Biblioteca Multimediale Marxista


Esperienze di lotta politica


del Movimento studentesco a Napoli


LA SINISTRA UNIVERSITARIA

Per una strategia del Movimento Studentesco

Un'esperienza di lotta (20-29 gennaio)

1) Il Movimento Studentesco Napoletano

2) L'aggressione fascista

3) La risposta del movimento

4) La sinistra ufficiale

5) La stampa

Le posizioni della Sinistra Universitaria sui problemi di politica internazionale e nazionale. a cui si fa brevemente riferimento nel presente opuscolo, sono state esposte in modo più ampio nel numero unico, Università '68, del giugno scorso.

Red.. presso Giuseppe Rea - Parco Comola, 109 - NAPOLI


Per una strategia del Movimento Studentesco


E' sempre più vero che la storia che noi viviamo è storia di tutto il mondo; non è più possibile, oggi, lo svolgersi in piena autonomia di alcun processo sociale, economico, politico, culturale; e ogni problema umano, per quanto particolare, non può essere compreso se non nel contesto più generale dei problemi dell'umanità. Fin dal 1848 Marx ed Engels, nel Manifesto, avevano indicato questo carattere essenziale del nostro tempo:

"all'antica autosufficienza e all'antico isolamento locali e nazionali subentrano uno scambio universale, una interdipendenza universale tra le nazioni. E come per la produzione materiale così per quella intellettuale".

Ma in contraddizione con il carattere unitario della storia contemporanea, il processo di formazione delle coscienze, diretta dalle centrali politiche, tende a generare livelli particolari e settoriali di comprensione del reale, in modo che la maggioranza degli uomini possa essere agevolmente esclusa dai momenti decisionali veramente importanti.

Ciò avviene tramite le Università e le scuole di ogni ordine e grado, che vengono ammodernate nella misura e nei modi necessari alla formazione di vasti strati di tecnici richiesti dalle moderne esigenze della produzione economica e dalla complessità crescente della vita sociale. Ciò avviene nelle fabbriche, attraverso l'insieme dei condizionamenti che chiudano l'operaio nel suo ambito di lavoro, con l'appoggio dei sindacati che tendono a limitarne gli orizzonti nel cerchio degli interessi di categoria, e con la complicità dei partiti di sinistra. Ciò avviene a tutti i livelli della vita sociale, attraverso i rapporti di lavoro, il controllo dell'informazione, del tempo libero e di tutte le condizioni di vita.

Una coscienza particolare non è soltanto limitata nei suoi contenuti; priva di parametri generali di orientamento, spinta a scambiare per generalità la propria ristrettezza o comunque a viverla come condizione "normale" dell'uomo, e in realtà una coscienza deformata. E da tante parti si leva il rifiuto, si leva l'aspirazione ad un'umanità nuova, socialista, ad un'umanità pienamente consapevole di se, capace di svolgere liberamente tutta la ricchezza dei suoi contenuti etici e conoscitivi e di divenire artefice consapevole della propria storia. Ma assai spesso questa aspirazione, non legata ad uno sforzo di conoscenza delle leggi obiettive del corso storico per la conseguente indeterminatezza dei suoi contenuti, è volta a forme di rinnovata mistificazione, diviene essa stessa strumento di cattura e di contratto o si risolve in atteggiamenti di evasione di fronte ad una realtà sociale governata dal particolare.

Tutte le proposte politiche e di organizzazione della società civile che tendono a chiudere gli uomini nella gabbia degli interessi settoriali, rientrano nel piano delle forze dominanti e ne esprimono gli interessi. Vi rientrano, naturalmente, gli inviti alla cogestione, rinnovati agli studenti universitari dal progetto Sullo; come vi rientrano i suggerimenti autogestionistici del PCI (1). Vi si collegano sul piano dell'organizzazione economica e sociale, tanto le posizioni classiche del capitalismo, quanto le forme jugoslave di autogestione e la tendenza a reintrodurre il profitto in alcuni settori produttivi dell'Unione Sovietica o in Cecoslovacchia. In questo mondo che genera coscienze deformate, l'appello alla


(1) Il "gruppo di lavoro del PCI sul movimento studentesco" così si esprime: "all'ipotesi della cogestione occorre perciò contrapporre - in una prospettiva che non è di autogestione corporativa ma di gestione sociale dell'Università - la lotta per la conquista di uno spazio autonomo di potere e di iniziativa che non sia una sorta di ghetto riservato agli studenti, ma sia lo strumento per incidere completamente sull'organizzazione della ricerca e per aprire realmente l'Università al confronto dei problemi che maturano nella realtà sociale" (Rinascita n. 5 31-1-69). Secondo la sottile distinzione tra "autogestione corporativa" e "gestione sociale", gli studenti dovrebbero gestire l'Università non per se stessi — d'accordo — ma per questa società che essi vogliono distruggere; e li si invita a conquistarsi uno spazio autonomo di potere nell'Università. No, essi devono uscirne e collegarsi alle esperienze più generali della nostra storia.


la spontaneità, non solo è assurdo, ma è la maggior concessione che si possa fare alle forze politiche che dirigono questa società o che mirano a parteciparne alla gestione. Pure esso è ancora ampiamente accolto dal movimento studentesco sotto varie forme e proposte strategiche, dall'anarchismo dichiarato, al lavoro di formazione dei "comitati di base:", alla tesi della "lunga marcia attraverso le istituzioni".

"Dal momento che non si può parlare di una ideologia indipendente elaborata dalle stesse masse operaie nel corso del loro movimento, la questione si può porre solamente così: o ideologia borghese o ideologia socialista. Non c'è via di mezzo... si parla di spontaneità, ma lo sviluppo spontaneo del movimento porta a subordinarlo alla ideologia borghese... il movimento operaio spontaneo è il trade-unionismo" (1).

Vale forse la pena di ricordare ancora una volta questo noto brano del che fare?, e sottolineare che il trade-unionismo è appunto la coscienza del particolare, la coscienza grettamente sindacale, la coscienza borghese. E che quello che Lenin dice agli operai tocca ancora di più gli studenti, nella stragrande maggioranza provenienti dalla piccola e media borghesia.

La coscienza socialista non è un dono del cielo; elaborata da giganti del pensiero a ridosso del processo storico in cui si costruiva la società moderna, nata dal travaglio culturale del Settecento e


(1) Lenin, Opere scelte, Vol. I Mosca 1949 pag. 167


dell’Ottocento, è opera di scienza e come tale va acquisita e sviluppata. Oggi più che mai, in un momento d'incertezza delle forze rivoluzionarie, l'unica direzione di lavoro che possa consentire l’elaborazione di una corretta strategia rivoluzionaria nei paesi di avanzata industrializzazione, è lo sviluppo del livello teorica; e ciò significa in primo luogo il recupero e contributo scientifico di Marx e di Lenin (1).

Lo spontaneismo rifiuta lo sforzo di elaborazione teorica, esso rivela la incapacità di comprendere l'importanza del momento della direzione ed ha come conseguenza naturale l'accettazione di fatto, immediatamente o per via mediata, della direzione altrui dell'ala sinistra della borghesia russa, nella situazione in cui scriveva Lenin, del PCI e del PSIUP nella nostra.

Direzione significa due cose: coscienza teorica e organizzazione. 1) Coscienza teorica è chiarezza ideologica e politica, comprensione ai livelli più ampi e a quelli più specifici, delle leggi di sviluppo della realtà in cui ci si muove, capacità in ogni


(1) G. Viale di Torino, non senza compiacimento dà qualche esempio dell'abito scientifico di cui possono essere dotati gli studenti ... "la commissione "Scuola e società" ha praticamente votato una mozione in cui si proibiva ai suoi membri di far uso dei libri nel lavoro di commissione... infine la commissione delle facoltà scientifiche compiva lo estremo atto liberatorio nei confronti del dio-libro; lo squartamento dei libri in lettura per distribuirne un quinterno ad ognuno dei membri". Contro l'Università, in Quaderni piacentini, n. 33, Febbraio 1968.


momento della lotta, per quanto particolare, di scorgere e di metterne in luce le connessioni più generali.

Per questo aspetto non solo il movimento studentesco, ma tutti i gruppi e gruppetti della dissidenza presentano gravi carenze da cui nascono atteggiamenti e posizioni estremamente pericolosi. Dalla giusta constatazione della mancanza nei classici di indicazioni pienamente adeguate ai problemi del nostro tempo, non solo non si trae la conseguenza della necessità di porre al centro e col dovuto risalto, il problema dello studio e della formazione di un elevato grado di coscienza, ma si passa assai spesso a posizioni di rigetto del patrimonio teorico delle forze rivoluzionarie, e, in particolare, delle sue conquiste più avanzate. La preferenza che a volte si da al Marx giovane, in arbitrata contrapposizione alla sua opera più matura e il rifiuto più o meno deciso del leninismo, frequente nella dissidenza di sinistra, ne sono segni evidenti. Ed e molto grave che trovino ampia diffusione nel movimento studentesco, e che non vengano combattute, posizioni ideologiche che sono di fatto premarxiane o in vario modo collegate all'irrazionalismo contemporaneo. Né contribuisce al superamento di questa situazione il richiamo puramente formale ai classici, accompagnato dalla costante sottovalutazione della teoria e dalla subordinazione alla pratica, che è di fatto sostenuto dai militanti del P.C.d'I.

La sottovalutazione della importanza delle questioni organizzative è di solito strettamente legata alla incomprensione della centralità della teoria. Ma è anche frequente la posizione 'illuministica' di chi crede che basti enunciare il verbo perché questo si faccia carne; è l'atteggiamento di chi comprende l'importanza della teoria, ma astrattamente, senza rendersi canto che il mondo pratica ha sue leggi d'intervento, relative all'ambito sociale in cui si opera. La provenienza piccoloborghese di gran parte degli studenti, e la tipica incapacità di presa sulla pratica del mondo moderno di questo strato sociale, rendono frequenti questi atteggiamenti e rallentano lo sviluppo del movimento con i metodi artigianali di lavoro che ne derivano.

