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Della deviazione di destra nel Partito Comunista (bolscevico) dell'Unione Sovietica





Dal discorso all'Assemblea Plenaria del Comitato Centrale del Partito Comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S. nell'aprile 1929

I
Gli spostamenti di classe e i nostri disaccordi

In che cosa consistono i nostri disaccordi, a che cosa sono legati?
Essi sono legati, prima di tutto, agli spostamenti di classe che avvengono, in questi ultimi tempi, nel nostro paese e nei paesi capitalistici. Alcuni compagni pensano che i disaccordi nel nostro partito hanno un carattere fortuito. E' falso, compagni. E' assolutamente falso. I disaccordi nel nostro partito sono sorti sul terreno degli spostamenti di classe, sul terreno di quell'inasprimento della lotta di classe, che si produce in questi ultimi tempi e che dà luogo a una svolta nello sviluppo della situazione. L'errore principale del gruppo Bukharin è che esso non vede questi spostamenti e questa svolta, non li vede e non li vuole vedere. Solo in questo modo si spiega l'incomprensione dei nuovi compiti del partito e dell'Internazionale comunista, che costituisce il tratto caratteristico della nuova opposizione.
Avete notato, compagni, che i dirigenti della nuova opposizione, nei loro discorsi all'Assemblea plenaria del Comitato Centrale e della Commissione Centrale di Controllo, hanno completamente eluso la questione degli spostamenti di classe del nostro paese, non hanno detto una parola dell'inasprimento della lotta di classe e non hanno fatto nemmeno la più lontana allusione al fatto che i nostri disaccordi sono legati proprio a questo inasprimento della lotta di classe? Essi hanno parlato di tutto, e di filosofia, e di teoria, ma non hanno detto una sola parola degli spostamenti di classe che determinano l'orientamento e la pratica del nostro partito nel momento attuale. Come si spiega questa stranezza? Dimenticanza, forse? Naturalmente, no! Gli uomini politici non possono dimenticare l'essenziale. La cosa si spiega col fatto che essi non vedono e non capiscono i nuovi processi rivoluzionari che si compiono oggi tanto da noi, nel nostro paese, quanto nei paesi capitalistici. La cosa si spiega col fatto che ad essi è sfuggito l'essenziale, sono sfuggiti gli spostamenti di classe che un uomo politico non ha il diritto di lasciarsi sfuggire. Solo in questo modo si spiega lo smarrimento e l'impotenza che la nuova opposizione manifesta di fronte ai nuovi compiti del nostro partito.
Ricordate gli ultimi avvenimenti nel nostro partito. Ricordate le parole d'ordine date dal partito, negli ultimi tempi, in relazione coi nuovi spostamenti di classe nel nostro paese. Mi riferisco a parole d'ordine come quella dell'autocritica, dell'accentuazione della lotta contro la burocrazia e dell'epurazione dell'apparato sovietico, come quella della formazione di nuovi quadri per il lavoro economico e di specialisti rossi, dell'intensificazione del movimento dei colcos e dei sovcos, dell'offensiva contro il kulak, della riduzione del costo di produzione e di un radicale miglioramento della pratica del lavoro sindacale, dell'epurazione del partito, ecc. Ad alcuni compagni queste parole d'ordine sono parse stupefacenti e vertiginose. Invece è chiaro che queste parole d'ordine sono le più attuali e le più necessarie al partito in questo momento.
I disaccordi sono incominciati allorché, in relazione col processo di Sciakhti, abbiamo posto in modo nuovo la questione dei nuovi quadri per il lavoro economico, il problema della preparazione di specialisti rossi provenienti dalla classe operaia, per sostituire i vecchi specialisti. Che cosa ci ha rivelato il processo di Sciakhti? Ci ha rivelato che la borghesia è ancora lungi dall'essere finita, che essa organizza e continuerà a organizzare il sabotaggio della nostra edificazione economica, che le nostre organizzazioni economiche, sindacali e in parte anche di partito non hanno visto il lavoro sotterraneo dei nostri nemici di classe, che è quindi necessario consolidare e migliorare con tutte le forze e con tutti i mezzi le nostre organizzazioni, rendendo più acuta e più intensa la loro vigilanza di classe.
Si è quindi posta in modo acuto la questione della parola d'ordine dell'autocritica. Perché? Perché non si possono migliorare le nostre organizzazioni economiche, sindacali e di partito, non si può far progredire l'edificazione del socialismo e reprimere il sabotaggio borghese, senza sviluppare in tutti i modi la critica e l'autocritica, senza sottoporre al controllo delle masse il lavoro delle nostre organizzazioni. È pertanto un fatto che il sabotaggio avveniva e continua ad avvenire non solo nelle zone carbonifere, ma anche nella metallurgia, nell'industria di guerra, nei trasporti, nell'industria dell'oro e del platino, ecc. ecc. Di qui la parola d'ordine dell'autocritica.
In seguito, davanti alle difficoltà incontrate nella compera del grano da parte dello Stato, davanti all'offensiva dei kulak contro la politica sovietica dei prezzi, abbiamo posto in modo più acuto il problema dello sviluppo più intenso e rapido dei colcos e dei sovcos, dell'offensiva contro i kulak, dell'organizzazione della compera del grano facendo pressione sugli elementi kulak agiati. Che cosa hanno dimostrato le difficoltà incontrate nella compera del grano da parte dello Stato? Hanno dimostrato che il kulak non dorme, che il kulak si rafforza e fa un lavoro sotterraneo contro la politica del potere sovietico, mentre le nostre organizzazioni di partito, sovietiche e cooperative — in ogni caso una parte di esse — o non vedono il nemico oppure si adattano ad esso invece di combatterlo.
Di qui una nuova accentuazione della parola d'ordine dell'autocritica, della parola d'ordine del controllo e del miglioramento delle nostre organizzazioni di partito e cooperative, e dei servizi di approvvigionamento in generale.
In seguito, dati i nuovi compiti della ricostruzione dell'industria e dell'agricoltura sulla base del socialismo, è sorta la parola d'ordine della riduzione sistematica del costo di produzione, del rafforzamento della disciplina del lavoro, dello sviluppo dell'emulazione socialista, ecc. Questi compiti hanno imposto una revisione di tutta la pratica dei sindacati e dell'apparato sovietico, una vivificazione radicale di queste organizzazioni e la loro epurazione dagli elementi burocratici.
Di qui l'accentuazione della parola d'ordine della lotta contro la burocrazia nei sindacati e nell'apparato sovietico.
Infine, la questione della parola d'ordine dell'epurazione del partito. Sarebbe ridicolo pensare che sia possibile consolidare le nostre organizzazioni economiche, sovietiche, sindacali e cooperative, che sia possibile epurarle dalle scorie della burocrazia, senza aver meglio temprato lo stesso partito. È fuori dubbio che degli elementi burocratici non esistono soltanto nelle organizzazioni economiche, cooperative, sindacali, sovietiche, ma anche nelle organizzazioni del partito. Se il partito è la forza dirigente di tutte queste organizzazioni, è chiaro che l'epurazione del partito è la condizione indispensabile, senza la quale non possono essere vivificate e migliorate radicalmente tutte le altre organizzazioni della classe operaia. Di qui la parola d'ordine dell'epurazione del partito.
Sono fortuite queste parole d'ordine? No, non sono fortuite. Voi stessi lo vedete che non sono fortuite. Esse costituiscono gli anelli necessari di una catena indissolubile, che si chiama offensiva del socialismo contro gli elementi del capitalismo.
Esse sono legate, innanzi tutto, al periodo di ricostruzione della nostra industria e della nostra agricoltura sulla base del socialismo. E che cosa è la ricostruzione dell'economia nazionale sulla base del socialismo? È un'offensiva generale del socialismo contro gli elementi capitalistici dell'economia nazionale. È uno dei progressi più seri della classe operaia del nostro paese verso l'edificazione del socialismo. Ma per compiere questa ricostruzione, bisogna innanzi tutto migliorare e rafforzare i quadri dell'edificazione socialista, tanto quelli dell'apparato economico, sovietico e dei sindacati, quanto quelli del partito e delle cooperative, bisogna temprare meglio tutte le nostre organizzazioni, ripulirle dalle scorie, elevare l'attività delle masse di milioni di operai e di contadini.
Inoltre, queste parole d'ordine sono legate alla resistenza degli elementi capitalistici dell'economia nazionale all'offensiva del socialismo. Non si può considerare fortuito il cosiddetto processo di Sciakhti. Dei sabotatori come quelli di Sciakhti ce ne sono oggi in tutti i rami della nostra industria. Molti sono stati eliminati, ma siamo ancora lontani dall'averli eliminati tutti. Il sabotaggio da parte degli intellettuali borghesi è una delle più pericolose forme di resistenza allo sviluppo del socialismo. Il sabotaggio è tanto più pericoloso in quanto ha dei legami col capitale internazionale. Il sabotaggio borghese dimostra indiscutibilmente che gli elementi capitalistici sono ancora ben lontani dall'avere deposto le armi, che essi raccolgono le forze per nuovi attacchi contro il potere sovietico. Per quanto riguarda gli elementi capitalistici nella campagna, tanto meno si può considerare fortuito l'attacco che i kulak conducono, già da due anni, contro la politica sovietica dei prezzi. Molti ancora oggi non riescono a spiegarsi perché il kulak desse il grano spontaneamente fino al 1927, e dopo il 1927 abbia cessato di farlo. Ma non v'é in questo fatto niente di straordinario. Se prima il kulak era ancora relativamente debole, se non aveva la possibilità di organizzare seriamente la propria azienda, se non aveva dei capitali sufficienti per rafforzare la propria azienda ed era quindi costretto a portare al mercato tutto o quasi tutto l'eccedente della sua produzione granaria, oggi, dopo una serie di buoni raccolti, essendo riuscito ad assestare la sua azienda, essendo riuscito ad accumulare i capitali necessari, ha ottenuto la possibilità di manovrare sul mercato, di mettere da parte il grano, questa valuta delle valute, e preferisce portare sul mercato la carne, l'avena, l'orzo e altri prodotti di culture secondarie. Sarebbe ridicolo sperare, oggi, che il kulak ci dia il grano di sua volontà. Ecco dov'è la radice della resistenza che il kulak oppone, attualmente, alla politica del potere sovietico.
E che cosa rappresenta la resistenza degli elementi capitalistici della città e della campagna all'offensiva del socialismo? E’ un nuovo raggruppamento delle forze dei nemici di classe del proletariato, che ha per scopo di difendere il vecchio contro il nuovo. Non è difficile capire che queste circostanze non possono non provocare un inasprimento della lotta di classe. Ma per spezzare la resistenza dei nemici di classe e sgombrare la via al progredire del socialismo, bisogna, oltre a tutto il resto, temprare meglio tutte le nostre organizzazioni, epurarle dalla burocrazia, migliorare i loro quadri e mobilitare le masse di milioni di operai e gli strati lavoratori della campagna contro gli elementi capitalistici della campagna e della città.
Ecco quali sono gli spostamenti di classe sul terreno dei quali hanno avuto origine le parole d'ordine attuali del nostro partito.
Lo stesso si deve dire degli spostamenti di classe nei paesi capitalistici. Sarebbe ridicolo pensare che la stabilizzazione del capitalismo non abbia subito modificazioni. Sarebbe ancora più ridicolo affermare che la stabilizzazione si rafforzi, diventi duratura. In realtà la stabilizzazione del capitalismo viene minata, viene scossa di mese in mese, di giorno in giorno. L'inasprimento della lotta per i mercati e per le materie prime, la corsa agli armamenti, l'antagonismo sempre più profondo tra l'America e l'Inghilterra, lo sviluppo del socialismo nell'U.R.S.S., lo spostamento a sinistra della classe operaia dei paesi capitalistici, l'ondata degli scioperi e delle battaglie di classe nei paesi dell'Europa, lo sviluppo del movimento rivoluzionario nelle colonie, India compresa, lo sviluppo del comunismo in tutti i paesi del mondo, tutti questi sono fatti che indicano incontestabilmente che nei paesi del capitalismo vengono sorgendo gli elementi di una nuova ondata rivoluzionaria.
Di qui la necessità d'intensificare la lotta contro la socialdemocrazia e, prima di tutto, contro la sua ala « sinistra », in quanto sostegno sociale del capitalismo. Di qui la necessità di intensificare nei partiti comunisti la lotta contro gli elementi di destra, agenti dell'influenza socialdemocratica. Di qui la necessità di intensificare la lotta contro la tendenza alla conciliazione con la deviazione di destra, in quanto questa tendenza è il rifugio dell'opportunismo nei partiti comunisti. Di qui la parola d'ordine dell'epurazione dei partiti comunisti dalle tradizioni socialdemocratiche. Di qui la cosiddetta nuova tattica del comunismo nei sindacati. Alcuni compagni non comprendono il senso e l'importanza di queste parole d'ordine. Ma un marxista comprenderà sempre che senza l'applicazione di queste parole d'ordine è inconcepibile la preparazione delle masse proletarie alle nuove battaglie di classe, è inconcepibile la vittoria sulla socialdemocrazia, è impossibile procedere alla selezione di veri capi del movimento comunista, capaci di condurre la classe operaia alla lotta per l'abbattimento del capitalismo.
Ecco, compagni, quali sono gli spostamenti di classe nel nostro paese e nei paesi del capitalismo, sulla base dei quali hanno avuto origine le parole d'ordine attuali del nostro partito sia nel campo della sua politica interna che nel campo dell'Internazionale comunista.
Il nostro partito vede questi spostamenti di classe. Esso comprende l'importanza dei nuovi compiti e mobilita le forze per adempierli. Perciò esso affronta gli avvenimenti armato di tutto punto. Perciò esso non teme le difficoltà che gli stanno dinnanzi, essendo pronto a superarle.
La disgrazia della nuova opposizione, la disgrazia del gruppo Bukharin, consiste nel fatto che non vede questi spostamenti di classe e non comprende i nuovi compiti del partito. E appunto perché non li comprende, questo gruppo vive in uno stato di completo smarrimento, è pronto a fuggire le difficoltà, a ritirarsi di fronte ad esse, a cedere le posizioni.
Avete mai visto i pescatori quando li coglie la tempesta, in mezzo a un grande fiume, come lo Jenissei? Io li ho visti più di una volta. Avviene che un gruppo di pescatori, di fronte allo scatenarsi della tempesta, mobiliti tutte le sue forze, rianimi tutti i suoi uomini e diriga con ardire la barca incontro alla bufera: « Tenete duro, ragazzi, tenete stretto il timone, tagliate le onde, ce la faremo! ». Ma v'è anche un'altra specie di pescatori che, quando sentono venire la tempesta, si perdono d'animo, incominciano a piagnucolare e si demoralizzano l'un l'altro:
Che disgrazia, la tempesta si avvicina, ragazzi, coricatevi sul fondo della barca, chiudete gli occhi e se il destino vuole ci porterà alla riva » (ilarità generale). C'è ancora bisogno di dimostrare che la posizione e il modo d'agire del gruppo Bukharin rassomigliano, come si rassomigliano due gocce d'acqua, alla posizione e al modo d'agire del secondo gruppo di pescatori, che di fronte alle difficoltà scappano in preda al panico?
Noi affermiamo che in Europa maturano le condizioni d'una nuova ondata rivoluzionaria, che questa circostanza ci detta nuovi compiti: intensificare la lotta contro la deviazione di destra nei partiti comunisti ed espellere i destri dai partiti, intensificare la lotta contro la tendenza dei conciliatori che coprono la deviazione di destra, intensificare la lotta contro le tradizioni socialdemocratiche nei partiti comunisti, ecc. ecc. E Bukharin ci risponde che tutte queste sono sciocchezze, che non ci si pongono affatto questi compiti nuovi, che in realtà si tratta solo del fatto che la maggioranza del Comitato Centrale vuol « metter nel sacco » lui, Bukharin.
Noi affermiamo che gli spostamenti di classe nel nostro paese ci dettano nuovi compiti, i quali esigono la riduzione sistematica del costo di produzione e il rafforzamento della disciplina di lavoro nelle aziende, che la realizzazione di questi compiti è impossibile senza un cambiamento radicale di tutta la pratica dei sindacati. E Tomski ci risponde che tutte queste sono sciocchezze, che non ci si pongono affatto questi compiti nuovi e che in realtà si tratta' solo del fatto che la maggioranza del Comitato Centrale vuole « mettere nel sacco » lui, Tomski.
Noi affermiamo che la ricostruzione dell'economia nazionale ci detta nuovi compiti: intensificare la lotta contro la burocrazia nell'apparato sovietico ed economico, epurare questo apparato dagli elementi marci ed ostili, dai sabotatori, ecc. ecc. E Rykov ci risponde che tutte queste sono sciocchezze, che non ci si pongono affatto questi compiti nuovi, che in realtà si tratta solo del fatto che la maggioranza del Comitato Centrale vuole « mettere nel sacco » lui, Rykov.
Non vi pare che ciò sia ridicolo, compagni? Non è chiaro che Bukharin, Rykov e Tomski non vedono altro cosa al mondo che il loro ombelico?
La disgrazia del gruppo Bukharin sta nel fatto che esso non vede i nuovi spostamenti di classe e non comprende i nuovi compiti del partito. E appunto perché non li comprende, è costretto a trascinarsi alla coda degli avvenimenti e a cedere di fronte alle difficoltà.
Ecco dove sono le radici delle nostre divergenze.


