Biblioteca Multimediale Marxista


Contro lo smembramento dell'Università di Napoli



Per un'Università integrata


- Associazione Nazionale Professori Universitari Incaricati -

Sez. di Napoli

- Associazione Napoletana Assistenti Universitari

- Organismo Rappresentativo Universitario Napoletano


LIBRO BIANCO


Sull’Edilizia Universitaria


Invito ad una discussione sui nuovi insediamenti universitari nella Regione Campana


NAPOLI


Libreria Universitaria Società Coop. a.r.l.


1966


INTRODUZIONE


Le Associazioni napoletane dei professori incaricati e degli assistenti universitari e l'Organismo Rappresentativo degli studenti, hanno ritenuto utile pubblicare questo Libro bianco, nel quale sono illustrati vari aspetti, del problema della nuova sede dell'Università di Napoli e sono documentate varie fasi del dibattito suscitato dalle Associazioni stesse intorno a tale problema, più volte posto all'attenzione delle Autorità Accademiche e della opinione pubblica, in particolare, nel marzo 1965, nel discorso del Presidente dell'ORUN, all'inaugurazione della nuova sede della Facoltà di Ingegneria, e successivamente il 14 aprile in un pubblico convegno tenuto al Maschio Angioino.


I professori incaricati , gli assistenti, e gli Studenti sono stati indotti a compierle questo nuovo passo da un profondo senso di responsabilità come studiosi e come cittadini. Non si può accettare che certe decisioni, che interessano sia tutti coloro che vivono nell'ambito dell'Università sia la stessa città, vengano prese in stretto segreto da un piccolo numero di persone in base a considerazioni e criteri soltanto ad esse noti, e che l'Università intera e la città siano poi messe di fronte ad una catena di fatti compiuti.,

A base della vita democratica - e il discorso non può non valere anche per un corretto sistema di rapporti in una comunità universitaria - è la conoscenza delle cose: la mancanza di un dibattito aperto e :la pratica delle decisioni segrete porta necessariamente a scelte poco obiettive e settoriali, se non addirittura a facilitare la copertura di manovre di gruppi di potere. Questi sono esterni e interni all'Università: ma conseguenza della loro esistenza è che fra gli stessi professori di ruolo non vi è uguaglianza di potere decisionale e di influenza effettiva sulla formazione delle scelte e sulla soluzione dei problemi della vita universitaria. In una situazione siffatta la difficoltà dell'informazione ostacola fortemente ogni sforzo diretto alla formazione di un giudizio completo sul fatti.

Al fine di documentare tutti coloro che sono interessa ti al buon funzionamento dell'Università, queste Associazioni hanno tentato di ricostruire i fatti e le decisioni di cui sono faticosamente venuti a conoscenza, riguardanti la situazione e le prospettive di sviluppo edilizio dell'Università di Napoli e rendono nota la propria posizione, quale contributo alla soluzione del problema.


I termini della situazione sono in sintesi i seguenti.

Le strutture dell’Università sono ormai sommerse da una popolazione studentesca di circa quarantamila unità.

Molte Facoltà ed Istituti sono pressoché paralizzati nella loro attività scientifica e riescono sempre meno a svolgerla ad un livello soddisfacente per il crescente carico dell’attività didattica. A parte la necessità di un maggior numero di docenti, la mancanza di spazio per aule e gabinetti di ricerca ha determinato situazioni ormai insostenibili. La Facoltà di Scienze, per esempio, ha dovuto ad un certo momento Prendere in considerazione l'idea di affittare cinematografi per le lezioni del biennio d'ingegneria (All. 1).

In questa situazione il problema dell'edilizia universitaria a Napoli si pone in termini drammatici. Esso è anche reso attuale dalla previsione della prossima approvazione della legge sull'edilizia scolastica.


Purtroppo l'impostazione data dalle Autorità Accademiche alla soluzione del problema è, a giudizio delle Associazioni universitarie, inadeguata ai termini reali della situazione e all'insieme delle questioni, attuali e di prospettiva, che essa pone. Manca, anzitutto, una visione d'insieme del fabbisogno di istruzione universitaria nell’Italia del Sud, dei suoi sviluppi futuri, è quindi della necessità urgente di accrescere il numero e di elevare il livello qualitativo delle Università meridionali: manca ogni segno di consapevolezza del fatto che è impossibile risolvere il problema dell'istruzione universitaria nel Sud con le sole sedi attuali; manca la visione della necessità di impegnare alla soluzione del problema, a Napoli e in genere nel Mezzogiorno, il costituito ma non operante Consorzio Universitario(*). Si accetta, invece, passivamente l'idea di una Università di Napoli sempre più mastodontica, ed in ogni caso congestionata, restringendo i termini del problema alla sola questione della costruzione di nuove sedi per alcune Facoltà o, peggio, di adattamento di vecchi stabili per quelle che non intendono mutare la loro attuale zona di insediamento.


(*) Il Consorzio universitario del quale, fanno parte le province e i comuni capoluogo della Campania assieme al Comune di Potenza, fu costituito il 21/1/63.

V. "Il Mattino" del 22/1/63.

E' viceversa chiaro, e la relazione della Commissione d'indagine parlamentare, del resto, lo conferma, che è impossibile svolgere ogni proficua attività didattica e scientifica in Università con più di 20. 000 studenti.


Né soltanto su questo punto si avverte la mancanza di qualsiasi pianificazione e visione di prospettiva. Le localizzazioni delle varie Facoltà vengono decise in modo episodico e sotto la spinta di considerazioni settoriali. Si viene cosi a realizzare uno smembramento del corpo universitario per il territorio cittadino, vanificando la possibilità di collegamenti funzionali tra le varie discipline e rendendo impossibile la costituzione di quei centri interdisciplinari che in altri Paesi sono stati tra i principali strumenti del progresso culturale e scientifico moderno. Se un tale disegno fosse realizzato, le varie Facoltà ed Istituti diverrebbero ancor più impermeabili fra loro e impedite ad un discorso culturale comune. Contemporaneamente si aggraverebbe la mancanza di comunicazione organica fra l'Università e la comunità civile; e ciò mentre è sempre più essenziale ad entrambe lo stabilirsi di un articolato continuo rapporto.


Un tale orientamento è tanto più preoccupante, quando si pensi al faticoso e contrastato processo attraverso il quale si cerca di definire un nuovo concetto di struttura universitaria; concetto che si va individuando attraverso l'ampio dibattito in corso tra tutte le forze culturali e che, seppure in maniera e misura diversa, è presente in ambedue i disegni di legge sulla riforma universitaria attualmente in Parlamento. Il nuovo concetto di struttura universitaria, infatti, esprime la necessità di superare l'esistenza di Facoltà indipendenti e separate come forma unica di organizzazione dell’insegnamento e della ricerca scientifica; tende, invece, a sviluppare una ricca dinamica di relazioni attraverso la creazione dei Dipartimenti, organi interdisciplinari, che dovranno essere i centri propulsori della ricerca e delle forme più elevate di istruzione, in quanto i soli abilitati a concedere il Dottorato di Ricerca.

Carattere fondamentale di tale nuovo modo di concepire la struttura universitaria è, inoltre, quello di intenderla non rigidamente conforme ad un modello immutabile, ma capace di adeguarsi continuamente, attraverso la dialettica delle forze in terne, alle esigenze in continuo divenire della società e del mondo scientifico.

In contrasto. lo smembramento delle Università in Facoltà staccate, articolate in Istituti separati, come si profila per l'Università di Napoli, sembra quasi un deliberato preventivo sabotaggio di qualsiasi anche moderato tentativo di riforma.


A Napoli. in tal modo si spenderanno molti miliardi per costruire una Università vecchia - nel nostro mondo che cambia - prima ancora di nascere, e che andrà ad aggiungersi al numero delle passività di cui la nostra città è già tanto ricca.

Particolare gravità ed urgenza assume in questo quadro il caso della Facoltà di Medicina e Chirurgia. Se il progetto della sua nuova sede fosse realizzato nelle sue attuali caratteristiche e dimensioni e nella localizzazione attualmente prescelta, la Facoltà di Medicina, sempre più distolta dalle sue funzioni di centro di insegnamento e di ricerca, cristallizzata in una rigida strutturazione interna priva dei necessari rapporti di intercomunicazione scientifica e didattica, accentuerebbe le sue già vistose caratteristiche ospedaliere, e in particolare rimarrebbe chiusa in una posizione di isolamento dal resto dell'Università.

