPPO
Il PMLI quindi ha una linea politica corretta e vincente per preparare la rivoluzione e avanzare verso la conquista dell'Italia unita, rossa e socialista, combatte il pacifismo e il riformismo che gli sono ideologicamente estranei, ma combatte anche il ribellismo piccolo borghese, anarchico e avventurista che non porta forze al mulino della rivoluzione ma brucia inutilmente le preziose energie dei giovani rivoluzionari, gettati allo sbaraglio dagli imbroglioni politici che li dirigono e ai quali va fatto comprendere che per infliggere colpi incisivi e devastanti al nemico di classe occorre che le lotte abbiano un carattere di massa e coinvolgano la classe operaia, che le manifestazioni e i cortei siano unitari, che si lavori attivamente per l'unità politica e organizzativa dei movimenti di lotta sulla base di una corretta linea antimperialista e anticapitalista e che solo con la direzione del proletariato rivoluzionario sarà possibile mobilitare le masse su vasta scala, allargare le alleanze e utilizzando giusti metodi di lotta sempre più violenti man mano che diviene più violento a livello di massa lo scontro col nemico di classe, si potranno registrare importanti vittorie sulla via della conquista del potere politico da parte del proletariato fino a quella finale.
Evitare lo scontro per lo scontro, fine a se stesso, con le "forze dell'ordine'' non significa affatto rinunciare, ad esempio, all'antifascismo militante quanto invece evitare di cadere nello spontaneismo e nell'avventurismo, non anticipare i tempi di uno scontro certamente inevitabile che deve però avvenire nel momento in cui le masse sono decise all'azione e si pongono coscientemente l'obiettivo di conseguire traguardi concreti nel quadro della lotta di classe.
è risibile e indimostrabile teorizzare che senza ricorrere sempre e comunque alla violenza si finirebbe con lo scadere per forza sul terreno del pacifismo, del confronto solo democratico borghese con gli avversari politici e dell'utilizzo di forme di lotta unicamente dialettiche. Accettare e impugnare il principio della necessità della violenza rivoluzionaria di massa nella lotta di classe per il socialismo, è una cosa giusta, necessaria e corrispondente all'esperienza del movimento operaio internazionale e nazionale, ma praticare tale violenza a vanvera, senza una strategia e una tattica rivoluzionarie, fuori luogo, fuori tempo e senza avere alle spalle larghe masse ben preparate allo scontro è un gravissimo errore politico, se ne sia coscienti o meno, che porta sempre pesanti danni alla causa del proletariato in seguito riparabili solo a prezzo di grandi sacrifici e fatiche.
La violenza di piccolo gruppo isola le avanguardie rivoluzionarie dal grosso delle masse proletarie, ne facilita l'accerchiamento, la disgregazione e la sconfitta da parte della classe dominante borghese e del suo braccio armato, le "forze dell'ordine'' e quelle militari. Farsi abbagliare da temporanei "risultati'' che in certe circostanze si possono anche conseguire è illusorio, alla lunga l'avventurismo e la violenza di piccolo gruppo nella pratica non pagano mai. E soprattutto i giovani vanno educati in questo senso, affinché non dilapidino inutilmente le loro energie e sprechino il loro protagonismo in raggruppamenti, movimenti e azioni fuorvianti rispetto ai compiti che incombono oggi ai sinceri rivoluzionari: impiegare le proprie forze, il proprio cervello e il proprio cuore, spendere la propria vita per costruire un grande, forte e radicato PMLI e così rendere concretamente possibile la realizzazione dell'Italia unita, rossa e socialista.
Le avanguardie delle masse si conquistano sulla base del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e della sua ferma, coerente e perseverante applicazione pratica e non rincorrendole sul terreno catastrofico dello spontaneismo, dell'avventurismo e delle azioni di piccolo gruppo, in cui le infognano gli "ultrasinistri'', gli anarchici e gli autonomi, nonché certi dirigenti dei Centri sociali che poi, fra l'altro, sostengono manifestamente il capitalismo ed il liberalismo, quando affermano che una rivoluzione socialista è impossibile e sono contro la dittatura del proletariato e a favore del federalismo neofascista. Si deve rischiare anche di non essere compresi alla prima, l'importante è portare avanti una linea giusta che alla fine risulterà necessariamente vincente e quindi arriverà sempre il momento che sarà compresa, apprezzata e impugnata sotto la guida del Partito del proletariato rivoluzionario.
