Biblioteca Multimediale Marxista


SECONDA PARTE




13.

Io questa cosa me la ricorderò per sempre un rumore veramente assordante un rumore che veniva dall'alto un rumore che veniva dappertutto che diventava sempre più forte sempre più assordante avevamo capito quasi subito che era un rumore di elicotteri e questi elicotteri facevano un rumore fortissimo non era un solo elicottero dovevano essere tanti elicotteri e tutti sono rimasti per un attimo immobili tutti sono stati molto disorientati perché tutti quanti ritenevano impossibile un intervento militare al punto in cui eravamo arrivati proprio adesso che le trattative erano arrivate fino a lì e poi c'era la questione delle diciannove guardie nessuno pensava che avrebbero messo in gioco la vita delle diciannove guardie sequestrate e che avrebbero fatto un intervento militare

sono arrivati si è sentito questo rumore assordante di elicotteri tutto tremava i muri tremavano e tutto sembrava tremare e tutti hanno cominciato a reagire in maniera diversa quella che ho visto è stata la confusione completa è stata una situazione che avevo già vissuto in altre occasioni quando la polizia carica nei cortei e non c'è il servizio d'ordine per far fronte a una carica di polizia e proteggere la gente che sta nel corteo per mantenere la calma per potere rifluire e andarsene con calma ecco la situazione è stata quella una situazione di panico generale però nonostante che c'era questo panico continuava a esserci la convinzione da parte di tutti che era un bluff che questi bluffavano che questi in realtà non arrivavano e anche quando si sono cominciate a sentire le prime esplosioni si è pensato che era una cosa solo a scopo deterrente

allora è successo che l'azione militare si è svolta cosi è successo che questi sono arrivati con gli elicotteri la scena che ho visto è stata di questi enormi elicotteri che arrivavano e che facevano questo rumore assordante e da un finestrone del corridoio ho proprio visto benissimo questi in divisa nera tutti quanti armati fino ai denti con questi caschi integrali che gli coprivano tutta la testa li ho visti che stavano sugli elicotteri e che scendevano che stavano per scendere con delle scalette di corda con delle funi non so fatto sta che scendevano sul tetto scendevano giù dagli elicotteri sul tetto a terrazza sopra di noi e c'era questo rumore assordante queste esplosioni gli elicotteri arrivavano a ondate questi scendevano giù e subito ne arrivavano degli altri e cosi via

questi sono arrivati sul tetto sono scesi giù sul tetto e hanno cominciato a tirare le bombe sono arrivati sul tetto e sul tetto c'era una botola hanno fatto saltare questa botola con le bombe questa botola dava su una scala a chiocciola scala a chiocciola dava su un cancello che dava sulla rotonda del secondo piano e che avevamo saldato allora loro hanno fatto saltare immediatamente questa botola sul tetto che dava sulla scala a chiocciola e appena hanno aperto la botola hanno cominciato prima di scendere a buttare giù una dopo l'altra saponette di plastico cioè proprio buttavano giù le bombe dalla scala e man mano che le bombe arrivavano giù nella rotonda c'erano questi boati veramente assordanti queste esplosioni

a questo punto tutti si sono resi conto che questi stavano entrando davvero che non era più un bluff e tra l'altro le esplosioni non si sentivano solo di sopra ma si cominciavano a sentire anche da sotto perché stavano attaccando anche da sotto allora c'è stato il panico generale e in quel momento è successo che uno in quel momento ha deciso da solo quello che gli conveniva più fare non c'è stata una reazione ordinata alla cosa ecco non c'è stata una reazione collettiva ordinata e anche quelli che si erano organizzati non hanno reagito in maniera disciplinata e organizzata e non c'è stata nemmeno da parte di quelli che avevano messo in conto l'irruzione che pensavano quella cosa poteva succedere non c'è stato niente di organizzato quando abbiamo visto che questi effettivamente cominciavano a tirare le bombe

allora c'era li era stata organizzata una struttura di servizio militare eccetera che aveva l'armamento cioè c'erano questi che avevano c'erano dei compagni che avevano delle bombe che erano state costruite che avevano questo plastico dentro le caffettiere però non c'è stata una reazione ordinata quello a cui lo ho assistito è stata una grande confusione ho assistito alla grande confusione di tutti ognuno ha reagito istintivamente ha reagito come pensava che era meglio reagire in una circostanza del genere ma individualmente nel senso che in quel momento non si è vista nessuna reazione ordinata nessuno faceva riferimento a nessuno ma faceva riferimento solo a se stesso e al proprio istinto

la gente ha cominciato a scappare a correre a correre avanti e indietro avanti e indietro dentro questo spazio limitato a correre avanti e indietro per questo corridoio a entrare e uscire dalle celle in maniera confusa e caotica per tutti questi lunghi minuti senza sapere assolutamente cosa fare cercando qualcuno e non trovandolo entrando e uscendo dalle celle insomma la classica situazione di fuga davanti a una carica di polizia quando non si è difesi però la differenza è che quando tu scappi davanti a una carica della polizia hai davanti a te uno spazio illimitato qui invece tutti quanti scappavano come topi in gabbia perché tutti quanti sapevano istintivamente che non c'era spazio tu eri dentro uno spazio bloccato e questi arrivavano e tiravano le bombe e c'era questo rumore assordante di esplosioni continue che ti facevano saltare i timpani

allora lo mi ricordo che ho avuto solo il tempo per scambiarmi le opinioni sul da farsi col mio compagno di cella l'ho visto lì nel corridoio e gli ho detto senti qui cosa si fa e lui mi ha detto secondo me bisogna scendere al primo piano perché questi stanno calando dall'alto stanno venendo giù dal tetto fra qualche secondo sono qui e allora è meglio scendere al primo piano e io mi ricordo che gli ho detto ma guarda che stanno salendo su anche dal pianterreno stanno salendo su al primo piano per cui e esattamente la stessa cosa e qua il problema adesso non è di stare qua o di scendere al primo piano il problema è che cosa si fa ci si arrende o si fa qualcosa e cosa si fa se si può fare qualcosa ma lui ha detto no io scendo al primo piano

allora è successo che istintivamente ognuno ha scelto spontaneamente quello che pensava che era meglio fare in questa situazione e c'è stata questa divisione tra quelli che sono rimasti e quelli che sono andati però la cosa strana in questa divisione tra quelli che sono andati sotto e quelli che sono rimasti sopra è stato che si sono mischiati tutti insieme quelli che ritenevano di non fare resistenza perché non era possibile fare resistenza perché tanto non c'era niente da fare e era già tanto se si salvava la pelle e poi quelli che invece credevano che si poteva fare una resistenza anche se non sapevano non capivano come si poteva fare a farla non è che quelli sono rimasti sopra e gli altri sono andati sotto ma si sono trovati mischiati tutti insieme tutti quanti sopra e sotto

io al secondo piano ho sentito urlare di concentrarsi tutti nel grande camerone allora una trentina di compagni sono andati in questo grande camerone e allora lì ci sono stati dei Momenti terribili perché questi avevano tolto l'elettricità ormai era buio si sentivano delle esplosioni spaventose tutti quanti stavano lì allineati contro il muro in fondo al muro di questo camerone tutti quanti accovacciati uno sull'altro con la convinzione che questi ci uccidevano tutti perché dal momento che questi erano arrivati non facevano che tirare bombe in continuazione e si vedevano calcinacci saltare pezzi di pavimento saltare questa è stata l'ultima cosa che ho visto prima che hanno tolto l'elettricità buchi nel pavimento per le bombe che tiravano giù dal tetto

alcune delle guardie sequestrate sono state portate di sotto al primo piano con i coltelli alla gola altre guardie sono rimaste di sopra al secondo piano nel camerone con noi e le guardie erano terrorizzate quando gli hanno aperto le celle dove si trovavano e li hanno tirati fuori in mezzo a tutto quel casino che c'era in mezzo a quel fracasso e a quella confusione con la gente che correva da tutte le parti con le esplosioni ininterrotte delle bombe che scoppiavano in continuazione li hanno tirati fuori dalle celle e hanno pensato erano sicuri che gli tagliavano le teste e li buttavano di sotto uno per volta hanno pensato che li ammazzavano e che li buttavano di sotto per fermare quelli che stavano entrando

le guardie non dicevano niente avevano gli occhi sbarrati ce n'era uno che continuava a svenire dalla paura era pallidissimo gli cedevano le gambe e sveniva in continuazione allora un compagno gli dava degli schiaffi per non farlo svenire poi gli hanno tirato un secchio d'acqua in faccia e quelli che lo tenevano su per le braccia gli continuavano a dire di stare calmo che non lo ammazzavano le guardie che stavano nel camerone del secondo piano non erano assolutamente tenute da nessuno minacciate da nessuno si sgolavano a gridare dalle finestre non entrate non entrate che ci ammazzano tutti e allora un compagno gli ha detto vi ammazzano vostri soci mica noi

tra l'altro le guardie non avevano più le divise erano vestiti con vestiti normali come noi e quindi erano esposti come noi a quelli che entravano tirando bombe e sparando non si potevano distinguere da tutti noi e intanto nessuno li minacciava nessuno gli faceva niente stavano li con noi anche loro accovacciati e anche loro tremanti di paura e in quel momento c'è stato un attimo di solidarietà tra tutti perché eravamo tutti nella stessa situazione perché c'era in gioco la vita e le guardie si erano rese perfettamente conto che i carabinieri stavano mettendo in gioco anche la loro vita non gliene fregava niente ai carabinieri della loro vita e infatti questi sono arrivati facendogli rischiare di essere uccisi due volte una volta da noi e una volta da loro è chiaro che in quel momento per un attimo c'è stata una solidarietà tra noi e le guardie

14.

Le elezioni dei decreti delegati sono arrivate in un clima accesissimo la mattina presto come prestabilito ci siamo trovati in un centinaio davanti ai cancelli della scuola è domenica e c'è un sole tiepido tutti abbiamo giubbotti sciarpe e berretti di lana guanti bandiere siamo tutti intruppati molto aggressivi formiamo una parata di presenza dura agguerrita Malva è incazzatissima non è d'accordo continua a ripeterlo litiga con tutti dice che bisogna sbaraccare tutto quell'armamentario da sceneggiata militare che dobbiamo puntare tutto sulla discussione e non sulla minaccia ma nessuno le dà retta e Scilla che ha portato un mazzo di manici di piccone a cui sono legati degli straccetti rossi le urla vaffanculo stronza mettiti anche tu in lista e non rompere i coglioni

il cancello viene aperto dai bidelli vestiti in borghese e pagati con lo straordinario per quel lavoro festivo formiamo quattro cordoni che sbarrano l'entrata subito arrivano due volanti della polizia due auto dei carabinieri e un cellulare della questura c'è la solita auto civetta chiara della polizia che dà ordini con una ricetrasmittente dopo un po' un graduato si avvicina e chiede di lasciare aperto il passaggio ma noi non ci muoviamo il clima è tesissimo i poliziotti si schierano formano anche loro un cordone ma non hanno manganelli né caschi né scudi non hanno in mano niente e sono un po' intimoriti dalle nostre bandiere