Inoltre, una soluzione di tal genere - con i suoi esorbitanti costi di impianto e di esercizio - distoglierebbe, a beneficio prevalente di gruppi e di interessi particolari, una forte quota del le somme per l’edilizia universitaria, e metterebbe il resto dell'Università in una preoccupante incertezza circa la disponibilità di risorse finanziarie per la soluzione degli altri assillanti problemi edilizi.

Questa situazione deriva, oltre che dalla mancanza di una ampia collegialità di decisione all'interno dell'Università (nello stesso Consiglio di Amministrazione non tutte le Facoltà sono rappresentate), dal fatto che tra i legittimi rappresentanti della popolazione non è finora divenuta operante l'idea che le attrezzature universitarie rivestono un ruolo di primo piano nella vita associata e che le scelte ubicazionali sono argomento di pianificazione urbanistica.

La discussione sull'individuazione e il dimensionamento dei nuovi insediamenti universitari deve quindi essere un'occasione per riaffermare l'esigenza di affrontare globalmente tutta la vasta problematica dell’organizzazione della città e del territorio in termini di ordinato sviluppo civile.

Abbiamo voluto perciò offrire ai pubblici poteri, alle forze politiche ed all'opinione pubblica una raccolta di elementi, perché, tenute presenti le legittime esigenze e le specifiche funzioni dell'Università, si possa elaborare una meditata e soddisfacente soluzione del problema.


Nella prima parte esporremo alcune considerazioni generali sul problema della edilizia universitaria, maturate alla luce di notevoli apporti della cultura urbanistica, onde ricavarne indicazioni utili. Nella seconda discuteremo il problema della localizzazione dell'Università di Napoli esaminando, tra l'altro, con particolare attenzione le questioni inerenti la progettata Facoltà di Medicina e Chirurgia.

Nella terza parte saranno avanzati spunti di metodo per la ricerca della soluzione e alcuni suggerimenti, che conterranno anche una più precisa articolazione delle primitive proposte delle Associazioni dei professori incaricati, degli assistenti e degli studenti; suggerimenti che, dal punto di vista delle Associazioni, potrebbero costituire almeno una delle possibili basi di discussione.

Da tutto il nostro discorso apparirà chiara la necessità che le esigenze dell'Università, a breve e a lungo termine, siano inquadrate nello sviluppo e nella riorganizzazione del territorio regionale. Pertanto, ad avviso delle Associazioni, l'Università non può non richiedere alla comunità tutta di far proprio il suo problema e contemporaneamente non può non esigere di essere in tutte le sue componenti parte attiva nella ricerca comune della soluzione.

PARTE PRIMA


Attuali orientamenti sui problemi dell'edilizia universitaria


Alla base di una qualsiasi discussione sull'argomento occorre una concorde intesa su ciò che si ritiene per Università, sul suo ruolo e sulle sue funzioni.


Funzioni dell’Università


E' evidente che quesiti di tale genere non possono avere una risposta in forma universale e definitiva 1).

E' possibile comunque riconoscere come naturali e fondamentali funzioni dell'Università:

- la preparazione culturale e professionale degli studenti

- la ricerca scientifica

- l'aggiornamento culturale dei quadri tecnico-professionali

- il contributo allo sviluppo civile e politico del paese. Il consenso sulle prime due funzioni dell'Università e sulla loro inscindibilità è abbastanza generale. E' opportuno comunque sottolineare un aspetto peculiare del la cultura moderna, e cioè la mobilità del suo carattere e la sua interdisciplinarietà 2).

A rami del sapere rigidamente definiti si va sovrapponendo la convergenza, intorno ad alcuni grossi problemi, di diversi indirizzi culturali e di molte metodologie; ne deriva il continuo mutare dei contorni delle varie discipline e la nascita di nuove scienze.

Ad ogni studioso appare chiara la necessità di comprendere un panorama culturale quanto più possibile ampio e diversificato indispensabile per seguire ed intervenire sui progressi della scienza e della cultura.

In tal modo sono nate, nel mondo contemporaneo, la sociologia e la cibernetica, la psicanalisi e l'econometrica, l'urbanistica e la biofisica e tante altre discipline che, la Università italiana, incartapecorita nelle sue strutture e frammentata dal feudalismo geloso ed ombroso delle Facoltà e degli Istituti, non riesce a recepire, oppure recepisce in misura largamente insufficiente 3).

Anche la terza funzione, riconosciuta propria dell'Università, discende dalla rapidità del progresso culturale moderno.

In media ogni dieci anni si raddoppiano le conoscenze umane e ciò è particolarmente vero nel settore tecnico-scientifico.

Quindi i laureati, i tecnici, i professionisti devono continuamente riqualificarsi ed aggiornarsi.

Ad esempio negli Stati Uniti alcune aziende impongono per contratto ai propri ingegneri di frequentare, ogni cinque anni, un corso semestrale di aggiornamento all’Università.

Anche in Italia diviene sempre più viva la richiesta, da parte di quadri tecnico-professionali, di servizi culturali a livello universitario per laureati.

Resta la funzione civile e politica. In regime di democrazia, diventa sempre più importante che i cittadini si comportino in modo consapevole e che quindi abbiano capacità critica di valutazione e decisione.

Ciò richiede che l'Università, come d'altra parte è affermato nell'art. 6 dello stesso Statuto dell’Università di Napoli, non si limiti ad insegnare discipline specialistiche, ma promuova un generale clima di dialogo e di scambi, che favorisca il sorgere di una matura coscienza politica, civile e morale.


Dimensioni dell’Università


Appare evidente quindi il concetto di Università, oltre che come centro di produzione ed elaborazione di cultura, come "luogo di scambio" 4). In questo contesto acquista rilievo fondamentale il problema della dimensione dell'Università medesima. E' chiaro che da un lato la dimensione deve assicurare una gamma sufficientemente ampia di indirizzi culturali (il che significa rifiuto delle micro-università), dall'altro deve evitare di annegare ogni possibile rapporto fra docenti e fra studenti in una situazione di caotica congestione. Quando tali estreme situazioni si determinano la funzione dell'Università si riduce inevitabilmente ad una meccanica ripetizione di schemi di insegnamento, ad una passiva ed acritica ricezione di nozioni, ed a fornire da un lato meri titoli di studio e dall'altra posizioni di prestigio accademico a persone poste nell'impossibilità di esercitare la propria funzione di maestri e di scienziati.

Nel mondo anglosassone si ritiene che la dimensione ottimale di una Università si aggiri intorno ai diecimila studenti.

Una considerazione realistica delle preesistenze della situazione universitaria italiana, può indurci a portare questa cifra fino al limite invalicabile di ventimila studenti.

Non si può perciò che rifiutare nel modo più deciso la continuazione dell'attuale processo di congestione delle Università del Sud (quali Roma, Napoli e Bari) e riaffermare la pregiudiziale che i problemi di tali Università non possono essere risolti senza l’istituzione di altri centri universitari (Università della Calabria, seconda Università in Campania ed in Puglia, Università dell'Abruzzo, ecc. ).


Aspetto urbanistico dei problemi dell'edilizia universitaria


L'aspetto urbanistico del problema universitario appare quindi tra quelli più significativi, anche perché è chiaro che la localizzazione di una sede universitaria ha numerosi riflessi sul territorio. Nell’ambito ed alla scala della pianificazione nazionale è possibile isolare due questioni fondamentali: l'attitudine dei territori ad accogliere sedi universitarie ed il raggio di azione di queste ultime.


Per quanto riguarda l'attitudine dei territori è opportuno dapprima osservare che le possibili scelte di collocazione di una sede universitaria sono comprese in una gamma che va dalla localizzazione in un territorio già altamente urbanizzato a quella in aperta campagna, in assenza di ogni preesistenza urbana.


La prima soluzione. di cui esempio recente è l'Università di Chicago 5) può presentare il pregio di contribuire alla valorizzazione di centri storici ricchi di tradizioni culturali, ma, come' è stato osservato, si presta all'obiezione che "luoghi già carichi di funzioni, congestionati, privi di carattere ambientale non possono sostenere lo sforzo di accogliere questa attività, senza coinvolgerla nella propria congestione" 6) .