II
Disaccordi circa le questioni dell'Internazionale comunista

Ho già detto che Bukharin non vede e non capisce i nuovi compiti dell'Internazionale comunista, che consistono nell'eliminare i destri dai partiti comunisti, nel debellare i conciliatori e nell'epurare i partiti comunisti dalle tradizioni socialdemocratiche; nuovi compiti, che ci sono dettati dal maturare delle condizioni di una nuova ondata rivoluzionaria. Questa tesi è stata pienamente confermata dai nostri disaccordi circa le questioni dell'Internazionale comunista.
Da che cosa sono incominciati i nostri disaccordi in questo campo?
Si è incominciato con le tesi sulla situazione internazionale presentate da Bukharin al Sesto Congresso. Di solito le tesi venivano esaminate previamente in seno alla delegazione del Partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S. In questo caso, però, questa condizione non venne osservata e accadde che le tesi, firmate da Bukharin, vennero inviate contemporaneamente alla delegazione del Partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S. e alle delegazioni al Sesto Congresso dei partiti comunisti fratelli. Ora, le tesi apparvero insoddisfacenti in parecchi punti. La delegazione del Partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S. dovette apportare alle tesi circa 20 emendamenti.
Questo fatto mise Bukharin in una situazione alquanto imbarazzante. Ma di chi è la colpa? Che bisogno aveva Bukharin di distribuire le tesi alle delegazioni dei partiti fratelli prima che fossero state esaminate dalla delegazione del Partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S.? Poteva la delegazione del Partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S. non fare degli emendamenti, se le tesi risultavano insoddisfacenti? E avvenne che la delegazione del Partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S. presentò, in sostanza, delle nuove tesi sulla situazione internazionale, tesi che le delegazioni dei partiti fratelli incominciarono a contrapporre alle vecchie tesi firmate da Bukharin. E’ chiaro che non si sarebbe creata questa situazione imbarazzante se Bukharin non si fosse troppo affrettato a inviare le sue tesi alle delegazioni dei partiti fratelli.
Vorrei richiamare l'attenzione su quattro emendamenti fondamentali apportati alle tesi di Bukharin dalla delegazione del Partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S. Vorrei richiamare l'attenzione su questi emendamenti fondamentali per mostrare più chiaramente il carattere dei disaccordi circa le questioni dell'Internazionale comunista.
La prima questione riguarda il carattere della stabilizzazione del capitalismo. Dalle tesi di Bukharin risultava che nel momento attuale non c'è niente di nuovo che scuota la stabilizzazione del capitalismo, che, al contrario, il capitalismo si sta ricostruendo e che la sua situazione è in sostanza, più o meno solida. E' chiaro che con tale caratteristica del cosiddetto terzo periodo, del periodo, cioè, che stiamo attraversando ora, la delegazione del Partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S. non poteva dichiararsi d'accordo. Essa non poteva dichiararsi d'accordo perché mantenendo tale caratteristica del terzo periodo si sarebbe permesso ai nostri critici di dire che ci poniamo dal punto di vista del cosiddetto « risanamento » del capitalismo, cioè dal punto di vista di Hilferding punto di vista che noi, comunisti, non possiamo accettare. Perciò la delegazione del Partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S. propose un emendamento, da cui risulta che la stabilizzazione del capitalismo non è solida e non può esserlo, che essa è e continuerà ad essere scossa nel corso degli avvenimenti, dato l'aggravarsi della crisi del capitalismo mondiale. Questa questione, compagni, ha un'importanza decisiva per le sezioni dell'Internazionale comunista. Si sfascia o si consolida la stabilizzazione del capitalismo? Da questo dipende tutto l'orientamento dei partiti comunisti nel loro lavoro politico quotidiano. Stiamo noi attraversando un periodo di declino del movimento rivoluzionario, un periodo di semplice raggruppamento delle forze, oppure stiamo attraversando un periodo in cui maturano le condizioni di una nuova ascesa rivoluzionaria, un periodo di preparazione della classe operaia alle prossime battaglie di classe? Da questo dipende la posizione tattica dei partiti comunisti. L'emendamento apportato dalla delegazione del Partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S., accettato in seguito dal congresso, è tanto più giusto in quanto orienta chiaramente verso la seconda prospettiva, la prospettiva del maturare delle condizioni di una nuova ascesa rivoluzionaria.
La seconda questione riguarda la lotta contro la socialdemocrazia. Nelle tesi di Bukharin si diceva che la lotta contro la socialdemocrazia è uno dei compiti principali delle sezioni dell'Internazionale comunista. Questo, evidentemente, è giusto. Ma è insufficiente. Perché la lotta contro la socialdemocrazia possa svilupparsi con successo è necessario porre in modo acuto il problema della lotta contro la cosiddetta ala « sinistra » della socialdemocrazia, contro quell'ala « sinistra » che, giocando con le frasi di « sinistra » e abilmente ingannando gli operai, frena il loro distacco dalla socialdemocrazia. E' chiaro che senza debellare i socialdemocratici di « sinistra » è impossibile vincere la socialdemocrazia in generale. Ciononostante, nelle tesi di Bukharin la questione della socialdemocrazia di « sinistra » era lasciata completamente in disparte. Evidentemente, questa era una grande lacuna. Perciò la delegazione del Partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S. dovette apportare alle tesi di Bukharin l'emendamento corrispondente, emendamento che è poi stato approvato dal Congresso.
La terza questione riguarda le tendenze conciliatrici nei problemi dell'Internazionale comunista. Nelle tesi di Bukharin si parlava della necessità di lottare contro la deviazione di destra, ma non si faceva parola della lotta contro le tendenze conciliatrici con la deviazione di destra. Evidentemente, questa era una grande lacuna. E’ un fatto che quando si dichiara la guerra alla deviazione di destra, i destri, di solito, si mascherano da conciliatori e mettono il partito in una situazione difficile. Per prevenire questa manovra dei destri è necessario porre la questione d'una lotta decisa contro i conciliatori. Perciò la delegazione del Partito comunista ( bolscevico) dell'U.R.S.S. credette necessario apportare alle tesi di Bukharin l'emendamento corrispondente, emenda- mento che è poi stato approvato dal congresso.
La quarta questione riguarda la disciplina. Nelle tesi di Bukharin non si faceva allusione alla necessità di mantenere una disciplina di ferro nei partiti comunisti. Neppure questa era una lacuna di poca importanza. Perché? Perché nel periodo in cui si identifica la lotta contro la deviazione di destra, nel periodo in cui si applica la parola d'ordine dell'epurazione dei partiti comunisti dagli elementi opportunisti, i destri, di solito, si organizzano in frazione, creano la loro propria disciplina di frazione, mentre spezzano e distruggono la disciplina del partito. Per preservare il partito dalle manovre frazioniste dei destri è necessario porre la questione dell'esistenza di una disciplina di ferro nel partito e della sottomissione incondizionata dei membri del partito a questa disciplina. Senza questo è inutile pensare a una lotta seria contro la deviazione di destra. Perciò la delegazione del Partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S. apportò alle tesi di Bukharin l'emendamento corrispondente, emendamento che è poi stato approvato al Sesto Congresso.
Potevamo noi esimerci dall'apportare questi emendamenti alle tesi di Bukharin? E’ chiaro che non lo potevamo. Anticamente si diceva a proposito del filosofo Platone: « Amiamo Platone, ma la verità l'amiamo ancor di più ». La stesso si potrebbe dire di Bukharin: « Amiamo Bukharin, ma la verità, il partito, l'Internazionale comunista, li amiamo ancor di più ». Perciò la delegazione del Partito comunista (bolscevico) dell’'U.R.S.S. si è vista costretta ad apportare questi emendamenti alle tesi di Bukharin.
Questa è stata, per così dire, la prima tappa dei nostri disaccordi circa le questioni dell'Internazionale comunista.
La seconda tappa dei nostri disaccordi è legata al cosiddetto affare Wittorf e Thalmann. Wittorf è l'ex segretario dell'organizzazione di Amburgo, accusato di aver dilapidato del denaro appartenente al partito, ciò che gli valse di essere espulso dal partito. I conciliatori, nel Comitato Centrale del Partito comunista tedesco, sfruttando le relazioni esistenti tra Wittorf e il compagno Thalmann, sebbene il compagno Thalmann, non avesse niente a che fare col delitto di cui si era reso colpevole Wittorf, trasformarono l'affare Wittorf in un affare Thalmann e si accinsero a rovesciare la direzione del Partito comunista tedesco. Certamente sapete, dalle notizie dei giornali, che i conciliatori Ewert e Gerhart riuscirono, allora, a trascinare temporaneamente dietro a sé la maggioranza del Comitato Centrale del Partito comunista tedesco contro il compagno Thalmann. E che fecero? Esclusero Thalmann dalla direzione, lo incolparono di corruzione e pubblicarono una risoluzione « corrispondente », all'insaputa e senza la sanzione del Comitato Esecutivo dell'Internazionale comunista. In tal modo, invece di adempiere le direttive del Sesto Congresso dell'Internazionale comunista circa la lotta contro le tendenze conciliatrici, invece di combattere la deviazione di destra e le tendenze conciliatrici, si giunse, in pratica, alla più grossolana violazione di queste direttive, si condusse una lotta contro la direzione rivoluzionaria del Partito comunista tedesco, una lotta contro il compagno Thalmann, allo scopo di coprire la deviazione di destra e di dare il sopravvento alle tendenze conciliatrici nelle file dei comunisti tedeschi.
Ed ecco che, invece di dare un colpo di timone e ristabilire la situazione, invece di rimettere in vigore le direttive del Sesto Congresso
violate in questo modo, invece di richiamare all'ordine i conciliatori, Bukharin propone, nella lettera che conoscete, di sanzionare il colpo di mano dei conciliatori, di confidare il Partito comunista tedesco ai conciliatori e di bollare nuovamente il compagno Thalmann nella stampa, dichiarandolo ancora una volta colpevole. E questo si chiama un « dirigente » dell'Internazionale comunista! E' possibile che vi siano sulla terra dei « dirigenti » di questo stampo?
Il Comitato Centrale ha esaminato la proposta di Bukharin e l'ha respinta. Questo, si capisce, non ha fatto piacere a Bukharin. Ma di chi la colpa? Le decisioni del Sesto Congresso sono state approvate non già per essere violate, bensì per essere applicate. Se il Sesto Congresso ha deciso di dichiarare la lotta alla deviazione di destra e alle tendenze conciliatrici, mantenendo alla direzione il nucleo fondamentale del Partito comunista tedesco con il compagno Thalmann alla testa, e ai conciliatori Ewert e Gerhart è venuto in mente di passare sopra a questa decisione, il dovere di Bukharin era di richiamare all'ordine i conciliatori e non di lasciare loro la direzione del Partito comunista tedesco. La colpa è di Bukharin, che ha « dimenticato » le decisioni del Sesto Congresso.
La terza tappa dei nostri disaccordi è legata alla questione della lotta contro i destri nel Partito comunista tedesco, alla questione della disfatta della frazione di Brandler e di Thalheimer e dell'espulsione dal Partito comunista tedesco dei dirigenti di questa frazione. La « posizione » di Bukharin e dei suoi amici in questa questione cardinale è consistita nell'essersi sempre rifiutati di partecipare alla soluzione di questo problema. In sostanza si decideva delle sorti del Partito comunista tedesco. Ma Bukharin e i suoi amici, pur sapendo come stavano le cose, hanno continuamente messo i bastoni tra le ruote, rifiutandosi sistematicamente di partecipare alle sedute delle istanze competenti. E perché? Certamente per poter rimanere « immacolati » e davanti all'Internazionale comunista e davanti ai destri del Partito comunista tedesco. Per poter dire: « Non siamo stati noi, bukhariniani; ma è stata la maggioranza del Comitato Centrale che ha espulso Brandler e Thalheimer dal partito comunista ». E questo si chiama lottare contro il pericolo di destra!
Infine, la quarta tappa dei nostri disaccordi. Essa è legata alla richiesta fatta da Bukharin, prima dell'Assemblea plenaria del Comitato Centrale di novembre, di allontanare dalla Germania Neumann e di richiamare all'ordine il compagno Thalmann, reo, a quanto pare, di aver criticato in uno dei suoi discorsi il rapporto di Bukharin al Sesto Congresso. Noi, naturalmente, non potevamo dichiararci d'accordo con Bukharin, non avendo nelle mani assolutamente nessun documento a sostegno della richiesta di Bukharin. Bukharin aveva promesso di presentare dei documenti contro Neumann e Thalmann. Però non ha presentato nessun documento. Invece dei documenti ha mandato ai membri della delegazione del Partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S. il noto discorso di Humbert-Droz alla segreteria politica del Comitato Esecutivo dell'Internazionale comunista, quel discorso che il Presidium del Comitato Esecutivo dell'Internazionale comunista ha qualificato, in seguito, come un discorso opportunista. Inviando il discorso di Humbert-Droz ai membri della delegazione del Partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S. e raccomandandolo come materiale contro Thalmann, Bukharin voleva dimostrare la giustezza della sua richiesta di allontanare Neumann e di richiamare all'ordine il compagno Thalmann. In realtà, invece, egli ha dimostrato di essere solidale con Humbert-Droz, le cui posizioni sono considerate dal Comitato Esecutivo dell'Internazionale comunista come posizioni opportuniste.
Ecco, compagni, i punti principali dei nostri disaccordi circa le questioni dell'Internazionale comunista.
Bukharin pensa che, conducendo la lotta contro la deviazione di destra e le tendenze conciliatrici verso di essa nelle sezioni dell'Internazionale comunista, epurando il partito tedesco e il partito cecoslovacco dagli elementi e dalle tradizioni socialdemocratiche, cacciando dai partiti comunisti i Brandler e i Thalheimer, noi « disgreghiamo » l'Internazionale comunista, noi « roviniamo » l'Internazionale comunista. Noi pensiamo, al contrario, che, conducendo questa politica e ponendo in modo acuto la questione della lotta contro la deviazione di destra e contro le tendenze conciliatrici verso di essa, consolidiamo l'Internazionale comunista, la epuriamo dagli opportunisti, bolscevizziamo le sue sezioni e aiutiamo i partiti comunisti a preparare la classe operaia ai prossimi scontri rivoluzionari.
Voi vedete che non si tratta di semplici sfumature che si manifestino nelle file del Comitato Centrale del Partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S., ma di disaccordi abbastanza seri circa le questioni cardinali della politica dell'Internazionale comunista.


III
I disaccordi in materia di politica interna
Ho già parlato degli spostamenti di classe e della lotta di classe nel nostro paese. Ho detto che il gruppo Bukharin è colpito da cecità e non vede questi spostamenti, non comprende i nuovi compiti del partito. Ho detto che su questo terreno sono sorti, nella nuova opposizione, lo smarrimento, la paura delle difficoltà e la tendenza a capitolare davanti ad esse. Non si può dire che questi errori della nuova opposizione siano caduti dal cielo. Al contrario, essi sono legati a quella fase di sviluppo, già sorpassata, che si chiama periodo di ricostituzione dell'economia nazionale, quando il lavoro costruttivo procedeva in modo pacifico e, per così dire, spontaneo, quando non si producevano ancora gli spostamenti di classe che si producono oggi, quando la lotta di classe non si era ancora inasprita come osserviamo adesso. Ma ora siamo entrati in una nuova fase di sviluppo, diversa da quella del periodo precedente, del periodo di ricostituzione. Ora ci troviamo in un nuovo periodo di edificazione, nel periodo di ricostruzione di tutta l'economia nazionale sulla base del socialismo. Questo nuovo periodo provoca nuovi spostamenti di classe e un inasprimento della lotta di classe. Esso esige nuovi metodi di lotta, un nuovo raggruppamento delle nostre forze, un miglioramento e un rafforzamento di tutte le nostre organizzazioni. La disgrazia del gruppo Bukharin consiste appunto nel fatto che esso vive del passato, non vede le particolarità caratteristiche di questo nuovo periodo e non comprende la necessità di nuovi metodi di lotta. Di qui la sua cecità, lo smarrimento, il panico davanti alle difficoltà.