i carabinieri stanno in disparte a guardare i poliziotti hanno formato un cordone e avanzano serrati verso di noi e arrivano quasi a toccarci ci insultiamo guardandoci negli occhi e cominciamo a spingerci corpo contro corpo per il momento non ci spingiamo con le mani premiamo solo coi corpi contro corpi degli altri noi teniamo davanti al nostro cordone le aste delle bandiere orizzontale e spingiamo con le aste per non fare avanzate i poliziotti allora i poliziotti prendono in mano anche loro le bandiere e le spingono contro di noi si spinge da tutte e due le parti e la linea orizzontale delle bandiere fa da divisione tra i nostri corpi e i loro sembra un gioco un tiro alla fune rovesciato e c'è anche chi si diverte con quel gioco che continua per un bel po'

mentre spingiamo noi gridiamo oh oh oooh i poliziotti invece spingono senza dire niente la massa ondeggia avanti e indietro uno schieramento perde un metro ma poi lo riconquista e cosi passa qualche minuto io sono proprio in mezzo e mi sento schiacciato come una sardina pressato da tutte le parti accaldato mi sembra di soffocare poi alla fine riusciamo a buttarli indietro noi perché siamo più numerosi e c`è anche un sacco di gente che spinge da dietro l'ultima spinta che diamo è violentissima ì cordoni dei poliziotti non riescono a bloccarla qualche poliziotto finisce per terra a gambe per aria e si rialza in fretta raccogliendo il cappello e bestemmiando di rabbia e così riusciamo a occupare completamente lo spazio davanti al cancello

viene avanti di nuovo lo stesso graduato di prima e comincia una trattativa lui dice che a loro interessa soltanto lasciare aperta l'entrata che loro sono lì per garantire questo che la gente possa entrare e uscire liberamente e che se non la smettiamo prendono i manganelli e ci caricano allora Canforo fa da mediatore e si arriva all'accordo di schierarci lateralmente lasciando libera l'entrata perché noi non siamo li per impedire alla gente di entrare a votare ma per discutere con loro ma in realtà non si discute un cazzo alcuni gruppetti di studenti che arrivano li per votare vedono la situazione e fanno dietro front ma la stragrande maggioranza non si presenta neanche solo alcuni genitori restano lì smarriti non capiscono niente ma c'è troppa tensione per discutere non c'è neanche la voglia da parte nostra

la nostra attenzione è ormai tutta per i poliziotti sentiamo che lo scontro è con loro che intanto hanno riformato il loro cordone hanno formato un cordone parallelo al nostro che lascia libero un corridoio largo un paio di metri e lungo una decina di metri che arriva fino al cancello finalmente ci sono un p alo di genitori coraggiosi certamente comunisti che s'incamminano nel corridoio lasciato libero davanti all'entrata e allora subito noi avanziamo tutti insieme di colpo e immediatamente avanza anche il cordone del poliziotti e cosi ci ritroviamo nella situazione di prima faccia a faccia con i genitori presi in mezzo come un sandwich di fianco a me c'è Scilla ci teniamo sotto braccio sento il suo braccio teso che si stringe al mio

poi improvvisamente il braccio di Scilla si divincola rapidissimo dal mio e di colpo vedo il sangue che scende dal naso del poliziotto che gli sta di fronte è stato un attimo nessuno ha visto il suo pugno scattare che ora è di nuovo sotto il mio braccio il poliziotto apre le braccia molli e si lascia andare indietro con il cappello che gli scende sulla faccia intanto i due schieramenti si sono di nuovo staccati e sono tornati ognuno sulla linea di partenza il poliziotto a terra viene portato via senza che si capisce bene che cosa gli è successo dopo un po' arriva un gruppetto di cattolici e si ferma a qualche metro di distanza parlottando un po' tra loro e poi in fila vengono avanti imboccando il corridoio

riparte il gioco degli schieramenti tutti ci buttiamo dì nuovo in avanti e il gruppetto degli aspiranti delegati torna indietro precipitosamente dopo avere ricevuto qualche spintone e qualche sputo poco dopo arriva il primo della classe che è della FGCI arriva accompagnato da una decina di altri ragazzotti ben vestiti e dalla faccia pulita come la sua evidentemente tutti militanti della sua organizzazione fantasma si preoccupano per un po' di fermare i pochi studenti che arrivano e di convincerli a restare lì poi parlottano con i poliziotti parlottano con il gruppetto dei cattolici Valeriana per prima urla eccolo lì il compromesso storico poi partono gli slogan uniti si ma contro la DC

i poliziotti partono di sorpresa e di slancio guadagnano qualche metro i cordoni dei due schieramenti si sfilacciano nella confusione partono calci e cazzotti da tutte e due le parti un po' di studenti riescono a entrare approfittando della confusione quasi tutti si prendono qualche botta a Cocco strappano la fodera color cardinale del suo pastrano a Gelso spaccano un mignolo a me arriva un colpo sul braccio sento un dolore lancinante mi guardo in giro ma c'è una tale confusione che non capisco chi me l'ha dato i poliziotti sono incazzati perché noi abbiamo le bandiere e capiscono che cominceremo a usarle intanto arrivano a frotte i militanti del PCI sono sempre più numerosi e si mettono dietro ai poliziotti e li incitano a spazzarci via

uno del PCI alto e grosso dalla faccia prepotente si fa avanti e prende Pepe per il bavero e gli grida fascista Pepe sì divincola e riesce a tirargli un calcio negli stinchi un calcio durissimo con la punta del suo anfibio roba da spaccargli la gamba ma quello non fa una mossa e non molla il suo collo allora Ortica che è lì di fianco alza la bandiera e la cala con due mani sul braccio del bestione un urlo dì dolore e quello lascia la presa è il caos botte da orbi da tutte le parti ormai è un corpo a corpo le bandiere saettano l'aria urla bestemmie insulti sento qualcuno che mi prende per ì capelli ma poi mi molla subito vedo Scilla che tira colpi da forsennato usando la bandiera come una clava contro i poliziotti che cercano di raccogliere le bandiere cadute per terra per usarle anche loro

arrivano delle ambulanze con le sirene la zuffa smette quasi di colpo e ci si ridivide nei due schieramenti ritornando alle posizioni iniziali improvvisamente sento gridare che hanno preso Canforo e faccio in tempo a vedere Canforo tenuto per le braccia che viene spinto da quattro poliziotti sul cellulare ci precipitiamo tutti sul cellulare e lo circondiamo altre spinte altri cazzotti coi poliziotti ma il cellulare non può partire perché schiaccerebbe qualcuno allora noi cominciamo a scuotere il cellulare a sballottarlo spingendo tutti insieme a quel punto i poliziotti promettono il rilascio di Canforo in cambiò della consegna delle bandiere noi accettiamo lasciamo lì i bastoni per terra e Canforo viene fatto scendere dal cellulare

è mezzogiorno siamo li da quattro ore i seggi chiudono la sera e noi non vogliamo andarcene ma non si può andare avanti a botte fino a sera decidiamo cosi di fare uno schieramento ridotto fino a dopo pranzo tanto ormai il nostro obiettivo è stato raggiunto l'affluenza alle urne è stata quasi nulla decidiamo di dare una tregua ai poliziotti e io accompagno Canforo a parlare col graduato che è li dall'altra parte della strada appoggiato a una volante e discute con uno in civile con un impermeabile doppio petto color crema la tensione si è allentata del tutto qualcuno si siede sul marciapiede a mangiare i panini un poliziotto giovane si toglie di tasca la radiolina per sentire la partita e ci dice ma che fate è domenica perché non e andate nei prati con qualche ragazza invece di stare qui a fare tutto questo casino

15.

La volta che mi hanno arrestato eravamo appena arrivati col treno dal paese camminavo con China e con altri due compagni per la strada dalla stazione verso la sede c'era la riunione alla sede per la radio che stavamo mettendo su la stavano mettendo su Gelso e Ortica e doveva trasmettere in tutta la provincia passa via un'auto civetta della questura sputtanatissima che negli ultimi tempi vedevamo spesso ferma davanti alla sede ma non ci badiamo neanche tanto stanno controllando come al solito pensiamo ma poi quelli si fermano di colpo proprio di fianco al marciapiede qualche metro davanti a noi si fermano di colpo e subito scendono scendono in fretta con le pistole in mano e vengono verso di noi a me la cosa mi sorprende perché questi ci conoscevano benissimo e non era il caso di fare tutta quella sceneggiata per chiederci i documenti come era già successo ormai un sacco di volte

i tre in civile non badano molto ai compagni che sono con me ma mi circondano mi puntano le pistole addosso e mi dicono di stare fermo non muoverti mi gridano e chi si muove dico io questi si avvicinano e uno mette al muro i compagni e anche China con le mani alzate poi li fruga un po' ma senza convinzione gli altri invece mi prendono per le braccia e mi spingono verso la macchina mi spingono dentro la macchina e mi ritrovo schiacciato tra due con le pistole in mano che me le appoggiano ai fianchi erano piuttosto agitati e non dicevano una parola e allora anch'io non dico una parola riesco solo girando un po' la testa a vedere China sul marciapiede che correva verso la macchina che in quel momento parte di colpo

tutto questo è avvenuto tutto velocissimo quello che era rimasto giù quando ha visto che ero entrato nella macchina ha mollato i compagni che teneva contro il muro con la pistola è corso alla macchina è salito davanti e è partito sgommando a zig zag poi ha guardato dietro nello specchietto e ha detto l'avete perquisito no fa quello alla mia sinistra sempre spingendomi la pistola fra le costole quello che guida s'incazza ma come non l'avete perquisito ma siete fessi dovevate perquisirlo e frena e fa per accostare al marciapiede ma sempre quello alla mia sinistra dice non fermarti adesso quello che guida riprende velocità e dice ma almeno mettetegli le manette no e poi mi chiede minaccioso sei armato

no dico io quello a destra tira fuori le manette e quello che guida gli dice mettigliele dietro allora quello alla mia sinistra mi prende con una mano per i capelli e mi dice avanti metti le mani dietro io ubbidisco ma mi muovo molto lentamente perché mi sento premere la canna della pistola sul fianco quello a sinistra mi tira ancora i capelli finché appoggio la faccia contro il sedile davanti mentre l'altro mi mette le manette intorno ai polsi ma ci mette un po' a metterle perché c'è poco spazio e così finalmente mi trovo ammanettato quello a sinistra mi lascia i capelli adesso sono ammanettato e scomodissimo per via delle braccia dietro la schiena e i due di fianco che mi premono sempre le pistole fra le costole ma preferisco stare zitto e non chiedere niente

la strada che porta alla questura è corta però faccio in tempo a pensare a mille cose penso che questi stanno facendo una cosa dura di intimidazione non capisco per quale motivo ma è certo che stanno facendo una cosa dura e visto come vanno queste cose appena arrivati in questura mi riempiono di botte e penso che sono ammanettato e che così è facile picchiarmi senza che posso nemmeno difendermi e così mi salta addosso la paura delle botte non riesco neanche più a pensare per quale motivo possono avermi fermato penso solo alle botte che mi daranno e arrivati davanti all'entrata principale mi fanno scendere a spintoni sempre con le pistole 'n mano mi spingono su per le scale continuando a spingermi anche se non c'è bisogno mi spingono se salgo piano e se accelero mi dicono dove vai e mi tirano indietro per le manette

insomma facciamo due piani così sempre con questi che mi spingono e mi tirano poi questi mi fanno entrare in una stanza e mi fanno sedere su una sedia io nell'attimo in cui mi siedo sempre con le manette dietro penso adesso cominciano ecco e invece quello che mi aveva messo le manette tira fuori di tasca una chiavetta minuscola e me le toglie io ho tirato un sospiro perché ho pensato che se mi dovevano picchiare era più facile farlo quando ero ammanettato mi frego un po' i polsi che sono rossi e mi fanno male poi quello che guidava mi fa deciso spogliati dà i in fretta io non faccio obiezioni mi tolgo il giubbotto la sciarpa poi mi tolgo il maglione la camicia e la maglietta dà i su in fretta anche i pantaloni mi tolgo le scarpe mi sfilo i pantaloni e poi li guardo