La seconda soluzione può talvolta rendere impossibile il funzionamento dell'Università, in quanto la separa da ogni contesto urbano, compromettendone i rapporti con gli altri centri di vita del territorio servito.

Sembrerebbe quindi che territori ad urbanizzazione intermedia, sufficientemente dotati di infrastrutture, ma nello stesso tempo "più distesi, più aperti, più ricchi di valori artistici, ambientali e naturali. possono pienamente assicurare le condizioni di quiete e di riflessione di interscambio e di scala più favorevoli allo studio" 6).

Per quanto riguarda poi il raggio di azione di ogni sede universitaria, occorre ricordare che un aspetto del problema è quello del rapporto tra popolazione del territorio servito ed Università.

Questo rapporto va visto, alla luce delle considerazioni premesse, come rapporto reciproco. Ogni quota di popolazione deve avere un servizio di alta cultura facilmente accessibile e, d'altra parte, ogni attrezzatura universitaria deve basarsi su un minimo di infrastrutture e presupposti ambientali che rendano possibile un'adeguata produzione culturale.

Il raggio di azione dell’Università, però, va misurato secondo le distanze-tempo che gli utenti potenziali, cittadini e studenti, devono percorrere per raggiungerla con un costo ragionevole.

Occorre quindi che l'Università - nella composizione globale e nella struttura integrata da noi assunte come esigenze fondamentali della ricerca e dell'insegnamento moderni - sia raggiungibile con linee di grande comunicazione sia stradali che ferroviarie, evitando il rischio di selezionare i possibili utenti, a seconda delle capacità di procurarsi mezzi di trasporto individuali, e quindi della loro classe sociale. D'altra parte la creazione di una congestione del traffico nei dintorni della Università, a parte ogni inconveniente di ordine urbanistico, non può non turbare quel minimo di quiete e tranquillità già indicati come necessari per lo studio e la ricerca.

Infine il problema del raggio di azione acquista notevole importanza in funzione dei rapporti tra diversi centri universitari.

Queste, al momento, le più significative questioni relative alle localizzazioni dei centri universitari sul territorio. Centri universitari intesi, come già detto, quali centri integrati e comprendenti cioè numerosi dipartimenti e discipline di tipo diverso, nell’ambito di una dimensione massima (e di popolazione e spaziale) prefissata.

Tali centri universitari, evitando sdoppiamenti di cattedre - provvedimenti divenuti ormai una soluzione insufficiente, in molti casi, del problema del congestionamento della Facoltà - consentirebbe anche lo sviluppo di Università fortemente caratterizzate ed omogenee nel metodo didattico.


L'edilizia universitaria all’interno della città.


Un aspetto più delicato del problema urbanistico della Università è il possibile rapporto tra questa e la città della quale fa parte; rapporto che introduce ai problemi organizzativi ed architettonici delle strutture universitarie.

"L’Università è una organizzazione sociale complessa e per questo deve essere una parte essenziale del territorio urbanizzato cui appartiene. I rapporti tra Università e Città debbono essere di stretta integrazione. Non deve esistere segregazione di cittadini rispetto all'Università; la trasmissione di energia culturale, deve riflettersi sull'energia urbana e viceversa, in modo che le due parti realmente appartengano ad un tutto".

"Questo obiettivo deve riflettersi sulla definizione architettonica dell'organismo universitario, sia nelle sue espressioni organizzative che debbono articolarsi nell'ambiente urbano compenetrandolo, sia nelle sue espressioni formali che debbono costituire una emergenza nel tessuto generale della città, una immagine di permanente riferimento visivo" 6).


Recenti esperienze ed orientamenti culturali


In misura diversa, con angolazioni specifiche, ma ancora con una generale unità di intenti, il problema del l'Università è un tema frequente dei concorsi architettonici internazionali ed anche di interessanti realizzazioni, tese tutte al rifiuto di insiemi monumentali ed alla ricerca di vitali forme organizzative, Dall'esempio citato dell'Università di Chicago dove risultano eliminate "le facoltà intese come unità edilizie autonome. sottolineando l'importanza della cultura interdisciplinare" 5) alle strutture edilizie realizzate a Vancouver nel Canadà 7).

Anche nei loro limiti, queste realizzazioni non possono non rappresentare un suggestivo stimolo ad approfondire ed a chiarire le esigenze e le funzioni di un centro universitario. Ricerca alla quale portano un vivo contributo le posizioni teoriche espresse anche in occasione di recenti concorsi. Alcuni tra questi orientamenti sembrano particolarmente significativi e rappresentativi delle più aggiornate posizioni culturali.

La relazione del progetto vincitore del Concorso per la Libera Università di Berlino 8) contiene, espressi con particolare chiarezza, i principi strutturali ed organizzativi di una Università.

"L'Università è considerata come un luogo e come uno strumento".

"Molte delle funzioni sono conosciute, altre no".

"Noi abbiamo supposto che la sua funzione principale sia quella di favorire gli scambi tra persone di differenti discipline, allo scopo di allargare la conoscenza umana". "La nostra intenzione, di conseguenza, in questo progetto, è di produrre, all'interno di una organizzazione, il massimo delle occasioni di incontro e di scambi in questo particolare tipo di comunità che è la Università, salvaguardando l'autonomia di ciascuna funzione specifica".

"Al fine di facilitare le relazioni tra le diverse discipline abbiamo ritenuto necessario superare l'analisi di Facoltà diverse in edifici diversi, abbiamo pensato ad una sintesi in cui tutte le Facoltà siano associate piuttosto che dissociate e dove gli ostacoli psicologici che le separano non siano accentuati da ostacoli di tipo fisico".

E' interessante anche ricordare la relazione di una proposta presentata al Concorso Internazionale per l'Università di Dublino 9).

Questa parte dalla "definizione di un dispositivo urbanistico ed architettonico corrispondente alle due fonda mentali esigenze dell'Università: la flessibilità e la sollecitazione di contatti sociali a tutti i livelli, entro un ambiente intrinsecamente formativo, in stretto rapporto con la città".

E' una ipotesi di articolazione della "struttura universitaria" che esclude ogni forma cristallizzata nel tempo capace di bloccare per la sua stessa staticità ogni evoluzione delle forme pedagogiche e scientifiche della attività universitaria.

Suoi punti essenziali sono la relazione con l'ambiente e la interconnessione di tutte le maglie della rete organizzativa universitaria.

"Occorre fare in modo che l'Università come centro culturale ed il parco come attrezzatura per il tempo libero, possano divenire punti focali per l'ambiente circostante e la città".

"L'Università, si trasforma in una parte della città e perciò deve assumere vitalità sociale e caratteri formali cosi singolari da stabilire concreti rapporti di interscambio visuale e culturale con la città stessa".

Difende infine il concetto di "struttura organizzata" contrapposta agli edifici chiusi; nella relazione al progetto si sostiene che "si è ritenuto che questo sia il solo modo efficiente e lecito per assicurare continuità, organicità e chiarezza ad un processo architettonico in modo da garantire che le variazioni negli indirizzi educativi, le modifiche tecnologiche, i diversi interventi progettistici possano liberamente accadere senza più provocare conflitti di funzioni e discordia di forme".

"Per stimolare i contatti sociali nell'intero organismo universitario e per moltiplicare le relazioni fra la città e l'Università si è rifiutato il principio tradizionale dell'autonomia delle singole Facoltà" 9).


Conclusioni


La scarna e sintetica esposizione fatta ci pone ora in grado di enucleare alcuni punti essenziali, a nostro giudizio, per una corretta soluzione del problema edilizio universitario:

a) L'Università deve essere nel modo più completo una sede non solo di produzione di cultura ma anche di scambi fra persone portatrici di esperienze culturali diverse e di competenze tecnologiche e professionali diverse;

b) occorre quindi superare l'attuale disaggregazione delle funzioni universitariedistinte in Facoltà ed Istituti non intercomunicanti.