a) Della lotta di classe

Qual è la base teorica di questa cecità e di questo smarrimento del gruppo Bukharin?
Penso che la base teorica di questa cecità e di questo smarrimento è il modo errato, non marxista, in cui Bukharin considera il problema della lotta di classe nel nostro paese. Mi riferisco alla teoria non marxista di Bukharin circa l'integrazione dei kulak nel socialismo, alla sua incomprensione del meccanismo della lotta di classe nel quadro della dittatura del proletariato.
Qui si è citato a parecchie riprese il noto passo dell'opuscolo di Bukharin: « Il cammino del socialismo » dove si parla dell'integrazione dei kulak nel socialismo. Ma esso è stato citato con alcune omissioni. Permettetemi di citarlo per intero. È necessario farlo, compagni, per dimostrare quanto sia profondo il distacco di Bukharin dalla teoria marxista della lotta di classe. Ascoltate:
« La rete fondamentale delle nostre organizzazioni cooperative contadine si comporrà di cellule cooperative di tipo "lavoratore" e non di tipo kulak, di cellule che si integrano nel sistema dei nostri organi statali e diventano così gli anelli dell'unica catena dell'economia socialista. D'altra parte, i nuclei cooperativi kulak si verranno integrando esattamente allo stesso modo anch'essi, attraverso le banche, ecc., nello stesso sistema; ma essi saranno un corpo fino a un certo punto estraneo, analogo, per esempio, alle aziende date in concessione » (il corsivo è mio. G. St.).
Citando questo passo dell'opuscolo di Bukharin, alcuni compagni, chissà mai perché, hanno omesso l'ultima frase relativa ai concessionari. Rosit, desiderando evidentemente aiutare Bukharin, ne ha approfittato e ha gridato, dal suo posto, che si deforma Bukharin. Orbene, il sale di tutta la citazione sta precisamente nell'ultima frase, relativa ai concessionari. Difatti, se si mettono i concessionari sullo stesso piano dei kulak e se i kulak si integrano nel socialismo, che cosa ne deriva? Ne deriva una cosa sola e, precisamente, che i concessionari si integrano essi pure nel socialismo, che non solo i kulak, ma anche i concessionari si integrano nel socialismo (ilarità generale).
Ecco che cosa ne deriva.
Rosit: Bukharin dice « corpo estraneo ».
Stalin: Bukharin non dice « corpo estraneo », ma « corpo fino a un certo punto estraneo ». Vale a dire che i kulak e i concessionari sono nel sistema del socialismo un corpo estraneo « fino a un certo punto ». Ma è proprio qui che risiede l'errore di Bukharin: che i kulak e i concessionari, pur essendo « fino a un certo punto » un corpo estraneo, si integrano cionondimeno nel socialismo. Ecco a quale assurdità conduce la teoria di Bukharin. I capitalisti della città e della campagna, i kulak e i concessionari che si integrano nel socialismo: ecco a quale stupidità è arrivato Bukharin. No, compagni, non abbiamo bisogno di un tal « socialismo ». Che Bukharin se lo tenga per sé.
Fino ad ora noi, marxisti-leninisti, abbiamo pensato che tra i capitalisti della città e della campagna, da una parte, e la classe operaia dall'altra, esiste una irriducibile opposizione di interessi. Su questo precisamente è fondata la teoria marxista della lotta di classe. Ma adesso, secondo la teoria di Bukharin dell'integrazione pacifica dei capitalisti nel socialismo, tutto ciò si capovolge da cima a fondo, l'opposizione irriducibile degli interessi di classe degli sfruttatori e degli sfruttati scompare, gli sfruttatori si integrano nel socialismo.
Rosit: Questo non è vero: si presuppone la dittatura del proletariato.
Stalin: Ma la dittatura del proletariato è la forma più acuta della lotta di classe.
Rosit: È proprio di questo che si tratta.
Stalin: Ma secondo Bukharin, i capitalisti si integrano in questa dittatura del proletariato. Com'è possibile che non comprendiate questo, Rosit? Contro chi bisogna condurre la lotta, contro chi bisogna dunque dirigere la forma più acuta della lotta di classe, se i capitalisti della città e della campagna si integrano nel sistema della dittatura del proletariato? La dittatura del proletariato è necessaria per condurre una lotta irriducibile contro gli elementi capitalistici, per schiacciare la borghesia ed estirpare il capitalismo dalle radici. Ma se i capitalisti della città e della campagna, se i kulak e il concessionario si integrano nel socialismo, che bisogno c'è allora, in generale, della dittatura del proletariato, e se ve n'è bisogno, qual è la classe che bisogna schiacciare?
Rosit: Si tratta proprio di questo: l'integrazione, secondo Bukharin, presuppone la lotta di classe.
Stalin: Vedo che Rosit ha giurato di rendere dei servigi a Bukharin. Ma i suoi servigi sono come quello dell'orso della favola, perché, volendo salvare Bukharin, in realtà lo fa andare a picco senza remissione. Non per niente si dice che « l'orso servizievole è peggio d'un nemico » (ilarità generale).
Delle due una: o fra la classe dei capitalisti e la classe degli operai che si sono installati al potere e hanno organizzato la loro dittatura vi è una irriducibile opposizione d'interessi, oppure questa opposizione d'interessi non c'è e allora non resta che dichiarare l'armonia degli interessi di classe.
O la teoria di Marx della lotta di classe, o la teoria dell'integrazione dei capitalisti nel socialismo. O l'opposizione irriducibile degli interessi di classe, o la teoria dell'armonia degli interessi di classe. Una delle due.
Si può ancora comprendere che dei « socialisti » del tipo di Brentano o di Sidney Webb predichino l'integrazione del socialismo nel capitalismo e del capitalismo nel socialismo, perché questi « socialisti » sono di fatto degli antisocialisti, dei liberali borghesi. Ma non si può capire un uomo che vuol essere un marxista e in pari tempo predica la teoria dell'integrazione dei capitalisti nel socialismo.
Bukharin ha tentato, nel suo discorso, di corroborare la sua teoria dell'integrazione dei kulak nel socialismo richiamandosi a un passo ben noto di Lenin. Con ciò egli sostiene che Lenin dice la stessa cosa di Bukharin. Non è vero compagni. È una calunnia grossolana e imperdonabile contro Lenin. Ecco il testo di questo passo di Lenin:
« Certo, nella nostra Repubblica sovietica il regime sociale è basato sulla collaborazione di due classi, gli operai e i contadini, collaborazione alla quale sono ammessi oggi, a determinate condizioni, anche i "nepman", cioè la borghesia ». (« Come dobbiamo riorganizzare l'Ispezione operaia e contadina », vol. XXVII, p. 405, ed. russa).
Voi vedete che qui non si dice una parola dell'integrazione dei capitalisti nel socialismo. Qui si dice soltanto che abbiamo « ammesso » a collaborare con gli operai e i contadini « a determinate condizioni » anche i nepman, cioè la borghesia. Che significa ciò? Significa che in tal modo abbiamo ammesso la possibilità dell'integrazione dei nepman nel socialismo? Evidentemente, no. Solo delle persone che hanno perso ogni pudore possono interpretare a questo modo questo passo di Lenin. Ciò significa soltanto che per il momento non annientiamo la borghesia, che per il momento non la espropriamo, ma ammettiamo la sua esistenza a condizioni determinate, cioè a condizione che essa si sottometta in modo assoluto alle leggi della dittatura del proletariato, cioè a condizione di una limitazione progressiva dei capitalisti, allo scopo di eliminarli gradualmente dalla vita economica del paese. E’ possibile realizzare praticamente l'eliminazione dei capitalisti e distruggere le radici del capitalismo senza una lotta di classe accanita? No, non è possibile. Si possono abolire le classi con la teoria e la pratica dell'integrazione dei capitalisti nel socialismo? No, non si possono abolire. Tale teoria e tale pratica può soltanto alimentare e perpetuare le classi, perché contraddice, questa teoria, alla teoria della lotta di classe. Ebbene, il passo di Lenin è basato per intero sulla teoria marxista della lotta di classe nel quadro della dittatura del proletariato. Cosa può esservi di comune fra la teoria di Bukharin circa l'integrazione del kulak nel socialismo e la teoria di Lenin circa la dittatura considerata come lotta di classe accanita? E’ chiaro che non c'è e non può esserci niente di comune.
Bukharin pensa che sotto la dittatura del proletariato la lotta di classe deve spegnersi e liquidarsi affinché ne risulti l'abolizione delle classi. Lenin, al contrario, insegna che le classi possono essere abolite solamente attraverso una lotta di classe accanita, la quale sotto la dittatura proletaria diventa ancora più accanita che prima della dittatura del proletariato.
« L'abolizione delle classi — dice Lenin — è il risultato di una lotta di classe lunga, difficile, ostinata, la quale dopo l'abbattimento del potere del capitale, dopo la distruzione dello Stato borghese, dopo l'instaurazione della dittatura del proletariato « non scompare » (come immaginano gli stenterelli del vecchio socialismo e della vecchia socialdemocrazia), ma cambia soltanto le sue forme, diventando sotto molti aspetti ancora più accanita ». (« Saluto agli operai ungheresi », vol. XXIV, p. 315, ed. russa).
Ecco che cosa dice Lenin circa l'abolizione delle classi.
Abolizione delle classi attraverso una lotta di classe accanita del proletariato: tale è la formula di Lenin.
Abolizione delle classi attraverso. l'estinzione della lotta di classe e l'integrazione dei capitalisti nel socialismo: tale è la formula di Bukharin.
Che può esservi di comune fra queste due formule? E' chiaro che fra di esse non c'è e non può esserci niente di comune.
La teoria bukhariniana dell'integrazione dei kulak nel socialismo rappresenta, dunque, un abbandono della teoria marxista-leninista della lotta di classe. Essa si avvicina alla teoria del socialismo della cattedra.
Questa è la ragione di tutti gli errori di Bukharin e dei suoi amici.
E' possibile si dica che non val la pena di soffermarsi a lungo sulla teoria bukhariniana dell'integrazione del kulak nel socialismo perchè essa stessa parla — e non solo parla, ma grida — contro Bukharin. Questo è un errore, compagni! Finché questa teoria era nascosta nei cassetti, si poteva anche non prestarle attenzione: non sono le sciocchezze che mancano negli scritti di diversi compagni! E infatti sino agli ultimi tempi non abbiamo prestato attenzione a questa teoria di Bukharin. Negli ultimi tempi però la situazione si è alquanto modificata. L'elemento piccolo-borghese, scatenatosi negli ultimi anni, ha dato una vita a questa teoria antimarxista, le ha dato un carattere d'attualità. Ora non si può più dire che essa sia nascosta nei cassetti. Ora questa strana teoria di Bukharin ha la pretesa di diventare la bandiera della deviazione di destra nel nostro partito, la bandiera dell'opportunismo. Perciò non possiamo più disinteressarci di questa teoria. Perciò siamo tenuti a batterla come una teoria sbagliata e nociva, per facilitare ai nostri compagni di partito la lotta contro la deviazione di destra.
b) Dell'inasprimento della lotta di classe
Il secondo errore di Bukharin, che deriva dal primo, consiste nel trattare in modo sbagliato e non marxista la questione dell'inasprimento della lotta di classe, dell'accresciuta resistenza degli elementi capitalistici alla politica socialista del potere sovietico. Di che cosa si tratta? Gli elementi capitalistici crescono forse più rapidamente del settore socialista della nostra economia e accentuano perciò la loro resistenza, minando l'edificazione socialista? No, non si tratta di questo. D'altronde è falso che gli elementi capitalistici crescano più rapidamente del settore socialista. Se così fosse, l'edificazione socialista sarebbe già sull'orlo della rovina. La realtà è che il socialismo avanza con successo contro gli elementi capitalistici, che il socialismo si sviluppa più rapidamente degli elementi capitalistici, che, quindi, il peso specifico degli elementi capitalistici diminuisce, e appunto perché il peso specifico degli elementi capitalistici diminuisce, questi elementi si sentono in pericolo mortale e intensificano la loro resistenza. La possibilità di intensificare la loro resistenza, per adesso, l'hanno ancora, non solo perché il capitalismo mondiale presta loro un appoggio, ma anche perché, malgrado la diminuzione del loro peso specifico, malgrado la riduzione del loro sviluppo relativo, nei confronti con lo sviluppo del socialismo, uno sviluppo assoluto degli elementi capitalistici si produce tuttavia, e ciò dà loro una certa possibilità di accumulare delle forze per opporsi allo sviluppo del socialismo. E’ su questa base che, nello stadio attuale di sviluppo e dati gli attuali rapporti di forza, si producono l'inasprimento della lotta di classe e la resistenza più intensa degli elementi capitalistici della città e della campagna. L'errore di Bukharin e dei suoi amici è che essi non comprendono questa verità semplice ed evidente. Il loro errore consiste nel trattare il problema in modo non marxista, ma da piccoli borghesi, cercando di spiegare l'inasprimento della lotta di classe con ogni genere di cause fortuite quali l’« incapacità » dell'apparato sovietico, l'« avventatezza » politica dei compagni di base, la « mancanza » di duttilità, le « esagerazioni », ecc.
Ecco, per esempio, un passo dell'opuscolo di Bukharin: « Il cammino del socialismo », che fornisce l'esempio di un metodo assolutamente non marxista di trattare la questione dell'inasprimento della lotta di classe:
« Qua e là la lotta di classe nella campagna esplode nelle sue vecchie forme, e questo inasprimento è provocato ordinariamente dagli elementi kulak. Quando, per esempio, i kulak oppure gente che si arricchisce a spese altrui e si è intrufolata negli organi del potere sovietico incominciano a sparare sui corrispondenti di villaggio, abbiamo una manifestazione della lotta di classe nella sua forma più acuta. (E’ falso, perché la forma di lotta più acuta è l'insurrezione. G. Stalin). Tuttavia questi casi avvengono di solito là dove l'apparato sovietico locale è ancora debole. Nella misura in cui questo apparato si migliorerà e tutte le cellule di base del potere sovietico si rafforzeranno, nella misura in cui si miglioreranno e si rafforzeranno le organizzazioni rurali del partito e della gioventù comunista, i fatti di questo genere diverranno, è perfettamente evidente, sempre più rari e infine scompariranno senza lasciar tracce ». (Il corsivo è mio. G. St.).
Ne deriva, quindi, che l'inasprimento della lotta di classe viene spiegato con cause d'ordine amministrativo, con la capacità o l'incapacità, con la debolezza o la forza delle nostre organizzazioni di base. Ne deriva, per esempio, che il sabotaggio degli intellettuali borghesi di Sciakhti, che è una delle forme di resistenza degli elementi borghesi al potere sovietico e una delle forme dell'inasprimento della lotta di classe, viene spiegato non già col rapporto delle forze di classe, non già con lo sviluppo del socialismo, bensì con l'incapacità del nostro apparato. Ne deriva che, prima che si manifestasse un sabotaggio su vasta scala nella regione di Sciakhti, il nostro apparato era buono, e dopo, quando il sabotaggio di massa è venuto alla luce, l'apparato è diventato, chi sa mai perché buono a nulla. Ne deriva che fino all'anno scorso, quando la compera dei prodotti agricoli da parte dello Stato si svolgeva automaticamente e la lotta di classe non era particolarmente acuta, le nostre organizzazioni locali erano buone e perfino ideali, mentre a partire dall'anno scorso, quando la resistenza dei kulak ha assunto forme particolarmente acute, le nostre organizzazioni sono diventate di colpo cattive, incapaci di checchessia. Questa non è una spiegazione, ma una parodia di spiegazione. Questa non è scienza, ma ciarlataneria.
Come si spiega l'inasprimento della lotta di classe?
Con due ragioni.
La prima è il nostro movimento in avanti, la nostra avanzata, lo sviluppo delle forme di economia socialista, tanto nell'industria che nell'agricoltura, sviluppo che è accompagnato dalla corrispondente eliminazione di corrispondenti gruppi capitalistici nella città e nella campagna. La verità è che la nostra vita è dominata dalla formula di Lenin: « Chi vincerà? ». O noi mettiamo i capitalisti con le spalle a terra e diamo loro, come si esprimeva Lenin, l'ultima battaglia decisiva, oppure essi metteranno a terra noi.
La seconda ragione è che gli elementi capitalistici non vogliono ritirarsi volontariamente dalla scena: essi resistono e continueranno a resistere al socialismo perché vedono che si approssimano gli ultimi giorni della loro esistenza. E resistere, per i momento essi possono ancora, perché, malgrado la diminuzione del loro peso specifico in senso assoluto, pur tuttavia essi aumentano: la piccola borghesia, rurale e urbana, esprime dal proprio seno, come diceva Lenin, ogni giorno, ogni ora, dei capitalisti e dei piccoli capitalisti ed essi, questi elementi capitalistici, prendono tutte le misure per difendere la propria esistenza.
Non ci sono stati ancora nella storia dei casi in cui le classi agonizzanti si siano volontariamente ritirate dalla scena. Non ci sono ancora stati nella storia dei casi in cui la borghesia agonizzante non abbia messo in opera tutte le forze che le restavano per difendere la propria esistenza. Buono o cattivo che sia il nostro apparato sovietico di base, il nostro movimento in avanti, la nostra avanzata avrà per risultato di ridurre e di eliminare gli elementi capitalistici, ma essi, classe agonizzante, opporranno, malgrado tutto, resistenza.
Ecco qual è la base sociale dell'inasprimento della lotta di classe.
L'errore di Bukharin e dei suoi amici è che essi identificano l'aumento della resistenza dei capitalisti con l'aumento del loro peso specifico. Questa identificazione non ha però base alcuna. Non ha base perché, se i capitalisti oppongono resistenza, questo non vuol dire che siano diventati più forti di noi. E’ vero invece il contrario. Le classi che stanno estinguendosi non oppongono resistenza perché siano diventate più forti di noi, ma perché il socialismo cresce più rapidamente di loro ed esse diventano più deboli di noi. E proprio perché diventano più deboli esse sentono approssimarsi gli ultimi giorni della loro esistenza e sono costrette a resistere con tutte le forze, con tutti i mezzi.
Ecco qual è il meccanismo dell'inasprimento della lotta di classe e della resistenza dei capitalisti nel momento storico attuale.
In che deve consistere la politica del partito, dato questo stato di cose?
Essa deve svegliare la classe operaia e le masse sfruttate della campagna, accrescere la loro capacità combattiva e sviluppare la loro prontezza a mobilitarsi per la lotta contro gli elementi capitalistici della città e della campagna, per la lotta contro la resistenza dei nemici di classe. La teoria marxista-leninista della lotta di classe ha, tra l'altro, questo di buono, che facilita la mobilitazione della classe operaia contro i nemici della dittatura del proletariato.
Perché sono nocive la teoria bukhariniana dell'integrazione dei capitalisti nel socialismo e la concezione bukhariniana dell'inasprimento della lotta di classe?
Perché addormentano la classe operaia, minano la prontezza di mobilitazione delle forze rivoluzionarie del nostro paese, smobilitano la classe operaia e facilitano l'offensiva degli elementi capitalistici contro il potere sovietico.