ma sempre quello riattacca da incazzato ho detto tutto ti devi mettere nudo tutto hai capito e mi dà un colpetto sulla spalla con la punta delle dita tese e con una faccia sprezzante io vedo questa sua espressione sprezzante e mi viene naturale fissarlo in faccia e gli vedo questa espressione sprezzante negli occhi e sento salirmi una vampata d'odio di rabbia tu sei una carogna gli dico con gli occhi non ho il coraggio di dirglielo perché lo vedo lì tutto teso pronto a partire con una botta se faccio la minima reazione e così mi tolgo le calze e le mutande e resto lì nudo ho freddo ma non mi muovo è come una rivelazione per me e penso sono proprio così sono proprio fatti così ma perché mi stupisco quante volte ce lo siamo detto che sono così

i tre si mettono a frugare i vestiti rivoltano le tasche del giubbotto le tasche del pantaloni rovesciano fuori quello che c'è dentro sul tavolo poi prendono tra le dita una per una tutte queste cose che sono le solite cose le sigarette l'accendino le monete foglietti di carta le chiavi le solite cose che ci sono sempre quelle tasche le guardano le riguardano se le fanno passare da una mano all'altra due o tre volte le girano le sentono tra le dita poi se le passano tra di loro l'accendino le chiavi i foglietti di carta li leggono attentamente li guardano controluce li riappoggiano delicatamente poi tolgono le sigarette dal pacchetto tolgono anche la stagnola la osservano attentamente da una parte e dall'altra ma cosa stanno cercando mi chiedo cosa pensano di trovare

poi fanno passare i vestiti tastano il collo del giubbotto le cuciture strappano la fodera e ci passano dentro la mano a turno tastano il collo della camicia la rivoltano controllano le cuciture rovesciano i pantaloni e il maglione controllano ogni centimetro sempre con lo stesso ritmo calmo si vede che sono per loro gesti abituali meccanici poi prendono in mano le mutande le tastano bene anche quelle poi tocca alle scarpe ci infilano la mano sollevano la linguetta le mettono sotto la luce per guardarci dentro di sbieco controllano la suola la piegano in due e poi le buttano per terra alla fine la sciarpa rossa e i calzini sempre con le mani nervose li tirano su li tastano li girano e li rigirano tre quattro volte se li passano di mano poi quando hanno finito uno esce dalla stanza

raccolgo la mia roba sparsa in giro per terra faccio le cose lentamente continuo a non capire dove vogliono arrivare penso che adesso potrebbero anche dirmi qualcosa però io evito di fare domande finisco di rivestirmi lentamente e poi mi siedo su una sedia guardo fuori dalla finestra anche se non c'era niente da guardare perché eravamo al secondo piano e c'era solo il cielo grigio fuori dalla finestra guardavo fuori nel cielo grigio per non guardare quelli che anche loro adesso sembravano rilassati e non badavano più molto a me uno si era seduto sulla scrivania e faceva andare avanti e indietro le gambe penzoloni mentre con la mano giocherellava con gli oggetti che erano nelle mie tasche e che adesso formavano un mucchietto sulla scrivania

la carogna ce l'avevo dietro le spalle non lo vedevo ma ero sicuro che aveva fatto apposta a mettersi li per darmi insicurezza perché potevo pensare ogni momento che stava per arrivarmi una botta finché dopo qualche minuto quello che era uscito riappare e gli chiedono se è arrivato il capo ma guarda penso io lo chiamano davvero il capo e quello risponde adesso arriva io lo so chi è il capo l'ho già visto tutte le volte che abbiamo fatto una manifestazione era sempre lì col suo impermeabile doppio petto color crema dietro il finestrino di una macchina civile con la ricetrasmittente davanti alla bocca a dare ordini ai suoi ragazzi perché lui li chiama proprio cosi i miei ragazzi e loro lo chiamano il capo che tipi sono questi sbirri si comportano e parlano veramente come gli sbirri che si vedono nei film


16.

È passato un istante lunghissimo di silenzio da quando questi qua hanno smesso di tirare giù le bombe dal tetto e hanno cominciato a scendere giù per la scala a chiocciola per scendere la scala a chiocciola dal tetto alla rotonda del secondo piano attraversare il corridoio fino in fondo e entrare in questo camerone dove eravamo tutti e una questione di pochi secondi se lo fai normalmente ma questi ci hanno messo un minuto buono a farlo a arrivare perché scendevano giù con molta cautela scendevano giù tutti scafandrati con questi giubbotti antiproiettile con questi caschi integrali e quando finalmente sono arrivati giù in rotonda subito hanno cominciato a sparare raffiche di mitra nei corridoi da tutte le parti sparavano come impazziti coi mitra in giro dappertutto e noi tutti quanti gridavamo ci arrendiamo ci arrendiamo non sparate

la scena che ho visto è stata che ho visto uno di questi tutto scafandrato entrare ma in modo molto calmo ha messo un piede dentro il camerone ha visto tutti quanti in fondo accovacciati per terra e subito ha tirato una raffica di mitra contro il soffitto poi ha buttato dentro una bomba dentro il camerone una bomba non esplosiva una bomba di quelle accecanti di quelle che usano questi commando come diavolo si chiamano e infatti ti lascia intontito perché fa una luce abbagliante incredibile un boato enorme che ti stordisce e insieme una luce ma una luce che veramente ti acceca e infatti chiudi gli occhi ma poi dopo ti resta questa luce dentro gli occhi ti resta anche se chiudi gli occhi ti resta per qualche secondo e non capisci niente resti completamente intontito

hanno buttato nel camerone dove eravamo una bomba di questo tipo qua e allora la cosa che ho sentito è stato che una guardia mi si è infilata sotto le gambe e mi stringeva aggrappandosi perché ormai tutti avevamo delle reazioni assolutamente scomposte eravamo tutti quanti seduti con la schiena appoggiata contro il muro e allora questi dalla porta hanno cominciato a sparare coi mitra delle raffiche a mezzo metro sopra le teste allora ovviamente tutti quanti tendevano a sdraiarsi per terra a appiattirsi il più possibile perché questi sparavano sparavano e insultavano urlavano figli di puttana vi ammazziamo tutti qua e là e continuavano a sparare poco sopra la testa della gente poi hanno cominciato a farci girare tutti quanti a calci sdraiati giù con la faccia contro il pavimento

tutti quanti hanno capito immediatamente e si sono messi tutti con la faccia in giù da soli senza neanche troppi inviti anche le guardie sequestrate che stavano lì che si erano prese dei calci in faccia anche quelle che avevano tentato di dire che loro erano delle guardie stavamo tutti con la faccia contro il pavimento in modo che tu non vedevi più niente poi hanno cominciato a portare fuori uno per uno la gente dal camerone hanno cominciato a portarla fuori nel corridoio non vedevo più niente ma sentivo le raffiche di mitra sui muri che tiravano continuamente le urla gli insulti i colpi a quelli che venivano portati fuori a calci urlavano porci rossi carogne bastardi vi ammazziamo tutti nel frattempo sotto si sentivano esplosioni terribili perché nel frattempo anche sotto avevano sfondato e erano state gettate anche delle caffettiere

portavano fuori la gente uno per uno dal camerone io sono stato l'ultimo siccome erano tutti allineati lungo il muro e hanno cominciato dalla parte opposta alla mia io ero l'ultimo proprio l'ultimo e sentivo solo i rumori perché non vedevo più niente ero con la faccia a terra non vedevo praticamente più niente l'unica cosa che sentivo erano questi che sparavano e insultavano erano anfetaminici drogati gridavano veramente come matti sparavano continuamente poi prendevano la gente e la portavano fuori nel corridoio sentivo le botte che gli davano mentre li portavano fuori li portavano fuori nel corridoio e lì poi sentivo che non c'erano più raffiche ma solo colpi singoli dicevano inginocchierai sentivo dire mettiti per terra inginocchierai metti le mani sulla testa e poi sentivo sparare due colpi singoli

allora lì ho detto questi li ammazzano li stanno ammazzando tutti ma ti giuro adesso è passato del tempo ti giuro lo ero perfettamente convinto che stavano uccidendo tutti che ci facevano uscire uno per uno per ucciderci tutti uno per uno nel corridoio e tutti li eravamo convinti di questo sentivamo quei colpi isolati li fuori nel corridoio e poi rientravano per portarne fuori un altro non so quanto tempo è durato questo io stavo lì con la faccia giù non avevo idea quanti ce n'erano ancora prima di me aspettavo da un momento all'altro che toccava a me ero convinto che proprio ci ammazzavano tutti anche perché la situazione era tale è chiaro mi dicevo se entrano cosi è perché ti ammazzano se tirano le bombe in quel modo vuol dire che sono venuti qua per ammazzarci tutti

e anche le guardie hanno subito lo stesso trattamento perché questi non potevano distinguere le guardie sequestrate dai detenuti quelle gridavano siamo le guardie siamo le guardie ma questi non gli davano retta gli hanno fatto lo stesso trattamento identico anche a loro le hanno picchiate trascinate fuori a calci anche loro le hanno portate fuori nel corridoio e anche loro pensavano e erano sicuri che li ammazzavano anche loro erano convinti come noi li hanno portati fuori nel corridoio li hanno messi in ginocchio e gli hanno sparato sopra la testa finché poi in un secondo tempo li hanno identificati perché dopo che hanno preso anche il pianterreno è salito sopra un comandante delle guardie che effettivamente lui li conosceva però prima hanno subito anche loro lo stesso trattamento

comunque la cosa più assurda che mi è sembrata è stato come era lungo il tempo che non finiva mai perché io poi ero l'ultimo e sentivo portare via tutti uno per uno prima di me e mi dicevo qui adesso mi ammazzano la cosa strana era che ero proprio convinto che mi ammazzavano per cui mi dicevo è finito tutto e finito tutto quanto adesso mi ammazzano come tutti gli altri però la cosa strana era che ero completamente tranquillo rispetto a questa cosa non ho avuto reazioni scomposte e poi ho visto che anche gli altri compagni nessuno aveva avuto reazioni scomposte tutti erano stati completamente tranquilli mentre aspettavano il loro turno per essere portati fuori non so forse perché c'era in tutti un atteggiamento di accettare questa cosa come inevitabile non so

poi quando sono arrivati a me mi hanno preso per capelli un po' di calci un po' di storie un po' di botte che neanche le ho sentite ti immagini se senti le botte in quel momento le botte erano la cosa che non sentivi nemmeno perché pensavi solo al fatto che ti ammazzavano ma anche allora ero completamente calmo e quando sono arrivato sul corridoio mi hanno dato una botta non so con che cosa una botta così col calcio del mitra credo mi hanno buttato per terra e io allora ho fatto in tempo a vedere che erano tutti quanti per terra ammucchiati li sanguinanti però erano tutti quanti vivi non avevano ucciso nessuno erano tutti quanti feriti sanguinanti però tutti quanti si muovevano lì stesi per terra con la faccia a terra

e allora in quel momento ho visto uno di questi scafandrati che ha alzato che ha preso per i capelli un compagno gli ha alzato la testa e gli ha chiesto come ti chiami e questo gli ha detto il suo nome allora quello gli ha dato con la canna della pistola una botta terribile qua ma proprio una botta fortissima qua in mezzo agli occhi e gli ha tagliato tutto qua e gli è sceso tutto il sangue e poi a uno a uno hanno cominciato con le pile hanno cominciato a tirarli su per i capelli e a chiedergli con le pile a chiedergli il loro nome perché ormai era buio e tra le ombre tu vedevi queste figure che si muovevano enormi gigantesche perché tra l'altro erano tutti quanti enormi tutti molto grandi e ingigantiti da questi scafandri

forse ingigantiti anche da questa situazione psicologica in cui ti trovavi con questi scarponi enormi con queste tute rnimetiche con questi giubbotti antiproiettili con questi scafandri con questi stivaletti anfibi che davano calci a tutti quanti che urlavano come matti che insultavano e poi ti prendevano con una pila ce n'era uno con una pila grandissima ti sollevava per i capelli ti tirava su la faccia ti puntava la pila fortissima negli occhi e ti diceva come ti chiami a me mi ha chiesto come ti chiami e ti metteva la pistola a me mi ha messo la pistola in bocca e mi ha chiesto io ho detto e questo qua mi ha detto hai paura io gli ho detto sì con la testa ho fatto si con la testa che avevo paura però ti giuro che in quel momento ho capito che non sparava ero sicuro che non sparava


17.