Nel suo numero di ottobre, la rivista Nuova Impegno, parte all'attacco contro lo spontaneismo, ma invece di spingere fino in fondo la sua polemica si ferma a meta strada, a tendere la mano all'avversario enunciando la nuova teoria delle due avanguardie (1). Formalmente si rivendica l'esigenza del partito "avanguardia esterna", sostanzialmente si ricade nella sopravvalutazione del particolare "avanguardia interna" e in una posizione di tipo spontaneista: "le lotte degli operai di uno stabilimento devono essere dirette dall'avanguardia rivoluzionaria degli operai di quello stabilimento, le lotte studentesche dall'avanguardia studentesca, le lotte dei contadini dall'avanguardia contadina, ecc.".


(1) Partito si o no, in Nuovo Impegno n. 12-13, maggio - ottobre 1968.


La distinzione tra avanguardia "esterna" e "interna" - estranea alla tradizione rivoluzionaria - è una posizione non corretta di compromesso tra la linea di partito e quella settoriale e sindacale. L'avanguardia nella concezione leninista, è unica: non "esterna", perché "esterno" alla classe operaia è il processo di elaborazione della coscienza socialista, ma non il partito che è anzi l'organo di collegamento tra la coscienza e la classe, organo della classe; non "interna" nel senso di settoriale e particolare, perché in ogni situazione e momento di lotta, deve portare un'ampia visione della realtà storica e sociale. Nella situazione presente, la mancanza di un partito rivoluzionario non esime - anzi! - i gruppi più maturi dall'obbligo di porsi fin dall'inizio a più ampio livello di generalità possibile. E qui, come è giusto, le necessità della lotta si incontrano con le prospettive ideali; le prime esigono che si tenda alla più vasta comprensione dei problemi della nostra storia; le seconde richiedono che ci si sforzi di prefigurare in qualche modo, il tipo di umanità che si intende costruire Questa esigenza di generalità va sottolineata non solo in senso strettamente politico, ma in una prospettiva più vasta di formazione culturale e umana; il solo lavoro politico — teorico e pratico — che pure è momento essenziale dello sviluppo delle coscienze, non basta ad assicurare una maturazione ricca e piena se non è collocata in un contesto che ne renda evidenti i collegamenti con tutto il complesso dei problemi posti dallo sviluppo della storia. Bisogna perciò che s'accompagni ad approfondite esperienze culturali che rispetto a quelle particolari e alienanti che lo studente è costretto a vivere in facoltà, siano più ampie nei contenuti e collettive nell'acquisizione.

In questo senso possono dare buoni risultati le iniziative tipo università critica (1), purché si curi preventivamente che sia raggiunto un livello di maturità politica e ideologica sufficiente a garantire che la direzione non sia tenuta da gruppi cogestionistici o dall'ufficialità di sinistra, e che l'impostazione dei discorsi sia coerente ad una concezione rivoluzionaria del mondo.

Occorre dunque articolare così il lavoro:

1) Un momento necessariamente più interno, di studio e maturazione ideologica, il cui centro sia l'assimilazione dei principi fondamentali del marxismo;

2) un'attività di studio più spiccatamente culturale, che dia ampiezza di prospettive e ricchezza di contenuti al lavoro, e che potrà essere base molto ampia di incontri; bisogna però ribadire che non è opportuno sviluppare questa attività se non sia già stato curato il livello politico-ideologico;

3) un intervento attivo e costante di carattere politico rivolto non solo ai problemi universitari ma al mondo operaio e al più vasto ambito sociale, colleghi in modo stabile e articolato i gruppi con


(1) Le posizioni contenute nella Proposta di foglio di lavoro a cura del m.s. di Trento, ripropongono l'autogestione e si presentano in un contesto in cui sono rigettati esplicitamente i risultati dell'elaborazione teorica rivoluzionaria.


le masse e che attraverso comuni esperienze di lotta elevi la maturità politica complessiva del movimento.

I gruppi d'avanguardia devono, in particolare, proporre una linea unitaria, uno stesso discorso, agli operai e agli studenti, reagendo ai condizionamenti interni al movimento e legati alle sue caratteristiche sociali che spingono gli studenti a rivolgersi, in quanto tali, agli operai, per portare loro il verbo o per impararlo da essi, secondo i tipici atteggiamenti del populismo. Il corteo antifascista del 30 gennaio col suo evidente carattere politico e antiriformista è forse il primo esempio napoletano di una corretta impostazione del rapporto tra operai e studenti.

Tra i gruppi politici che si collocano alla sinistra del PCI e del PSIUP, e tra i militanti più maturi del movimento studentesco e diffusa la coscienza della linea strategica prevalente nella sinistra ufficiale; si tratta come è noto di una linea di ascesa al potere che passa per accordi di cogestione con gruppi espressi dalla società borghese, legati al capitale pubblico e a settori di capitale privato, cui sarebbe garantita la sopravvivenza. Linea a cui corrispondono il processo di ammodernamento, di concentrazione e di razionalizzazione portato avanti da alcuni gruppi capitalistici, e le esigenze di controllo statale sull'economia sostenute dal personale politico legato al capitale pubblico.

I recenti sviluppi della politica interna italiana (elezioni di maggio, crisi del PSI e del centro-sinistra, consiglio nazionale DC e posizione di Moro, equilibrio interno del governo Rumor) spingono a pensare che i tempi di attuazione di un disegno di questo tipo non sarebbero poi così remoti. Per quanto i gruppi più coscienti della dissidenza di sinistra intendano opporsi alla realizzazione di questa strategia di tipo kautskiano, obiettivamente il movimento studentesco e tutti i movimenti di massa presenti nel paese, rischiano di favorirla contribuendo a spingere verso sbocchi di sinistra la situazione politica e rimanendo d'altra parte, in una condizione di immaturità complessiva che li renderebbe incapaci di raccogliere i frutti delle proprie battaglie.

E' possibile, cioè, che nonostante le migliori intenzioni, il movimento studentesco tenda alla sinistra ufficiale un servigio analogo a quello che i garibaldini hanno reso ai liberali nel corso del Risorgimento. E' possibile soprattutto se si verificano due condizioni:

1) che il PCI faccia una politica più aperta ed intelligente verso il movimento studentesco. E questo sta già avvenendo. Il comunicato dell'ufficio politico comparso su l'Unità del 29 gennaio e il documento del gruppo di lavoro del PCI sul movimento studentesco pubblicato su Rinascita del 31 gennaio 1969, mostrano come le posizioni di cui è espressione L'anno degli studenti di Rossana Rossanda, siano utilizzate dalla direzione del partito.

2) che il movimento studentesco accetti, di fatto le proposte spontaneiste e autogestioniste del PCI e non riesca a esprimere livelli di direzione capaci di intendere i tempi, i modi e le ragioni più lontane della lotta, ne a trovare adeguate forme di organizzazione. E’ di grandissima importanza perciò che si rigetti lo spontaneismo in tutte le sue versioni.

La lotta non sarà ne breve ne facile; occorre ribadirlo per evitare illusioni e scoramenti. Il corso rivoluzionario nei paesi industrialmente avanzati e rallentato dal ritardo teorico. Bisognerà percorrere un lungo cammino di maturazione e di crescita, e vi saranno vittorie e sconfitte; ma se le forze rivoluzionarie ad ogni svolta della lotta sapranno accrescere il proprio livello di coscienza, si sarà comunque andati avanti.


Un esperienza di lotta

(20 - 29 Gennaio)


1) Il Movimento studentesco napoletano


Attraverso le lotte dello scorso anno, la maturazione politica del movimento studentesco è avvenuta a Napoli in maniera molto precisa; da un lato con la acquisizione di un elevato livello generale di coscienza delle contraddizioni della società capitalistica, dall'altro con un vero e proprio scontro politico che ha visto impegnata La Sinistra Universitaria a difendere e a garantire la esistenza autonoma del movimento studentesco come movimento politico di massa, dai tentativi egemonici dell'ufficialità di sinistra. La rivendicazione di autonomia nasceva dalla constatazione della carenza nell'attuale realtà storico-politica di una direzione rivoluzionaria.

Alla tesi della sindacalizzazione portata avanti dai partiti ufficiali e dalle loro frange più o meno dissidenti, La Sinistra Universitaria contrapponeva l'esigenza della politicizzazione, negando che le contraddizioni esistenti nell'università, e che gli studenti vivono, abbiano le loro radici nell'università stessa, e affermando invece che esse riflettono la struttura, la organizzazione e le trasformazioni della società capitalistica così come le forze politiche che agiscono nell'università si collegano, più o meno direttamente, a quelle che agiscono nell'intera società. La Sinistra Universitaria indicò, perciò, come un errore per il movimento rivolgere la propria attenzione solo su se stesso e ribadì la necessità di prendere coscienza di tutte le connessioni sociali e politiche tra l'università e la società. Questa impostazione delle lotte studentesche permetteva al movimento di svilupparsi non solo quantitativamente, ma anche qualitativamente. Alle lotte contro il progetto di legge 2314 si univa la discussione sulle linee di sviluppo del capitalismo e sul comportamento riformistico e parlamentarismi co dei partiti della sinistra ufficiale, alla lotta contro la polizia si univa lo studio collettivo di stato e Rivoluzione.