La realizzazione di quella rete di scambi, che abbiamo visto indispensabili, impone, con la limitazione dimensionale del centro universitario, la compresenza nello stesso luogo di più Facoltà di tipo diverso come dato assolutamente irrinunciabile;

c) per garantire una corretta soluzione del problema dei rapporti fra Università e territori, occorre precisare le relazioni intercorrenti fra le diverse funzioni universitarie e le attrezzature comuni, da concepirsi in modo che rivestano il ruolo di attrezzature cittadine, superando cosi la limitazione insita nella tradizionale visione del campus delle Università americane.

Tali attrezzature comuni, accessibili a tutti, sono e di tipo culturale (biblioteche, teatri, musei, ecc.), e sportivo, e residenziale (casa dello studente, ecc.), e collettivo (luoghi, di incontro e di riunione), e ancora attrezzature per il tempo libero, e devono costituire il punto di convergenza delle varie funzioni universitarie, nonché nello stesso tempo, delle correnti di scambio fra centri di produzione culturale e territorio;

d) per garantire lo svolgersi dei processi culturali all'interno dell'Università, occorre assicurare la massima flessibilità, nello spazio e nel tempo, della struttura, evitando ogni monumentalismo e rifiutando gli edifici incapaci di adattarsi a tutte le modifiche rese necessarie dai mutamenti delle concezioni scientifiche e pedagogiche;

e) la localizzazione della sede universitaria deve garantire il massimo di accessibilità con il minimo di costo e di tempo per tutti i potenziali utenti, da tutti i punti del territorio, con il minimo di congestione, assicurando alle attività universitarie la tranquillità necessaria.

BIBLIOGRAFIA


(1) K. Jaspers - K. Rossmann = Die Idee der Universitat. Berlino 1961 - Esprit - numero speciale sull’Università "Faire l'université. Maggio-giugno 1964.

Per un'ampia trattazione di tale problema si veda anche il recente articolo di Pierangelo Catalano: "Funzioni dell'università" in Aggiornamenti Sociali, marzo 1966 - e l'ampia bibliografia in esso citata.

Circa le implicazioni dell'istruzione universitaria nel mondo economico, si veda: G. Martinoli - L'università nello sviluppo economico italiano - SVIMEZ Roma 1962.

Sul problema dell'aggiornamento culturale dei quadri tecnico-professionali v. "Conférence européenne sur l'education des adultes, Hambourg 1962, Rapport à cure de F. W. Jessup, UNESCO.

Due testimonianze di correnti di pensiero molto diverse sul la funzione politico-civile dell'università si troveranno in:

E. SCHRER - Metafisica dell'università - in: Rivista di filosofia neoscolastica, 31 (1939).

H. CUENCA - La universidad revolucionaria - Caracas 1964.

Si veda anche, per il contributo politico dell'Università nella storia italiana: F. Di Domizio - L'Università italiana - Milano 1952.


(2) Si veda a tale scopo:

F. Lombardi, P. Filiasi Carcano, M. Gentile, V. Mathieu, E. Paci, U. Spirito - "L’unificazione del sapere". - Firenze 1964.

Gli articoli di D. Krisma, P. Lazarsfeld, C. Levi-Strauss, J. Piaget in: "Revue internationale des Sciences Sociales", 16, 1964.

Sull’atteggiamento in proposito di particolari indirizzi di pensiero, si veda: Neopositivismo e unità della scienza (scritti di O. Neurath, N. Bohr, J. Devey, R. Russell, R. Carnap, Ch. W. Morris, J. Jorgensen) Milano, 1958.

J. Marítain - Distinguer pour unir.- Paris, 1940.

U. Pellegrino - Teologia e sociologia, in "Atti del XIX Convegno del Centro Studi Filosofici tra professori universitari, Gallarate 1964" - Brescia, 1965.

Sull'importanza dei centri interdisciplinari di ricerca, si ricordi l'esperienza del Massachusetts Institute of Technology (M.I.T.).


(3) Si veda:

Di Domizio, op. cit.


(4) Si confronti tale concezione con le più recenti teorie sulla funzione delle città.

R. L. Meier - A Communication theory of urban growth, M. I. T. Press, 1962


(5) Si veda:

B. Zevi - La città universitaria di Chicago su "L'Espresso" - 31 ottobre 1965.


(6) G. de Carlo - Questioni di architettura e di urbanistica. - Urbino, 1965

Relazione all’VIII Congresso Nazionale dell’AGERE,


(7) B. Zevi - Il campus di Vancouver - su "l'Espresso" 27 marzo 1966.


(8) Candilis, Josic, Woods, architetti.

La relazione è stata pubblicata sulla rivista "L'Architecture d'Aujour d'hui, 115".


(9) G. De Carlo - Proposta per una struttura universitaria. Ed. Cluva, Venezia, 1965.

PARTE SECONDA


Esame della situazione e critica delle prospettive per la nuova Sede dell'Università di Napoli


Situazione attuale


Esaminiamo ora in quale misura l'orientamento seguito dalle Autorità Accademiche dell'Università di Napoli sia coerente con quelli che, nella parte precedente, abbiamo visto essere i requisiti essenziali di una Università adeguata alle sue funzioni.

La collocazione attuale della varie Facoltà è la seguente:

a) Ingegneria - La nuova sede di Piazzale Tecchio è stata inaugurata nel 1965. 1 laboratori, in Via Marconi, sono ancora in corso di completamento.

b) Medicina e Chirurgia - La maggior parte degli Istituti risiedono nel recinto del Policlinico (1, 5 ettari); alcuni altri in zona attigua (S. Andrea delle Dame, S. Maria delle Grazie, e Santa Patrizia). Altri ancora si trovano a Piazza Gesù e Maria; l'Istituto di Fisiologia ai Camaldoli.

c) Economia e Commercio - Risiede in un unico edificio del tutto insufficiente a Via Partenope.

d) Architettura - Risiede nel Palazzo Gravina in Via Monteoliveto, con particolare carenza di aule.

e) Agraria - Risiede nel complesso della Reggia di Portici, che, data la vetustà degli edifici, richiede continue spese di manutenzione straordinaria.

f) Medicina Veterinaria - Si, trova in Via Veterinaria, ove sono. in corso lavori di ampliamento.

g) Scienze - La maggior parte risiede nei vecchi edifici compresi fra Via Mezzocannone. e S. Marcellino, in condizioni di estremo affollamento. Parte degli Istituti di Fisica sono distaccati alla Mostra d'Oltremare e parte di quelli Biologici nell'Orto Botanico a Via Foria.

h) Farmacia - E' in Via L. Rodinò.

i) Giurisprudenza - Lettere - Si trovano nel corpo centrale dell’Università, fortemente sovraffollato.


Iniziative in corso


Sono in corso le seguenti iniziative:

a) Su di un'area di circa 44 ettari, in località Cappella Cangiani, sulla collina dei Camaldoli, sono iniziati i lavori della nuova sede della Facoltà di Medicina e Chirurgia.

Attualmente sono compiute alcune opere di sistemazione e viabilità e sono in corso lavori di sbancamento e scavo fondazioni del primo dei 10 lotti, cioè l'edificio degli Istituti Biologici.

I lavori sono quindi nella primissima fase.

Questi sono finanziati dal Ministero della Pubblica Istruzione in base alla Legge 25 marzo 1964 n. 154 che assicura uno stanziamento di 20 miliardi.

b) La stessa Legge n. 154 stanzia inoltre un miliardo e mezzo per l'adattamento dell'edificio dell'ex Manifattura Tabacchi a S. Pietro Martire, come nuova sede della Facoltà di Lettere: attualmente è stato effettuato il trasloco di alcuni uffici e segreterie ed è in corso la progettazione dell’adattamento.

c) L'Università ha anche acquistato un suolo di 20 ettari, in località Chiaiano, attiguo al suolo destinato al Policlinico allo scopo di insediarvi altre Facoltà. Avrebbero dovuto trovarvi posto le Facoltà di Scienze, Architettura ed Economia e Commercio (v. intervista del Rettore al "Corriere di Napoli" del 31 marzo 1965).