La porta si apre e il dottor Donnola entra nella stanza mi viene incontro serio con la faccia preoccupata ma tranquillo chiede agli altri se mi hanno perquisito e poi gli dice di uscire perché vuole fare quattro chiacchiere con me la carogna gli chiede se mi deve ammanettare no no fa il dottor Donnola e poi mi guarda dicendo noi ci conosciamo già e gli altri escono in fretta dalla stanza e lasciano la porta socchiusa il capo fa il giro della scrivania e si siede dall'altra parte sposta con la punta delle dita i miei oggetti che sono sempre lì sembra non avere nessuna fretta poi finalmente attacca paterno e confidenziale senti io lo so che tu sei un bravo ragazzo sei uno di quelli che parlano nelle assemblee che fanno le manifestazioni ma io lo so che tu non sei uno di quelli che sparano io aspetto che vada avanti a dirmi qualcosa i più invece lui si ferma e mi resta li a guardare fisso dietro i suoi occhiali quadrati senza aggiungere altro

allora tocca a me a parlare non so bene cosa dire e mi viene solo fuori da dire ma perché mi avete portato qui no no io non ti sto interrogando dice subito Donnola non posso farlo io la legge non lo permette non vedi che siamo qui da soli e che non scrivo niente voglio solo fare quattro chiacchiere con te se tu hai qualcosa da dirmi io non ci capivo niente e butto là ma cosa l'e devo dire siete voi che dovete dirmi mi avete portato qua voi non sono mica venuto qua io no insomma tu non mi vuoi dire niente fa Donnola niente di cosa chiedo io ma del tuoi amici della tua casa no quello andava col contagocce giocava al gatto col topo quali amici quale casa gli faccio lo e Donnola sorride ironico come quale casa casa tua la casa dove abiti

ma io adesso da un po' di tempo non abito più regolarmente da nessuna parte rispondo io subito abito un po' in giro di qua e di là mi faccio ospitare da amici a volte dormo a casa dei miei Donnola sorride ancora ma non sei tu l'affittuario della casa della via tale non è a tuo nome il contratto si sono io perché e Donnola fa un sospiro e dice tutto d'un colpo guardandomi fisso abbiamo fatto una perquisizione a casa tua e abbiamo trovato le armi io non ci ho creduto giuro che non ci ho creduto ho pensato questo bluffa e bluffa anche basso e allora gli ho sorriso senta dottor Donnola gli ho detto senta non è il caso ma Donnola è rimasto serio troppo serio c'è stato un attimo di silenzio poi Donnola riprende allora non mi vuoi dire proprio niente no dico io se mi vuole fare delle domande voglio un avvocato e dico così perché non sapevo proprio cosa dire

va bene dice allora Donnola dopo un attimo di silenzio non mi dici proprio niente peccato e rimane ancora li fermo sulla sedia a guardarmi aspettando ma anch'io non mi muovo e non dice niente finché Donnola si alza chiama gli altri tre che stavano li fuori nel corridoio a aspettare e gli dice andate a casa dei suoi genitori e poi si rivolge a me e mi dice senti c'è un mandato adesso dobbiamo fare una perquisizione a casa dei tuoi poi ti porteremo dal giudice che ti deve interrogare lo ho detto va bene ma la mia unica preoccupazione era quella di chiamare l'avvocato e ho detto a Donnola va bene però io adesso voglio chiamare l'avvocato me lo fate chiamare da qui e Donnola sempre placido no da qui no lo chiami poi da casa tua se vuoi

poi mi hanno rimesso le manette questa volta però me le hanno messe davanti e quando scende le scale non mi hanno più spinto siamo arrivati giù c'erano già pronte due auto civili su una c'erano già su quattro in borghese mi hanno squadrato da cima a fondo e a me mi hanno messo nell'altra dietro tra due di quelli che mi avevano arrestato ma la carogna è rimasta giù davanti c'erano due nuovi che non avevo mai visto e siamo partiti per il paese io ero molto preoccupato per come l'avrebbero presa mio padre e mia madre certamente si sarebbero spaventati e continuavo a pensare a cosa fare per non farli spaventare per tranquillizzarli i poliziotti erano abbastanza tranquilli e l'unico rumore che si sentiva era il gracchiare della radio in contatto con la questura

si tenevano in contatto e ogni tanto segnalavano la posizione segnalavano dove si trovavano man mano che passavano i paesi non avevano tirato fuori le pistole per puntarmele contro e quello che stava davanti e che non avevo mai visto a un certo punto si è girato e mi ha chiesto se voglio una sigaretta io ho una voglia matta di fumare ma gli dico no mi viene spontaneo di dirgli no mentre vorrei dire sì poi dopo un po' di giri arriviamo a casa mia le auto si fermano davanti al cancello senza la più piccola incertezza evidentemente controllavano tutto da tempo e quello che mi ha offerto le sigarette probabilmente era il graduato che comandava la spedizione perché ha ordinato di togliermi le manette e mi ha chiesto serio se in casa avevo delle armi macché gli ho risposto io

i due autisti sono rimasti in macchina e tutti gli altri sono saliti in corteo per le scale lo sono entrato per primo e ho parlato subito a mio padre e a mia madre che mi erano venuti incontro sorpresi per tutta quella gente strana io gli ho detto state calmi non preoccupatevi questi sono poliziotti che devono fare una perquisizione non è niente di grave non è successo niente adesso chiamo l'avvocato il graduato con un tono gentile mi interrompe mi dice no senti non è il caso di scomodare l'avvocato ci mettiamo un attimo anzi se hai delle armi diccelo subito cosi evitiamo di perdere tempo tutti mia madre impallidisce quando sente la parola armi lo dico non ci sono armi di nessun genere qua ma l'avvocato io lo voglio chiamare lo stesso nooo fanno in coro svogliati tutti gli sbirri

finalmente il graduato mi chiede dove abita l'avvocato e io dico qui vicino qui in un paese vicino mi era venuto in mente il nome di un avvocato che sapevo che difendeva i malavitosi della zona io non lo conoscevo ma avevo sentito parlare di lui da qualcuno cerco il suo nome sulla guida del telefono e trovo il numero l'avvocato c'è ma fa delle storie è l'ora di cena e dice che preferirebbe non venire ma io insisto gli dico che deve assolutamente venire e così ci mettiamo tutti a aspettare l'avvocato in silenzio i poliziotti seguono ogni mossa che faccio e non mi staccano gli occhi di dosso 10 mi preoccupo soltanto che a mia madre non salti in mente di offrire da bere ai poliziotti per cortesia mio padre è visibilmente sconvolto accasciato sulla sedia mi fissa con gli occhi sbarrati

il tempo passa e l'avvocato non arriva i poliziotti cominciano a lamentarsi perché si fa tardi e stanno facendo gli straordinari arriviamo a una mediazione io gli dico che possono cominciare a perquisire mentre aspettiamo l'avvocato ma una stanza per volta e in mia presenza non voglio che si sparpaglino per le stanze e che io non posso controllare se mi mettono qualcosa che prima non c'era io non ero preoccupato per la perquisizione perché sapevo che in casa non c'era niente di compromettente l'unica cosa che poteva interessargli era in cantina il mio archivio di documentazione del movimento tutti i giornali le riviste i volantini di questi anni io ero geloso del mio archivio avevo passato delle ore a riordinarlo ma era tutta roba legale e quindi non avevo nessuna preoccupazione a tenerla in casa

l'avvocato e arrivato poco prima che i poliziotti scendessero in cantina a perquisire un bell'avvocato mi ero scelto un vero mafioso ruffiano per prima cosa grandi strette di mano con i poliziotti coi quali evidentemente era intimo e quando ha saputo che era una questione politica ha detto subito che lui di cose del genere non si occupava solo a fatica sono riuscito a convincerlo a restare ancora un po' adesso che la cosa era quasi finita lui l'ha fatto di malavoglia ma per tutto il tempo non ha fatto che parlare e scherzare con i poliziotti e giù in cantina poi quando hanno aperto l'armadio il graduato si e passato una mano sulla fronte disperato e adesso come facciamo qui ci mettiamo due giorni a controllare tutto no facciamo così sequestriamo tutto e poi ci pensano i magistrati

e così hanno cominciato il via vai del trasloco dall'armadio ai bauli delle macchine io ero disperato sapevo che il mio archivio non l'avrei mai più rivisto sarebbe marcito nelle cantine di -qualche questura o tribunale sarebbe scomparso come negli anni dopo sarebbero scomparsi tutti gli archivi dei compagni distrutti da loro stessi tutti i giornali tutte le riviste tutti i volantini tutti i documenti tutti i manifesti tutta la stampa del movimento distrutta scomparsa tutto cacciato in cartoni e in sacchi di plastica della spazzatura e bruciato o gettato nelle discariche quintali di roba stampata la storia scritta del movimento la sua memoria scaricata negli immondezzai data alle fiamme per la paura della repressione una paura giustificata perché bastava un volantino trovato in una perquisizione per farsi qualche anno di galera allora

i poliziotti caricano tutto il mio archivio sulle macchine e quando hanno finito mi dicono beh adesso si va in città dal giudice come se gli dispiaceva gli dispiaceva per loro perché continuavano a discutere su quanto ci avrebbero messo su quando sarebbero tornati indietro l'avvocato dice che lui in città non può venire e io non insisto neanche meglio lasciarlo perdere quel figlio di puttana mio padre e mia madre cominciano a fare domande agitate al poliziotti ma dove lo portate quando torna eccetera quelli stanno sul vago non gli dicono mica che sono agli arresti e anch'io per tranquillizzarli dico che è quasi sicuro che per la notte non torno ma di non preoccuparsi e di prepararmi una borsa con un paio di mutande una maglietta il dentifricio lo spazzolino come per mio fratello quando era partito per il militare ho detto a mia madre scherzando

poi scendiamo e quando mi volto e li vedo pallidi in cima alle scale mi viene un senso di colpa penso che non dormiranno tutta la notte continuo a pensarci mentre le macchine attraversano il paese e pensavo che poi sarebbe stato ancora peggio perché ero convinto che questa volta sarei finito dentro che questa volta finivo proprio in galera abbiamo attraversato altri paesi prima di arrivare all'autostrada dai finestrini guardavo le case le macchine che passavano la gente a piedi e in bicicletta la gente che se ne andava per i fatti suoi quel movimento della gente lì sulle strade cosi normale che non ci badi mai e in quel momento mi pareva qualcosa di bello mi è venuta la malinconia poi sull'autostrada ho visto le montagne lontane era il tramonto vedevo le montagne e i paesi bianchi giù più in basso che avevo visto da sempre e che forse non avrei rivisto più per chissà quanto tempo e mi sembrava di dirgli addio per sempre


18.