Costantemente si ribadiva l'importanza che l’elemento cosciente ha nella crescita del movimento, sostenendo che mettere al centro solo l'importanza dello sviluppo "orizzontale", dire che il movimento studentesco ha come scopo quello di una "lotta dura e aperta" (1) senza collegarla a un processo di maturazione teorica, fa parte di un preciso gioco dei partiti della sinistra ufficiale. Si radicalizzino pure le lotte, ci si scontri pure violentemente con la


(1) Rieser citato nell'editoriale di Monthly Review, n.1


polizia, purché si rimanga chiusi nel ristretto cerchio particolare che la condizione di studente comporta. Si lotti duramente, ma senza impadronirsi di tutti quegli strumenti necessari per la comprensione dei rapporti che si stabiliscono tra gli uomini. Questi strumenti non vengono offerti spontaneamente né dalle classi dominanti, né dalle organizzazioni ufficiali di sinistra. Occorre che essi vengano costruiti dal movimento in maniera autonoma dalle centrali ufficiali; e ciò comporta lo sviluppo di un processo di maturazione teorica e politica. che attraverso un'attività di studio e di lotte pratiche divenga patrimonio cosciente della più ampia massa studentesca e ne sviluppi così di continuo la capacità di comprensione e di intervento nella realtà sociale. Occorre perciò costruire forze pratiche organizzate che portino avanti un discorso politico e culturale fondato sull'analisi marxista e leninista della realtà.

Nello sforzo di attuazione di questa linea La Sinistra Universitaria è stata costretta a scontrarsi con altri gruppi "di sinistra" presenti nell'università. Come abbiamo detto lo scontro politico dello scorso anno aveva emarginato completamente l'ufficialità di sinistra; il P.C.I. scompariva, ma da quello stesso momento incominciava il trasformismo del gruppo della F.G.C.I. legato alla facoltà di architettura, opportunamente arricchito dall'intervento di persone provenienti dall'esperienza dei Quaderni Rossi. Questo gruppo sotto i successivi nomi di UGI-Architettura, CUC-Architettura, Centro di informazione politica del movimento studentesco, Studenti in lotta, andava rivestendo di formule politiche i vecchi temi del sindacalismo e di velleità organizzative lo spontaneismo. Continuava a negare cioè la necessità per il movimento studentesco di sviluppare un discorso politico generale, attraverso il quale fosse possibile inserire le lotte in un contesto più ampio. Così sottovalutando i problemi della coscienza e della direzione, questi adoratori della "linea di massa" hanno speso la maggior parte delle loro energie "rivoluzionarie" nel criticare la Sinistra Universitaria, senza riuscire a condurre una sola azione a livello di massa, corre sa bene chiunque conosca la situazione napoletana, e come un lettore attento del loro articolo apparso sul numero 36 di Quaderni Piacentini può facilmente comprendere. Solo da pochi glomi la critica costante condotta dalla Sinistra Universitaria per oltre un anno contro lo spontaneismo, denunciando la convergenza di tale linea con la strategia dell'ufficialità di sinistra, è stata parzialmente recepita dalla base del gruppo di architettura che finalmente si è deciso a rompere con la dirigenza.

L'altra forza politica di sinistra che a Napoli è in qualche modo presente nell'ateneo è il P.C.d'I., che è però incapace di un efficace intervento politico nei settori centrali della società moderna, ed in particolare nella Università, per insufficiente comprensione delle contraddizioni che si sviluppano in una società industrialmente avanzata, e per la conseguente mancanza di una strategia rivoluzionane adeguata.

A Napoli, mentre in sede nazionale il piano di riforma Leone proponeva di rimettere in vita le rappresentanze studentesche, i gruppi locali, legati alle burocrazie di partito o al clientelismo e al malcostume dei gruppi di destra, indicevano per il 18 novembre un referendum per l'approvazione di uno statuto che restaurasse il defunto ORUN, riproponendo, a livello locale, la politica partecipazionistica e di inglobamento che il sistema e costretto a portare avanti.

In una serie di volantini che convocavano una assemblea generale per quello stesso giorno, La Sinistra Universitaria denunciava la vera natura dell'ORUN individuando in tutte le istanze di cogestione la tendenza generale dello Stato moderno che "organizza e riconosce le associazioni che dovrebbero difendere coloro che esso opprime. Lo scopo che si raggiunge è evidente: questi organismi non possono più difendere le ragioni dei loro associati nei confronti del potere ma assumono la funzione di difendere le ragioni del potere nei confronti dei loro associati". Il vasto consenso raccolto da questo discorso politico ed il timore che esso venisse sviluppato ed approfondito costringevano i gruppi dell'ORUN a rinunciare al referendum. L'assemblea ebbe luogo ugualmente e al termine di essa venne votata una mozione in cui si riconosceva che "l'unico modo per combattere nell'università contro la oppressione e l'arbitrio dei gruppi dominanti è quello di contrapporsi nettamente ad essi", si condannava ogni forma di "autogestione e cogestione nella università, come mezzi attraverso i quali il potere cerca di ostacolare la formazione di una coscienza critica", si deliberava "lo scioglimento dell'ORUN", si rivendicava "l'uso di aule a totale disposizione del movimento studentesco", si stabiliva l'istituzione di "pubbliche denunce contro l'arbitrio e la mistificazione culturale perpetuata dagli attuali detentori del sapere". L'assenza da queste lotte del gruppo di architettura rivela insieme la sua incapacità di intervenire a livello di massa e la sua volontà di limitare il movimento nel suo sviluppo, mantenendolo in forme di protesta generica; e rivela la sua oggettiva convergenza su posizioni riformistiche, che sarà riconfermata in altre occasioni. In questa assemblea ricomparvero sulla scena napoletana i fascisti che, di fronte alla precisa volontà della base studentesca di rigettare le proposte governative tentarono di provocare incidenti coerentemente al loro ruolo di mazzieri privati al servizio dell'ordine borghese, pronti ad intervenire ogni volta che ci sia un'opposizione decisa da parte di movimenti di massa ad un disegno che veda convergere interessi delle destre e delle forze governative. Puntualmente il 3 dicembre, quando gli studenti dei licei occupano le loro scuole contro la circolare Scaglia, per il diritto di assemblea, i fascisti organizzano spedizioni punitive contro i liceali, appiccano il fuoco al liceo Vico, devastano il liceo Mercalli.

La risposta a questi avvenimenti e alle violenze poliziesche di Avola fu un corteo che, dopo aver attraversato la città, scaccio i fascisti al grido di "Università Rossa". Nelle parole d'ordine, nel comizio tenuto sullo scalone della Minerva, nei volantini, si denunciarono le forze di polizia ed i fascisti come strumenti legali ed illegali di cui lo stata borghese si serve al pari della sua facciata democratica per imporre la logica classista che lo ispira. "Quando le guardie sono consegnate in caserma, si scioglie il guinzaglio alle bande fasciste", come diceva un cartello che fu issato di fronte alla questura. Si individuò nella parola d'ordine lanciata dal PCI, "disarmo della polizia", il confluire dell'esigenza di recuperare la direzione del livello di massa e quella di riaffermare il proprio carattere di "forza democratica", aperta al compromesso con i gruppi dominanti.

Il 12 dicembre 1968 il movimento studentesco, in un'assemblea generale, decise di adibire a sua sede permanente l'istituto di storia medievale e moderna dell'università centrale; la sede era intesa come uno strumento essenziale per l'organizzazione del movimento, come punto di riferimento di un lavoro politico collettivo che sviluppasse a livello di massa la coscienza della logica di sfruttamento che unifica tutti gli aspetti del mondo borghese, la capacita di incidere nella realtà sociale. Essa era anche tesa a superare la tradizionale carenza di vita associata che caratterizza l'ambiente civile e culturale napoletano e che è connessa con l'arretrato livello di sviluppo sociale della città. Si dette esplicitamente alla sede una dimensione non corporativa, invitando con volantini gli studenti medi, i ceti popolari ed in particolar modo la classe operaia a servirsene come luogo di incontro e di dibattito politico.

Alla costruzione nell'università di un tale centro di riferimento che si sottraeva alla loro egemonia, le forze politiche ufficiali oppongono il silenzio nella speranza forse che la mancanza di scontri politici e di polemiche portasse in breve tempo il movimento ad esaurire la sua spinta. La polizia non interviene, la stampa, dal Roma all'Unità, non pubblica i comunicati del movimento studentesco, ne dà notizia della esistenza della sede. Ma nonostante quest'opera di boicottaggio portata avanti dalle centrali politiche, nonché dai gruppi di "sinistra" operanti nell'università, un sempre più largo numero di studenti si va raccogliendo intorno alle attività di sede, sviluppando capacità di analisi politiche e di lavoro organizzato.

Sorgono gruppi di studio sull'Università nei paesi a capitalismo avanzato e sulla realtà economica e sociale cittadina; si organizzano gruppi di facoltà che conducono un lavoro di demistificazione del carattere classista degli insegnamenti impartiti; si formano gruppi di intervento politico che fanno opera di denuncia della corruzione accademica e degli interessi clientelari e di classe cui e collegata la vita universitaria, si svolgono attività di controinformazione attraverso giornali murali, bollettini periodici, volantini, comizi volanti. Il discorso si articola e si arricchisce: si fanno dibattiti sulla strategia del movimento studentesco, sulla figura dello studente nella realtà sociale, sulla politica italiana ed internazionale, sull'imperialismo. Tutta questa serie di esperienze rende via via più chiaro il tipo di intervento da condurre a livello cittadino ed in particolare modo a livello operaio. La presentazione della legge Sullo al consiglio superiore della P.I. ed al convegno dei rettori delle università italiane, una riunione a Roma di "gruppi studenteschi" che, non riconoscendo al movimento "capacità di rappresentare se stesso", si mettono sulla via di resuscitare l'UNURI, rendono necessario riaffermare il netto rifiuto del movimento studentesco ad ogni proposta di cogestione.