A seguito delle proteste delle Associazioni universitarie, di eminenti tecnici e delle preoccupazioni espresse in Consiglio Comunale, il Rettore, in una lettera al Sindaco, comunicata al Consiglio Comunale il 28 maggio 1965, sollecitava l'Amministrazione Comunale affinché volesse "far conoscere gli intendimenti di codesto Comune circa l'assetto urbanistico della Città in relazione alle direttrici di espansione e di sviluppo ed alle possibilità di collegamento. Le notizie che la Vostra Signoria vorrà fornire in merito potranno consentire a queste Autorità (si intenda: le Autorità Accademiche) di conoscere quali concrete possibilità vi siano per un idoneo inserimento dell'Università nell’impostazione del Piano Regolatore che codesta Amministrazione si accinge a predisporre"

In Consiglio Comunale - secondo il verbale del dibattito sulla questione - il Sindaco commentava : "Stando a questa lettera il problema non è pregiudicato. E' chiaro che se il Magnifico Rettore chiede al Comune le previsioni della politica urbanistica nell’ambito della quale collocare l'Università non credo che l'Università contemporaneamente abbia già acquistato i ruoli" (s'intenda in aggiunta a quelli già destinati alla Facoltà di Medicina).


La Commissione del Corpo Accademico


In seguito veniva investito della questione il Corpo Accademico dell'Università, formato dai soli professori di ruolo (in esso non sono rappresentati né i professori incaricati, né gli assistenti, né gli studenti). Il Corpo Accademico nominava una Commissione consultiva, incaricata di riferire sul problema; questa Commissione si è incontrata in due occasioni con i rappresentanti delle nostre Associazioni. A seguito del primo incontro lo O.R.U.N. inviava a tutti i professori un documento nel quale puntualizzava, d'accordo con le associazioni dei Professori incaricati e degli Assistenti, le posizioni e le richieste avanzate nel corso del colloquio (All. 2). Nel secondo incontro veniva comunicato formalmente alle Associazioni universitarie che vi era un orientamento della Commissione, peraltro non definitivo, verso le seguenti soluzioni:


a) conferma delle decisioni prese per le Facoltà di Medicina e di Lettere (per inciso si è appreso che il costo della sede della Facoltà di Medicina sarà molto superiore a quello inizialmente previsto raggiungendo i 28 miliardi per la sola parte edilizia e forse 40 miliardi con le attrezzature).


b) Mantenimento della Facoltà di Giurisprudenza nell'attuale sede, data la resistenza dei membri di quel Consiglio di Facoltà ad allontanarsi dal centro per i loro impegni professionali legati al Palazzo di Giustizia.


C) Trasferimento delle Facoltà di Architettura ed Economia e Commercio, nelle zone della Mostra d'Oltremare e Via Terracina.


d) Trasferimento della Facoltà di Medicina Veterinaria nelle vicinanze del Policlinico.


e) Mantenimento della Facoltà di Agraria a Portici.


Permaneva l'incertezza sulla destinazione della Facoltà di Scienze, non essendosi ancora pronunciato quel Consiglio di Facoltà.


Il quadro sopra esposto, e in particolare il trasferimento nella zona di Fuorigrotta dell'Economia e Commercio e dell’Architettura, veniva presentato come un compromesso fra le aspirazioni espresse dalle singole Facoltà e le richieste delle Associazioni Universitarie. In realtà di queste non si era (o non si era voluto) capire l'essenza: infatti le Associazioni avevano indicato quella zona (estesa fino alla conca di Agnano) come esempio di area ancora disponibile da prendere in esame per una possibile soluzione globale. Infatti in tale zona esistono già strutture universitarie, nonché installazioni culturali e sportive (teatro, parco, piscine) atte a fornire gli auspicati "centri comuni" per una nuova struttura universitaria integrata al suo interno e con la città.

Le Associazioni pertanto dichiaravano insoddisfacente l'insieme delle proposte ed avanzavano ulteriori riserve, in particolare, sulle dimensioni e la esorbitante costosità (di costruzione e di esercizio) della progetta Facoltà di Medicina, che danneggerebbe anche il resto dell'Università.

Successivamente esse inviavano una lettera ai Componenti la Commissione, per puntualizzare le proprie posizioni (All. 3).

Contemporaneamente sugli organi di Stampa ed in Consiglio Comunale si accentuavano le proteste per lo smembramento dell’Università. In allegato si riportano le mozioni presentate in Consiglio Comunale (All. 4, 5, 6).


Critica al piano della Commissione del Corpo Accademico


L'orientamento espresso dalla Commissione è in effetti inaccettabile per i seguenti motivi:


a) Non è assolutamente recepita l'idea di predisporre un piano globale: si fa solo la somma di tante proposte di insediamento fra loro slegate.


b) L’Università verrà dissociata in tronconi e si accentueranno ancor più, con barriere fisiche, le difficoltà di scambi tra le Facoltà e fra gli Istituti: particolarmente dannosa sarà la separazione tra le Facoltà umanistiche e quelle tecnico-scientifiche già oggi cosi grave. Persino il colloquio tra gli studenti di diverse discipline sarà impedito perché le scarse attrezzature ad essi destinati (casealbergo e mense) sono previste separate per le varie Facoltà.


e) Verrà a mancare qualsiasi centro unitario aperto ai rapporti con la città, per cui si avrà una diluizione nell'area metropolitana senza, in cambio, realizzare una integrazione con essa.

Se è vero che in tal modo la Commissione ha creduto di superare il vecchio schema della grossa città universitaria segregata, è anche vero che gli orientamenti esposti si concreterebbero nella creazione di "isole di cultura" non comunicanti tra loro né con la città, in quanto prive appunto delle attrezzature di convergenza culturale.


d) Verrà minata ogni possibilità di applicazione della riforma universitaria, in quanto la separazione fisica tra le varie Facoltà (e intendiamo anche tra le Facoltà localizzate dal progetto della Commissione nella stessa area) impedirà la costituzione ed il funzionamento effettivo dei Dipartimenti: ciò pregiudicherà la possibilità di conferimento, o quanto meno inficerà il valore, dei titoli di Dottore di Ricerca rilasciati a Napoli.


In sintesi, mentre in tutto il mondo le Università cercano di raggiungere un grado di fusione interna e di interdisciplinarietà sempre maggiore, ponendo cosi le basi di un crescente e ricco sviluppo culturale e scientifico, a Napoli, ispirandosi a considerazioni settoriali, si costruirebbe un Ateneo concepito su schemi vecchi e sorpassati incapace perfino fisicamente di adattarsi a qualsiasi sviluppo.


Antieconomicità del piano...


D'altra parte la creazione di molti tronconi, a loro volta internamente suddivisi e spezzettati, privi di impianti comuni, porterà ad una spesa notevolmente superiore a quella preventivabile con una accorta programmazione, cosa che pregiudicherà ancor più le già incerte prospettive di sviluppo. Non bisogna infatti dimenticare che, secondo l'attuale disegno di legge governativo sull'edilizia scolastica, il settore universitario potrà avere a disposizione soltanto 210 miliardi fino al 1970.

Ciò vuol dire che all’Università di Napoli potranno forse essere assegnati 10-15 miliardi e vedremo come le sole iniziative in Corso rischino di assorbire e forse superare questa cifra.


...per la Facoltà di Lettere...


Ad esempio per la Facoltà di Lettere e Filosofia (per la quale, come ricordato, sono stati stanziati un miliardo e mezzo) "si è provveduto all'acquisto del fabbricato della ex Manifattura Tabacchi, ed il Prof. Jossa, Preside della Facoltà di Architettura, è stato incaricato della redazione del progetto con un primo fondo di 300 milioni, stanziati dal Consiglio di Amministrazione" 1)

Successivamente il Rettore rendeva noto che erano stati impegnati e in gran parte spesi "per la Facoltà di Lettere e Segreterie" oltre 817 milioni 2). In questo modo si spendono ingenti somme, in un antieconomico rifacimento, per di più seguendo il malcostume di affidare la progettazione senza concorso e di suddividere l'incarico in tempi successivi, quando occorre, aggirando cosi le disposizioni legislative.

Né va dimenticata l'esperienza della nuova Facoltà di Ingegneria che, a 10 anni dall'inizio dei lavori, non è ancora terminata, ha assorbito una spesa quasi tripla del preventivato e si sta già rivelando inadeguata e insufficiente rispetto alle esigenze attuali e ancor più a quelle dell'immediato futuro.