c) Dei contadini

Il terzo errore di Bukharin riguarda la questione dei contadini. E' noto che la questione dei contadini è una delle più importanti della nostra politica. I contadini, nelle nostre condizioni, si dividono in diversi gruppi sociali e precisamente: contadini poveri, medi e kulak. Si capisce che la nostra posizione non può essere eguale verso tutti e tre questi gruppi. Il contadino povero come appoggio della classe operaia, il contadino medio come alleato e il kulak come nemico di classe: ecco la nostra posizione verso questi gruppi sociali. Tutto questo è comprensibile e generalmente noto. Bukharin, però, considera la cosa un po' diversamente. Nella sua definizione dei contadini scompare la differenziazione, non si sa dove vada a finire l'esistenza di gruppi sociali diversi e rimane solo una macchia grigia, chiamata campagna. Per lui il kulak non è kulak, il contadino medio non è contadino medio, e non v'è nella campagna che una specie di massa povera non differenziata. Così egli si è espresso nel suo discorso: — Può il nostro kulak essere chiamato un kulak? Ma se è un miserabile — ha detto. — E il nostro contadino medio, rassomiglia egli forse a un contadino medio? — ha domandato qui Bukharin. — Ma se è un disgraziato che non sazia la sua fame. — È evidente che questa concezione dei contadini è radicalmente sbagliata, incompatibile col leninismo.
Lenin diceva che i contadini sono l'ultima classe capitalista. E' giusta questa tesi? Sì, è assolutamente giusta. Perché si qualificano i contadini come l'ultima classe capitalista? Perché delle due classi fondamentali che costituiscono la nostra società, i contadini sono la classe la cui economia si basa sulla piccola proprietà e sulla piccola produzione mercantile. Perché i contadini, fino a che restano contadini che dirigono una piccola produzione mercantile, esprimono e non possono non esprimere dal loro seno continuamente e ininterrottamente dei capitalisti. Questa circostanza ha per noi un valore decisivo per quanto si riferisce alla nostra posizione marxista circa il problema dell'alleanza della classe operaia e dei contadini. Ciò significa che quel che ci occorre non è una qualsiasi alleanza coi contadini, ma un'alleanza che si basi sulla lotta contro gli elementi capitalistici tra i contadini. Come vedete, la tesi di Lenin sui contadini come ultima classe capitalista, lungi dal contraddire l'idea dell'alleanza della classe operaia e dei contadini, dà, al contrario, una base a questa alleanza, definendola come alleanza della classe operaia e dei contadini diretta contro gli elementi capitalistici della nostra economia. Lenin ha enunciato questa tesi per dimostrare che l'alleanza della classe operaia e dei contadini può essere solida solo quando si basa sulla lotta contro quegli stessi elementi capitalistici che i contadini esprimono dal loro seno.
L'errore di Bukharin consiste nel non comprendere e non ammettere questa cosa così semplice, nel dimenticare i gruppi sociali nella campagna, nel perder di vista i kulak e i contadini poveri e nel non vedere più altro che una massa indifferenziata di contadini medi. Questa è una incontestabile deviazione di Bukharin verso destra, in contrapposizione alla deviazione di « sinistra », trotskista, la quale non vede nella campagna altri gruppi sociali all'infuori dei contadini poveri e dei kulak e perde di vista i contadini medi.
Qual è la differenza tra il trotskismo e il gruppo Bukharin circa la questione dell'alleanza coi contadini? Il trotskismo si pronuncia contro la politica d'una solida alleanza con le masse dei contadini medi, mentre il gruppo bukhariniano è per qualunque alleanza con i contadini. E' superfluo dimostrare che ambedue queste posizioni sono errate e che l'una vale l'altra.
Il leninismo è decisamente per una solida alleanza con le masse fondamentali dei contadini, per un'alleanza coi contadini medi, ma non per qualsiasi alleanza; esso è per un'alleanza coi contadini medi che assicuri la funzione dirigente della classe operaia, consolidi la dittatura del proletariato e faciliti l'abolizione delle classi.
« Per intesa tra classe operaia e contadini — dice Lenin — si può comprendere quello che si vuole. Se non si tiene presente che l'intesa, dal punto di vista della classe operaia, è ammissibile, giusta e possibile, in linea di principio, solo allorquando è un appoggio per la dittatura della classe operaia ed è una delle misure volte ad abolire le classi, se non si tiene presente questo, la formula dell'intesa della classe operaia coi contadini, rimane, evidentemente, una formula che anche tutti i nemici del potere sovietico e tutti i nemici della dittatura preconizzano nelle loro teorie ». (« Discorso sull'imposta in natura », vol. XXVI, pagina 387, ed. russa).
E più avanti:
« Ora — dice Lenin — il proletariato tiene nelle sue mani il potere e lo dirige. Esso dirige i contadini. Che cosa significa dirigere i contadini? Significa, in primo luogo, orientarsi verso l'abolizione delle classi, e non verso il piccolo produttore. Se abbandonassimo questa linea radicale e fondamentale cesseremmo di essere dei socialisti e cadremmo nel campo di quei piccoli borghesi, nel campo dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi, che sono attualmente i peggiori nemici del proletariato ». (« Discorso di chiusura della discussione del rapporto sull'imposta in natura », ibid., pp. 399-400).
Ecco qual è il punto di vista di Lenin circa la questione dell'alleanza con le masse fondamentali dei contadini, dell'alleanza coi contadini medi.
L'errore del gruppo Bukharin circa la questione del contadino medio è che esso non vede la duplice natura, la duplice posizione del contadino medio, che sta fra la classe operaia e i capitalisti. « Il contadino medio è una classe oscillante », diceva Lenin. Perché? Perché il contadino medio da un lato è un lavoratore, il che lo avvicina alla classe operaia, dall'altro lato è un proprietario, il che lo avvicina ai kulak. Di qui le oscillazioni del contadino medio. E questo è vero non solamente in teoria. Queste oscillazioni si manifestano pure nella pratica, ogni giorno, ogni ora.
« Come lavoratore — dice Lenin — il contadino tende verso il socialismo, preferendo la dittatura degli operai alla dittatura della borghesia. Come venditore di grano il contadino tende verso la borghesia, verso la libertà di commercio, cioè verso il passato, verso il vecchio capitalismo "abituale", "tradizionale" ». (« Saluto agli operai ungheresi », vol. XXIV, p. 314, ed. russa).
Perciò l'alleanza col contadino medio può essere solida solo se è diretta contro gli elementi capitalistici, contro il capitalismo in generale, solo se assicura la funzione dirigente della classe operaia nell'alleanza e facilita l'abolizione delle classi. E' strano che il gruppo Bukharin dimentichi delle cose così semplici e comprensibili.

d) Della nuova politica economica e dei rapporti di mercato

Il quarto errore di Bukharin riguarda la questione della nuova politica economica (Nep). L'errore di Bukharin consiste qui nel non vedere il duplice carattere della Nep, nel vederne solo un lato. Quando nel 1921 abbiamo introdotto la Nep, ne abbiamo diretto la punta contro il comunismo di guerra, contro un regime e un ordine di cose che escludevano qualsiasi libertà di commercio. Consideravamo e consideriamo che la Nep significa una certa libertà di commercio. Di questo aspetto della questione Bukharin se ne ricorda. Molto bene. Ma Bukharin sbaglia quando suppone che la Nep si riduca solo a questo. Bukharin dimentica che la Nep ha anche un altro aspetto. In realtà la Nep non significa affatto piena libertà di commercio, libero gioco dei prezzi sul mercato. La Nep è la libertà di commercio entro certi limiti, in un certo quadro, integra restando la funzione regolatrice dello Stato sul mercato. Ed è proprio questo il secondo aspetto della Nep. Inoltre questo aspetto della Nep non è meno importante, se pur non è più importante del primo. Non esiste sul nostro mercato il libero gioco dei prezzi, come avviene di solito nei paesi capitalistici. Siamo noi che fissiamo i prezzi del grano, in sostanza. Siamo noi che fissiamo i prezzi dei prodotti industriali. Siamo noi che ci sforziamo di condurre una politica di riduzione del costo di produzione e di riduzione dei prezzi dei prodotti industriali, cercando di mantenere stabili i prezzi dei prodotti agricoli. Non è chiaro forse che queste forme speciali, specifiche, di ordinamento del mercato non esistono, generalmente, nei paesi capitalistici?
Ne deriva che, fino a quando esiste la Nep, ne devono essere conservate ambedue le parti: e la prima parte, diretta contro il regime del comunismo di guerra e avente per obiettivo di assicurare una certa libertà di commercio, e la seconda parte, diretta contro la completa libertà di commercio e avente per obiettivo di assicurare la funzione regolatrice dello Stato sul mercato. Annullate uno di questi due aspetti e non avrete più la Nep.
Bukharin pensa che la Nep non possa essere messa in pericolo che da « sinistra », da parte di coloro che vogliono liquidare ogni libertà di commercio. Questo è falso. Questo è un errore dei più grossolani. Inoltre questo pericolo, adesso, è per noi tanto meno reale, in quanto non esistono, o non esistono quasi più, nelle nostre organizzazioni locali e centrali, elementi che non comprendano tutta la necessità e l'opportunità di mantenere una certa libertà di commercio. E’ molto più reale il pericolo di destra, il pericolo rappresentato da coloro che vogliono liquidare la funzione regolatrice dello Stato sul mercato, che vogliono « emancipare » il mercato e aprire, in tal modo, una nuova èra di piena libertà del commercio. Non vi può essere dubbio che il pericolo che si faccia saltare la Nep da destra è oggi molto più reale. Non bisogna dimenticare che l'elemento piccolo-borghese lavora precisamente in questa direzione, nella direzione cioè di fare saltare la Nep da destra. Bisogna pure ricordare che gli strilli dei kulak e degli elementi agiati, gli strilli degli speculatori e degli accaparratori, a cui cedono sovente molti nostri compagni, bombardano la Nep proprio da questa parte. Il fatto che Bukharin non vede questo secondo pericolo, questo pericolo veramente reale che la Nep venga fatta saltare, prova irrefutabilmente che egli ha ceduto all'influenza dell'elemento piccolo-borghese.
Bukharin propone di « normalizzare » il mercato e di « manovrare » coi prezzi statali del grano secondo le regioni, propone cioè di aumentare il prezzo del grano. Che significa ciò? Significa che le condizioni sovietiche del mercato non lo soddisfano, che vuol liquidare a poco a poco la funzione regolatrice dello Stato sul mercato e propone di fare delle concessioni all'elemento piccolo-borghese, che sabota la Nep da destra.
Ammettiamo per un istante che noi seguissimo i consigli di Bukharin. Quali ne sarebbero le conseguenze? Aumenteremmo il prezzo dei grano in autunno, per esempio, all'inizio del periodo della compera del grano da parte dello Stato. Ma siccome vi sono sempre sul mercato degli speculatori e degli accaparratori di ogni sorta, che possono pagare il grano tre volte più caro, e siccome non possiamo tenere testa agli speculatori, perché essi al massimo comprano una decina di milioni di pudi mentre noi dobbiamo comperare delle centinaia di milioni di pudi, i detentori di grano si terranno egualmente il loro grano, in attesa di un ulteriore aumento dei prezzi. Dovremo dunque aumentare di nuovo il prezzo del grano in primavera, quando lo Stato incomincia, per lo più, ad avere maggior bisogno di grano. Ma cosa vuol dire aumentare il prezzo del grano in primavera? Vuol dire strozzare i contadini poveri e gli strati meno abbienti della campagna, che sono obbligati essi stessi a comperare in primavera, parte per la semina, parte per mangiare, lo stesso grano che hanno venduto in autunno a un prezzo più basso. Potremmo ottenere qualcosa di serio con questa operazione, cioè ricevere una quantità sufficiente di grano? La cosa più verosimile è che non lo potremmo, perché si troveranno sempre degli speculatori e degli accaparratori i quali potranno ancora una volta pagare lo stesso grano due o tre volte più caro. Dovremmo quindi prepararci ad aumentare nuovamente il prezzo del grano e cercheremmo inutilmente di tenere testa agli speculatori e agli accaparratori.
Da questo risulta che, una volta presa la via dell'aumento del prezzo del grano, saremmo costretti a scivolare sempre più giù, senza aver la garanzia di ricevere una quantità sufficiente di grano.
Ma non è tutto. In primo luogo, se aumentiamo i prezzi statali del grano, dovremo poi elevare anche i prezzi delle materie prime, per mantenere una certa proporzione nei prezzi di prodotti agricoli. In secondo luogo se aumentiamo i prezzi statali del grano, non potremo mantenere un basso prezzo del pane in città, cioè dovremo aumentare pure i prezzi di vendita del pane. E siccome non possiamo e non dobbiamo ledere gli operai, dovremo aumentare il salario a ritmo accelerato. Ma questo non può non portare a un aumento dei prezzi anche dei prodotti industriali, perché, nel caso contrario, si può avere uno spostamento di risorse finanziarie dalla città alla campagna, contrariamente agli interessi dell'industrializzazione. Dovremo dunque equilibrare i prezzi dei prodotti industriali e dei prodotti agricoli non sulla base di prezzi discendenti o, per lo meno, stabili, ma sulla base di prezzi ascendenti sia per il grano che per i prodotti industriali. In altri termini, dovremo orientarci verso un rincaro dei prezzi dei prodotti industriali e dei prodotti agricoli. Non è difficile comprendere che questa « manovra » sui prezzi non può che condurre alla liquidazione completa della politica sovietica dei prezzi, a liquidare la funzione regolatrice dello Stato sul mercato e a lasciare completamente libero l'elemento piccolo-borghese. Chi ne trarrà profitto? Solo gli strati agiati della città e della campagna, perché ì prodotti industriali e agricoli cari diventeranno inaccessibili sia alla classe operaia che ai contadini poveri e agli strati meno abbienti della campagna. Ci guadagneranno i kulak e gli elementi agiati, i nepman e le altre classi abbienti.
Questa pure sarà un'alleanza, ma un'alleanza singolare: l'alleanza con gli strati abbienti della campagna e della città. Gli operai e gli strati meno abbienti della campagna avranno pienamente ragione di domandarci: — Che cosa è il nostro potere; è il potere degli operai e dei contadini, o il potere dei kulak e dei nepman?
Rottura con la classe operaia e con gli strati meno abbienti della campagna, alleanza con gli strati agiati della campagna e della città, ecco i risultati a cui condurrebbero la « normalizzazione » bukhariniana del mercato e le sue « manovre » sui prezzi del grano secondo le regioni.
E’ chiaro che il partito non può mettersi su questa via disastrosa.
Fino a che punto si sono imbrogliate, in Bukharin, tutte le idee sulla Nep e fino a che punto egli è caduto prigioniero dell'elemento piccolo-borghese, lo si può vedere, tra l'altro, dalla posizione più che negativa che egli assume verso le nuove forme di scambio delle merci fra la città e la campagna, fra lo Stato e i contadini. Egli è indignato e strilla perché lo Stato è diventato fornitore di merci ai contadini e i contadini diventano fornitori di grano allo Stato. Egli considera che questa è una violazione di tutte le regole della Nep, quasi un siluramento della Nep. Perché, domandiamo, per quale ragione? Che vi può essere di male nel fatto che lo Stato, che l'industria statale sia fornitrice di merci ai contadini e i contadini siano fornitori di grano all'industria, allo Stato? Che vi può essere di male, dal punto di vista del marxismo e della politica marxista della Nep, nel fatto che i contadini si siano già trasformati in fornitori di cotone, di barbabietole, di lino per i bisogno dell'industria statale, e l'industria statale in fornitrice di merci cittadine, di sementi e di strumenti di produzione per questi rami dell'agricoltura? Il metodo della stipulazione è qui il metodo fondamentale per stabilire queste nuove forme di scambio di merci fra la città e la campagna. Ma il metodo della stipulazione contraddice forse alle esigenze della Nep? Che vi può essere di male nel fatto che i contadini diventino fornitori dello Stato anche per il grano e non solo per il cotone, le barbabietole, il lino, grazie sempre al metodo della stipulazione? Perché il commercio in piccolo si può chiamare scambio di merci, e il commercio in grande, con dei patti stabiliti in precedenza (stipulazione) per quanto riguarda i prezzi e la qualità della merce, non si può considerare scambio di merci? Da che cosa deriva questa incongruenza? E' forse difficile capire che queste nuove forme, queste forme di scambio di merci fra la città e la campagna, col metodo della stipulazione, sono sorte precisamente sulla base della Nep, che esse costituiscono un grandissimo passo in avanti, da parte delle nostre organizzazioni, nel senso di rafforzare la direzione pianificata, socialista dell'economia nazionale?
Non è strano che Bukharin abbia disimparato delle cose così semplici ed evidenti?