Quello dove io vivevo era un paese di merda e anche la gente era gente di merda non mi piaceva questo paese e non mi piaceva questa gente ma questo paese e questa gente erano uguali dappertutto qua intorno erano tutti paesi così tutti paesi uguali a questo e tutta gente uguale a questa qua intorno questi paesi se non li conosci se non li abiti ti puoi confondere puoi davvero scambiare un paese con l'altro sono tutti uguali al centro c'è la piazza che è poi sempre la piazza della chiesa e tutti hanno sempre la stessa strada principale che passa in mezzo al paese con qualche negozio e i bar la scuola e il municipio tutti costruiti più o meno uguali e la strada principale che attraversa la piazza e da una parte porta al cimitero e dall'altra alla stazioncina della ferrovia che collega tutti quanti i paesini tra di loro

la ferrovia è vecchia e dissestata le carrozze sono sgangherate e sembrano quelle del far-west e su queste carrozze si va dall'uno all'altro di questi paesi tutti paesi di duemila tremila abitanti ma ce n'erano anche di più piccoli la gente nata di qui di famiglia di qui sono ancora di meno sono la metà l'altra metà è gente che è venuta da fuori che è venuta qui a ondate successive prima i veneti che io non ho visto arrivare poi i terroni come continuano a chiamarli qui arrivati qui come le mosche a famiglie intere a villaggi interi loro si che li ho visti arrivare questi qui così diversi con quelle facce diverse più scure con una lingua diversa dal nostro dialetto ma diversa anche dall'italiano che non si capisce quasi e diversi anche nei vestiti

sono arrivati qua e hanno trovato posto nelle vecchie case mezze cadenti le grandi case con i cortili che prima abitavano i contadini e che adesso andavano in rovina e loro ci si installavano a gruppi tutti insieme in stanze piccole umide cadenti e vivevano uno sull'altro c'era il prete del paese che si dava un po' da fare per sistemarli e questi facevano la coda fuori dalla porta del prete mentre la gente del posto non li accettava non ne voleva sapere di loro gli sembravano troppo diversi da loro gli sembravano più incivili sporchi ma gli uomini trovavano subito da lavorare nelle tante fabbrichette della zona che spuntavano su dappertutto intorno ai paesi facevano i lavori più di merda ovviamente e quando potevano portavano a casa dalle fabbrichette il lavoro nero da fare in famiglia

e tutta la famiglia si metteva al lavoro in cucina e nella stanza da letto e lavoravano tutti i bambini gli zii e le nonne di ottant'anni vestite di nero lavoravano tutti li insieme a catena a montare giocattoli topi gigi cerchietti per i capelli occhiali di plastica torce elettriche e roba del genere i terroni vivevano ai margini del paese la gente del paese non li voleva non li volevano nei pochi bar del paese e era diventato famoso quello che aveva detto una vecchia padrona di un bar quando era entrato un ragazzo meridionale per chiedere da bere e lei gli aveva detto adesso ti do da bere e non ti faccio pagare bevi pure gratis te lo offro lo ma poi qui non devi venire mai più e così questa frase veniva citata come si citava una frase eroica ecco come si doveva fare insomma

ogni tanto scoppiavano risse tra locali e meridionali i ma tra noi ragazzi non tanto perché si andava a scuola insieme e quello che si sentiva dire in famiglia sul terroni era attenuato dal fatto di viverci di giocarci insieme di starci insieme a scuola per tante ore e poi all'oratorio il pomeriggio dove si giocava insieme perché qui in questo paese la chiesa controllava tutto il cinema dove si faceva la fila la domenica pomeriggio era della chiesa e per andare al cinema noi bambini dovevamo andare all'oratorio e alla messa e li ti timbravano un cartellino che dovevi presentare al cassiere che se no non ti dava il biglietto anche il campo di pallone il campo di tennis quello di pallacanestro quello di pallavolo la palestra sono tutti dell'oratorio e anche la biblioteca e la metà dei bar

lì il prete era potentissimo e si confondeva con gli amministratori del paese che da sempre erano democristiani erano le famiglie potenti del paese ricche da sempre prima della terra e poi col boom economico degli anni '60 con il proliferare nella zona delle centinaia di fabbrichette dove si lavorava 13 14 a volte 15 ore al giorno con gli straordinari anche mio padre lavorava in una di queste fabbrichette e per tutte quelle ore anche lui e anche noi in famiglia facevamo il lavoro nero come i terroni e lo facevamo da sempre sono cresciuto anch'io come tutti in paese in mezzo agli scatoloni di cartone con dentro i pezzi dei fanali e dell'accensione dei motorini da montare era la normalità fare questo lavoro in famiglia lo si faceva in tutte le ore del giorno e i miei genitori anche la notte in cucina

dopo aver mangiato si tiravano fuori gli scatoloni da sotto il tavolo della cucina si montava sul bordo del tavolo il bilanciere che poi era una specie di percussore a mano rudimentale e si cominciava a montare i pezzi insieme si faceva una specie di catena chi montava e chi ribatteva e fissava col bilanciere i pezzi con i chiodini di alluminio i ribattini così piccoli che scappavano sempre dalle dita e con i ribattini si fissavano i pulsanti della luce e del clacson al coperchio di ferro cromato si faceva questo lavoro per ore e ore questo lavoro stupido sempre uguale lo si faceva tutti i giorni per anni da sempre questo lavoro che veniva pagato pochi centesimi al pezzo però lavorando tutti insieme si facevano migliaia di pezzi e allora saltavano fuori le mille lire che aumentavano il reddito della famiglia

c'erano passaggi di mano del materiale da montare prima che arrivasse alle famiglie c'erano dei mezzani che in genere erano i caporeparti delle fabbriche e che distribuivano il lavoro alle famiglie e che guadagnavano unicamente su questo passaggio e venivano anche considerati dei benefattori e poi ci potevano essere altri passaggi di mano perché ognuno era libero di ridistribuirlo a sua volta a chi voleva purché si rispettassero i tempi della consegna anche mio padre passava il lavoro alle famiglie dei meridionali che venivano a prenderlo a casa lui non era razzista non è che amava i meridionali ma neppure li disprezzava mentre i meridionali in genere erano considerati gente che facevano il lavoro male e non rispettavano le scadenze di consegna

e cosi lui garantiva per loro le consegne e rispondeva del lavoro anche se ovviamente in quel passaggio lui ci guadagnava qualcosa ovviamente alle fabbrichette che fabbricavano i pezzi conveniva farli montare fuori conveniva farli montare dalle famiglie perché cosi veniva a costare enormemente di meno e così tutta l'economia del paese e degli altri paesi intorno era organizzata cosi tra il lavoro nelle fabbrichette e il lavoro nero in famiglia chi lavorava di più nel lavoro nero era ovviamente mia madre che lo faceva da anni che lo faceva tutto il giorno non appena finiva di fare i mestieri e di cucinare allora subito si metteva lì e stava lì per delle ore a ribattere i chiodini velocemente con quel tac tac secco che era il rumore che si sentiva in casa sempre a tutte le ore e nessuno ci badava più

noi in famiglia lavoravamo tutti anche mio fratello che finita la quanta elementare era andato anche lui a lavorare come meccanico solo io non lavoravo perché i mie si erano messi in testa da quando ero piccolo che io dovevo studiare mica studiare questo o quello per diventare questo o quello ma semplicemente che dovevo studiare e poi la solita frase vecchia come il mondo così non ti toccherà lavorare come noi anche mio fratello a furia di sentirlo ripetere non si incazzava se vedeva che quando lui lavorava io non facevo niente perché io ero destinato a studiare e anche se leggevo un fumetto stavo studiando lì avere un figlio in casa che andava a scuola era una cosa di grande prestigio per le famiglie come la mia faceva nascere una specie di orgoglio

la gente viveva lì in questo clima rassegnati senza nemmeno pensare che poteva esistere qualcosa di diverso solo la scuola era forse la sola cosa che poteva cambiare la vita di uno e in fatti negli ultimi anni qualcosa di importante era cominciati a cambiare da quando i giovani cominciavano sempre di più andare nella cittadina vicina per fare le scuole medie superiori c'era quel salire sul treno ogni mattina stracolmo di gente d studenti di operai pendolari c'era quella mezz'ora dì viaggia in cui si conoscevano tante persone le più diverse e poi c'era la città che anche se era una piccola città ci sembrava enorme rispetto al paese la città col traffico la confusione del centro i negozi gli uffici e poi c'era la scuola il liceo che era una scuola nuova e diversa con tanta gente nuova che arrivava da situazioni diverse dalla mia

la gente della città era molto diversa dalla gente del paese era migliore mi pareva migliore perché non stavano lì a controllarti a spiarti come in paese e li in città quello che facevi non veniva mica saputo subito da tutti mica arrivava subito ai tuoi genitori al tuoi vicini di casa a tutti mica dovevi sempre rendere conto a tutti di quello che facevi perché invece in paese è proprio cosi tutti si conoscono ci si conosce tutti e la minima cosa che fai diventi subito motivo di pettegolezzo e quando cammini per la strada ti accorgi di avere tutti gli occhi della gente addosso tutti che ti guardano e che parlano di te appena sei passato a me la gente del paese non mi piaceva perché erano tutti baciapile bigotti tutti pretaioli ipocriti e cattivi tutti cattivi dentro

dopo avere frequentato un anno la città io sentivo di avere rotto con queste storie non me ne fregava più niente e la gente del paese la sopportavo ancora meno di prima non la sopportavo proprio più e così ho cominciato a andare in città col treno che ci voleva solo mezz'ora a andarci ci andavo anche il pomeriggio quando non c'era la scuola e in città ho fatto amicizia coi ragazzi. della mia età con ragazzi di 15 16 anni come me che abitavano in città e me ne sono fregato di stare al paese non ci stavo più o ci stavo il meno possibile i certo il problema esisteva la sera dopo cena quando non potevo andare in città perché non c'erano più treni per tornare e allora ripiombavo in quel clima di bar di paese in quel vuoto che io e anche gli altri ragazzi della mia età non sopportavamo più dopo che avevamo conosciuto la città perché tutto era diverso era più bello nella città


19.