Il 15 gennaio molte centinaia di studenti interrompono la riunione del corpo accademico costringendo i docenti ad ascoltare la lettura del seguente volantino di denuncia distribuito sin dal giorno prima all'università e alla cittadinanza:


Impediamo una farsa

Sotto la veste di "democratiche riunioni", ammantate di discorsi in nome dello "sviluppo della scienza" e del "progresso democratico e civile del paese" vengono avallate le decisioni che il ristretto gruppo di vecchi e nuovi speculatori ha preso in una sede ben diversa dall'Università. La politica seguita per anni da questa gente è stata quella di dividersi il controllo della città e di evitare che in essa si potessero formare centri di vita associata in cui si sviluppasse una presa di coscienza capace di dare vita a movimenti di massa che contrastassero i loro piani. Sotto questo aspetto uno dei fili conduttori delle loro scelte è stato quello di smembrare l'Università (Policlinico ai Camaldoli, Politecnico a Fuorigrotta, Economia e Commercio a via Caracciolo).

Stiano attenti tutti questi signori: il movimento studentesco ha coscienza delle loro speculazioni private, dei loro interessi di potere e ha la forza di combattere e denunciare i loro disegni. Riuniti nella "decorativa" Aula Magna ci saranno domani tanto i malfattori più tradizionali quanto i servi più moderni del capitale che hanno sostituito all'interesse privato quello del neo-capitalismo e sono i responsabili della distribuzione di quella cultura parcellizzata e acritica, funzionale al potere della classe dominante. Il Movimento Studentesco ha capito attraverso le sue lotte e le sue riflessioni l'importanza della costruzione di una forza politica autonoma in contrapposizione alle manovre di imbrigliamento messe in atto dagli "illustri docenti", riuniti nell'Aula Magna, di una forza capace di denunciare costoro costantemente e di sviluppare attività volte a far crescere la capacita critica e la visione politica di ogni studente.

Coerentemente con questa linea IMPEDIAMO QUESTA FARSA, realizziamo mercoledì 15 un dibattito su uno dei problemi che è necessario affrontare per comprendere la realtà di oggi nel suo complesso.

STUDENTI, OPERAI, CITTADINI, intervenite in massa MERCOLEDÌ 15 ALLE ORE 10 NELL'AULA MAGNA DELL’UNIVERSITÀ CENTRALE AL DIBATTITO SULL'IMPERIALISMO.


Dopo aver sciolto la riunione accademica gli studenti aprono un dibattito sull'imperialismo. Si mette così in evidenza la necessità di collegare le lotte che sono condotte nell'università con i temi politici più generali, si chiarisce che l'interruzione della seduta del corpo accademico non è un'azione di tipo "democratico", tesa a rivendicare partecipazione o spazi di potere all'interno dell'università.

Senza possibilità d'equivoco sono contrapposte la linea delle autorità accademiche e politiche che tendono a rinchiudere lo studente in ambiti particolari ed a dargli una visione mistificata della realtà. e quella del movimento studentesco che aspira ad acquistare un livello più generale di coscienza dei rapporti sociali ed a sviluppare, muovendo dalla base più ampia possibile, il proprio intervento politico.


2) L'aggressione fascista


Dopo l’interruzione della seduta del corpo accademico, lo sviluppo del movimento studentesco su una linea di radicale e conseguente opposizione e la sua presenza quotidiana nella vita universitaria, non possono più essere ignorati dalle autorità accademiche, e dalle organizzazioni politiche.

Il 20 gennaio un gruppo di fascisti occupa una ala della facoltà di giurisprudenza, al pianterreno della centrale, di fronte alla sede del movimento studentesco. Affiggono cartelli e striscioni inneggianti all'"Europa nazione" e all'"università europea"; espongono la bandiera cecoslovacca, lanciando con megafoni ed altoparlanti slogans contro i russi e parole d'ordine come "Italia-Europa-rivoluzione". Si proclamano contro gli USA e contro l URSS: di fatto le loro posizioni sono accentuatamente antisovietiche ed anti-comuniste.

Dietro questo paravento ideologico, piuttosto trasparente. si riconoscono i volti — già noti all`università — di esponenti del MSI e di sue filiazioni (FUAN-GUF, Giovane Italia, Potere Europeo, Ordine Nuovo).

E' evidente l'intenzione di creare un centro di riferimento di estrema destra nell'università per tentare di stroncare il movimento studentesco. Il discorso è stato rammodernato al consueto nazionalismo provinciale si è sostituito un nazionalismo europeo, espressione degli interessi di alcuni settori del capitalismo privato e collegato alle posizioni della destra europea e particolarmente tedesca. Ma randelli, catene, chiavi inglesi, caratterizzano meglio il tipo d'intervento che sono venuti a compiere. Durante la notte del 20 gennaio penetrano nella sede del movimento studentesco e ne distruggono materiale di propaganda e di informazione politica. Il giorno successivo, 21 gennaio, il movimento studentesco convoca un'assemblea generale: i fascisti disturbano e avvengono tafferugli. L'assemblea non può aver luogo.

Nei giorni successivi nella sede del movimento studentesco si svolgono riunioni nelle quali si esamina il significato dell'intervento fascista collegandolo all'interesse del governo di stroncare il movimento studentesco prima della discussione in parlamento del disegno di legge sulla riforma universitaria. Venerdì mattina un'assemblea discute il progetto Sullo denunciandone il tentativo di contenere ogni opposizione con proposte di partecipazione e cogestione.

Frattanto e in atto un tentativo di isolamento del movimento studentesco: il 'Roma' dà notizia con simpatia degli "europeisti", gli altri giornali cittadini danno rilievo ad occupazioni di facoltà periferiche che portano avanti richieste di cogestione e non parlano dell'assemblea che ha respinto il progetto Sullo; gli incidenti avvenuti alla centrale sono presentati come scontri di estremisti di opposte ideologie. nell'ambito universitario il gruppo di Architettura non sa far di meglio che accusare La Sinistra Universitaria di aver creato un movimento studentesco di élite staccato dalle masse e di essere per questo responsabile dell'intervento fascista, ma, contraddittoriamente rifiuta una piattaforma di massa come quella antifascista. definendola "squalificata", e in un volantino a firma "Studenti in lotta" giunge a dire che "in questo momento alla centrale ci sono due "sedi del movimento studentesco. Da una parte i fascisti... dall'altra La Sinistra Universitaria". Anche il P.C.d'I., forse per incomprensione della situazione politica, ritiene di doversi associare alla campagna di isolamento e diffonde in quegli stessi giorni un volantino in cui si attacca La Sinistra Universitaria come "ala democratica della borghesia". Completa umoristicamente il quadro il manifestino di due o tre studenti di ispirazione lombardiana che, firmandosi "Gruppi di Azione democratica", in nome di un socialismo "più vero ed umano" rifiutano "ogni metodo di rissa ideologica" per "discutere in eguaglianza".

Il 24 gennaio la Giovane Italia e il Movimento Sociale Italiano indicono per il giorno successivo un corteo cittadino per la morte dello studente cecoslovacco Palach. Nel tardo pomeriggio dello stesso giorno, poco dopo la diffusione di un volantino a firma delle federazioni giovanili del PCI e del PSIUP, un numeroso gruppo di cittadini, operai e studenti (prevalentemente della FGCI) entra nella università per scacciarne i fascisti. La polizia interviene immediatamente e protegge l'uscita degli "europeisti", mentre i pompieri spengono un principio di incendio dovuto al lancio di bottiglie Molotov da parte degli elementi di destra. Il tutto si conclude tra i sorrisi di soddisfazione dei parlamentari comunisti e dei commissari di polizia; gli studenti vorrebbero tenere con gli operai convenuti un'assemblea nell'università, ma l'iniziativa viene bloccata dai dirigenti del PCI.

L'indomani mattina la questura nega l'autorizzazione al corteo, ma la mobilitazione fascista alla università avviene ugualmente. Vi partecipano squadre provenienti da Roma e da altre città meridionali. Nei pressi dell'ateneo gruppi di teppisti aggrediscono esponenti isolati del movimento.

Dopo essersi organizzati nell'atrio, i fascisti tentano di irrompere nella sede del movimento. Gli studenti chiudono i cancelli e le porte di accesso; gli assalitori con bottiglie Molotov e pistole lanciarazzi, appiccano il fuoco alle suppellettili usate per barricare gli ingressi. Altre squadracce danno l'assalto al primo piano della facoltà di Lettere e di Giurisprudenza. La polizia ed i pompieri, così solerti il giorno precedente, stanno fuori a guardare ed intervengono solo quando le fiamme arrivano ai piani superiori ed il fumo ha reso inagibile tutto l'edificio. Fuori i teppisti tentano di rovesciare una autopompa dei vigili del fuoco, fermano un'autoambulanza per perquisirla, assaltano la federazione comunista.

L'intervento fascista a Napoli non è stato un episodio isolato, fatti analoghi sono avvenuti, anche se non della stessa gravità, un po’ dovunque in Italia (attentati a sedi di partiti di sinistra a Milano cortei, scontri ed occupazioni a Roma, etc.); quindi se se ne vuole comprendere il significato bisogna tener presente la situazione politica nazionale nel suo complesso.

In Italia lo sviluppo del processo di ammodernamento capitalistico, in una situazione generale in cui permangono i gravi tradizionali fattori di arretratezza economica e sociale propria del nostro paese, acuisce contraddizioni e squilibri. La diffusa condizione di disagio delle classi meno abbienti, e di vasti strati della popolazione, negli ultimi anni si è tradotta nella presenza di forti spinte di massa che hanno accresciuto il peso contrattuale dei partiti di sinistra, tradizionalmente egemoni dei movimenti popolari. I risultati elettorali del 19 maggio hanno reso evidente lo spostamento a sinistra dell'elettorato ed il rafforzamento del PCI e del PSIUP, mentre la coalizione governativa è stata fortemente indebolita dal cedimento del PSI e le destre hanno perduto ulteriormente posizioni.