e) Del ritmo di sviluppo dell'industria e delle nuove forme d'alleanza

Infine, vi è la questione del ritmo di sviluppo dell'industria e delle nuove forme d'alleanza fra la città e la campagna. Questo è uno dei punti più importanti dei nostri disaccordi. L'importanza di esso consiste nel fatto che vi fanno capo tutti i fili dei nostri disaccordi pratici circa i problemi della politica economica del partito.
Che cosa sono le nuove forme d'alleanza, che cosa significano dal punto di vista della nostra politica economica?
Significano, prima di tutto, che oltre alle vecchie forme d'alleanza fra la città e la campagna, quando l'industria soddisfaceva principalmente il fabbisogno individuale del contadino (tessuti di cotone, scarpe, manifatture in generale, ecc.), ci occorrono inoltre delle nuove forme d'alleanza, in cui l'industria deve soddisfare i bisogni produttivi dell'azienda contadina (macchine agricole, trattori, sementi selezionate, concimi, ecc.). Se prima soddisfacevamo prevalentemente le richieste individuali del contadino, prestando poca attenzione alle necessità produttive della sua azienda, oggi, pur continuando a soddisfare il fabbisogno individuale del contadino, dobbiamo poggiare dappertutto sul rifornimento di macchine agricole, di trattori, concimi, ecc., aventi una relazione diretta con la ricostruzione della produzione agricola su una nuova base tecnica. Fino a quando si trattava della ricostituzione dell'agricoltura e della messa in valore delle terre degli ex proprietari fondiari e dei kulak, potevamo accontentarci delle vecchie forme di alleanza. Ma oggi che si tratta della ricostruzione dell'agricoltura, ciò non è più sufficiente. Oggi bisogna procedere oltre, aiutando il contadino a ricostruire la produzione agricola sulla base di una nuova tecnica e del lavoro collettivo.
Significano, in secondo luogo, che parallelamente al riattrezzamento della nostra industria, dobbiamo accingerci in modo serio a riattrezzare anche l'agricoltura. Riattrezziamo e in parte abbiamo già riattrezzato la nostra industria, dandole una nuova base tecnica, rifornendola di nuove macchine perfezionate, di quadri nuovi, migliori. Costruiamo nuove fabbriche e officine, ricostruiamo e allarghiamo quelle vecchie, sviluppiamo la metallurgia, la chimica, le costruzioni meccaniche. Su questa base sorgono le città, si moltiplicano i nuovi centri industriali, si estendono quelli vecchi. Su questa base cresce la domanda di generi alimentari, di materie prime per l'industria. L'agricoltura, invece, rimane addietro, coi suoi vecchi attrezzi, coi suoi vecchi metodi patriarcali di lavorazione della terra, con la sua vecchia tecnica primitiva, che non serve più a niente o quasi a niente, con le sue vecchie forme di gestione e di lavoro proprie dell'azienda contadina individuale. Cosa vuol dire, per esempio, il fatto che mentre prima della rivoluzione avevamo circa 16 milioni di aziende contadine, adesso non ne abbiamo meno di 25 milioni? Cosa vuol dire tutto ciò, se non che l'economia agricola prende un carattere di sempre maggiore dispersione e spezzettamento? Orbene, il tratto caratteristico delle piccole aziende disperse è che esse non sono in grado di utilizzare convenientemente la tecnica, le macchine, i trattori, i dati della scienza agronomica, che esse sono aziende la cui produzione mercantile è esigua. Di qui l'insufficiente afflusso di prodotti agricoli sul mercato. Di qui il pericolo di rottura tra la città e la campagna, tra l'industria e l'agricoltura. Di qui la necessità di portare, di spingere l'agricoltura a raggiungere il ritmo di sviluppo dell'industria. Ora, affinché scompaia questo pericolo di rottura, bisogna accingersi seriamente a riattrezzare l'agricoltura sulla base di una nuova tecnica. Ma per riattrezzarla, bisogna riunire gradatamente in grandi aziende, in collettività, le aziende contadine disperse, bisogna edificare l'agricoltura sulla base del lavoro collettivo, bisogna ingrandire le collettività, bisogna sviluppare i sovcos vecchi e nuovi, bisogna applicare sistematicamente a tutti i rami fondamentali dell'agricoltura le forme di massa dì stipulazione, bisogna sviluppare il sistema delle stazioni di macchine e di trattori che aiutino i contadini ad assimilare la nuova tecnica e a collettivizzare il lavoro, — in una parola — bisogna portare gradualmente le piccole aziende contadine sulla base della grande produzione collettiva, perché solo la grande produzione di tipo sociale è in grado di utilizzare tutti i dati della scienza e della nuova tecnica e di spingere avanti a passi di sette leghe lo sviluppo della nostra agricoltura.
Ciò non significa, ben inteso, che dobbiamo sbarazzarci dell'azienda individuale dei contadini poveri e medi. Niente affatto. L'azienda individuale del contadino povero e medio, per quanto riguarda il rifornimento dell'industria in generi alimentari e in materie prime, ha e avrà ancora, nel prossimo avvenire, una parte preponderante. Appunto per questo è necessario appoggiare l'azienda individuale del contadino povero e medio. Ma ciò significa che la sola azienda contadina individuale è già insufficiente. Questo ci dicono le nostre difficoltà nella compera del grano da parte dello Stato. Perciò lo sviluppo dell'azienda individuale del contadino povero e medio deve essere completato sviluppando in tutti i modi le forme di azienda collettiva e i sovcos. Perciò bisogna gettare un ponte tra le aziende individuali dei contadini poveri e medi e le forme di economia sociale e collettiva, e ciò si ottiene con le stipulazioni su grande scala, con le stazioni di macchine e di trattori, con lo sviluppo intenso delle cooperative, allo scopo di facilitare al contadino il passaggio della sua piccola azienda individuale sulla via del lavoro collettivo. Senza queste condizioni è impossibile un serio sviluppo dell'agricoltura. Senza queste condizioni è impossibile risolvere il problema del grano. Senza queste condizioni è impossibile strappare gli strati contadini meno abbienti alla povertà, all'indigenza.
Le nuove forme d'alleanza significano, infine, che bisogna sviluppare in tutti i modi la nostra industria, fonte essenziale di alimentazione della produzione agricola e della sua ricostruzione, che bisogna sviluppare la metallurgia, la chimica, le costruzione meccaniche, che bisogna costruire delle fabbriche di trattori, di macchine agricole, ecc. Non occorre dimostrare che è impossibile sviluppare i colcos, che è impossibile sviluppare le stazioni di macchine e di trattori se non si attirano le masse fondamentali dei contadini alle forme di gestione collettiva attraverso le stipulazioni su grande scala, se non si rifornisce l'agricoltura di una quantità rilevante di trattori, di macchine, ecc. Ma rifornire la campagna di macchine e di trattori è impossibile se non si sviluppa la nostra industria a ritmo accelerato. Di qui la necessità di un rapido ritmo di sviluppo della nostra industria come chiave della ricostruzione dell'agricoltura sulla base del collettivismo.
Tale è il senso e l'importanza delle nuove forme d'alleanza.
Il gruppo Bukharin è costretto a riconoscere, a parole, la necessità delle nuove forme d'alleanza. Ma si tratta soltanto d'un riconoscimento a parole, coll'intento di far passare, sotto la bandiera del riconoscimento verbale delle nuove forme d'alleanza, qualcosa di diametralmente opposto. Bukharin in realtà è contro le nuove forme d'alleanza. Per Bukharin il punto di partenza non è il rapido ritmo di sviluppo dell'industria come leva per la ricostruzione della produzione agricola, ma lo sviluppo dell'azienda contadina individuale. Egli mette in primo piano la « normalizzazione » del mercato e l'introduzione del libero gioco dei prezzi sul mercato dei prodotti agricoli, l'introduzione, in sostanza, della completa libertà di commercio. Di qui la sua diffidenza verso i colcos, quale è apparsa nel suo discorso all'Assemblea plenaria di luglio del Comitato Centrale e nelle tesi presentate da lui prima di questa Assemblea plenaria. Di qui la sua posizione ostile ad ogni e qualsiasi misura straordinaria contro i kulak per la compera del grano da parte dello Stato. E’ noto che Bukharin teme le misure straordinarie come il diavolo l'acqua santa. È noto che Bukharin non riesce ancora a comprendere che nelle condizioni attuali il kulak non consegnerà di buon grado, spontaneamente, una quantità sufficiente di grano. Questo è dimostrato ormai dall'esperienza di due anni del nostro lavoro d'approvvigionamento.
E allora, che fare, se malgrado tutto difetteremo di grano mercantile? Bukharin risponde: non molestate il kulak con delle misure straordinarie e importate il grano dall'estero. Non molto tempo fa egli ha proposto di importare dall'estero 50 milioni di pudi di grano, vale a dire per 100 milioni di rubli d'oro. E se la valuta è necessaria per importare macchinario per l'industria? Bukharin risponde: bisogna dare la preferenza all'importazione di grano, evidentemente passando in secondo piano l'importazione di macchine per l'industria.
Risulta, in tal modo, che la base per risolvere il problema granario e ricostruire l'agricoltura non è un rapido ritmo di sviluppo dell'industria, ma lo sviluppo dell'azienda contadina individuale, compresa l'azienda dei kulak, sulla base del mercato libero e del libero gioco dei prezzi.
In tal modo ci troviamo di fronte a due piani differenti di politica economica.
Piano del partito:
1. Riattrezziamo l'industria (ricostruzione).
2. Incominciamo a riattrezzare seriamente l'agricoltura (ricostruzione).
3. Per questo bisogna estendere la costruzione di colcos e di sovcos, introdurre su vasta scala le stipulazioni e le stazioni di macchine e di trattori, come mezzi per stabilire fra l'industria e l'agricoltura un'alleanza nel campo della produzione.
4. Per quanto riguarda le difficoltà della compera del grano nel momento attuale, bisogna riconoscere che delle misure straordinarie temporanee, corroborate dall'appoggio sociale delle masse dei contadini poveri e medi, sono ammissibili, come uno dei mezzi per spezzare la resistenza dei kulak e prendere loro il massimo delle eccedenze di grano, necessarie per fare a meno dell'importazione di grano e conservare la valuta per lo sviluppo dell'industria.
5. L'azienda individuale dei contadini poveri e medi ha e continuerà ad avere una parte preponderante nel rifornire il paese di generi alimentari e di materie prime, ma, da sola, essa è già insufficiente; lo sviluppo dell'azienda individuale dei contadini poveri e medi deve perciò essere completato dallo sviluppo dei colcos e dei sovcos, dalle stipulazioni su larga scala, dallo sviluppo più intenso delle stazioni di macchine e di trattori, per poter meglio soppiantare gli elementi capitalistici nell'agricoltura e passare gradatamente dalle aziende contadine individuali al lavoro collettivo.
6. Ma per ottenere tutto questo è necessario, prima di tutto, intensificare lo sviluppo dell'industria, della metallurgia, della chimica, delle costruzioni meccaniche, delle fabbriche di trattori, di macchine agricole, ecc. Senza questo è impossibile risolvere il problema del grano e ricostruire l'agricoltura.
Conclusione: la chiave di volta della ricostruzione dell'agricoltura sta in un rapido ritmo di sviluppo della nostra industria.
Piano di Bukharin:
1. « Normalizzazione » del mercato, introduzione del libero gioco dei prezzi sul mercato e aumento del prezzo del grano, anche se queste. misure possono condurre al rincaro dei prodotti industriali, delle materie prime, del pane.
2. Sviluppare in tutti i modi l'azienda contadina individuale riducendo in certa misura il ritmo di sviluppo dei colcos e dei sovcos (tesi di Bukharin in luglio, discorso di Bukharin all'Assemblea plenaria di luglio).
3. Per la compera del grano da parte dello Stato, abbandonarsi alla spontaneità, escludendo, sempre e in ogni caso, l'applicazione, anche solo parziale, di misure straordinarie contro i kulak, anche se queste misure vengono sostenute dalla massa dei contadini poveri e medi.
4. In caso di scarsità di grano, importare grano per circa 100 milioni di rubli.
5. E se la valuta non basterà ad assicurare l'importazione di grano e l'importazione di macchine per l'industria, ridurre l'importazione delle macchine e quindi il ritmo di sviluppo della nostra industria, altrimenti l'agricoltura « segnerà il passo », o peggio ancora, « andrà puramente e semplicemente degradando ».
Conclusione: la chiave di volta della ricostruzione dell'agricoltura sta nello sviluppo dell'azienda contadina individuale.
Ecco come stanno le cose, compagni!
Il piano di Bukharin è un piano di riduzione del ritmo di sviluppo dell'industria e mina le nuove forme d'alleanza.
Tali sono i nostri disaccordi.
Non siamo in ritardo nello sviluppo delle nuove forme d'alleanza, nello sviluppo dei colcos, dei sovcos, ecc.?
C'è chi afferma che il partito, in questo campo, è in ritardo almeno di due anni. E' falso, compagni. E' assolutamente falso. Possono parlare così solo gli schiamazzatori di « sinistra », che non hanno la minima idea dell'economia dell'U.R.S.S. Cosa significa essere in ritardo, in questo campo? Se si vuol dire che bisognava prevedere la necessità dei colcos e dei sovcos, questo abbiamo incominciato a farlo fino dall'epoca della Rivoluzione d'ottobre. Che il partito abbia preveduto la necessità dei colcos e dei sovcos fin dal periodo della Rivoluzione d'ottobre, non si può dubitarne. Si può, infine, prendere il nostro programma, approvato dall'Ottavo Congresso del partito (marzo 1919). La necessità dei colcos e dei sovcos vi è presa in considerazione con la massima chiarezza. Ma la previsione, da parte degli organi dirigenti del nostro partito, della necessità dei colcos e dei sovcos, non basta da sola a creare e organizzare un movimento di massa per i colcos e i sovcos. Non si tratta dunque di prevedere, ma di realizzare il piano di costruzione dei colcos e dei sovcos. La realizzazione di questo piano esige però una serie di condizioni, che finora non sono esistite o sono apparse solo negli ultimi tempi. Ecco di che cosa si tratta, compagni.
Per applicare il piano d'un movimento di massa per i colcos e i sovcos, è necessario, per prima cosa, che tutto il partito in massa appoggi la direzione del partito su questo punto. E il nostro partito, com'è noto, ha più di un milione di membri. Di conseguenza, bisognava convincere la grande massa dei membri del partito della giustezza della politica degli organi dirigenti. Questo: in primo luogo.
E’ necessario, in seguito, che si crei in seno ai contadini un movimento di massa per i colcos, affinché i contadini non temano i colcos e vi entrino spontaneamente, convincendosi con la propria esperienza della superiorità dei colcos sull'azienda individuale. E si tratta d'una cosa seria, che richiede del tempo. Questo: in secondo luogo.
E' necessario, in seguito, che lo Stato abbia i mezzi materiali necessari per finanziare il movimento, per finanziare i colcos e i sovcos. E occorrono centinaia e centinaia di milioni, cari compagni. Questo: in terzo luogo.
E' necessario, infine, che l'industria sia sviluppata in misura più o meno sufficiente, nella misura necessaria per fornire l'agricoltura di macchine, di trattori, di concimi, ecc. Questo: in quarto luogo.
Si può affermare che queste condizioni esistessero già due o tre anni fa? No, non si può affermarlo.
Non si può dimenticare che siamo un partito dirigente, e non di opposizione. Un partito d'opposizione può lanciare delle parole d'ordine — parlo delle parole d'ordine pratiche, fondamentali, del movimento — per realizzarle dopo la sua andata al potere. Nessuno può accusare un partito d'opposizione di non realizzare immediatamente le sue parole d'ordine fondamentali, perché tutti comprendono che il timone non è nelle mani del partito di opposizione, ma di altri partiti. Le cose sono completamente diverse quando si tratta di un partito dirigente, qual è il nostro partito bolscevico. Le parole d'ordine di tale partito non rappresentano delle parole d'ordine pure e semplici (d'agitazione), ma molto di più, perché hanno il valore di decisioni pratiche, il valore di leggi, che bisogna senz'altro applicare. Il nostro partito non può lanciare una parola d'ordine pratica e poi rimandarne l'applicazione. Questo sarebbe ingannare le masse. Per lanciare una parola d'ordine, particolarmente una parola d'ordine così seria come quella dell'entrata di masse di milioni di contadini sulla strada del collettivismo, bisogna disporre delle condizioni che permettono la sicura realizzazione di essa, bisogna, infine, creare, organizzare queste condizioni. Ecco perché è insufficiente, per noi, la sola previsione, da parte degli organi dirigenti del partito, della necessità dei colcos e dei sovcos. Ecco perché ci occorrono le condizioni necessarie per realizzare, per mettere in pratica le nostre parole d'ordine.
Il nostro partito, nella sua massa, era pronto, diciamo, due o tre anni fa, a sviluppare in tutti i modi i colcos e i sovcos? No, non era ancora pronto! Una svolta profonda nelle masse del partito verso le nuove forme d'alleanza è incominciata solo con le prime serie difficoltà nella compera del grano da parte dello Stato. Ci son volute queste difficoltà perché il partito, in massa, sentisse quanto sia necessario imprimere uno slancio alle nuove forme di alleanza e, prima di tutto, alla costruzione dei colcos e dei sovcos, e appoggiasse decisamente il suo Comitato Centrale in questo campo. Eccovi una condizione che prima non esisteva e adesso esiste.
Esisteva, due o tre anni fa, un movimento importante di masse di milioni di contadini in favore dei colcos e dei sovcos? No, non esisteva. E' noto a tutti che due o tre anni fa i contadini erano ostili ai sovcos e trattavano i colcos come « comuni » assolutamente inutili. E ora? Ora le cose sono cambiate. Ora abbiamo degli strati interi di contadini che guardano ai sovcos e ai colcos come a una fonte di aiuti per l'azienda contadina, in sementi, in bestiame di razza, macchine, trattori. Ora basta dare delle macchine e dei trattori, e lo sviluppo dei colcos andrà avanti a ritmo accelerato.
Donde proviene questa svolta in certi strati, abbastanza notevoli, di contadini? Che cosa l'ha favorita? Prima di tutto lo sviluppo delle cooperative e d'un movimento cooperativo. E' fuor di dubbio che senza un potente sviluppo della cooperazione, particolarmente agricola, che ha creato tra i contadini una base psicologica favorevole ai colcos, non avremmo oggi, in interi strati di contadini, la corrente che esiste a favore dei colcos. Una grande importanza ha avuto qui anche l'esistenza di colcos bene organizzati, che hanno dato ai contadini dei buoni esempi del modo come si può migliorare l'agricoltura, riunendo le piccole aziende contadine in grandi aziende collettive. Ha pure avuto la sua efficacia l'esistenza di sovcos bene organizzati che hanno aiutato i contadini a migliorare le loro aziende. Non sto a parlare di altri fatti, che son noti a tutti voi. Ecco ancora una condizione, che prima non avevamo e che adesso abbiamo.
Inoltre, si può forse affermare che due o tre anni fa avessimo la possibilità di finanziare seriamente i colcos e i sovcos assegnando a questo scopo delle centinaia di milioni di rubli? No, non si può affermarlo. Sapete bene che non avevamo nemmeno i mezzi sufficienti per sviluppare quel minimo d'industria, senza il quale, nonché la ricostruzione dell'agricoltura, è impossibile in generale qualsiasi industrializzazione. Potevamo sottrarre questi mezzi all'industria, base dell'industrializzazione del paese, per darli ai colcos e ai sovcos? E' evidente che non lo potevamo fare. E adesso? Adesso abbiamo i mezzi per sviluppare i colcos e i sovcos.
Si può forse affermare, infine, che due o tre anni fa avessimo già una base industriale sufficiente per rifornire intensamente l'agricoltura di macchine, di trattori, ecc.? No, non si può affermarlo. Il nostro obiettivo consisteva allora nel creare una base industriale minima, che ci permettesse di fornire nel futuro delle macchine e dei trattori all'agricoltura. È, per creare questa base che sono servite allora le nostre magre risorse finanziarie. E adesso? Adesso abbiamo questa base industriale per l'agricoltura. In ogni caso, la stiamo creando, questa base, a ritmo accelerato.
Ne deriva che le condizioni necessarie per uno sviluppo su vasta scala dei colcos e dei sovcos si sono create solo in questi ultimi tempi.
Ecco come stanno le cose, compagni.
Ecco perché non si può dire che abbiamo ritardato a sviluppare le nuove forme d'alleanza.