Quello che era successo nel frattempo al primo piano e stata una cosa completamente diversa perché i compagni invece di mettersi tutti in un camerone e fare come abbiamo fatto noi al secondo piano alcuni di questi hanno tentato una difesa hanno tentato di impedirgli di entrare e hanno tirato le caffettiere così ci hanno raccontato dopo e allora i carabinieri che sono entrati arrivando dal pianterreno hanno cominciato a sparare a tutto spiano cioè sparavano dappertutto entravano nel corridoi sparavano nei corridoi sparavano dentro le celle hanno sparato dentro tutte le celle e hanno cominciato a ferire la gente hanno ferito una guardia che ovviamente in quel caos si era divincolata non era controllata più da nessuno e si è messa a gridare sono una guardia sono una guardia

gli è arrivata una sventagliata di mitra che l'ha segato in due ma non è morto e poi un altro ancora che era un comune e si è reso due colpi al femore adesso è zoppo è zoppo per tutta la vita e ancora adesso sono rimasti nelle blindate i segni dei proiettili si possono vedere quanti proiettili hanno tirato e a che altezza li tiravano si può vedere dai buchi che sono rimasti nelle blindate anche se i giornali poi hanno detto che avevano sparato proiettili di gomma col cazzo quelli hanno cominciato anche lì a tirar bombe nei corridoi e a sparare all'impazzata e allora lì la situazione è stata che a differenza di aggregarsi tutti in un camerone la gente si è divisa nelle varie celle prendendo ogni gruppo una guardia in ostaggio

però anche con la guardia in ostaggio evidentemente tutti quanti hanno capito che visto il livello a cui era arrivata la cosa li non bastava più la guardia in ostaggio come garanzia del fatto che non ti uccidevano li allora i carabinieri arrivavano di cella in cella sparavano e dicevano o uscite subito o vi buttiamo dentro una bomba e quelli uscivano però la cosa strana e stata che '1 massacro vero e proprio l'hanno fatto sopra e non sotto anche se sopra non c'è stata nessuna resistenza perché in fondo sotto non hanno toccato nessuno non hanno picchiato nessuno mentre invece sopra hanno fatto il massacro hanno picchiato tutti hanno fatto tutte queste sceneggiate sparavano puntavano alla gente ti appoggiavano la canna del mitra qua sulla tempia poi sparavano facevano di queste scene qua

dopodiché io ho pensato che la cosa peggiore in quel momento era passata ho pensato ingenuamente che il peggio era finito ci hanno messi tutti quanti con le mani sopra la testa e siccome eravamo al secondo piano hanno cominciato a fare scendere tutta la gente in fila giù per le scale ovviamente tu non è che scendevi camminando ti facevano scendere a calci a colpi di calci di mitra nella schiena e facevi le rampe di scale a rotoloni in mezzo ai colpi arrivavano colpi da tutte le parti però non è che quei colpi io personalmente li ho sentiti molto non ho sentito niente mentre rotolavo giù dalle scale illuminate dalle pile non vedevamo niente sbattevamo dappertutto non ho sentito niente probabilmente perché la reazione che ho avuto è stata quella che pensavo soltanto che non mi avevano ucciso

qua non mi hanno ucciso pensavo non ci hanno ucciso nessuno ma soltanto non capivo dove ci stavano portando cosa stavano facendo adesso cosa fanno questi adesso cosa faranno adesso che la cosa è finita adesso cosa stanno facendo dove ci stanno portando non riuscivo a capire cosa stavano facendo dove ci avrebbero portati e allora quando sono arrivato a rotoloni in fondo alla rotonda del pianterreno dopo aver fatto due piani a colpi e a rotoloni dopo che sono finite le scale e sono uscito dal cancello che dava sulla rotonda del pianterreno lì la scena era molto illuminata c'era molta luce mentre dove venivamo da sopra era tutto spento c'erano solo i fari delle pile mentre li quando siamo arrivati giù era tutto acceso era tutto illuminato fortissimo

è lì ma è stato un flash una cosa di un secondo il tempo di attraversare la rotonda con tutta quella luce e li ho visto per un attimo molte persone in divisa e in borghese c'erano i comandanti delle guardie brigadieri e marescialli c'era gente venuta da fuori e li a calci a spintoni a colpi e a botte mi hanno indirizzato verso il corridoio scoperto che porta ai cortili dell'aria ho visto che era nei cortili che ci volevano portare solo che il problema era che appena ho cominciato a scendere i tre gradini che davano su questo corridoio scoperto ho capito ho visto che lì c'era il massacro perché li c'erano allineate su due file tutte quante le guardie mascherate con i passamontagna stavano lì su due file con questi grandi pastrani e con in mano manganelli e sbarre di ferro

allora siccome questi ci costringevano a correre nel corridoio scoperto con le mani dietro la testa e tu non potevi ripararti evidentemente allora eravamo ben contenti di dover tenere le mani sopra la testa perché i colpi ti arrivavano principalmente sulla testa erano colpi tremendi che questi tiravano con tutte le loro forze coi manganelli e con le sbarre di ferro io appena ho fatto i due gradini c'era una guardia che subito ha tentato di farmi lo sgambetto di farmi cadere immediatamente perché lì il problema era di farti cadere e poi picchiarti mentre era per terra però non sono riusciti a farmi cadere era molto illuminato questo corridoio era delimitato da una parte dal muro della sezione e dall'altra parte c'era una grande rete metallica che delimitava i cortili delle arie

e allora io ho visto davanti a me c'era un compagno e ho visto che gli è arrivato un colpo tremendo con una spranga di ferro gli è arrivato un colpo tremendo su un fianco e questo si è piegato in due e gli sono saltati addosso due tre guardie per picchiarlo selvaggiamente lo sono riuscito a evitarli a andare avanti sempre con le mani sopra la testa coi colpi che arrivavano da tutte le parti ho pensato istintivamente che dovevamo percorrere tutta quanta la lunghezza del corridoio che saranno stati un trenta quaranta metri ho pensato che c'era da fare tutto quanto questo percorso dove erano allineati questi due cordoni di guardie che picchiavano e l'ho percorso tutto in mezzo ai colpi ma senza cadere pensando se arrivo là in fondo è finita

e sono riuscito a arrivare fino in fondo senza cadere prendendo colpi da tutte le parti perché il problema era di non cadere perché ho capito che se cadevi era finita perché se cadevi evidentemente ti massacravano potevano picchiarti come volevano e cosi i colpi li prendevo però andavo avanti e sono arrivato là in fondo però il guaio è stato che quando sono arrivato in fondo ho capito allora che non era lì che dovevo andare perché ho visto che la gente la facevano entrare nel primo cortile per cui avevo fatto metà corridoio per niente allora ho girato e ho dovuto tornare indietro e lì ancora per una seconda volta passare in mezzo alle botte sono tornato indietro e sono arrivato fino al cancello dell'aria dove dovevamo entrare per ché ho visto che lì c'era una guardia mascherata che apriva il cancello

però i cancelli che danno sul cortili dell'aria per paura appunto dei sequestri questo cancello non si apre mai con un angolo di novanta gradi non si apre come si apre una porta normale c'è per terra fissato per terra c'è un piolo che fa in modo che il cancello si apre solo per un angolo di quarantacinque gradi non si apre poco in modo che ci può passare solo una persona per volta e in più mettendosi di fianco quello che apriva il cancello era un graduato e era lui che giudicava se una persona aveva preso abbastanza botte oppure no e questo lo giudicava se vedeva che questo poteva stare ancora in piedi o no per cui se vedeva che uno poteva stare ancora in piedi e non arrivava strisciando sulle ginocchia allora quando arrivavi davanti al cancello te lo chiudeva davanti

allora mi ricordo che io sono arrivato fino al cancello e sono riuscito a infilarmi dentro questo cancello ma siccome il cancello si apriva in quel modo come ho detto si apriva appena così lo non riuscivo a entrarci del tutto mentre questi lì fuori continuavano a picchiarmi ancora e cosi sono riusciti a tirarmi ancora fuori dal cancello a strapparmi dal cancello dove stavo entrando e a picchiarmi ancora e l'ultima cosa che mi ricordo di questa storia di botte è stato che mentre uno mi teneva per i capelli e allora qui c'è stato un fatto che è stato fortunato perché lo avevo una lunghissima sciarpa di lana rossa molto spessa me l'aveva regalata China e la portavo sempre e quando su sono arrivati i carabinieri ero indeciso se tenermela su o se toglierla

era una sciarpa lunghissima dava l'idea di un cappio e io ho pensato qua adesso mi strozzano con questa sciarpa ho pensato istintivamente ho pensato di toglierla però ho detto no non la tolgo e invece di toglierla me la sono avvolta completamente intorno al collo e cosi allora quando questo mi ha preso per i capelli mentre un altro mi tirava per il giubbotto la cosa che mi ricordo è che mi è arrivata una mazzata proprio fortissima non so se con un manganello o con una spranga così una botta terribile sul collo qui sulla nuca e così allora sono svenuto solo che fortunatamente c'era questo strato di lana della sciarpa che ha attutito il colpo infatti poi non mi è rimasto niente solo che lì io sono svenuto però siccome ero a metà già dentro il cancello qualcuno da dentro mi ha tirato dentro finalmente nel cortile dell'aria


20.

Arrivati in città l'auto innesta la sirena passa col rosso l'autista si diverte a andare forte si vede che nella grande città si diverte a fare accelerate brusche a frenare improvvisamente a superare tutte le altre macchine poi improvvisamente dopo un casino di curve che a me sembra sia una curva sola che non finisce mai si blocca davanti a un grande portone di un palazzo tutto illuminato da luci gialle da cui entrano e escono le volanti con la luce azzurra sopra che gira e leggo su una piastra li davanti sul muro Questura i poliziotti davanti al portone fanno segno alla nostra macchina di entrare e quello s'infila con la solita accelerata brusca nel portone e poi si blocca coi freni che stridono tra una fila di volanti celesti e bianche

prima di scendere chiedo ma non dovevamo andare in tribunale per l'interrogatorio quello che è davanti che è il graduato mi risponde che il tribunale a quest'ora è chiuso da un pezzo e che sarò interrogato li in questura che i magistrati sono già lì che mi aspettano scendiamo e mi fanno entrare in una porticina del cortile che dà su una scala strettissima che si può salire solo uno per volta e cominciamo a salire per questa scala lo davanti e tutti gli altri dietro la scala gira ogni dieci quindici gradini sento lo scalpiccio dei nostri passi che rimbomba in quello spazio stretto e continuiamo a salire le scale non finiscono mai scale e pianerottoli a non finire mi viene il fiatone ogni tanto mi fermo a un pianerottolo ma quello dietro mi dice sempre su su

arriviamo all'ultimo piano evidentemente perché non ci sono più scale e dopo un breve corridoio sbuchiamo in una saletta con due poltroncine e un divanetto rivestiti di plastica verde un po' unta mi fanno segno di sedermi lì il graduato esce da una porta e rientra subito e mi dice di andare là entro in un'altra stanza piccola che è piena di gente tutti in civile per lo più giovani in jeans e giubbotto con la barba e anche con i capelli lunghi non avevo mai visto dei poliziotti travestiti da compagni e la cosa mi ha meravigliato un po' non capivo perché c'era li tutta questa gente che mi aspettava poi ho capito che era la conclusione di un'operazione dì polizia a cui evidentemente avevano partecipato e di cui io ero la conclusione

dietro la scrivania stretta e lunga c'è un tipo lungo e magro che mi getta un solo sguardo serissimo appena entro e poi riprende a leggere su un mucchio di carte che ha davanti mi fanno sedere su una sedia di legno sgangherata che sembra sfasciarsi da un momento all'altro e che scricchiola anche se mi muovo appena sono seduto davanti al tipo lungo e magro che sta sempre con la testa bassa sulle carte e quella faccia la riconosco perché l'ho già vista sui giornali quello li è il giudice Lince gli altri sono tutti in piedi appoggiati alle pareti c'è pochissimo spazio tra loro e la scrivania e quando c'è un nuovo che deve entrare c'è un movimento generale per farlo passare e tutti quanti si pigiano contro la parete