Per tutti questi motivi, ad esempio, a Bologna nella manifestazione-presidio antifascista del 13 maggio scorso la delegazione del Partito, guidata saggiamente e coraggiosamente dal compagno Denis Branzanti, non ha preso parte alla contromanifestazione diversiva dei Centri sociali diretti dall'opportunista Luca Casarini e ha rappresentato un rosso punto di riferimento politico per le migliaia di antifascisti presenti, inclusi i giovani dei Centri sociali che alla fine sono rientrati in piazza, e che tutti insieme, con l'apporto anche del PMLI, hanno poi dato vita a un lungo e combattivo corteo. Sono stati proprio il presidio e il corteo unitari antifascisti, e non altri, che hanno fatto fare fagotto anzitempo agli squadristi di "Forza nuova''.
Chiarito e ribadito che la conquista dei giovani rivoluzionari non avviene se non seguendo la linea politica e la tattica adottata dal Partito, va anche sottolineato che è sbagliato il concetto secondo cui meccanicamente "prima'' si dovrebbero conquistare le avanguardie rivoluzionarie, specie giovanili, e poi loro tramite il resto del proletariato. In realtà il Partito si rivolge con particolare attenzione agli elementi avanzati del proletariato in quanto essi sono i candidati naturali a divenire suoi militanti e dirigenti, ma non può trascurare al tempo stesso di farsi comprendere e rivolgersi anche agli elementi intermedi e relativamente arretrati e alle classi e ai gruppi sociali che possono allearsi col proletariato ed esserne egemonizzati, allargando così il consenso nei suoi confronti e la sua base di massa. è in questo modo che il PMLI può assolvere il proprio ruolo di avanguardia cosciente e organizzata del proletariato italiano, come indica il primo articolo del suo Statuto, di Partito politico della classe operaia, che dirige le lotte immediate e parziali e quelle generali e a lungo termine dell'intera classe e delle larghe masse popolari italiane e guida la rivoluzione socialista alla completa vittoria.
Non c'è quindi "un prima e un dopo'' ma un'azione politica complessiva ad ampio raggio del Partito anche se ovviamente particolare cura è riservata sempre agli elementi avanzati che devono rafforzare le sue file e farne un grande, forte e radicato partito. Nelle prese di posizione del PMLI perciò vi sono regolarmente delle parti maggiormente rivolte alle componenti più avanzate e coscienti ed altre che parlano alla mente e al cuore dei proletari e delle masse che ancora non hanno un'elevata coscienza rivoluzionaria, ma che vanno con perseveranza coinvolti nell'obiettivo di fare sì che il proletariato oltre che una classe in sé sia una classe per sé, consapevole dei compiti storici che deve assolvere per realizzare la propria emancipazione e quella di tutta l'umanità.

IL TERRORISMO
La concezione marxista-leninista della violenza rivoluzionaria e della lotta armata non ha nulla a che vedere col terrorismo delle sedicenti "Brigate rosse''. Su quest'ultime un coerente e conseguente marxista-leninista deve avere una posizione chiara, netta e risoluta. Non si possono giustificarle in alcun modo.
Per quanto riguarda il terrorismo non si può esprimere solo una formale adesione alle posizioni di condanna del Partito, e poi quando si tratta di passare alla loro coerente e pratica attuazione contraddirsi e abbandonare la linea marxista-leninista del PMLI.
Il Comunicato dell'Ufficio politico del PMLI, del 7 luglio scorso, di solidarietà alla Cisl per l'attentato terroristico subito a Milano è un esempio di applicazione concreta della posizione del PMLI sul terrorismo. Esaminiamone il contenuto.
Fin dall'inizio la condanna dell'atto terroristico è espressa "In nome degli interessi supremi della classe operaia, dell'autentica lotta politica e sindacale proletaria rivoluzionaria e marxista-leninista'', è questa la chiave politica fondamentale di stesura e di lettura del comunicato. Se poi è vero, come è vero, che le bombe contro la Cisl si presentano come rivoluzionarie ma in realtà sono controrivoluzionarie, che il terrorismo in Italia, sia esso nero che "rosso'' è uno strumento della reazione, che esso e le "BR'' vecchie e "nuove'' non hanno nulla a che vedere con la rivoluzione proletaria, anzi la sabotano. Allora è chiaro che un atto terroristico come questo va duramente condannato perché costituisce "un attacco alla causa del proletariato, del socialismo e del PMLI, oltreché all'intero movimento sindacale''. Altrimenti ci si schiererebbe solo a chiacchiere contro il terrorismo ma non nei fatti, quando cioè vi sono concreti atti terroristici come in questo caso. Tanto più se si tiene conto che, come ben evidenzia il comunicato, il terrorismo è utilizzato dai suoi registi occulti che si trovano dentro le istituzioni per impedire che i sinceri rivoluzionari comunisti si uniscano nel PMLI che è l'unico partito che può dare del filo da torcere, e questo la reazione lo sa bene, alla classe dominante borghese, ai suoi governi, ai partiti e ai sindacati ad essa asserviti, e quindi anche l'attentato in questione è un attacco nel cui mirino politico si trova lo stesso PMLI.