f) Bukharin come teorico

Questi sono, in sostanza, i principali errori del teorico dell'opposizione di destra — Bukharin — sulle questioni fondamentali della nostra politica.
C'è chi dice che Bukharin è il teorico del nostro partito. Certamente egli è un teorico e non dei minori. Senonché non gli va tutto bene nel campo teorico. Ciò è dimostrato se non altro dagli errori ch'egli ha accumulato sulle questioni della politica del partito, errori che ho appena finito di caratterizzare. Non è possibile che tutti questi errori, circa i problemi dell'Internazionale comunista, la lotta di classe, l'inasprimento della lotta di classe, i contadini, la Nep, le nuove forme d'alleanza, non è possibile che tutti questi errori siano dovuti al caso. No, questi errori non sono fortuiti. Questi errori di Bukharin derivano dal suo orientamento generale sbagliato, dalle sue lacune teoriche. Sì, Bukharin è un teorico, ma un teorico non completamente marxista, ma un teorico che deve ancora completare la sua formazione, per diventare un teorico completamente marxista. C'è chi si richiama alla nota lettera del compagno Lenin su Bukharin come teorico. Leggiamola, questa lettera:
« Tra i giovani membri del Comitato Centrale — dice Lenin — voglio dire qualche parola su Bukharin e Piatakov. Essi, secondo me, sono (tra i più giovani) le forze che spiccano di più e nei loro riguardi bisognerebbe tener presente quanto segue: Bukharin non è solo il teorico più stimato e più forte del partito, ma è pure considerato legittimamente come il beniamino di tutto il partito; però è molto dubbio che le sue concezioni teoriche possano essere considerate interamente marxiste, dato che in lui c'è qualcosa di scolastico, egli non ha mai studiato e, credo, non ha mai compreso interamente la dialettica » (il corsivo è mio. G. St.). (Stenogramma dell'Assemblea plenaria del Comitato Centrale del luglio 1926, fasc. IV, p. 66).
Dunque: teorico senza dialettica. Teorico scolastico. Teorico di cui « è molto dubbio che le concezioni teoriche possano essere considerate interamente marxiste ». Tale è la caratteristica della fisionomia teorica di Bukharin data da Lenin.
Comprenderete voi stessi, compagni, che un simile teorico ha ancora bisogno di completare la sua formazione. Se Bukharin comprendesse che egli non è ancora un teorico completo, che ha ancora bisogno di completare la propria formazione, che, come teorico, non ha ancora assimilato completamente la dialettica, mentre la dialettica è l'anima del marxismo, se egli comprendesse questo, sarebbe più modesto e il partito non avrebbe che da guadagnarci. Ma il male è che Bukharin non pecca per eccesso di modestia. Il male è che non solo egli non pecca per eccesso di modestia, ma pretende dare lezioni al nostro maestro Lenin su tutta una serie di questioni e prima di tutto sulla questione dello Stato. Ecco dov'è il male, compagni.
Permettetemi di richiamarmi, a questo proposito, alla nota discussione teorica svoltasi nel 1916 fra Lenin e Bukharin, circa la questione dello Stato. La cosa è importante per noi, per mostrare quanto siano fuori luogo le pretese di Bukharin di voler dar lezione a Lenin, e quali siano le radici delle sue debolezze teoriche su questioni così importanti come la questione della dittatura del proletariato, della lotta di classe, ecc. Com'è noto, nel 1916 apparve sulla rivista: « L'Internazionale giovanile » un articolo di Bukharin, firmato Nota Bene e diretto, in sostanza, contro il compagno Lenin. In questo articolo Bukharin scrive:
« ...È assolutamente falso cercare la differenza fra i socialisti e gli anarchici nel fatto che i primi siano partigiani e i secondi avversari dello Stato. In realtà la differenza consiste nel fatto che la socialdemocrazia rivoluzionaria vuole organizzare una nuova produzione sociale come produzione centralizzata, cioè tecnicamente più progressiva, mentre la produzione anarchica decentralizzata non sarebbe che un passo indietro verso la vecchia tecnica, la vecchia forma di azienda... ».
« ...La socialdemocrazia che è, o almeno deve essere, l'educatrice delle masse, adesso più che mai deve sottolineare la sua ostilità di principio verso lo Stato... La guerra attuale ha dimostrato come le radici dello statalismo siano penetrate profondamente nell'animo degli operai ».
Criticando queste concezioni di Bukharin, Lenin risponde, in un articolo speciale, pubblicato nel 1916:
« È falso. L'autore pone il problema della differenza tra la posizione dei socialisti e degli anarchici verso lo Stato, ma risponde non già a questa questione, bensì a un'altra, alla questione della differenza tra le loro posizioni rispettive verso la base economica della società futura. Certo, si tratta di un problema necessario e molto importante. Ma da ciò non deriva che si possa dimenticare l'essenziale nella differente posizione dei socialisti e degli anarchici verso lo Stato. I socialisti sono per l'utilizzazione dello Stato moderno e delle sue istituzioni nella lotta per l'emancipazione della classe operaia, e ritengono pure necessario utilizzare lo Stato come forma originale di transizione del capitalismo al socialismo. Tale forma transitoria, che è pure Stato, è la dittatura del proletariato. Gli anarchici vogliono "abolire" lo Stato, farlo "saltare" (sprengen) come si esprime in un certo punto il compagno Nota Bene, attribuendo a torto questa concezione ai socialisti. I socialisti — l'autore ha qui citato, disgraziatamente in modo troppo incompleto, le corrispondenti parole di Engels — riconoscono che lo Stato si estingue, "si spegne" "gradualmente" dopo l'espropriazione della borghesia »...
« Per "sottolineare" "l'ostilità di principio" verso lo Stato bisogna comprenderla realmente in modo "chiaro", ma ciò che manca all'autore è proprio la chiarezza. La frase sulle "radici dello statalismo" è assolutamente confusa, non è né marxista né socialista. Non è lo "statalismo" che s'è urtato alla negazione dello statalismo, ma è la politica opportunista (cioè sono le posizioni opportuniste, riformiste, borghesi verso lo Stato) che s'è urtata alla politica rivoluzionaria della socialdemocrazia (cioè alle posizioni rivoluzionarie della socialdemocrazia verso lo Stato borghese e all'utilizzazione dello Stato contro la borghesia per rovesciarla). Sono cose del tutto diverse ». (« L'internazionale giovanile », volume XIX, p. 296, ed. russa).
Mi pare sia chiaro di che cosa si tratta e in quale pantano di semi-anarchismo è caduto Bukharin.
Sten: Lenin allora non aveva ancora formulato in modo completo la necessità di « far saltare » lo Stato. Bukharin, facendo degli errori anarchici, si avvicinava alla formulazione di questo problema.
Stalin: No, adesso non si tratta di questo, ma della posizione verso lo Stato in generale, si tratta del fatto che secondo Bukharin la classe operaia deve essere in linea di principio ostile a qualunque Stato, compreso anche lo Stato della classe operaia.
Sten: Lenin allora parlava solo dell'utilizzazione dello Stato, senza dir nulla, nella critica a Bukharin, del concetto di « far saltare » lo Stato.
Stalin: Vi sbagliate. Posso assicurarvi che qui si tratta del fatto che gli operai debbono sottolineare secondo Bukharin (e secondo gli anarchici), la loro ostilità di principio verso lo Stato, e quindi anche verso lo Stato del periodo di transizione, verso lo Stato della classe operaia. Cercate un po' di spiegare ai nostri operai che la classe operaia deve penetrarsi di una ostilità di principio verso la dittatura del proletariato, che è essa pure uno Stato. La posizione di Bukharin, esposta nel suo articolo dell'« Internazionale giovanile », è una posizione di negazione dello Stato nel periodo di transizione dal capitalismo al socialismo. A Bukharin è sfuggita qui una « inezia », e precisamente gli è sfuggito tutto il periodo di transizione, in cui la classe operaia non può fare a meno del suo proprio Stato, se vuole schiacciare realmente la borghesia e costruire il socialismo. Questo, in primo luogo. In secondo luogo, è falso che Lenin, nella sua critica, non abbia detto niente allora della teoria che parla di « far saltare », di « abolire » lo Stato in generale. Lenin non solo ha parlato di questa teoria, come si vede dai passi che ho citato, ma l'ha pure criticata come una teoria anarchica, opponendole la teoria della creazione di uno Stato nuovo dopo l'abbattimento della borghesia e, precisamente, dello Stato della dittatura proletaria. Infine, non si può confondere la teoria anarchica che parla di « far saltare » lo Stato, con la teoria marxista che parla di « demolire » di « spezzare » la macchina dello Stato borghese. Alcuni compagni sono inclini a confondere queste due concezioni diverse, pensando che esse sono espressioni d'una sola e stessa idea. Ma questo è falso. E' assolutamente falso, compagni. Lenin partiva precisamente dalla teoria marxista della « demolizione » della macchina dello Stato borghese quando criticava la teoria anarchica che parla di « far saltare », di « abolire » lo Stato in generale.
Forse non sarà superfluo ch'io legga, per maggior chiarezza uno dei manoscritti del compagno Lenin sullo Stato che risale, con tutta probabilità alla fine del 1916 o all'inizio del 1917 (anteriore alla Rivoluzione di febbraio del 1917). Da questo manoscritto si può facilmente vedere che: a) criticando gli errori semianarchici di Bukharin circa il problema dello Stato, Lenin partiva dalla teoria marxista della « demolizione » della macchina dello Stato borghese; b) che sebbene Bukharin, secondo l'espressione di Lenin sia « più vicino di Kautsky alla verità », cionondimeno « invece di smascherare i kautskiani, li aiuta con i suoi errori ». Ecco il testo di questo manoscritto:
« Un'importanza straordinariamente grande ha circa il problema dello Stato, una lettera di Engels a Bebel del 18-28 marzo 1875.
Ecco il passo fondamentale, per intero:
« ... Lo Stato popolare libero si è trasformato in Stato libero. Secondo il senso grammaticale di queste parole uno Stato libero è quello che è libero verso i suoi cittadini, cioè è uno Stato con un governo dispotico. Sarebbe ora di farla finita con tutte queste chiacchiere sullo Stato, specialmente dopo la Comune che non era più uno Stato nel senso proprio della parola. Gli anarchici ci hanno abbastanza rinfacciato lo "Stato popolare" benché già il libro di Marx contro Proudhon e in seguito "il Manifesto comunista" dicano esplicitamente che con l'instaurazione del regime sociale socialista lo Stato si dissolve da sé (sich auflóst) e scompare. Non essendo lo Stato altro che un'istituzione temporanea di cui ci si deve servire nella lotta, nella rivoluzione, per schiacciare con la forza i propri nemici, parlare di uno Stato popolare libero è pura assurdità: finché il proletariato ha ancora bisogno dello Stato, ne ha bisogno non nell'interesse della libertà, ma nell'interesse dello schiacciamento dei suoi avversari, e quando diventa possibile parlare di libertà, allora lo Stato come tale cessa di esistere. Noi proporremmo quindi di mettere ovunque invece della parola Stato la parola "Comune" (Gemeinwesen), una vecchia eccellente parola tedesca, che corrisponde alla parola francese "Commune" (il corsivo è di Engels).
Ebbene, questo è forse il passo di Marx e di Engels più notevole e certamente il più aspro, per così dire, "contro lo Stato".
(1) « Bisogna farla finita con tutte le chiacchiere sullo Stato ».
(2) « La Comune non era più uno Stato nel senso proprio della parola ». (Cos'era allora? Una forma di transizione dello Stato alla società senza Stato, evidentemente!).
(3) Gli anarchici ci hanno abbastanza « rinfacciato » (in die Záhne geworfen, alla lettera: gettato sul muso) lo « Stato popolare » (Marx ed Engels si vergognavano dunque, di questo errore evidente dei loro amici tedeschi; però lo consideravano, e certamente avevano ragione di considerarlo, nelle circostanze di allora, un errore incomparabilmente meno grave di quello degli anarchici. Questo è N.B.!!).
(4) Lo Stato « si dissolve da sé ("si scioglie") (Nota Bene) e scompare »... (ved. in seguito: "si estingue") « con l'instaurazione del regime sociale socialista »...
(5) Lo Stato è un'« istituzione temporanea » che occorre « nella lotta, nella rivoluzione »... (occorre al proletariato, si capisce)...
(6) Lo Stato è necessario non per la libertà ma per lo schiacciamento (Niederhaltung non vuol dire propriamente schiacciare, ma impedire la restaurazione, tenere sottomesso) degli avversari del proletariato.
(7) Quando ci sarà la libertà, non ci sarà più Stato.
(8) « Noi » (cioè Engels e Marx) proporremmo di dire « ovunque » (nel programma) « Comune » (Gemeinwesen). « Comune » invece di « Stato »!!!
Di qui si vede come non solo gli opportunisti, ma anche Kautsky, abbiano reso banali, abbiano insozzato Marx ed Engels.
Gli opportunisti non hanno capito nemmeno uno di questi otto pensieri di una ricchezza incomparabile!
Essi hanno preso solo la necessità pratica del momento: utilizzare la lotta politica, utilizzare lo Stato contemporaneo per istruire, educare il proletariato, per « strappare » delle concessioni. E' giusto (contro gli anarchici), ma è appena 1/100 di marxismo, se ci si può esprimere in questo modo aritmetico.
Kautsky ha completamente snaturato (o dimenticato? o non compreso?) nel suo lavoro propagandistico e giornalistico, in generale, i punti 1, 2, 5, 6, 7, 8 e lo « Zerbrechen » di Marx (in polemica con Pannekoek nel 1912 o nel 1913. Kautsky era già caduto interamente nell'opportunismo su questa questione)...
Dagli anarchici ci distinguono (alfa) l'utilizzazione dello Stato adesso e (beta) durante la rivoluzione del proletariato (« dittatura del proletariato ) — punti importantissimi per la pratica, subito. (Ed è proprio questi punti che Bukharin ha dimenticato).
Dagli opportunisti ci distinguono delle verità più profonde, « più eterne » circa (alfa-alfa) il carattere « temporaneo » dello Stato, circa (beta-beta) il danno di « chiacchierarne » adesso, circa (gamma-gamma) il carattere non completamente statale della dittatura del proletariato, circa (teta-teta) la contraddizione fra lo Stato e la libertà, circa (eta-eta) l'idea (nozione, termine programmatico) più giusta di « Comune » invece di Stato, circa (zeta-zeta) la « demolizione » (Zerbrechen) della macchina burocratica e militare. Non dimenticare inoltre che gli opportunisti dichiarati della Germania (Bernstein, Kolb, ecc.) negano francamente la dittatura del proletariato, mentre il programma ufficiale e Kautsky la negano indirettamente, facendo il silenzio attorno ad essa nell'agitazione quotidiana e tollerando l'opera da rinnegati di Kolb e C.
Nell'agosto 1916 si è scritto a Bukharin: « Lascia maturare le tue idee sullo Stato ». Ora, senza lasciarle maturare, egli si è messo a scrivere, firmando « Nota Bene » e lo ha fatto in modo tale che invece di smascherare i kautskiani li ha aiutati con i suoi errori!! Nella sostanza, però, Bukharin è più vicino di Kautsky alla verità » (N. Lenin).
Tale è, in poche parole, la storia della discussione teorica circa il problema dello Stato.
Parrebbe che la cosa sia chiara: Bukharin ha commesso degli errori semianarchici, è ora di correggere questi errori e di seguire le orme di Lenin. Ma solo i leninisti possono pensare così. Bukharin, a quanto pare, non è di questo avviso. Egli afferma, al contrario, che non è lui che ha sbagliato, ma Lenin, che non è lui che ha seguito o dovrebbe seguire le orme di Lenin, ma che, al contrario, è Lenin che si è visto costretto a seguire le orme di Bukharin. Non lo credete, compagni? Ascoltate il seguito, allora. Dopo questa discussione, che ebbe luogo nel 1916, dopo nove anni, durante i quali Bukharin è rimasto zitto, un anno dopo la morte di Lenin, e precisamente nel 1925, Bukharin pubblica nella miscellanea: « La rivoluzione del diritto », l'articolo: « Sulla teoria dello Stato imperialista », che a suo tempo la redazione dello « Miscellanea socialdemocratica » (cioè Lenin) aveva rifiutato, e in una nota all'articolo dichiara apertamente che in quella discussione non era Lenin che aveva ragione, ma Bukharin. La cosa può sembrare incredibile, ma è un fatto, compagni.
Ascoltate il testo di questa nota:
« Contro l'articolo apparso nell' "Internazionale giovanile" scrisse una nota V.I. (cioè Lenin). I lettori vedranno facilmente che io non avevo
commesso l'errore di cui mi si imputava, perché avevo visto chiaramente la necessità della dittatura del proletariato; d'altra parte, dalla nota di Ilic si vede che egli allora aveva una posizione sbagliata circa la tesi che parla di far saltare lo Stato (si capisce, borghese), confondendo questa questione con la questione dell'estinzione della dittatura del proletariato. (Il corsivo è mio. G. St.). Forse allora avrei dovuto sviluppare di più il tema della dittatura. Ma posso dire, a mia giustificazione, che allora infieriva una tale epidemia di lodi socialdemocratiche allo Stato borghese, che era naturale si concentrasse tutta l'attenzione sulla necessità di far saltare questa macchina.
Quando tornai dall'America in Russia e vidi Nadiezda Konstantinovna (ciò avvenne al nostro Sesto Congresso illegale e in quel momento Lenin si teneva nascosto), le sue prime parole furono: "V.I. mi ha pregato di dirvi che sul problema dello Stato non ha più, ora, divergenze con voi". Studiando la questione, Ilic era arrivato alle stesse conclusioni (il corsivo è mio. G. St.) circa la necessità di "far saltare" lo Stato, ma egli ha sviluppato questo tema e in seguito ha sviluppato anche la dottrina della dittatura, in modo che ha fatto epoca nello sviluppo del pensiero teorico in questa direzione ».
Così scriveva di Lenin Bukharin un anno dopo la morte di Lenin. Eccovi un modello delle pretese ipertrofiche di un teorico che ha ancora molto da imparare!E' possibilissimo che Nadiezda Konstantinovna (Krupskaia) abbia realmente detto a Bukharin quello che egli scrive qui. Ma che cosa ne deriva? Ne deriva una sola cosa: che Lenin aveva qualche ragione per pensare che Bukharin avesse rinunciato o fosse pronto a rinunciare ai suoi errori. Questo è tutto. Ma Bukharin l'ha capita diversamente. Egli ha deciso che oramai il creatore o, per lo meno, l'ispiratore della teoria marxista dello Stato non dev'essere considerato Lenin, ma lui, Bukharin.
Fino ad oggi ci siamo considerati e continuiamo a considerarci dei leninisti. E adesso risulta che Lenin e noi, suoi allievi, siamo bukhariniani. La cosa è alquanto comica, compagni. Ma che fare, quando ci si trova alle prese con le tronfie pretese di un Bukharin!
Si può pensare che Bukharin, nella nota all'articolo già ricordato, abbia detto, senza volerlo, una sciocchezza e poi se ne sia dimenticato. Ma evidentemente non è così. Bukharin, evidentemente, ha parlato sul serio. Ciò risulta, se non altro, dal fatto che la dichiarazione di Bukharin sugli errori di Lenin e sulla giusta posizione di Bukharin, fatta in questa nota, è stata nuovamente pubblicata non molto tempo fa, e precisamente nel 1927, due anni, cioè, dopo il primo attacco di Bukharin contro Lenin, nello schizzo biografico di Bukharin scritto da Maretski. Ebbene, Bukharin si è ben guardato dal protestare contro tale... audacia di Maretski. È evidente che la presa di posizione di Bukharin contro Lenin non può essere considerata fortuita.
Risulta, dunque, che avrebbe ragione Bukharin e non Lenin, che l'ispiratore della teoria marxista dello Stato non sarebbe Lenin, ma Bukharin.
Tale, compagni, è il quadro delle storture teoriche e delle pretese teoriche di Bukharin.
E quest'uomo ha il coraggio, dopo tutto ciò, di venire a dire nel suo discorso che nell'orientamento teorico del nostro partito « c'è qualcosa di marcio », che nell'orientamento teorico del nostro partito c'è una deviazione verso il trotskismo! E questo lo dice lo stesso Bukharin, che commette (e ha commesso nel passato) una serie di errori teorici e pratici grossolani, che ancora qualche tempo fa era un allievo di Trotski, che ancora ieri cercava di far blocco con i trotskisti contro i leninisti e rendeva loro visita per la scala di servizio. Ebbene, non è ridicolo questo, compagni?