... per la nuova Facoltà di Medicina e Chirurgia


Ancor più allarmanti sono le previsioni per la Facoltà di Medicina e Chirurgia. Come già detto, la legge speciale n. 154 del 25 marzo 1964 stanzia la cifra di 20 miliardi, ma il Consiglio di Amministrazione ha già previsto una spesa di 28 miliardi per la sola parte edilizia. E' chiaro che per le dimensioni delle opere progettate la realizzazione si protrarrà a lungo nel tempo, e tale cifra è destinata a dilatarsi ulteriormente.


Il nuovo Policlinico dovrebbe essere costruito su di una area di circa 44 ettari: il progetto 3) prevede un volume di circa un milione di metri cubi: questo volume, a parte il grattacielo monoblocco che ospiterebbe gli Istituti Biologici, è distribuito in una serie di grossi edifici staccati, talvolta articolati in più corpi, ciascuno destinato ad una Clinica o ad un Istituto. Quasi ogni Istituto è dotato di proprie ed esclusive attrezzature (gabinetto radiologico, laboratorio di analisi, etc.) e tutti sullo forniti di proprie aule. La disposizione delle aule in particolare, mentre riesce estremamente disagevole per gli studenti che devono seguire le lezioni dei vari corsi, comporta un incremento di spese, a causa della loro utilizzazione parziale e saltuaria.

L'imponenza degli edifici, dovuta all'enorme numero di degenze previste, richiederà notevolissime opere di sbancamento e livellazione, in quanto ciascuno di essi sarà sistemato su di una vasta "terrazza" ricavata in una zona "movimentata, intersecata da valloni più o meno profondi" 4).


Ospedalizzazione del Policlinico, e sue cause.


Il numero di posti letto appare la causa principale dell'elevato costo previsto. In effetti (Tabella I) è progettata la costruzione di sale di degenza capaci di contenere complessivamente ben 2647 posti letto contro gli attuali 1500 circa.


Le ragioni che hanno determinato tali abnormi dimensioni si presentano sotto una luce particolare: come evidenziato da una agenzia di stampa cittadina, la "Hermes" - (All. 7) - se si considerano gli ingenti introiti che le cliniche universitarie si assicurano attraverso le degenze (circa 2.270 milioni nel 1963/64 5) ovviamente destinati a crescere in relazione al numero dei posti letto) e specialmente se si considera la ripartizione degli introiti stessi, che assicura elevatissimi incassi alla maggior parte dei Direttori degli Istituti Clinici (non manca chi rinuncia a percepire la propria quota, ma si tratta di rare eccezioni).


Sarà d'uopo qui, pur senza voler approfondire la complessa

Clinica o Istituto
Consuntivo 1963/64(1)
Proventi a disposizione dei Direttori (3)
Posti letto attuali (5)
Posti letto richiesti (6)

Entrate accertate
Spese di funzionamento (2)

Neurologia
281.868.971
169.121.381
49.327.070
120
203

Pediat. e Pueric.
226.290.780
135.774.467
39.600.886
210
300

Ostetrica
188.972.472
113.383.483
33.070.182
130
229

Oculistica
161.962.210
97.177.326
28.343.387
128
100

Semeiotica med.
152.329.738
139.381.710
26.657.704
84
105

Dermatologica
147.438.875
88.463.325
25.801.803
76
90

Patologia med.
145.574.254
108.380.033
25.475.494
87
135

Chirurgica
140.230.866
84.138.519
24.540.401
114
253

Ortopedica
140.025.098
84.015.059
24.504.392
97
169

Medica
123.717.149
74.230.291
21.650.501
120
252

Malattie inf.
73.447.700
44.068.620
12.853.357
84
138

e Tropicali
41.104.050
24.662.454
7.193.209

Otorinolaring.
104.973.648
62.984.188
18.370.388
70
100

Patologia Chir.
-103.228.298
61.936.980
18.064.952
80
135

Semeiotica Chir.
73.264.921
50.801.896
12.821.361
---
105

Odontoiatrica
70.533.189
42.319.911
12.343.308
44
90

Medicina Lavoro
70.064.035
49.177.946
12.261.206
55
105

Radiologia
16.358.210
9.814.926
2.862.687
---
100

Anatomia Chir.
7.637.376
7.637.376
(4)
---
30

1499
2647

(1) Dall'Annuario dell'Università di Napoli - Anno Accademico 1964/65.

(2) Pare che comprendano la percentuale spettante al personale tecnico-amministrativo.

(3) Una delibera del Consiglio di Amministrazione ha cosi ripartito gli utili: 50% spese

di gestione Clinica; 2% spese generali Università; 17,5% Direttore; 14,5% Assistenti;

12% Tecnici; 4% Amministrativi

(4) Cattedra convenzionata.

(5) Da C. Beguinot - op. cit. vol. I

(6) Da C. Beguinot - op.cit. vol. II

questione dei proventi e della relativa pubblicità, che merita un discorso in altra sede, ricordare che nella circolare Prot. 1403 in data 9/5/64 il Ministro della P.I. richiamò l'attenzione dei Rettori su precise norme legislative: "L'Art. 49 del T.U. 31/8/1933, che regola la materia, dispone che gli Istituti scientifici delle Università e degli Istituti superiori compatibilmente con la loro funzione scientifica e didattica, possono eseguire, su commissione di pubbliche amministrazioni o di privati, analisi, controlli, tarature, prove ed esperienze. Nelle cliniche universitarie possono essere accolti malati a pagamento.

Da ciò deriva la necessità che deve essere sempre assicurata la regolare, piena attività scientifica e didattica (non limitata, come è noto, al corso di lezioni), prima di dedicate tempo, personale ed attrezzature all'attività secondaria e marginale, delle prestazioni a pagamento.

L'osservazione di tale norma impegna la responsabilità dei Rettori e dei Presidi (art. 6 e 8 del Reg.gen.univ 6/4/1924, n. 674) e dei singoli professori (art. 6 legge 18/3/1958, n. 311).

Le SS. VV. vorranno, pertanto, vigilare attentamente al riguardo, segnalando al Ministero quei casi di istituti ove l'esercizio di attività per prestazioni a pagamento si presenti abnorme".

Più avanti la stessa circolare notava che "non tutte le Università si sono avvalse della facoltà prevista all'art. 67 delle norme amministrative e contabili di cui alla circ. 30/8/1939, n. 3391, che consente all'amministrazione universitaria di trattenere fino al 10% delle somme riscosse per prestazioni a pagamento, da destinate alle spese comuni".

A Napoli la percentuale destinata all'Università per spese generali è del 2%.


Funzionalità ospedaliera del Policlinico


Per quanto poi riguarda la funzionalità ospedaliera di questo mastodontico complesso è singolare come lo stesso studio di C. Beguinot, che ha preceduto il progetto di massima, contenga numerose e considerevoli critiche di ordine tecnico-funzionale, urbanistico, sociologico ai complessi ospedalieri che superino certi limiti 6): si cita come esempio deteriore di gigantismo la città ospedaliera di Lilla, che poi si scopre avere un numero di posti letto addirittura inferiore a quello del progettato Policlinico!


L'abnorme dimensione del progetto non può essere giustificata dalla deficienza numerica di posti-letto nella Regione. Infatti un esame degli indici (posti letto per mille abitanti) mostra che la Provincia di Napoli è al livello nazionale con il 9,12%o i mentre sono incivili gli indici delle province vicine (Avellino: 0,97%o; Benevento: 1,61%o; Campobasso: 1,20%o) 7), 8).

Semmai il problema ospedaliero a Napoli è problema qualitativo e sotto duplice aspetto: "miglioramento delle attrezzature esistenti e creazione di un centro regionale ad alta specializzazione. E (a parte la considerazione che tale discorso investe problemi di pianificazione ospedaliera che vanno al di fuori dell'ambito dell'Università), è perlomeno discutibile che si possa realizzare un complesso ospedaliero di alto livello qualitativo, date le dimensioni previste, con la spesa attualmente preventivata. Il paragone con l'ospedale cantonale universitario di Zurigo, completato nel 1951 con una spesa di oltre 15 miliardi di lire dovuta soprattutto alle altissime attrezzature (solo 926 posti letto), farebbe prevedere per i 2647 posti-letto del Policlinico di Napoli una spesa di circa 44 miliardi, non tenendo conto delle variazioni dei costi negli ultimi 15 anni.