è corretto che di fronte a un attentato contro la sede di un'organizzazione sindacale dei lavoratori, che solo per puro caso con la mancata esplosione non ha fatto vittime tra chi la frequenta, noi esprimiamo la nostra piena solidarietà militante alla Cisl dal momento che è stata oggetto dell'attentato terroristico che duramente condanniamo? Sì, lo è. Ciò è coerente con la posizione espressa e non implica nessun ammorbidimento delle nostre durissime critiche e della nostra opposizione irremovibile ai sindacalisti di regime che la dirigono, ribadite a dovere con la frase "indipendentemente dalla distanza siderale che ci separa da essa sui piani politico e sindacale''', più espliciti di così?!
Per altro il Comunicato fa un'opera molto importante di chiarificazione politica marxista-leninista su questioni fondamentali, questo è l'aspetto principale e caratterizzante mentre quello della solidarietà alla Cisl è l'aspetto subordinato e tattico. Alcuni concetti li abbiamo già sottolineati, gli altri sono l'appello alla più grande unità e mobilitazione contro il terrorismo, non in difesa e rafforzamento della seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista e del governo Amato ma nell'ottica dell'Italia unita, rossa e socialista; la questione della conquista del potere politico abbinata alla denuncia delle trappole, cui occorre sfuggire, del riformismo, dell'elettoralismo, del parlamentarismo e del pacifismo da una parte e del terrorismo e dell'avventurismo dall'altra, con la sottolineatura del fatto che non esistono scorciatoie alla via dell'Ottobre e che la piccola borghesia rivoluzionaria ciò lo deve capire, la citazione di Mao è illuminante al riguardo "il popolo e solo il popolo, è la forza motrice che crea la storia del mondo''. Questo Comunicato dell'Ufficio politico ha un contenuto politico di alto livello, con una brillante sintesi espone concetti fondamentali, è educativo, giusto e lungimirante e coerente con le posizioni da sempre assunte dal Partito nei confronti del terrorismo.
Per comprendere meglio come il PMLI abbia tratto dagli insegnamenti e dall'esperienza dei maestri gli elementi fondamentali della sua linea politica riguardo al terrorismo, oltreché alla violenza rivoluzionaria, occorre riflettere sugli importanti concetti che Lenin espone nella sua celebre opera "Che fare?'': "Gli economisti e i terroristi della nostra epoca hanno una radice comune: la sottomissione alla spontaneità (...). A prima vista, la nostra affermazione può sembrare paradossale, tanto grande sembra la differenza tra coloro che antepongono a tutto la `grigia lotta quotidiana' e coloro che propugnano la lotta che esige la massima abnegazione: la lotta di individui isolati. Ma non si tratta per niente di un paradosso, `economisti' e terroristi si prosternano davanti a due poli opposti della tendenza della spontaneità: gli `economisti' dinanzi alla spontaneità del `movimento operaio puro', i terroristi dinanzi alla spontaneità e allo sdegno appassionato degli intellettuali che non sanno collegare il lavoro rivoluzionario e il movimento operaio, o non ne hanno la possibilità. è infatti difficile, per chi non ha più fiducia in tale possibilità o non vi ha mai creduto, trovare al proprio sdegno e alla propria energia rivoluzionaria uno sbocco diverso dal terrorismo''.
Nel Rapporto tenuto alla seconda Riunione plenaria del 4° Ufficio politico del PMLI il compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del Partito, ha detto: "Tutti i nuovi militanti sono di buona qualità e sono suscettibili, se ben formati e guidati, di diventare dei marxisti-leninisti di prima linea. Purché, si intende, inizino e portino fino in fondo il processo della trasformazione della propria concezione del mondo, marcino in sintonia col Partito e applichino la sua linea. Bisogna particolarmente correggere ed educare quei nuovi militanti che mostrano di avere tendenze individualistiche e spontaneistiche ed hanno idee errate sulla violenza rivoluzionaria e il terrorismo''.
E ha aggiunto: "Se chi è sulla strada sbagliata vuole andare d'accordo col Partito deve rigettare le sue idee erronee e allinearsi col Partito. Al limite può anche conservarle se le ritiene, nonostante tutte le spiegazioni, giuste, ma nella pratica deve agire secondo la linea del Partito nel rispetto più scrupoloso del centralismo democratico. In ogni caso non può essere membro del Partito chi non dà garanzie di essere veramente contrario al terrorismo''.