g) Piano quinquennale o piano biennale

Permettetemi, ora, di passare al discorso di Rykov. Se Bukharin ha tentato di dare un fondamento teorico alla deviazione di destra, Rykov si sforza, nel suo discorso, di darle una base di proposte pratiche, terrorizzandoci con le nostre « spaventose » difficoltà nell'agricoltura. Ciò non significa che Rykov non abbia toccato le questioni teoriche. Sì; le ha toccate. Ma toccandole ha commesso, per lo meno, due errori gravi.
Nel suo progetto di risoluzione sul piano quinquennale, respinto dalla commissione dell'Ufficio politico, Rykov dice che « l'idea centrale del piano quinquennale è l'aumento della produttività del lavoro del popolo ». Benché la commissione dell'Ufficio politico abbia respinto questa posizione assolutamente sbagliata, Rykov l'ha difesa qui nel suo discorso. È vero che l'idea centrale del piano quinquennale nel paese dei Sovìet consiste nell'aumento della produttività del lavoro? No, non è vero. Non abbiamo bisogno di un aumento qualsiasi della produttività del lavoro del popolo. Abbiamo bisogno di un determinato aumento della produttività del lavoro nazionale, e precisamente di un aumento che assicuri la preponderanza sistematica del settore socialista dell'economia nazionale sul settore capitalista. Ecco di che cosa si tratta, compagni. Un piano quinquennale che dimenticasse questa idea centrale non sarebbe un piano quinquennale, ma un'assurdità quinquennale. All'aumento della produttività del lavoro in generale è interessata ogni società, e capitalista, e precapitalista. La differenza tra la società sovietica e ogni altra società consiste proprio nel fatto che essa non è interessata a un aumento qualsiasi della produttività del lavoro, ma ad un aumento che garantisca la preponderanza delle forme socialiste d'economia sulle altre forme e prima di tutto sulle forme capitaliste, che assicuri, in tal modo, il superamento e l'eliminazione delle forme capitaliste di economia. Rykov invece ha dimenticato questa idea realmente centrale del piano quinquennale di sviluppo della società sovietica. Ecco il suo primo errore teorico.
Il suo secondo errore è che egli non fa nessuna differenza o non vuol capire la differenza che passa, dal punto di vista dello scambio delle merci, fra il colcos, diciamo, e ogni economia individuale, compresa l'economia individuale capitalista. Rykov assicura che, dal punto di vista dell'approvvigionamento di grano, egli non vede nessuna differenza tra il colcos e il detentore privato di grano. Per lui, dunque, è indifferente che noi compriamo il grano dal colcos, dal detentore privato o da un qualsiasi accaparratore argentino. Questo è falso, compagni. E' assolutamente falso. Questa è una ripetizione della nota dichiarazione di Frumkin, che affermava una volta essergli indifferente dove e da chi si comprasse il grano, se da un privato o da un colcos. Questa è una forma mascherata di difesa, di riabilitazione, di giustificazione delle macchinazioni dei kulak sul mercato granario. Il fatto che questa difesa viene fatta dal punto di vista della circolazione delle merci non cambia nulla, non impedisce che essa sia egualmente una giustificazione delle macchinazioni dei kulak sul mercato granario. Se, dal punto di vista della circolazione, non c'è differenza tra le forme collettive e non collettive di economia, vale forse la pena di sviluppare i colcos, di accordare loro delle facilitazioni, di occuparsi del difficile compito di superare gli elementi capitalistici nell'agricoltura? È chiaro che Rykov ha preso una posizione sbagliata. In questo consiste il suo secondo errore teorico.
Ma questo sia detto fra parentesi. Veniamo alle questioni pratiche sollevate da Rykov nel suo discorso.
Rykov ha affermato qui che oltre al piano quinquennale occorre ancora un altro piano, parallelo, e cioè un piano biennale di sviluppo dell'agricoltura. Egli ha motivato questa proposta di piano biennale parallelo con le difficoltà esistenti nell'agricoltura. Ha detto che il piano quinquennale è una buona cosa e che egli lo approva, ma che, se nello stesso tempo diamo un piano biennale all'agricoltura, sarà ancora meglio, altrimenti l'agricoltura non andrà avanti. Apparentemente questa proposta non rappresenta niente di male. Ma se la si considera più da vicino, si trova che il piano biennale dell'agricoltura è stato ideato per sottolineare il preteso carattere irreale, fittizio dal piano quinquennale, e viceversa. Potevamo noi dichiararci d'accordo con questo? È, chiaro che no. Abbiamo detto a Rykov: se non siete contento del piano quinquennale per l'agricoltura, se ritenete insufficienti le somme che si destinano nel piano quinquennale allo sviluppo dell'agricoltura, dite francamente quali sono le vostre proposte complementari, quali sono gli investimenti complementari che proponete; noi siamo disposti a introdurre nel piano quinquennale questi investimenti complementari per l'agricoltura. Ebbene? Si è visto allora che Rykov non aveva nessuna proposta complementare di investimenti complementari per l'agricoltura. Viene fatto di domandarsi: a che scopo allora un piano biennale parallelo per l'agricoltura? In seguito gli abbiamo detto: oltre al piano quinquennale ci sono ancora i piani annuali che fanno parte di quello quinquennale; ebbene, introduciamo nei piani annuali dei primi due anni le proposte complementari concrete che avete da fare per lo sviluppo dell'agricoltura, seppure Rykov ha veramente delle proposte da fare. Ebbene? Si è visto allora che Rykov non ha nessun piano concreto di investimenti complementari da proporre. Abbiamo capito allora che la proposta di Rykov circa il piano biennale non tende allo sviluppo dell'agricoltura, ma muove dal desiderio di sottolineare il preteso carattere irreale, fittizio del piano quinquennale, dal desiderio di screditare il piano quinquennale. Per salvar « l'anima », per salvare le apparenze, il piano quinquennale; per il lavoro pratico, il piano biennale: ecco la strategia di Rykov. Il piano biennale è stato messo in scena da Rykov per poter, in seguito, durante la realizzazione pratica del piano quinquennale, contrapporre il piano biennale a quello quinquennale, rifare il piano quinquennale e adattarlo al piano biennale, riducendo e lesinando sugli investimenti per l'industria.
Ecco le considerazioni per cui abbiamo respinto la proposta di Rykov circa il piano biennale parallelo.

h) La questione delle aree seminate

Rykov ha terrorizzato il partito, qui, assicurando che le aree seminate dell'U.R.S.S. hanno la tendenza a diminuire sistematicamente. Nel dir questo ammiccava al partito, dando a credere che colpevole della riduzione delle aree seminate è la politica del partito. Non ha detto apertamente che andiamo verso una degradazione, ma l'impressione che si ricava dal suo discorso è che ci troviamo in presenza di qualcosa di simile a una degradazione. E' vero che le aree seminate hanno la tendenza a ridursi sistematicamente? No, non è vero. Rykov ha operato qui con le cifre medie delle aree seminate del paese. Ma il metodo delle cifre medie, non rettificate coi dati delle singole regioni, non è un metodo scientifico. Può darsi che Rykov abbia letto, una volta: « Lo sviluppo del capitalismo in Russia » di Lenin. Se l'ha letto, dovrebbe ricordarsi come Lenin se la prende con gli economisti borghesi che utilizzano il metodo delle cifre medie relative all'aumento delle aree seminate e ignorano i dati per regioni. E’ strano che Rykov ripeta adesso gli errori degli economisti borghesi. Ed ecco che, se si esamina la dinamica delle aree seminate per regione, cioè se si tratta il problema scientificamente, risulta che in alcune regioni le aree seminate aumentano sistematicamente, in altre a volte diminuiscono, soprattutto a causa delle condizioni meteorologiche; inoltre non ci sono dati i quali dicano che, in una qualsiasi regione, sia pure in una sola delle regioni granarie importanti, ci troviamo davanti a una riduzione sistematica delle aree seminate.
In realtà le aree seminate, nelle regioni colpite dal gelo o dalla siccità, per esempio in alcune provincie dell'Ucraina, in questi ultimi tempi indicano una riduzione.
Una voce: Non tutta l'Ucraina.
Schlichter: In Ucraina l'area seminata è aumentata del 2,7 %
Stalin: Mi riferisco alla zona della steppa ucraina. Invece in altre regioni, in Siberia per esempio, sul Volga nel Kasakstan, nella Basckiria, non colpite da cattive condizioni climatiche, l'area seminata aumenta in modo sistematico. Come spiegare che in alcune regioni l'area seminata aumenta sistematicamente, mentre in altre regioni a volte diminuisce? Non si può certamente pretendere che in Ucraina la politica del partito sia una e che in oriente nel centro dell'U.R.S.S. sia un'altra. E’ assurdo, compagni. E’ chiaro che le condizioni climatiche hanno qui un'importanza considerevole.
E’ vero che i kulak riducono l'area seminata indipendentemente dalle condizioni climatiche, la « colpa » di questo è, ammettiamolo, la politica del partito, consistente nel sostenere le masse dei contadini poveri e medi contro i kulak. Ma che deriva da questo? Ci siamo noi mai impegnati a fare una politica che soddisfi tutti i gruppi sociali della campagna compresi i kulak? E in generale, possiamo noi avere una politica chi soddisfi gli sfruttatori e gli sfruttati, se vogliamo praticare, in generale, una politica marxista? Che c'è di particolare se, in seguito alla nostra politica leninista, che vuole limitare e superare gli elementi capitalistici nella campagna, i kulak incominciano a diminuire, in parte, le loro aree seminate? Può forse accadere altrimenti? Forse questa politica è sbagliata; ce lo dicano francamente. Non è strano che degli uomini che si dicono marxisti, spinti dalla paura tentino di far passare la riduzione parziale delle aree seminate da parte dei kulak per una diminuzione delle are seminate in generale, che essi dimentichino che, oltre ai kulak, esistono ancora i contadini poveri e medi, le cui aree seminate si allargano, esistono i colcos e i sovcos, le cui aree seminate crescono a ritmo accelerato
Infine, c'è ancora una inesattezza nel discorso di Rykov a proposito delle aree seminate. Rykov si è lamentato qui che in alcuni luoghi e precisamente nei posti di maggior sviluppo dei colcos, il settore individuale dei contadini poveri e medi incomincia a diminuire. E' vero. Ma cosa c'è di male? E come potrebbe essere diversamente? Se le aziende povere e medie incominciano ad abbandonare il settore individuale e passano all'economia collettiva, non è forse chiaro che l'allargarsi e moltiplicarsi dei colcos deve trarre con sé una certa riduzione del settore individuale dei contadini poveri e medi? Che cosa volete? Adesso i colcos hanno più di due milioni di ettari di terreno. Alla fine del piano quinquennale ne avranno più di 25 milioni. A spese di chi aumenta il settore colcosiano? A spese del settore individuale del contadino povero e medio. Che cosa volete? In quale altro modo far passare le aziende individuali povere e medie sulla via dell'azienda collettiva? Non è forse chiaro che il settore dei colcos, in tutta una serie di regioni, aumenterà a spese del settore individuale? E’ strano che ci sia della gente che non vuole capire delle cose così semplici.