Il successo elettorale del PCI e del PSIUP ha spinto alcuni gruppi della DC e del PSI a sinistra: al congresso del PSI ed al consiglio nazionale della DC, alcune correnti di questi partiti facenti capo a De Martino, Moro ed altri, hanno apertamente mostrata di essere disposti ad un incontro "polemico e dialettico" col PCI. Sembrano più vicine e concrete le possibilità di attuazione del disegno strategico delle sinistre italiane che tendono a giungere al potere attraverso una linea di accordi e compromessi con gruppi capitalistici.

Il persistere però di forze economiche e sociali legate a forme più antiquate di organizzazione, condiziona fortemente le soluzioni politiche possibili. Le destre, in questo momento, hanno interesse ad intervenire con tutto il loro peso per cercare di ostacolare ulteriori spostamenti a sinistra della coalizione di potere. Così vecchi e nuovi fascisti si ripresentano in forza sulla scena politica, utilizzando lo spazio che l'attuale governo di centro-sinistra è costretto a lasciare loro, nella misura in cui intende resistere alla pressione da sinistra. Questo governo deve da un lato, concedere riforme che alleggeriscano le tensioni sociali per evitare che lo sviluppo eccessivo dei movimenti di massa vada a rafforzare il potere di contrattazione del PCI, e d'altro canto deve contenere lo sviluppo delle agitazioni e combattere in maniera dura quei centri di reale opposizione che si sono formati all'interno dei movimenti di massa e che si propongono di portare fino in fondo la lotta al sistema di sfruttamento e di oppressione. Esemplare in questa senso è l'atteggiamento sui problemi della scuola: il ministro Sullo parla agli studenti del Mamiami, riconosce il diritto di assemblea, modifica gli esami di stato, ma la polizia è pronta a stroncare ogni possibile rafforzamento del movimento studentesco quando questo si ponga su di un filo di reale rottura.

E a volte i fascisti sono uno strumento di repressione più comodo della polizia, il cui intervento nei contrasti sociali ha il grave inconveniente di mettere in luce il carattere di classe dello stato. Possono quindi incontrarsi l'esigenza delle destre di intervenire in modo massiccio nella situazione politica, e l'interesse delle forze di potere a servirsi dei fascisti, a lasciare loro il campo, purché naturalmente non vadano oltre i confini che sono ad essi assegnati.


3) La risposta del movimento studentesco


All'incendio della sede seguiva la campagna degli organi ufficiali d'informazione volta a far ricadere sul movimento studentesco, presentato come un gruppo di "estremisti", le responsabilità de i gravi disordini avvenuti nei giorni precedenti.

Gli studenti del movimento, fin dal pomeriggio del sabato, occupano locali di facoltà periferiche ed in riunioni e assemblee affermano la volontà di gestire fino in fondo le proprie piattaforme politiche e di proseguire anche sul piano cittadino la lotta iniziata nell'università. La domenica mattina, nel corso di assemblea, veniva approvata la seguente mozione:


Il m.s. napoletano denuncia il fatto che, pur di emarginarlo dalla vita universitaria ed in particolare estrometterlo dalla sua sede, occupata fin dal 12-12-68, le autorità accademiche, in combutta con le autorità cittadine, non hanno avuto ritegno ad usare un'altra volta le forze irregolari al loro servizio: i fascisti. Questo dimostra che quando mancano altri mezzi per soffocare ogni attività continua e costruttiva delle masse, rimane come unico mezzo la violenza repressiva organizzata, culminata con l'attacco in forze delle squadracce armate fasciste che hanno dato fuoco all'Università. In questa violenza organizzata rientra anche la distorsione dei fatti che tende a far ricadere la responsabilità dell’accaduto su un ristretto gruppo di "estremisti" e a non permettere la comprensione del fatto che il m.s. è una forza pratica reale che trova il suo consenso nella vasta massa degli studenti eccezione fatta, per loro esplicita dichiarazione, dei soli fascisti. Il m.s. sottolinea il comportamento delle forze di polizia, che così ancora una volta mostrano il loro vero volto. Esse infatti, hanno costantemente protetto le squadracce fasciste favorendone l'uscita dall'Università la sera di venerdì 24, lasciando invece che il giorno dopo esse svolgessero fino alla fine la loro opera di attacco alle persone e di distruzione, intervenendo solo dopo che l'azione culminata nell'incendio, era stata portava a termine ed i responsabili si erano dileguati. Perciò il m.s. ribadisce la necessita dello sviluppo di una seria coscienza di lotta antifascista. Il M.S. vede indissolubilmente legata tale lotta antifascista alla continuazione del suo lavoro di costruzione di un movimento politico autonomo di massa nell'università e pertanto ribadisce la necessità del possesso di una sede stabile nel cuore dell'Università. Deve continuare l'opera di costruzione in essa iniziata attraverso dibattiti politici, riunioni di gruppi di facoltà, azione quotidiana di informazione e di denuncia contro ogni sopruso particolare. Il m.s. denuncia come questa azione violenta, che tende a privarlo della propria sede e della propria autonomia politica, faccia parte di un disegno più generale della classe dominante che cerca di trasformare ogni organizzazione di massa in un organo di trasmissione delle sue decisioni e dei suoi interessi. Perciò viene riproposto in questi giorni al m. s. attraverso la legge Sullo, in cambio della sua autonomia politica ed organizzativa, la possibilità di cogestore con i potenti il mantenimento del loro predominio e dei loro interessi nell'ambito dell'Università. Il m.s. invita pertanto alla mobilitazione generale gli studenti, gli operai, i cittadini e tutte le forze che condividono questa analisi e questi obiettivi di lotta.


Il Movimento Studentesco


La sera dello stesso giorno si dava inizio ad una attività di controinformazione con lo scopo di diffondere la versione esatta degli avvenimenti cercando di combattere, nei limiti dei mezzi a disposizione, la campagna di deformazione dei fatti organizzata dagli organi ufficiali di stampa e dalla televisione.

Durante tutta la giornata di lunedì e di martedì erano diffusi in migliaia e migliaia di copie a tutta la cittadinanza ed in special modo agli universitari, agli studenti medi e agli operai un volantino con il resoconto degli avvenimenti, e il testo della mozione sopra riportata. Il volantinaggio presso le fabbriche accompagnato da comizi "volanti" con megafoni ed altoparlanti, si inseriva in una visione dei rapporti tra mondo operaio e movimento studentesco che, rifiutando una logica settoriale (sindacalismo dei gruppi operaisti), invitava operai e studenti a combattere su di una stessa piattaforma politica. Una iniziativa dello stesso tipo, nei confronti della classe operaia, era già stata presa in occasione dell'occupazione della sede, quando con un'analoga azione di propaganda era stato chiarito che essa non aveva alcun significato settoriale e corporativo, ma rappresentava un punto di riferimento politico a disposizione di tutti, rivendicando così' la funzione sociale dell'università.

Contemporaneamente a queste iniziative veniva annunciata un'assemblea generale da tenersi martedì 28 gennaio, pubblicizzata anch'essa con una massiccia opera di volantinaggio.

Il PCI intanto si faceva promotore, tramite la camera confederale del lavoro, di una grande manifestazione unitaria antifascista cui aderiva pure la CISL. Si delineavano così due diversi atteggiamenti di fronte al problema del fascismo: la posizione del movimento studentesco che metteva in evidenza come nell'attuale fase di sviluppo del mondo borghese, i movimenti fascisti non fossero altro che strumenti di repressione, perfettamente compatibili con la facciata "democratica" della società capitalistica; e quella della sinistra ufficiale che, in linea con la propria strategia, proponeva una manifestazione "democratica" e interclassista di protesta contro "ogni velleità di rigurgiti fascisti", considerati evidentemente una realtà estranea all'attuale contesto sociale.

Questa manifestazione — un corteo cittadino da piazza Mancini a piazza Matteotti —, prevista per il martedì pomeriggio, veniva rinviata, poi, al giorno successivo, forse per evitare la coincidenza con la protesta studentesca e permettere alla sinistra ufficiale di presentarsi come l'unica forza capace di condurre a livello cittadino una vasta azione politica.

Martedì mattina, dopo l'intensa azione di controinformazione dei giorni precedenti, aveva luogo l'assemblea generale in un clima di massiccia intimidazione per la presenza di ingenti forze di polizia schierate di fronte al corpo centrale dell'università e accanto agli ingressi. Ciò nonostante l'atrio e lo scalone della Minerva erano gremiti di studenti universitari e medi. Il PCI era assente come forza organizzata e i pochi quadri della FGCI intervenuti non partecipavano alla discussione. Al termine dell'assemblea, nella quale in numerosi interventi era stato messo in luce il significato politico dell'aggressione, gli studenti in segno di protesta, decidevano l'occupazione dell'università centrale. E poichè la sede del movimento era ormai impraticabile per i danni subiti, occupavano come sede provvisoria l'aula magna.

Nel corso delle assemblee tenute il martedì pomeriggio e il mercoledì mattina, emersero chiaramente nel movimento studentesco la volontà di continuare fino in fondo la lotta antifascista sulla base della propria piattaforma politica e la necessità, di portare all'esterno dell'università le propria lotte, legandosi in particolar modo alla classe operaia. Il movimento studentesco quindi, con la prospettiva. d'imprimere una svolta radicale alla manifestazione della Camera del Lavoro, imponendo ad essa la propria direzione, decideva di partecipare al corteo.

Venivano redatti i seguenti volantini da distribuire nel corteo:


Il vero nemico è lo stato borghese


Il Movimento Studentesco ha fatto in questi giorni un'esperienza importantissima.

Quando ha cercato di organizzarsi come movimento politico autonomo, con sua propria organizzazione ed una propria sede lo stato borghese gli ha scatenato contro la violenza devastatrice dei fascisti e la calunnia organizzata di tutta la stampa. Il Movimento Studentesco ha combattuto le menzogne della stampa, rivolgendosi a tutti gli sfruttati ed in particolare alla classe operaia.

Il Movimento Studentesco ha dimostrato di essere una forza occupando come sua sede provvisoria, l'Aula Magna dell'Università.