una porta della stanza è aperta e fuori c'è altra gente che cammina avanti e indietro mi rimettono le manette americane con le man' davanti e il graduato che mi aveva portato li dice che loro se ne vanno che se ne tornano a casa che hanno fatto il rapporto e che l'hanno consegnato e che c'è un mucchio di materiale che hanno sequestrato e che l'hanno scaricato giù da basso il giudice alza un attimo la testa e fa un cenno di approvazione e dice arrivederci poi subito si rivolge a me guardandomi in faccia e mi chiede se ho nominato un avvocato io dico no lui dice che è tardi e che a quell'ora è praticamente impossibile trovare un avvocato disposto a venire lì ma che comunque loro ne hanno già lì uno che hanno avvisato e che se l'accetto come avvocato d'ufficio poi domani ne nomino un altro chi voglio io

subito dalla porta aperta sbuca fuori l'avvocato non è mica di verso dall'altra gente che è li tanto che penso che sicuramente è anche lui un poliziotto e che mi stanno tirando un brutto scherzo però quando Lince fa battere a macchina le mie generalità da un tipo grasso in divisa dietro un macchinone da scrivere antidiluviano e gli detta prima le mie generalità e poi quelle dell'avvocato che neanche me le ricordo più adesso e dice avvocato tale allora io un po' mi tranquillizzo e guardo l'avvocato come per cercare un'intesa ma quello mi guarda con una faccia inespressivo sta li seduto sulla sua sedia che scricchiola e giocherella con un grande mazzo di chiavi e fa un rumore che mi innervosisce il giudice Lince allora comincia a parlarmi mi parla con un tono duro ostile e aggressivo e mi dà del lei

lei intende rispondere ha la facoltà di non rispondere se non vuole no faccio io io intendo rispondere e cerco di essere il più sicuro possibile e penso che quel clima è peggio di tutti gli interrogatori che mi hanno fatto nella mia vita tutti i maestri professori eccetera lei lo sa di cosa è imputato vero no non precisamente ma non le è stato detto niente quando l'hanno fermata no niente di preciso il dottor Donnola mi ha solo accennato a delle armi che sarebbero state trovate in una casa che io avevo affittato tre anni fa e intanto il tipo dietro il macchinone da scrivere comincia a battere con un frastuono indiavolato che si mischia alle parole che sto dicendo e mi innervosisce cosi che quando quello smette per paura di non essere stato capito ripeto tutto da capo

allora penso preoccupatissimo che devo stare attento ancora di più a tutto quello che dico e mi rendo conto di come non sono preparato a quella cosa di come non so come funziona di come mi può fregare anche una sola parola fuori posto però penso che devo continuare a rispondere perché sono sicuro che me la posso cavare spiegando come stanno le cose anche se sento che sono li solo contro tutti quelli che mi stanno intorno e che non vedo e che mi ascoltano in silenzio e mi vengono ancora in mente le botte penso che mi possono picchiare e istintivamente guardo il mio avvocato per accertami che almeno lui sta dalla mia parte ma capisco subito che è un'illusione che a quello non gliene frega niente quello non mi guarda nemmeno si preoccupa solo di pulirsi le unghie con la punta di una chiave

appunto fa Lince lei ammette allora ammetto cosa dico io che la casa era affittata a me si che l'ammetto c'è anche il contratto no volevo chiederle se lei ammette che le armi trovate li sono sue no ma quali armi io non ne so niente di queste armi non so chi può averle portate li ma come lei non sa che c'erano delle armi a casa sua no no un momento io non abito più a casa mia in quella casa insomma io non ho mai detto che abito in quella casa e intanto guardo preoccupato quello che scrive velocissimo come una mitragliatrice senza alzare un attimo la testa Lince capisce e mi dice di stare tranquillo perché poi lui mi farà leggere il verbale e che se non sono d'accordo non lo firmo ma che bisogna scrivere tutto quello che si dice

comunque riprendo a parlare e dico che in quella casa io non abito più da più di due mesi e che l'ho subaffittata e Lince chiede subito a chi come se non aspettava che quel momento e scatti in avanti guardandomi fisso e io resto di merda e penso che casino e adesso come faccio non posso mica fare il nome ma Lince riattacca subito come leggendo quello che pensavo e mi dice se non intende rispondere guardi che si può anche non rispondere alle domande lei ne ha il diritto lo resto lì sempre zitto come uno scemo senza sapere cosa dire allora Lince con un sorriso ironico dice va bene non risponde mettiamo a verbale che non risponde e prima che posso dire qualcosa ma che cosa potevo poi dire non so quell'altro fa partire il suo ticchettio diabolico una frazione di secondo e ha già smesso

merda ho pensato qua sono fregato quello ha già scritto e adesso resta scritto ma Lince rompe ancora il silenzio comunque glielo dico lo il nome anzi i nomi perché li abbiamo arrestati tutti e quattro i suoi compagni e mi fa il nome di Gelso e di altri tre che non ho mai sentito io penso che non è vero che me li dice per farmi parlare è un trucco e se poi non li hanno arrestati e hanno solo trovato le armi e neanche quello lei le conosce vero queste persone no non li conosco anzi sì ne conosco uno uno lo conosco è Gelso ma gli altri tre non li ho nemmeno sentiti nominare e sarebbe a questo Gelso che lei ha subaffittato la casa maledizione siamo al punto di prima ha preso la cosa da un'altra parte lo che Gelso lo conosco non potevo non dirlo ma mica potevo dirgli che gli ho lasciato la casa che casino resto in silenzio e francamente vado in confusione

ah già a questa domanda lei non vuole rispondere l'abbiamo già verbalizzato ma è ben sicuro guardi che ci può ripensare non è assolutamente grave io guardo l'avvocato disperatamente ma dì qualcosa porco dio aiutami ma lui mi guardava con la faccia di dire ma che cazzo stai a menare il can per l'aia e Lince riattacca va bene non vuol dire andiamo avanti dunque i tre che lei dice di non conoscere si sono rifiutati di parlare e si sono dichiarati prigionieri politici mentre questo Gelso che lei ha ammesso di conoscere mi ha detto anche lui questa storia del subaffitto dunque lei non ci perde niente a ammetterlo anche se io le devo dire sinceramente che non ci credo sono convinto che vi siete messi d'accordo prima tra di voi su cosa rispondere ma stia tranquillo le indagini proveranno che vi conoscevate e che anche lei sapeva benissimo dell'esistenza di quelle armi a casa sua

e continua alzando la voce minaccioso ma lo sa che a casa sua è stato trovato un vero e proprio arsenale a chi vuole darla da intendere che lei non ne sapeva nulla senta per il suoi bene io le consiglio di dire tutto quello che sa se non vuole andare incontro a guai peggiori dunque se vuole rifacciamo il verbale da capo questo lo stracciamo e lei mi racconta veramente le cose come stanno lei deve dirmi semplicemente la verità ma quella vera non quella che vi siete preparati lei e i suoi amici se lei mi dice la verità il suo reato potrà ridimensionarsi da quello di banda armata e detenzione di armi a quello di favoreggiamento io le garantisco che sosterrò questa tesi davanti al giudice istruttore in caso contrario insisterò per le imputazioni rischia anni di carcere


21.

Dopo l'esame di maturità al liceo avevo deciso di andarmene di casa di non vivere più in famiglia di lasciare il paese definitivamente e di trasferirmi di affittarci una casa e di viverci con China e con gli altri compagni che costituivano il nostro gruppo di affinità lo chiamavamo cosi gruppo di affinità perché eravamo appunto affini riguardo al nostro modo di vivere c'era un'intesa tra noi naturale su come prendere le cose su come viverle c'era una grande tensione a fare insieme le cose a vivere insieme tutto il tempo eravamo in cinque e per tutti e cinque il movimento costituiva il nostro interesse e il nostro impegno principale eravamo due ragazze e tre ragazzi e avevamo deciso di andare a vivere insieme come risultato naturale del nostro rapporto di piccolo gruppo

tutti e cinque ne avevamo pieni i coglioni di stare in famiglia di continuare a vivere questi pezzi di tempo in famiglia che poi si limitavano al momento di mangiare e di dormire al momento di mangiare in cui non c'era niente da dirsi intorno alla tavola non c'era nessuna comunicazione non c'era nessun interesse e partecipazione e a parte questi pezzi di tempo vuoti e estranei che passavamo in famiglia tutto il resto del tempo lo passavamo in giro come randagi nella sede dentro i luoghi del movimento coi compagni e li sì che c'era interesse partecipazione comunicazione c'era esperienza sperimentazione ricerca il movimento era la mia famiglia con le sue decine di case aperte ospitali disponibili era lì che avevo centinaia di fratelli con cui discutere e fare

i due problemi principali erano i soldi e lo spazio della casa lo spazio doveva essere grande sufficiente a garantire a ognuno una stanza autonoma per i soldi c'era qualche problema perché solo due di noi avevano un'occupazione e quindi un salario fisso io e gli altri che non avevamo lavoro avremmo dovuto cercarlo però Cotogno e Gelso dicevano di non preoccuparsi perché loro potevano garantire l'affitto per i primi tempi e anche per le spese e il mangiare si sarebbe fatta cassa comune chi li aveva li metteva e basta poi magari si sarebbe fatto a turno a andare a lavorare quelli che adesso lavoravano avrebbero smesso per un po' e avrebbero lavorato gli altri e così via dunque in fondo il problema dei soldi era un problema che si poteva risolvere

abbiamo cominciato a girare e a chiedere alle agenzie ma non si trovava niente e quello che si trovava aveva dei prezzi che per noi erano impossibili poi un giorno Cotogno girando alla periferia ha visto una casa una villetta a due piani con un piccolo giardino davanti si vedeva che era sfitta da anni c'erano le erbacce che si arrampicavano fin su sui muri però non c'era nessun cartello di affittasi o vendesi abbiamo suonato a qualche campanello delle case vicine finché abbiamo saputo che il proprietario di quella casa che era disabitata da sei anni era un notaio della città che si chiamava Spinone abbiamo guardato sull'elenco e abbiamo trovato l'indirizzo del notaio Spinone e abbiamo deciso di andarci e di farci affittare la casa

avevamo deciso di andare dal notaio in tre Cotogno io e China e siccome avevamo a che fare con un notaio abbiamo pensato che dovevamo vestirci bene Cotogno per l'occasione si era messo anche una cravatta di suo padre che faceva orrore a vederla con un nodo enorme su una camicia bianca non stirata in più si era data una spuntata al barbone incolto e si era tirato indietro i capelli lunghi che aveva sempre arruffati e ci aveva messo della lacca per schiacciarli giù solo che ce ne aveva messa troppa e i capelli erano così schiacciati giù che gli spuntavano fuori delle enormi orecchie a sventola da cui però non aveva tolto l'orecchino che per lui era sacro e per completare il tutto e avere un'aria seria si era messo anche un paio di occhiali di tartaruga che gli facevano vedere tutto annebbiato quando l'abbiamo visto non l'abbiano riconosciuto e non abbiamo fatto che ridere per tutto il tempo che abbiamo dovuto aspettare nella sala d'aspetto del notaio Spinone

quando è il nostro turno Cotogno scatta in piedi e dice perentorio lasciate parlare me poi entra nello studio con noi due dietro e il notaio Spinone che se ne stava sprofondato nella sua poltrona di pelle marrone dietro un'enorme scrivania tutta decorata e lucida senza un granello di polvere ha avuto un sobbalzo quando si è visto davanti Cotogno a noi due ha gettato solo un'occhiata rapida e è tornato a fissare Cotogno visibilmente impressionato dal suo aspetto ma dato che eravamo del clienti si è sforzato di sorridere e di chiedere in che cosa ci poteva essere utile e Cotogno ha subito attaccato con decisione senta mio cugino qui con la sua fidanzata si devono sposare tra qualche settimana e stanno cercando casa lei capisce e il notaio sorridendo ha fatto sì con la testa