Efficienza didattica


Cosi pure non appare persuasiva l'argomentazione che l'elevato numero di posti letto derivi da necessità di più efficace attività didattica.

Basti pensare che per la Clinica Medica Generale e Terapia Medica sarebbe previsto un organico di 94 assistenti 9), con la produzione di solo 10 Tesi di Laurea all'anno. Sembra piuttosto che questo staff imponente di collaboratori, che, per inciso, dovrebbe essere coordinata da un solo Direttore, serva essenzialmente per seguire le 252 degenze previste.

Una disamina più ampia, ma sempre sommaria, è fatta dalla già citata nota dell'Agenzia Hermes, (All. 7) ed è stata ripresa da organi di stampa locali. Qui ci preme ricordare che il piano ospedaliero Mariotti, in corso di elaborazione 10), prevede un organico collegamento degli ospedali con l'Università e in particolare la creazione di ospedali regionali, ai quali le Facoltà di Medicina dovrebbero appoggiarsi. (V. a questo proposito anche il discorso del sen. Prof. Monaldi al Senato in data 29/3/66 sui problemi di riforma dell'Università).

In generale poi, a parere delle Associazioni, la efficacia dell'attività didattica, se intesa nel senso richiesto dalla formazione culturale moderna, è un problema che non può trovare soluzione fuori di un profondo mutamento della struttura e del modo di funzionare del l'Università. Soltanto se il rapporto didattico sarà impostato non più sull'attuale forma e delimitazione di tempo, ma anche su una viva e ricca attività di seminario e di gruppi di ricerca, che sviluppi nel giovane una più larga problematica e un più agile spirito critico, potrà essere portato ad un livello di efficacia adeguata alle esigenze della cultura professionale e della ricerca scientifica moderna.

Ci richiamiamo qui a quanto detto nella prima parte di questo documento, al nuovo concetto di Università e di funzioni universitarie che si va definendo attraverso la dinamica sociale e tecnologica del nostro tempo. La voluta creazione della Facoltà di Medicina sulla base di Istituti indipendenti in edifici indipendenti disgrega l'organismo nei suoi elementi costitutivi compromettendone gli indispensabili collegamenti. Gli spazi destinati all'istruzione universitaria sono di spersi e slegati, privi di unità e di ogni forma di centro comune. Gli studenti, invece di essere protagonisti della vita della Facoltà, sono appena, tollerati e ne sono resi estranei una volta esauriti gli stretti obblighi di frequenza.


Conclusione


Ci sembra di aver cosi dimostrato come il progetto della Facoltà di Medicina, oltre ad essere criticabile sotto molteplici aspetti, minacci di assorbire tutte le somme prevedibilmente a disposizione, dell’edilizia universitaria napoletana nel prossimo quinquennio. Diventerà cosi inevitabile il ricorso a soluzioni provvisorie di ripiego e il conseguente spreco di risorse mentre i limitati mezzi finanziari imporrebbero a maggior ragione un disegno generale.

E' chiaro come questa situazione, e le scelte che l'hanno prodotta, derivino dai motivi già esposti: si è considerata la Facoltà di Medicina come un ospedale e quindi la si è localizzata nella zona ospedaliera, trascurando tutti i difetti presentati da quest'area. Ciò è stato fatto con il solito e deprecato meccanismo delle decisioni prese in ambiti ristretti: lo studio preliminare (risoltosi poi in una imponente pubblicazione) è stato affidato all'allora professore incaricato C. Beguinot, persona legata da vincoli di parentela alla massima Autorità Accademica; la stessa persona è stata nominata unico rappresentante della Università. nella Commissione che ha scelto l'area nonché membro della Commissione esaminatrice del concorso per il progetto, ed è attualmente coordinatore della progettazione e della direzione dei lavori.

L'impostazione del nuovo Policlinico di Napoli, a questo modo, è stata decisa e portata avanti fin qui senza che fossero minimamente ascoltate le critiche di coloro che si opponevano a queste soluzioni.


Ma oggi ci si trova anche di fronte a fatti nuovi che non possono essere trascurati e che sono in aperto contrasto con il tipo di impostazione esaminata: l'intensa urbanizzazione di zone vicinali ha reso l'area incapace di respiro, accentuandone la già scarsa accessibilità; sono in discussione in Parlamento due disegni di legge di riforma generale dell'Università; è in corso di elaborazione il progetto di riforma ospedaliera. Tutto ciò rende ancora più insostenibili le scelte relative al Policlinico che si vuol costruire; la volontà caparbia di portarlo a compimento non può che essere il frutto della difesa di precisi interessi costituiti, o di malintesi motivi di prestigio.

BIBLIOGRAFIA


1) Prolusione del Magnifico Rettore: Annuario dell’Università di Napoli - Anno Accademico 1962/63


2) Prolusione del Magnifico Rettore: Annuario dell'Università di Napoli - Anno Accademico 1963/64


3) C. Beguinot: Ospedali e Cliniche Universitarie Vol. II - Fausto Fiorentino Editore Napoli;

Per un esame del progetto vincitore del Concorso Nazionale e delle varie soluzioni proposte vedi anche:


a) "L'architettura, cronache e storia" n. 104 giugno 1964

Anno. X, n. 2


b) "L’Espresso" del 20/10/1963:

B. Zevi "L'Università trasferita in Clinica".


4) C. Beguinot: op. cit. pg. 85.


5) Annuario dell’Università di Napoli - Anno Accademico 1964/65


6) C. Beguinot: Ospedali e Cliniche Universitarie Vol. I - Fausto Fiorentino Editore Napoli pg. 23-24, 26, 30, 40-41, 243-246.


7) C. Beguinot: op. cit. vol. I pg. 277-278


8) Libro bianco sulla riforma a ospedaliera a cura di G. Giannelli e V. Raponi. Supplemento del. Notiziario dell'Amministrazione Sanitaria - Dicembre 1965 pg 18


9) C. Beguinot: op. cit. vol. II pg. 125


10) Libro bianco sulla riforma ospedaliera: pg. 130 e 138.


PARTE TERZA


Indicazioni e proposte


Congestione della Università di Napoli


Dalla Relazione della Commissione parlamentare d'Indagine, risulta evidente la disuniforme distribuzione geografica delle Università Italiane, a svantaggio del Mezzogiorno. Ciò si traduce, tra l'altro, nella paurosa congestione della Università di Napoli, che ormai conta 40.000 iscritti, di cui quasi 18.000 nelle sole Facoltà di Economia e Commercio e di Giurisprudenza. Una Università di queste dimensioni non può rispondere a quei requisiti essenziali che abbiamo sintetizzato nella Prima Parte di questo Libro bianco. Il primo obiettivo da raggiungere è perciò, a nostro parere, quello del la decongestione, la quale non va ottenuta in maniera casuale ma predisponendo nuove strutture universitarie rispondenti ai concetti che abbiamo illustrato.


Piano per il decongestionamento.


Sulle possibili soluzioni di questo problema bisogna subito aprire il dibattito tra tutte le forze interessate, interne ed esterne all'Università, e cioè da un lato le forze culturali, dall'altro quelle politiche.

Sono però fin d'ora chiare due cose:

a) Le proposte del cosiddetto "Piano Gui" (istituzione della Facoltà di Scienze Politiche, "statalizzazione" del Magistero di Salerno) non offrono una soluzione valida al problema del decongestionamento del l'Università di Napoli e all'espansione dell'istruzione universitaria in Campania.

b) Non può essere considerato una soluzione valida, per tutti i motivi già esposti, lo spostamento fuori del centro urbano delle sole Facoltà superaffollate, conservandole tali.


Due centri universitari in Campania


Il decongestionamento, a nostro parere - sulla base del limite di 20.000 studenti per centro universitario, già superiore all'optimum, e anche tenendo presente la ormai prossima istituzione dell'Università calabra - può essere ottenuto solo puntando decisamente sulla creazione di due centri. universitari, unitari e completi, nella regione campana: uno senz'altro inserito nella area urbana, l'altro da realizzarsi entro i prossimi dieci-quindici anni, nel quadro della programmazione regionale.