Perciò, oggi tutti i giornali che ieri gli sparavano addosso, lo blandiscano e cercano di farlo apparire come un sostenitore della democrazia e dell'ordine borghese.

Questa è la manovra generale che si tenta contro tutte le classi oppresse. O si cerca di distruggere le loro organizzazioni, o le si trasforma da organizzazioni che dovrebbero rappresentare i diritti degli sfruttati contro gli sfruttatori, in organi di controllo degli sfruttatori sugli struttati.

La classe operaia sperimenta ogni giorno questa manovra che tende a far dimenticare la scelta della lotta di classe e la veste oppressiva dello stato borghese.

La liberazione dallo sfruttamento e la costrizione di una umanità socialista non si consegue con la conquista democratica dello stato ma organizzandosi e lottando per la sua soppressione.


Il Movimento Studentesco


Finalità di una lotta politica


L'attuale situazione d'incertezza politica e di carenza teorica del movimento rivoluzionario internazionale pone con urgenza il problema del recupero da parte del proletariato del pensiero di Lenin, nella sua genuina interpretazione rivoluzionaria.

Solo l'assimilazione e lo sviluppo dell'opera teorica di Lenin può permettere la comprensione del problema della rivoluzione nei paesi avanzati, che il problema fondamentale per lo sviluppo della umanità e la costruzione di un mondo socialista.

In "Stato e Rivoluzione" Lenin mette in chiara luce il carattere di classe dello stato, la sua funzione di strumento di oppressione politica ed economica, attraverso tutti gli strumenti repressivi (polizia, burocrazia, stampa ecc.).

La classe operaia impara a conoscere tali strumenti a proprie spese e perciò le appare con sempre maggiore evidenza la sua ostilità irriducibile alla società borghese nel suo insieme.

Con lo stato borghese non può esservi conciliazione, né si pongono problemi di cogestione o di conquista dall'interno, come sosteneva il "rinnegato" Kautskj; le forze rivoluzionarie devono distruggerlo e costruire il loro proprio organo di direzione politica della società.

Il fascismo è una delle espressioni della borghesia nella fase dell'imperialismo, ne mette a nudo la sostanza repressiva, la carica di violenza antirivoluzionaria distruttrice di ogni conquista civile dell'umanità.

Perciò non si può lottare contro il fascismo, bisogna lottare fino in fondo, senza incertezze e concessioni contro la società borghese ed il suo stato.

La Sinistra Universitaria


Il corteo muoveva da piazza Mancini, sotto la direzione di sindacalisti e di dirigenti di partito, intonando canzoni di tipo resistenziale e gridando slogans di generico antifascismo. Dinanzi all'Università gli studenti, con i propri striscioni e cartelli, al canto dell'"Internazionale" ne prendevano la testa e lanciavano parole d'ordine polemiche contro le posizioni legalitarie e "democratiche" dell'ufficialità di sinistra ("lo stato borghese-unico nemico"; "riforme no - rivoluzione sì"; "dittatura proletaria"; "fascisti - poliziotti"; "Lenin".) raccolte dagli operai e da tutti i manifestanti. Ignorando l'organizzazione prevista dalle burocrazie di partito e sindacali, secondo le quali il tutto si sarebbe dovuto concludere con un composto comizio, a piazza Matteotti, il corteo, rompendo il cordone dei sindacalisti della CGIL, proseguiva per via Roma diretto alla sede del MSI, continuando a scandire parole di ordine di lotta.

Mentre l'oratore doveva limitarsi a rivolgere qualche parola improvvisata alle poche persone rimaste ad ascoltarlo, studenti operai, militanti di base del PCI e PCd'I nei pressi di piazzetta Augusteo si scontravano ripetutamente con le forze di polizia schierate a difesa dei fascisti. Più tardi altri violenti scontri avvenivano presso la questura.


4) La sinistra ufficiale


Il comportamento della sinistra ufficiale nei recenti avvenimenti di Napoli ha costituito un'utile esperienza per il movimento studentesco; è opportuno dunque soffermarvisi premettendo alcune considerazioni più generali.

Nel momento in cui sembra che l'accresciuta tensione nazionale ed internazionale faccia passare la volontà di governo della sinistra non solo attraverso le manovre di vertice, ma anche attraverso l'utilizzazione di movimenti di massa, il PCI, dopo le iniziali posizioni di condanna del movimento studentesco deve in qualche modo reinserirsi in esso per potersene garantire la direzione. Con le lotte degli ultimi anni l'ufficialità di sinistra era stata posta ai margini del movimento che ne aveva rifiutate le posizioni "riformiste" e "sindacalizzatrici" nonché la parola d'ordine di "potere studentesco". Lo avvicinarsi della scadenza elettorale favorisce un atteggiamento più duttile del partito che riscopre, attraverso le proposte di Occhetto e della Rossanda, coerenti con le posizioni assunte dal leader del partito, la teoria gramsciana la dell'"egemonia". Il PCI comprende cioè che non è necessario "dirigere" in prima persona il movimento studentesco per utilizzarne politicamente le lotte, soprattutto se l'attestarsi del movimento su posizioni spontaneiste ne {limiti le possibilità di caratterizzarsi con una propria (fisionomia e di esprimere una propria direzione. E' significativo a questo riguardo il comunicato dello ufficio politico del PCI sui fatti di Napoli (l'Unità, 29 gennaio 1969) in cui si auspica "il rafforzamento dei movimenti in atto, della loro autonomia e del loro carattere di massa" e, si aggiunge, "errato sarebbe ogni atteggiamento... che portasse il movimento democratico e studentesco ad un restringimento delle proprie basi di massa e all'adozione di forme di azione che oggettivamente trasformassero la lotta in uno scontro di gruppi ristretti o slegati dalle masse". La proposta è chiara: niente gruppi che si qualifichino teoricamente e politicamente bensì un largo movimento di massa genericamente caratterizzato a sinistra la cui direzione "non può senza gravi danni, contrapporsi a quella operante in seno al movimento operaio e che si esprime attraverso i suoi organi di classe, partito e sindacati" (1) In questo modo il PCI cerca di garantirsi la gestione politica della protesta studentesca.

La diffusione nel movimento di posizioni antileniniste sostenute da vari gruppi della dissidenza, collegati soprattutto alle posizioni di "Quaderni rossi", contribuisce ad impedire una reale maturazione del movimento e favorisce di fatto l'attuazione della linea del PCI. Questa manovra che è portata avanti a livello nazionale, a Napoli trova spazio minore che altrove per realizzarsi. Ciò è connesso essenzialmente a due fattori:

a) la presenza massiccia a livello cittadino di forze reazionarie legate all'arretratezza economica e culturale della regione, e quindi la relativa debolezza delle forze rinnovatrici rappresentate dal PCI e dal PSIUP (quest'ultimo tra l'altro e quasi inesistente);

b) la presenza nel movimento studentesco napoletano di una forza politica, la Sinistra Universitaria, che, nata dalla spaccatura dell'UGI (maggio '67), muovendosi su posizioni leniniste, attraverso le lotte del '67-'68, è riuscita a battere le posizioni della sinistra ufficiale e ad emarginare completamente il gruppo legato alla FGCI.

La linea del PCI-PSIUP e stata, per questo da febbraio '68 in poi assente dalle lotte universitarie, tranne che in maniera mediata e senza molto se guito attraverso il gruppo della facoltà di architettura.


(1) Amendola, Necessità della lotta su due fronti, Rinascita 7 giugno '67


Questi fatti spiegano perché di fronte al crescere e al consolidarsi a livello di massa del movimento studentesco al di fuori del controllo della sinistra ufficiale, l'atteggiamento del PCI sia stato quello di tentare di limitarne lo sviluppo, piuttosto che di rendersene egemone. In questo senso va interpretato il silenzio de l'Unità sulla sede del movimento e il largo spazio dato invece alle occupazioni "padronali" di facoltà periferiche, contribuendo al tentativo d'isolamento del movimento studentesco cui venivano contrapposti, dalla stampa governativa, i a "bravi ragazzi" che, nella facoltà di Veterinaria, per esempio, richiedevano la "fattoria modello". Caratteristico ancora è l'atteggiamento rinunciatario in occasione dei fatti di Marina di Pietrasanta tenuto dalla FGCI napoletana infatti mentre in campo nazionale il PCI gestiva la protesta per l'accaduto, a Napoli l'organizzazione giovanile del partito non solo non prendeva iniziative, ma non partecipava neppure ai dibattiti organizzati dal movimento studentesco. La formazione inoltre, nell'ultimo congresso provinciale del PCI di un gruppo di minoranza su posizioni più radicali, costituito da un centinaio di delegati vicini allo ambiente giovanile del partito, e stato un ulteriore fattore di debolezza che ha pesato sulla valutazione di un eventuale intervento nell'Università, nel momento in cui la direzione del partito non era ancora riuscita a garantirsi il controllo di questa opposizione interna.

Anche in occasione della provocazione fascista continua il silenzio de l'Unità: solo un breve trafiletto mercoledì 22 gennaio informa della presenza dei fascisti e da notizia per la prima volta della sede del movimento studentesco. Ma quando il MSI e la Giovane Italia annunziano per sabato 25 un corteo per i fatti di Cecoslovacchia, il PCI si vede costretto ad intervenire perché non può permettere che un corteo anticomunista percorra le strade napoletane. Tanto più che il movimento studentesco ha preso l'iniziativa di diffondere volantini sull'accaduto alla cittadinanza e presso le fabbriche, e tende quindi a porsi come elemento di direzione della protesta anche fuori dell'ambito d'ateneo. Ma lo intervento (la sera di venerdì 24) non può essere condotto che dall'esterno della vita universitaria.