i) Della compera del grano da parte dello Stato

Sulle nostre difficoltà granarie si è raccontato qui un mucchio storie. Ma si sono perduti di vista gli aspetti essenziali delle nostre temporanee difficoltà granarie. Si è dimenticato, prima di tutto, che quest'anno abbiamo avuto un raccolto lordo di frumento e di segala inferiore di 500-600 milioni di pudi a quello dell'anno scorso. Era possibile che ciò non avesse delle ripercussioni sulle nostre compere di grano? Naturalmente non era possibile. E’ forse colpevole di questo la politica del Comitato Centrale? No, la politica del Comitato Centrale qui non c'entra per nulla. La cosa si spiega col raccolto molto cattivo nella zona delle steppe dell'Ucraina (gelo e siccità), col raccolto parzialmente cattivo nel Caucaso del Nord, nella Regione centrale delle Terre nere e infine nella regione di Nord-ovest. Così soprattutto si spiega perché, mentre al 1° aprile dell'anno scorso in Ucraina la compera da parte dello Stato ci aveva dato 200 milioni di pudi di cereali (frumento e segala), quest'anno ci ha dato solo 26-27 milioni di pudi. Così si spiega perché la compera del frumento e della segala nella Regione centrale delle Terre nere è diminuita di quasi 8 volte e nel Caucaso del Nord di 4 volte. In alcune regioni orientali la compera del grano ci ha dato quest'anno quasi il doppio. Ma questo non poteva compensare e non ha certamente compensato il deficit di grano che abbiamo avuto in Ucraina, nel Caucaso del Nord, nella Regione centrale delle Terre nere. Non bisogna dimenticare che, quando il raccolto è normale, l'Ucraina e il Caucaso del Nord forniscono più della metà e qualche volta perfino i due terzi di tutto il grano comperato dallo Stato nell'U.R.S.S. È strano che Rykov abbia perso di vista questa circostanza.
Infine, una seconda circostanza, che rappresenta l'aspetto essenziale delle nostre difficoltà temporanee sulla compera del grano da parte dello Stato. Mi riferisco alla resistenza dei kulak e degli elementi agiati della campagna alla politica del potere sovietico per la compera del grano. Rykov ha eluso questa circostanza. Ma eludere questo elemento significa eludere l'essenziale in fatto di compera del grano da parte dello Stato. Cosa dimostra l'esperienza della compera del grano in questi ultimi due anni? Dimostra che gli strati abbienti della campagna, che hanno nelle loro mani delle notevoli eccedenze di grano e hanno una parte predominante sul mercato del grano, non vogliono cederci volontariamente la quantità necessaria di grano, ai prezzi stabiliti dal potere sovietico. Per rifornire di grano le città, i centri industriali, l'Esercito rosso e le regioni delle culture industriali, ci occorrono circa 500 milioni di pudi di grano all'anno. Le consegne spontanee ci permettono di comperare circa 300-350 milioni di pudi. I rimanenti 150 milioni di pudi dobbiamo prenderli esercitando una pressione organizzata sui kulak e sugli strati agiati della campagna. Ecco che cosa ci dice l'esperienza della compera del grano in questi ultimi due anni.
Cos'è avvenuto in questi due anni? Donde provengono questi cambiamenti? Perché le consegne spontanee prima ci bastavano, mentre ora sono insufficienti? E’ avvenuto che in questi anni i kulak e gli elementi agiati sono venuti aumentando, hanno tratto profitto di una serie di buoni raccolti, si sono economicamente rafforzati, hanno accumulato un piccolo capitale e adesso possono manovrare sul mercato tenendo strette le eccedenze di grano nell'attesa d'un rialzo dei prezzi e dedicandosi ad altre culture. Il grano non è una merce ordinaria. Il grano non è il cotone, che non si può mangiare e non si può vendere a chiunque. A differenza del cotone, il grano, nelle nostre condizioni attuali, è una merce che tutti comprano e senza la quale non si può vivere. Il kulak lo sa e trattiene il grano, spingendo i detentori di grano a fare altrettanto. Il kulak sa che il grano è la valuta delle valute. Il kulak sa che le eccedenze di grano non sono soltanto un mezzo per arricchirsi, ma un mezzo per asservire i contadini poveri. Le eccedenze di grano nelle mani del kulak sono, nelle condizioni attuali, un mezzo per rafforzare le sue posizioni economiche e politiche. Perciò, prendendo queste eccedenze ai kulak, non solo facilitiamo il rifornimento di pane alle città e all'Esercito rosso, ma togliamo alla classe dei kulak il mezzo di rafforzarsi economicamente e politicamente.
Che cosa bisogna fare per ottenere queste eccedenze di grano? Bisogna, prima di tutto, liquidare la psicologia della spontaneità, che è cosa nociva e pericolosa. Bisogna organizzare la compera del grano da parte dello Stato. Bisogna mobilitare le masse dei contadini poveri e medi contro i kulak e organizzare il loro appoggio sociale alle misure prese dal potere sovietico per intensificare la compera del grano. L'importanza del metodo applicato nella compera del grano negli Urali o in Siberia, dove i contadini hanno fissato essi stessi la quantità di grano da consegnare allo Stato, consiste precisamente nel fatto che questo metodo offre la possibilità di mobilitare gli strati lavoratori della campagna contro i kulak, per intensificare la compera del grano. L'esperienza ha dimostrato che questo metodo ci dà dei risultati positivi. L'esperienza ha dimostrato che otteniamo questi risultati positivi in due direzioni: in primo luogo, ritiriamo le eccedenze di grano agli strati abbienti della campagna, facilitando così il rifornimento del paese; in secondo luogo, mobilitiamo le masse dei contadini poveri e medi contro i kulak, le educhiamo politicamente e ne facciamo il nostro potente esercito politico di milioni e milioni di uomini nella campagna. Alcuni compagni non tengono conto di quest'ultima circostanza. E invece essa è precisamente uno dei risultati più importanti, se non il più importante, del metodo uralo-siberiano della compera del grano. E’ vero, questo metodo si combina talvolta con l'applicazione di misure straordinarie contro i kulak, il che provoca gli strilli grotteschi di Bukharin e Rykov. Ma cosa c'è di male? Perché non si possono applicare, talvolta, in certe condizioni, delle misure straordinarie contro il nostro nemico di classe, contro i kulak? Perché nelle città si possono arrestare gli speculatori a centinaia e deportarli nel territorio di Turukhansk e ai kulak, che tentano di prendere alla gola il potere sovietico e di asservire i contadini poveri, non si possono ritirare le eccedenze di grano per via di costrizione sociale, ai prezzi a cui i contadini poveri e medi danno il grano alle nostre organizzazioni di approvvigionamento? Chi ha deciso che non lo si possa fare? Si è forse mai il nostro partito pronunciato in linea di principio contro l'applicazione ai kulak di misure straordinarie? A quanto pare Rykov e Bukharin sono in linea di principio contro ogni applicazione di misure straordinarie ai kulak. Ma questa è una politica liberale borghese e non una politica marxista. Non potete ignorare che Lenin, dopo l'introduzione della Nep, si è pronunciato perfino per il ritorno alla politica dei Comitati di contadini poveri, a certe condizioni, beninteso. Ebbene, che cos'è l'applicazione parziale di misure straordinarie contro i kulak? Rispetto alla politica dei Comitati di contadini poveri, è meno di una goccia nel mare.
I partigiani del gruppo Bukharin sperano di persuadere il nemico di classe a rinunciare volontariamente ai suoi interessi e a darci di sua propria volontà le sue eccedenze di grano. Essi sperano che il kulak, il quale è venuto rafforzandosi, il quale ha la possibilità di rifarsi con altre culture e nasconde le sue eccedenze di grano, sperano che questo stesso kulak ci dia di sua propria volontà le sue eccedenze di grano ai nostri prezzi di Stato. Ma hanno dunque perduto la ragione? Non è chiaro che essi non comprendono il meccanismo della lotta di classe, non sanno che cosa sono le classi? Non sanno essi come i kulak prendono in giro i nostri militanti e il potere sovietico nelle assemblee rurali, indette per intensificare la compera del grano da parte dello Stato? Ignorano essi dei fatti come quello successo nel Kasakstan, dove un nostro agitatore ha parlato due ore per convincere i detentori di grano a dare il grano pel rifornimento del paese, e un kulak si è fatto avanti con la pipa in bocca e gli ha risposto: « Prima balla, ragazzo mio, e poi ti darò un due pudi di grano ».
Una voce: Canaglie!
Stalin: Andate un po' a convincere questa gente. Sì, compagni, una classe è una classe. A questa verità non si sfugge. II metodo uralo-siberiano è buono appunto perché permette più facilmente di mettere gli strati dei contadini poveri e medi contro i kulak, permette più facilmente di spezzare la resistenza dei kulak e li obbliga a cedere le eccedenze di grano agli organi del potere sovietico.
Oggi la parola che è più di moda nelle file della nuova opposizione, nelle file del gruppo Bukharin, è la parola « esagerazioni » nella compera del grano da parte dello Stato. Questa parola è per essi la merce più corrente, perché li aiuta a mascherare la loro propria linea. Quando vogliono mascherare la loro linea, essi dicono di solito: noi non siamo, naturalmente, contro la pressione sui kulak, ma siamo contro le esagerazioni che si commettono in questo campo e che colpiscono il contadino medio. Poi viene il racconto degli orrori di queste esagerazioni, si dà lettura di lettere di « contadini », si dà lettura di lettere piene di panico, scritte da compagni come Markov e poi si trae la conclusione: bisogna abbandonare la politica di pressione sui kulak. Che razza di ragiona-mento è questo: siccome vi sono delle esagerazioni nell'applicazione di una politica giusta, per questo bisogna, a quanto pare, abbandonare questa politica giusta. Tale è il metodo abituale degli opportunisti: partendo dalle esagerazioni nell'applicazione della linea giusta, abbandonare questa linea, sostituendole una linea opportunista. Con ciò i sostenitori del gruppo Bukharin hanno cura di tacere che esiste anche un'altra specie di esagerazioni, più pericolosa e più nociva, e precisamente esistono le esagerazioni nel senso d'una saldatura con i kulak, nel senso d'un adattamento agli strati agiati della campagna, nel senso d'una sostituzione della politica opportunista dei destri alla politica rivoluzionaria del partito.
È evidente che siamo tutti contro queste esagerazioni. Siamo tutti contrari a che i colpi diretti contro i kulak vadano a colpire i contadini medi. Questo è chiaro e su questo non può esservi il minimo dubbio. Ma siamo decisamente contrari a che le ciance sulle esagerazioni, alimentate con zelo dal gruppo Bukharin, vengano a infirmare la politica rivoluzionaria del nostro partito e a sostituirle la politica opportunista del gruppo Bukharin. No, « questa volta il trucco non vi riesce ».
Citate una sola misura politica del partito che non sia stata accompagnata da questa o da quella esagerazione. La conseguenza è che bisogna lottare contro le esagerazioni. Ma si può forse, per questa ragione, denigrare la linea stessa del partito, che è la sola giusta? Prendiamo, per esempio, la decisione di applicare la giornata di 7 ore. Non c'è dubbio che questa misura è una delle più rivoluzionarie che il nostro partito abbia applicato in questi ultimi tempi. Chi non sa che questa misura, profondamente rivoluzionaria nella sostanza, è spesso accompagnata nella pratica da tutta una serie di esagerazioni, talvolta delle più detestabili? Significa questo che dobbiamo abbandonare la politica di applicazione della giornata di 7 ore? Non comprendono i sostenitori della nuova opposizione in che pantano cadono, quando puntano sulla carta delle esagerazioni in materia di compera del grano da parte dello Stato?

IV
Della lotta contro la deviazione di destra

Abbiamo esaminato, in questo modo, tutte le questioni essenziali dei nostri disaccordi, sia nel campo della teoria che in quello della politica dell'Internazionale comunista e della politica interna del nostro partito. Da quanto è stato detto si vede che la dichiarazione di Rykov, secondo la quale noi avremmo una linea unica, non corrisponde alla realtà. Da quanto è stato detto si vede che vi sono effettivamente due linee. Una è la linea generale del partito, la linea rivoluzionaria leninista del nostro partito. La seconda è la linea del gruppo Bukharin. Questa seconda linea non ha ancora preso forma completamente, perché nelle file del gruppo Bukharin vi è una indescrivibile confusione di opinioni e in parte perché questa seconda linea, avendo un debole peso specifico nel partito, si sforza di mascherarsi in un modo o nell'altro. Ma come vedete questa linea cionondimeno esiste, ed esiste come linea diversa da quella del partito, come linea che si contrappone alla linea generale del partito su quasi tutti i problemi della nostra politica. Questa seconda linea è, in sostanza, la linea della deviazione di destra.
Bukharin ha parlato qui della « morte civile » di tre membri dell'Ufficio politico, che le organizzazioni del nostro partito stanno « mettendo nel sacco », per usare la sua espressione. Egli ha detto che il partito ha condannato alla « morte civile » tre membri dell'Ufficio politico, Bukharin, Rykov e Tomski, criticando i loro errori nella stampa e nelle riunioni, mentre essi, questi tre membri dell'Ufficio politico, erano « costretti » a tacere. Queste sono sciocchezze, compagni. Sono falsità da comunista liberaloide che tenta di scardinare il partito nella sua lotta contro la deviazione di destra.
Secondo Bukharin parrebbe che, se egli e i suoi amici si sono impantanati in errori di destra, il partito non abbia il diritto di smascherare questi errori, il partito debba cessare la lotta contro la deviazione di destra e aspettare fino a quando a Bukharin e ai suoi amici farà comodo di rinunciare ai loro errori. Non è troppo, quel che esige da noi Bukharin? Pensa egli forse che il partito sia fatto per lui e non lui per il partito? Ma chi lo obbliga a tacere, a restare tranquillo, quando tutto il partito è mobilitato contro la deviazione di destra e affronta decisamente le difficoltà? Perché Bukharin e i suoi amici più prossimi non dovrebbero prender posizione adesso e condurre una lotta decisa contro la deviazione di destra e la tendenza conciliatrice? Qualcuno può forse dubitare che il partito si congratulerebbe con Bukharin e con i suoi amici più vicini, se essi si decidessero a far questo passo, che non sarebbe poi così difficile? Perché non si decidono a fare questo passo che, in fin dei conti, sarebbe per essi obbligatorio? Non è forse perché mettono gli interessi del loro gruppo al disopra degli interessi del partito e della sua linea generale? Di chi è la colpa se Bukharin, Rykov e Tomski nella lotta contro la deviazione di destra brillano per la loro assenza? Non è chiaro che i discorsi sulla « morte civile » di tre membri dell'Ufficio politico sono un tentativo malamente mascherato di tre membri dell'Ufficio politico, per costringere il partito a tacere e a cessare la lotta contro la deviazione di destra?
Per il nostro partito la lotta contro la deviazione di destra non è un compito secondario. La lotta contro la deviazione di destra è uno dei compiti decisivi del nostro partito. Se nel nostro proprio ambiente, nel nostro proprio partito, nello stato maggiore politico del proletariato, che dirige il movimento e conduce in avanti il proletariato, se — in questo stesso stato maggiore noi tolleriamo la libera esistenza e la libertà d'azione dei destri i quali tentano di smobilitare il partito, di disgregare la classe operaia, di adattare la nostra politica al gusto della borghesia « sovietica » e di capitolare, in tal modo, davanti alle difficoltà della nostra edificazione — se tolleriamo tutto questo, che cosa vorrà dire? Non vorrà dire che vogliamo far degradare a poco a poco la rivoluzione, disgregare la nostra edificazione socialista, fuggire davanti alle difficoltà, cedere le nostre posizioni agli elementi capitalistici? Non comprende il gruppo Bukharin che rinunciare alla lotta contro la deviazione di destra significa tradire la classe operaia, tradire la rivoluzione? Non comprende il gruppo Bukharin che senza superare la deviazione di destra e la tendenza conciliatrice è impossibile superare le difficoltà che ci si presentano, che senza superare queste difficoltà è impossibile ottenere dei successi decisivi nell'edificazione socialista? Cosa valgono dopo tutto questo le parole pietose sulla « morte civile » di tre membri dell'Ufficio politico?
No, compagni, con le ciance liberali sulla « morte civile » i bukhariniani non riusciranno a terrorizzare il partito.
Il partito esige da loro una lotta decisa contro la deviazione di destra e la tendenza conciliatrice verso di essa, al fianco di tutti i membri del Comitato Centrale del nostro partito. Esso esige questo dal gruppo Bukharin per facilitare la mobilitazione della classe operaia, per spezzare la resistenza dei nemici di classe e organizzare la vittoria decisiva sulle difficoltà della nostra edificazione socialista.
O i bukhariniani faranno ciò che esige da loro il partito, e allora il partito se ne congratulerà con essi. O non lo faranno, ma allora non avranno che da prendersela con se stessi.