Le linee generali di un tale programma vanno precisate attraverso una comune elaborazione delle scelte fra tutte le componenti del mondo universitario, le Amministrazioni provinciali e comunali, il Comitato regionale per la programmazione, e nel più breve tempo possibile, in modo da un lato da evitare sia ritardi nel soddisfacimento delle esigenze più urgenti, sia iniziative e realizzazioni che pregiudichino il piano generale, e dall'altro lato da permettere fin d'ora di vincolare le aree necessarie.


Alle nostre Associazioni - ripetiamo - le iniziative in corso appaiono nettamente in contrasto con l'esigenza di fondo di Università di dimensioni accettabili e integrate nelle loro strutture e nei rapporti con la realtà circostante. In particolare riteniamo che la costruzione della Facoltà di Medicina, appena iniziata secondo il progetto già discusso nella Parte Seconda, debba essere immediatamente sospesa, e che la nuova Facoltà di Economia e Commercio, non debba essere dimensionata sulla base dell'attuale ipertrofia, ma come seconda Facoltà da affiancare a quella esistente.


Occorre invece formulare con sollecitudine, anche in rapporto alle prevedibili disponibilità finanziarie, uno schema di attuazione graduato nel tempo dei nuovi centri universitari, inserito nel programma organico. Ad esempio potrebbe subito predisporsi la costruzione per fasi della sede di uno dei due nuovi centri, dimensionato secondo i criteri illustrati, e comprendente le Facoltà man mano sdoppiate.

Intanto le attuali sedi di Facoltà resterebbero provvisoriamente in funzione, per essere poi gradualmente abbandonate e ricondotte ad altre funzioni urbane, durante la costruzione del secondo centro universitario regionale.


Osservazioni e proposte sulla localizzazione


In questo quadro, e ribadendo ancora le esigenze della soluzione unitaria e "flessibile" e, della democraticità delle scelte, esigenze che - come crediamo di aver dimostrato - sono essenziali per un valido funzionamento dell'Università, possiamo tentare di dare il nostro contributo al problema della localizzazione del primo nuovo centro universitario dimensionato - ripetiamo - per un limite i invalicabile di 20.000 studenti.

Tale localizzazione è specifico problema di Piano Regolatore e potrà quindi essere decisa soltanto attraverso il dibattito con le forze politiche. Il discorso qui di seguito sviluppato rappresenta soltanto l'attuale nostro orientamento, dei cui limiti siamo consapevoli, ma che crediamo utile riproporre come ipotesi di discussione.


Non ci sembra che per la costruzione della nuova Università possa ritenersi adatta l'area dei Colli Aminei - Cappella dei Cangiani, prescelta dalle Autorità accademiche per la nuova Facoltà di Medicina e suggerita, come si è visto per alcune altre Facoltà. Giocano a sfavore di detta area soprattutto le difficoltà di accesso: l'area non è infatti servita da nessuna linea su ferro né dal previsto asse di scorrimento urbano di Napoli (asse attrezzato), ma soltanto da quattro strade di accesso, tutte di modesta sezione e tortuoso tracciato (come riconosce lo stesso Beguinot, op. cit. , vol. II, pg. 16), le quali già sopportano un traffico al limite delle loro capacità se non oltre, e non sono suscettibili di raddoppi o sostanziali correzioni per la fascia di densa urbanizzazione che separa la zona dalla città.

Altre controindicazioni alla scelta dell'area dei Colli Aminei sono le tormentate caratteristiche morfologiche del suolo (che per la Facoltà di Medicina impongono notevolissimi lavori di sbancamento e livellamento e non ancora prevedibili esigenze di sistemazione), le difficoltà di approvvigionamento e di smaltimento delle acque, e infine l'alto costo dei suoli nella zona, con conseguente aggravio di spesa. Infatti l'Università dovrebbe acquistare altre aree vicine, ma necessariamente fuori della zona ospedaliera prevista dal P.R.G., e negli ultimi anni tali suoli, forse favoriti anche dall'annuncio della imminente costruzione del Policlinico, hanno subito un vertiginoso aumento di valore. Tale situazione può presto arrecare grave danno alla Università, dal momento che è in corso una azione legale da parte dei proprietari espropriati, azione che molto probabilmente avrà esito positivo per gli attori costringendo l'Università a impreviste ulteriori spese.

D'altra parte questa medesima situazione aprirebbe una via d'uscita dall'intricata vicenda se, d'accordo tra le Autorità rappresentative della città e le Autorità accademiche, si decidesse di sistemare altrove, e in più proprie dimensioni, la Facoltà di Medicina e si provvedesse alla rivendita dei suoli ai nuovi prezzi di mercato, maggiorati dal valore delle opere di sistemazione già fatte.

Altra soluzione potrebbe essere quella di offrire al Comune i suoli del progettato Policlinico, in cambio di altra area nella zona che potrà essere destinata all'Università, e di vendere ai prezzi di mercato i 20 ettari acquistati da privati.

I suoli del progettato Policlinico in particolare potrebbero essere utilizzati, trovandosi in zona ospedaliera, per il futuro Ospedale Regionale.


Invece, nei limiti già fissati al nostro discorso, riproponiamo in questa sede il suggerimento già avanzato di prendere in considerazione la zona della Mostra d'Oltremare fino alla conca di Agnano. I motivi che ci hanno suggerito tale localizzazione si possono cosi

sintetizzare:


a) La zona è collegata con tutta la regione dalla rete delle Ferrovie dello Stato tramite la Metropolitana, e al centro cittadino dalla Metropolitana stessa, dalla Cumana e dalla linea tranviaria dell’ATAN. Il traffico stradale potrà utilizzare l'asse di scorrimento in progetto, il quale, insieme con la prevista variante della Domiziana, libererà anche la zona dal traffico, di attraversamento.


h) Nel recinto della Mostra potrà trovar posto quel centro di vita comune di cui abbiamo parlato, dando nel contempo a questo patrimonio cittadino quella funzione di cui ora è alla ricerca.

Con gli opportuni adattamenti, avremmo un ampio parco pubblico, dotato di attrezzature culturali (Teatro Mediterraneo, Arena Flegrea, Auditorium RAI), sportive (Palazzo dello Sport, Piscine coperte e scoperte, campi da tennis) e ricreative, di importanza territoriale.


c) Secondo gli attuali orientamenti urbanistici cittadini, la zona non cade in una direttrice di sviluppo e pertanto, sarebbe possibile destinare all'Università l'area necessaria, sottoponendola al rispetto di vincoli paesistici molto rigorosi (1).

In questo modo si realizzerebbero condizioni soddisfacenti per un insediamento universitario, modernamente integrato con la città; nel contempo la possibilità di un'architettura qualificata e la presenza


(1) Viceversa qualora si localizzasse l'insediamento nei pressi della zona acquistata per il nuovo Policlinico, gli edifici universitari verrebbero a trovarsi già inglobati nell'edilizia di speculazione (All. 8) e privi delle condizioni di tranquillità indispensabili agli studi e alla ricerca.

di aree verdi attrezzate creerebbero una barriera alle mire della speculazione privata che - sia detto per inciso - non sembra avere ancora abbandonato l'obiettivo di uno sfruttamento intensivo verso ovest.


d) La destinazione della zona ad uso di pubblica utilità permetterebbe di ottenere i suoli necessari a prezzi di esproprio (l'attribuzione all'Università dei suoli della Mostra potrebbe essere ottenuta interessando alla questione i Ministeri competenti) bloccando in tal modo manovre speculative, conseguenti difficoltà di ordine finanziario e alterazione dei caratteri positivi della zona.


Conclusione


Per concludere vogliamo ribadire ancora una volta la esigenza che alla determinazione ed alla creazione delle Università nuove nelle nuove sedi, partecipino tutte le forze, tutte le esperienze culturali, tutti gli interessi.

A tal fine va proseguita nella maniera più ampia e spregiudicata la discussione sulle prospettive di sviluppo a breve e a lungo termine, nella quale questo "Libro bianco" si inserisce come un contributo.

A tal fine va definitivamente abbandonato il metodo della segretezza e delle decisioni prese nel chiuso di Rettorati e Presidenze, se non di studi professionali.

A tal fine va garantita la massima democraticità ed apertura culturale nelle progettazioni, che debbono essere affidate mediante pubblici concorsi, giudicati da commissioni ampiamente rappresentative di tutte le categorie interessate, e non devono restare, come troppe volte è stato finora, sostanzialmente un monopolio di pochi cattedratici.