Dopo l'incendio appiccato dai fascisti l'importanza stessa degli avvenimenti spinge il partito ai farsi promotore di una mobilitazione cittadina delle forze antifasciste. L'impostazione politica della manifestazione riprende i temi del più generico antifascismo resistenziale, come emerge anche dalle posizioni assunte a livello nazionale "L'aggressione fascista all'università di Napoli che ha fatto seguito ad altri episodi di violenza, testimonia la volontà dei gruppi reazionari di avvelenare con il ricorso a metodi teppistici la vita politica del paese" (dal comunicato dell'ufficio politico del PCI, l'Unità 29 gennaio). Si evita così di collegare il fascismo con la più generale violenza che caratterizza la società divisa in classi e di fare un discorso sulla polizia come strumento dello stato borghese addirittura così conclude il comunicato: "spetta quindi oggi alla vigilanza attiva delle masse impedire nuovi episodi e scoraggiare nuovi tentativi teppisti ed imporre che vengano garantiti innanzitutto dagli organi del pubblico potere i diritti sanciti dalla Costituzione Repubblicana". In questo spirito si propone un corteo unitario indetto dalla Carnera del Lavoro che si concluda ordinatamente con il discorso di un dirigente sindacale.

L'insieme delle posizioni assunte dal PCI mostra chiaramente da un lato la rinuncia ad intervenire dall'interno nelle lotte universitarie e dall'altro la volontà d'impedire che il movimento studentesco si ponga come punto di riferimento politico autonomo anche all'esterno dell'università. Si cercava così di cambiare il contenuto stesso della lotta: al posto di una piattaforma decisamente anticapitalistica e collocata nella prospettiva di una generale trasformazione, si proponeva un'impostazione più limitata, mirante ad emarginare alcuni gruppi particolarmente arretrati della società allo scopo di rendere più agevole al partito la strada dell'inserimento governativo.

Coerente è quindi l'atteggiamento del servizio d'ordine della CGIL che più volte durante il corteo ha serrato le file cercando inutilmente di tenere divisi gli operai dagli studenti; coerente l'atteggiamento de l'Unità il giorno successivo, che presenta una versione dei fatti tesa a dimostrare che tutto è avvenuto nella direzione voluta dal PCI: il comizio si è svolto regolarmente, solo dopo, alcuni manifestanti si sarebbero scontrati con la polizia davanti alla sede del MSI. Viene cancellata visibilmente sulla foto del corteo pubblicata la parola d'ordine "Riforme no, Rivoluzione sì".


5) La stampa


Abbiamo visto come l'attacco fascista contro il movimento studentesca e la sua sede non corrispondesse solo agli interessi dei gruppi accademici più retrivi, dominanti nell'università di Napoli, ma come fosse legato alla situazione generale del paese e alle scelte di governo della classe dominante, e ciò trova conferma nell'atteggiamento degli organi di stampa e della RAI-TV. Che gli "organi di informazione" servano a manipolare le coscienze, ad evitare che gli sfruttati capiscano quello che realmente succede, è fin troppo evidente. E' però utile mostrare come le distorsioni che i giornali operano, le versioni che giorno per giorno essi danno degli avvenimenti corrispondano ai precisi interessi dei gruppi economici e politici di cui sono l'espressione.

Uno dei mezzi di cui lo stato borghese si serve per combattere i propri avversari è il silenzio dei suoi organi di informazione. Quando il movimento studentesco napoletano prese possesso della sua sede tutti i giornali locali, governativi e di opposizione, tacquero. Parlavano dello sciopero di una sezione del liceo provinciale, pompavano a tutta forza le occupazioni spoliticizzate e padronali di facoltà periferiche, ma ignoravano quello che accadeva sotto gli occhi di migliaia di studenti e cittadini: cioè che l'ala a pianterreno della facoltà di Lettere era diventata sede del movimento studentesco e che essa era centro di numerose attività.

Il silenzio venne rotto dopo l'interruzione della seduta del corpo accademico. Pur continuando ad ignorare l'esistenza della sede, l'Unità riporta brevemente il fatto ed Il Mattino (giornale governativo) cerca di usare balordamente l'avvenimento in chiave anticomunista! E per di più non manca di falsare i fatti, per cercare di dimostrare che esistono anche studenti pronti al dialogo ed alla collaborazione, dicendo che alla riunione del corpo accademico


"erano intervenuti i rappresentanti dei professori incaricati, dei liberi docenti e degli studenti"


mentre non solo gli studenti ma anche l'associazione degli assistenti e dei professori incaricati aveva rifiutato di partecipare alla farsa accademica.

E’ Napoli notte, giornale che insieme al Roma rappresenta gli interessi dei gruppi economici privati più arretrati e dei gruppi accademici più retrivi, a rompere l'omertà sulla sede, ma per dichiarare che quanto e avvenuto dipende dall'atteggiamento conciliante tenuto dalle autorità accademiche e promette per il prossimo futuro disordini ed agitazioni. Il Roma tace; sarà in compenso il primo, però, ad annunziare dopo pochi giorni:


"Un gruppo di studenti che si proclamano rivoluzionari europei hanno dichiarato di voler costituire la sede permanente dell'Università Europea. .. (essi) dopo aver affermato che la crisi dell'università e il riflesso delle carenze strutturali e delle contraddizioni sociali dei sistemi politici dell'Est e dell'Ovest e che le ideologie demoborghesi e marxiste sono il paravento dell'imperialismo, sentono il bisogno di indicare le idee forza della gioventù, sintetizzandole nell'ideale europeo e nella conseguente autonoma sistemazione politica che faccia l'uomo il centro motore di una società organica".


Seguiamo ora gli avvenimenti attraverso la stampa quotidiana ed i volantini di controinformazione del movimento studentesco.


Martedì 21 gennaio


L'Università brucia (volantino distribuito a studenti, operai e cittadini dopo l'incendio della sede)

"Il m.s. indice un'assemblea generale; i fascisti disturbano suonando dischi dei loro inni e rendono impossibile lo svolgimento dell'assemblea; avvengono tafferugli".


I'Unità "I neo fascisti hanno ieri mattina aggredito i rappresentanti del movimento studentesco che, come è noto" (—ma non ai lettori dell'Unità —) "da tempo si sono insediati nell'aula De Sanctis dotando il movimento di una sede propria".


Il Mattino "Naturalmente, essendo i due gruppi di orientamento politico opposto, non poteva evitarsi che ad un certo momento si scontrassero (pare che gli elementi di destra abbiano anche bruciato uno striscione del "movimento")".


Roma "Ancora violenze nell'Università Gli aderenti al m.s. ormai completamente imbrigliato e strumentalizzato dai partiti ti di estrema sinistra, non sopportano voci di dissenso su chi la pensa diversamente da loro, su chi magari vorrebbe restituire libertà, originalità ed autonomia alla stessa contestazione giovanile, non solo lanciano generiche accuse di fascismo, ma proiettili ben più pesanti e nocivi"


Giovedì 23 gennaio


L’Università brucia "Nei giorni successivi il m s. continua a svolgere le sue attività nella sede in maniera forzatamente ridotta a causa della tensione esistente. Tutti hanno visto in questi giorni nell'università teppisti armati in varia maniera e pronti alla provocazione"


Il Mattino "Occupazione simbolica di due aule mentre gli studenti tornano a casa. Questa soluzione ragionevole è stata possibile evidentemente per un accordo tra le due parti". (sic)


Venerdì 24 gennaio


L'Università brucia "Nella sede della "Università Europea si concentrano elementi provenienti anche da altre città e si vedono in giro parlamentari del MSI. La sera, dopo un volantinaggio degli studenti del PCI e del PSIUP, gruppi anti-fascisti napoletani entrano nelle aule occupate dagli "europeisti". La polizia intervenendo immediatamente, protegge l'uscita dei nazi-fascisti che dalle aule dove si erano barricati lanciano bottiglie Molotov, pietre e stracci infiammati con benzina".


Il Mattino "Uno scoppio di intolleranza nella vita dello ateneo. Scontri di estremisti nell'Università, con lancio di bombe Molotov e petardi"


Roma "Mobilitate le squadre di comunisti contro i contestatori dissidenti. Violento assalto all'Università con pietre e bottiglie Molotov".


Sabato 25 gennaio


L'Università brucia "Alle 9.30 come sempre la sede del m s. e stata aperta e sono iniziate le attività ordinarie. Intorno all'Università c'è un grosso schieramento di carabinieri e poliziotti. Verso le 10 arrivano isolatamente gruppi di nazi-fascisti guidati da noti esponenti del MSI. Tutti i presenti hanno visto entrare nell'Università queste persone armate di asce e randelli e con grossi recipienti di benzina. La polizia non ha visto. Al canto di "All'armi siam fascisti" le squadracce irrompono con inaudita violenza contro la sede del m.s. Chiusi i cancelli sotto un fitto lancio di pietre, petardi, bottiglie Molotov, gli studenti del movimento si barricano nella sede... La benzina, la gran quantità di carte e stracci incendiari appiccano il fuoco...".


Risoluzione politica del m.s. "In particolare il m.s. sottolinea il comportamento delle forze di polizia... esse, infatti, hanno costantemente protetto le squadracce fasciste... lasciando che esse svolgessero fino alla fine la loro opera di attacco alle persone e di distruzione".


Il Mattino "Studenti di destra contro studenti di sinistra a Napoli. Gli incidenti sono culminati con un incendio che è (!) divampato... Anche un carabiniere è stato ferito mentre tentava di tener lontani alcuni giovani che cercavano di rompere lo sbarramento (!) operato proprio per impedire che i giovani delle due opposte fazioni venissero alle mani... L'Università era stata sgombrata dopo gli incidenti di ieri da tutti gli occupanti. "


Roma "L'Università di Napoli è stata al centro di gravissimi e sanguinosi disordini provocati da una massiccia e selvaggia reazione di squadre comuniste... per fortuna il generoso prodigarsi delle forze dell’ordine è valso a contenere le conseguenze dei disordini. Improvvisamente (!) divampava l'incendio. Alte lingue di fuoco uscivano proprio dai locali occupati dal m.s. ... Studenti di estrema sinistra attaccavano i giovani che erano nell'atrio...".


Queste differenti versioni, evidentemente, non sono casuali.

Il Roma, giornale del gruppo Lauro, ha colto l’occasione, naturalmente, per lanciare un pesante attacco contro il movimento studentesco presentando allo stesso tempo i fascisti come i veri contestatori i veri rivoluzionari. Questi giovani rivoluzionari hanno naturalmente "un compito gravoso ma indispensabile, essi devono sostituirsi al vuoto dello Stato così da restituire all'Italia... all'Europa una forza operante e determinante".

Il Mattino, che rappresenta forze economiche e politiche interessate ad avviare limitate riforme, ma che non possono tollerare alcuna seria opposizione al sistema, cerca da principio di presentare il movimento studentesco come una schiera di bravi ragazzi, pronti a venire democraticamente ad accordi coi fascisti, e questi sono solo dei giovanotti un po’ confusi, venuti all'Università per caso. Ogni coesistenza è possibile. E quando "avvengono" gli incidenti, "volano" le bottiglie Molotov, "scoppiano incendi, tutto è dovuto alla cattiveria degli estremisti di destra e di sinistra. Così distorcendo i fatti avvenuti non dicendo perché sono avvenuti, presentandosi per di più come antifascista e democratico, questo giornale tenta di isolare la parte più cosciente del movimento dalla base degli studenti e dalla cittadinanza.

A quest'opera di travisamento dei fatti e di isolamento del movimento studentesco si aggiungono occupazioni spoliticizzate di alcune facoltà avvenute con il pieno avallo del corpo docente. Particolarmente significativo è il caso della facoltà di ingegneria, dove il prof. Tocchetti, preside della facoltà e ras cittadino, lo scorso anno era riuscito ad introdurre un clima di completa cogestione (1). All'inizio dell'occupazione Il Mattino proclama: "L'occupazione del politecnico non è per ostacolare la riforma Sullo, ma per approfondirne il contenuto". Naturalmente questo serve a contrapporre i "bravi ragazzi" del politecnico agli "estremisti" della centrale. Ma appena gli studenti di ingegneria rifiutano la cogestione, rompono il cerchio corporativo in cui li si voleva rinchiudere, spazzano via le assemblee in comune con i cattedratici, dichiarano


(1) Il Mattino che in un "fondo" del 4 febbraio deprecando i disordini avvenuti nelle università italiane, "si rammarica che oggi Napoli ne detenga "l'inglorioso primato, dopo aver tenuto l'anno scorso il primato opposto con l'"esempio del Politecnico".


di volersi collegare col movimento studentesco, Il Mattino tace.

A questo atteggiamento della stampa si associa, in chiave più conservatrice possibile, la RAI-TV, diretta espressione di chi detiene il potere.

Coerente è l'atteggiamento delle altre forze "democratiche".


I giovani DC nel manifesto Contestazione si, Violenza no: "...deplorano gli episodi di violenza avvenuti negli ultimi giorni... denunziano il tentativo di strumentalizzazione operato da organizzazioni politiche estremiste, più aduse all'esercizio delle catene, bastoni e bottiglie Molotov che al costruttivo dibattito democratico"


Ed il prof. Compagna (parlamentare repubblicano), aggiunge: "Credo che sia intanto doveroso rivolgere un preoccupato monito alla maggioranza degli studenti perché contribuiscano all'isolamento dei faziosi, quale che sia il colore politico delle loro bandiere".


Questo il quadro del tentativo di isolamento al livello cittadino, ma per capire meglio il quadro politico generale vale la pena di riportare la posizione di tre autorevoli; giornali a tiratura nazionale.


Corriere della sera "Tre ore di violenza all'Università di Napoli tra estremisti di opposte fazioni".


Il Giorno "A Napoli degenerano, scontro tra studenti".


la Stampa "Gravi scontri tra studenti a Napoli. Incendiata da fascisti la facoltà di lettere".


E' ovvio che un giornale come il Corriere della Sera legato a gruppi economici più conservatori ed interessato quindi a contenere la spinta a sinistra che si è verificata nel paese, mostri gli incidenti come scontri tra estremisti.

Più interessante il confronto tra le posizioni de La Stampa e de Il Giorno, esponenti più avanzati del capitalismo italiano. La Stampa può dichiarare che i fascisti hanno bruciato l'università di Napoli dal momento che il complesso industriale e finanziario Agnelli, l'ala più avanzata del capitalismo privato, ha interesse a combattere le ipoteche della destra più arretrata sull'azione del governo.

Diversamente si comporta Il Giorno che rappresenta gli interessi dei gruppi capitalistici di stato, come l'ENI, l'IRI etc, i quali, pur con un largo margine di autonomia devono pur sempre rispondere al governo e quindi mantenere un atteggiamento di maggior cautela.

Tra lunedì 27 e martedì 28 la posizione della stampa governativa cambia i fascisti hanno già fatto il loro lavoro e bisogna evitare che si spingano troppo innanzi, si affaccia ora il volto "progressista" e "democratico" del capitale.


Martedì 28 gennaio


I! Mattino "Sabato poi l'azione contro la sede del "Movimento Studentesco" ebbe uno svolgimento abbastanza chiaro: furono, cioè, i giovani di destra a dar l'assalto all'Università, scontrandosi con le forze di polizia che sbarravano loro il passo.

... questo non potrà in nessun modo assolvere i giovani della destra delle loro pesanti responsabilità".


Il Giorno "Per incidenti provocati dai fascisti... ".


E poi, dal momento che la violenza non ha stroncato il movimento, che ha anzi mostrato di essere in grado di reagire rapidamente a livello universitario e cittadino, se ne tenta ancora una volta la cattura magari inventando di sana pianta.


Mercoledì 29 gennaio


Il Mattino "Risulta che il Rettorato ha offerto ieri, dopo l'occupazione dell'Aula Magna, una nuova sede al Movimento Studentesco, in un'aula della facoltà di lettere al primo piano; i giovani forse prenderanno possesso di questa sede oggi;"


La stessa notizia veniva riferita dalla TV.

Quella sera stessa il movimento studentesco intervenne al corteo antifascista radicalizzandolo in senso antiriformista. Seguiamo la stampa.

Per l'Unità si è fatta una bella manifestazione unitaria con alla testa i dirigenti del PCI, del PSI, del PSIUP, della CISL


"Si sono raccolte migliaia di persone, studenti e lavoratori provenienti dalle fabbriche e da tutti i posti di lavoro. In piazza Matteotti ha tenuto un breve comizio il compagno Vignola, segretario della Camera del Lavoro" sostenendo che alla "minaccia fascista" i lavoratori debbono rispondere... "portando avanti la lotta rivendicativa".


Si nascondono i fatti dietro l'aggettivo "breve" riferito al comizio di Vignola, o si tenta di ridimensionarli così:


"Alcuni gruppi di partecipanti al corteo hanno poi continuato a manifestare per la strada. In via Roma si sono avuti quindi anche scontri con la polizia..."


L’organo del PCI non può certamente dire che gli operai e gli studenti in un clima di grande tensione politica hanno ignorato l'oratore e sono andati a scontrarsi con la polizia che proteggeva la sede del MSI.

Da Il Mattino trapela qualcosa di più, dal momento che per questo giornale, il problema non e tanto quello di ignorare gli "estremisti", quanto quello d'isolarli e di distinguere da essi le forze politiche ufficiali con le quali si parla il linguaggio della "democrazia":


"A costoro si sono uniti circa 500 giovani del m.s. che attendevano davanti all'Università centrale. I giovani studenti hanno marciato alla testa del corteo con dei loro striscioni e scandendo frasi e slogans loro propri ed assai più "provocatori" come è nel lor costume, verso lo "Stato borghese" (e gruppi di estremisti invocavano la rivoluzione, respingendo ogni possibilità di riforme).. Prima ancora che il comizio avesse termine un gruppo di studenti e di giovani operai estremisti si staccava dal grosso dei dimostranti dirigendosi, come si capiva dai richiami che lanciavano ai compagni, in piazzetta Augusteo "per far sentire la loro presenza ai fascisti";... Seguito da squadre di agenti e carabinieri questo manipolo di dimostranti (circa 300 giovani) è giunto per via Santa Brigida e via Roma presso la sede missina che era protetta da vigorosi schieramenti di agenti".


Tocca, guarda caso al Roma, e al suo livore filofascista, la ventura di avvicinarsi di più alla verità:


"Terminata la sfilata per il Rettifilo... mentre stava per aver inizio il comizio, la maggior parte dei manifestanti ha voltato le spalle al segretario della CdL e si è diretto verso via Roma...".


Citiamo infine con piacere, a conclusione di questa breve rassegna, il "fondo" de Il Mattino del 4 febbraio, perché sappiamo che sono state proprio le lotte studentesche dei giorni precedenti che hanno costretto l'"autorevole" quotidiano del Mezzogiorno a lasciare da parte l'atteggiamento — assunto di fresco — del rinnovatore che insiste a considerare le forze d'opposizione parte del "suo" sistema.


"La "contestazione" studentesca e giunta ad una svolta che sarà forse decisiva degli ulteriori sviluppi del movimento. Si era mossa, in origine, come azione di protesta contro le arcaiche strutture dell'Università ed in polemica con gli esitanti tentativi di riforma, o di leggine-stralcio della riforma Poi, portando avanti il moto protestatario, finì per perdere di vista gli obiettivi iniziali, o per confonderli con altri che allargano la "contestazione" alle strutture della società contemporanea, al costume del nostro tempo e, in sostanza, rinnegano il "sistema" politico nel quale viviamo".


Finito di stampare Febbraio 1969 con i tipi delle GRAFIC ART - Via S. Giovanni De Matha, 75 - NAPOLI