per fortuna abbiamo saputo che lei ha una casa sfitta in via tale e vorremmo affittarla ha buttato là Cotogno ricambiandogli il sorriso ma Il notaio è diventato subito serio e anche irritato e ha risposto no guardi che io non ho nessuna intenzione di affittare quella casa come ha visto non c'è nessun cartello mi dispiace buongiorno e si alza in piedi ah non ce la vuole affittare dice Cotogno no risponde Spinone impaziente non è che non la voglio affittare a voi è che quella casa non è da affittare come le ho già detto Cotogno si alza anche lui e dice va bene se è cosi ci rivediamo no guardi perché ci dobbiamo rivedere non c'è nessuna ragione di rivederci ma Cotogno insiste buongiorno ci rivediamo presto e va verso la porta seguito da noi due che non capiamo

quando siamo fuori Cotogno ci spiega il suo piano prima di tutto informarsi attraverso un compagno che lavora al catasto e salta fuori che Spinone è padrone di altre due case e di cinque appartamenti tutti sfitti e poi chiedere a una ventina di compagni di darci una mano questi naturalmente non si fanno pregare e così una settimana dopo ci ripresentiamo dal notaio ovviamente senza preavviso lasciamo i compagni di sotto in strada e saliamo sempre noi tre questa volta Cotogno è vestito come il solito ma non è che fa meno impressione la segretaria del notaio appena ci vede si irrigidisce e ci dice sulla porta il signor notaio oggi è assente ma Cotogno senza guardarla la scosta con due dita e punta dritto verso la porta dello studio

Spinone appena ci vede entrare diventa paonazzo ma come vi permettete ma Cotogno non lo lascia parlare senti cocco tu adesso ci affitti la casa e senza tante storie lui minaccia di chiamare la polizia se non ce ne andiamo immediatamente allora Cotogno gli dice che è meglio di no perché se no salta fuori che lui ha otto case sfitte su cui per di più non paga nemmeno le tasse Spinone è sempre più paonazzo sembra che è li per esplodere da un momento all'altro e si sfoga gettandosi con un urlo su China che indifferente come se quella storia non la riguardasse aveva preso dalla scrivania una penna stilografica d'oro e stava svitando il cappuccio con un urlo Spinone si getta su di lei e le strappa di mano la stilografica e la rimette al suo posto

Cotogno è andato alla finestra la spalanca vieni qui invece di gridare e quello senza capire bene si avvicina ma poi per stare a distanza da Cotogno apre la finestra vicina e guarda giù sulla strada sotto e sulla strada tutti i compagni si erano messi a guardare su verso le finestre aperte e come succede anche i passanti si erano fermati a guardare su dopo qualche minuto c'era una piccola folla che guardava su senza capire che cosa stava succedendo a quel punto un compagno srotola un grande foglio su cui c'è scritto Spinone fai il bravo dacci la casa Spinone si tira indietro pallido e soffia con un filo di voce mafiosi delinquenti Cotogno gli si avvicina e guardandolo fisso gli dice delinquente sei tu che sei uno speculatore di merda noi la tua casa te la paghiamo vogliamo un affitto regolare facci il contratto se no chiamiamo noi la polizia e ti denunciamo vuoi che la chiamo subito la polizia guarda che la chiamo dice Cotogno appoggiando la mano sul telefono

barcollando Spinone torna alla sua scrivania si lascia cadere sulla poltrona e rimane in silenzio per qualche minuto mordendosi le labbra mentre dalle finestre aperte si sentiva il coro dei compagni Spinone dacci la casa Spinone dacci la casa Spinone era ormai cotto ha tentato di dire va bene ma ci devo riflettere tornate tra qualche giorno ci vuole il suo tempo per fare un contratto neanche per sogno gli ha detto duro Cotogno sedendosi sulla scrivania tu il contratto ce lo fai ora e subito se no non andiamo via e anzi facciamo venire su anche i nostri amici che sono sotto e cosi alla fine visto che non c'era niente da fare Spinone ha ceduto e cosi abbiamo avuto quella casa che però poi è stata l'origine di tutti i miei guai

22.

Io ero svenuto poi la prima cosa che ho sentito è che c'era un compagno che mi ha preso e mi ha trascinato in fondo all'aria in quel momento tutto era buio dentro questo cortile e c'erano ancora lì pochi compagni e mi ricordo che questo compagno che si reggeva in piedi perché evidentemente lui di botte ne aveva prese un po' meno durante il pestaggio delle guardie che continuava ancora sentivo le urla e i colpi gli insulti delle guardie questo compagno mi ha portato alla fontana c'era un rubinetto e mi ha bagnato un po' la faccia finché mi sono un po' ripreso allora mi ricordo che ero tutto quanto dolorante acciaccato dappertutto però riuscivo a stare in piedi a camminare tutto quanto dolorante ma riuscivo a camminare ancora

e intanto tutto questo continua e io là fuori dal cancello dalla rete vedevo che continuavano a sfilare i compagni continuava il massacro continuavano a picchiare la gente io mi ricordo che là dentro era buio non si vedeva bene cosa c'era là dentro l'aria dove mi trovavo però mi ricordo di avere visto un compagno che era seduto su questa panca di cemento che c'era li con le spalle appoggiate al muro era immobile su questa panca e aveva una faccia che era completamente piena di sangue la cosa che ho pensato era che a questo compagno qua gli avevano maciullato la faccia non era più riconoscibile io l'ho riconosciuto per i vestiti non gli vedevi più la faccia era una maschera di sangue poi ho preso un fazzoletto e gli abbiamo asciugato un po' la faccia

la cosa atroce era questa qua la cosa assurda era di dovere assistere in maniera impotente a questo massacro che ti sfilava sotto gli occhi proprio davanti agli occhi dietro questa rete e tu vedevi tutto quanto lo spettacolo tu vedevi questo spettacolo atroce e la cosa atroce era che ti sentivi non soltanto impotente perché eri a pezzi ma impotente due volte perché non solo non potevi fare niente per quello che stava succedendo ma se tu accennavi anche soltanto a una reazione che poteva soltanto essere una reazione verbale perché che cosa altro potevi fare questi sarebbero entrati e tu non eri nelle condizioni assolutamente di fare la minima resistenza dopo avere già preso tutte quelle botte e sarebbe stato soltanto peggio

ora questa cosa ti abbatteva in maniera incredibile ti abbatteva più delle botte perché non potevi che assistere impotente l'istinto di diceva di stare zitto ma come si faceva a stare zitti davanti a quello spettacolo e poi eri obbligato a vedere come questi picchiavano i compagni e li picchiavano in maniera differente perché non li picchiavano tutti nello stesso modo c'erano alcuni compagni coi quali si sfogavano con maggiore rabbia e erano ovviamente quei compagni che odiavano di più perché con loro avevano avuto scazzi screzi minacce eccetera e poi perché c'erano quelli che in base ai rapporti che c'erano dentro il carcere loro pensavano che erano i capi ma in generale le guardie erano assolutamente assatanate e decise veramente a ammazzarci tutti di botte

si scatenava un odio incredibile e la scena era rumorosa c'era un rumore terribile era rumorosa per i colpi che sentivi arrivare era rumorosa per i lamenti ma era rumorosa soprattutto per le urla di odio per gli insulti carogna bastardo e quando arrivava un compagno che questi odiavano particolarmente gli si buttavano addosso in tanti urlando insulti e giù colpi tremendi c'era uno di questi compagni che era molto odiato dalle guardie era alto un metro e sessanta scarsi questo compagno qua l'hanno proprio massacrato di botte perché lo odiavano e tu assistevi a questa scena impotente e pensavi è impossibile che questo qua non muoia con tutti colpi che gli danno era un pestaggio che durava troppo a lungo per essere soltanto un pestaggio

picchiavano con manganelli con bastoni con spranghe di ferro e questo compagno che era piccolo lo hanno proprio massacrato di botte poi un'altra scena che ho visto è stato uno che l'hanno preso per i capelli dopo averlo pestato a terra l'hanno tirato su per i capelli e l'hanno messo contro il muro e poi uno con una spranga di ferro gliel'ha data sulla faccia proprio così un colpo con la spranga di ferro così di traverso sulla faccia e gli hanno spaccato il naso e la fronte poi c'è stata un'altra scena orribile con un altro compagno che mentre stava per terra gli hanno dato una sprangata di ferro sulla bocca e gli hanno spaccato tutti i denti qua davanti queste erano le cose che si vedevano mentre stavamo lì al buio dietro la rete metallica impotenti

un altro l'hanno costretto a mettere le mani sul muretto gli hanno preso le mani e gliele hanno tenute ferme lì sul muretto e gli hanno picchiato con le spranghe sulle mani gli hanno dato un sacco di sprangate sulle dita e gli hanno spaccato tutte le dita delle mani qua qua qua e qua gli hanno spaccato le mani e poi le dita qua le dita qua e le dita qua e questo compagno ancora adesso quando mangia perde il cucchiaio e gli cade il cucchiaio di mano perché non riesce a tenerlo in mano questo qua dopo quando mangiava con il cucchiaio di plastica in carcere gli cadeva sempre il cucchiaio perché non riusciva più a afferrare niente con le dita non riusciva più a sentire la presa di niente e ha avuto le mani rotte per sempre

le guardie si sono sfogate principalmente con quelli che gli avevano particolarmente rotto i coglioni questa foga questo odio questa cosa loro ce l'avevano principalmente per tutte queste storie che erano successe prima nel carcere che erano successe lì prima della rivolta ma anche perché erano convinti che qualcuno di loro era morto perché erano convinti che in tutto il casino che era successo durante la rivolta c'era scappato il morto che avevamo ucciso delle guardie le notizie che avevano avuto erano che c'erano state delle guardie ferite però loro invece avevano capito che erano state ferite dai detenuti e che erano in pericolo di vita mentre in realtà erano state ferite dal carabinieri con i colpi di mitra dei carabinieri

quindi questi dicevano voi avete accoltellato le guardie e adesso noi vi ammazziamo la cosa che avevano in testa era di ucciderci per davvero cioè di ucciderne qualcuno di noi con le loro mani di fare un massacro con le loro mani e la cosa assurda è che mentre i carabinieri sparavano e avevano sparato come dei pazzi e io avevo pensato mentre sentivo i colpi che sparavano pensavo qua adesso ci ammazzano tutti la cosa assurda è che invece qua adesso non erano i carabinieri ma erano le guardie che ti uccidevano a botte non i carabinieri quando sparavano coi mitra e buttavano le bombe e adesso dietro la rete tu vedevi che stavano uccidendo qualcuno veramente lo stavano uccidendo a botte dicevi porco dio quello là lo ammazzano non la smettono di picchiarlo è giù per terra da quanti minuti e continuano a stargli su in dieci a dargli botte questo qua muore è chiaro

poi ne entrano alcuni che erano ridotti non so come erano a pezzi pieni di sangue tutti rotti avevano le gambe rotte avevano le braccia rotte li vedevi che avevano le braccia rotte le gambe rotte urlavano lì nella nostra aria saremo stati in trenta ci siamo contati alla fine eravamo in trenta ma in piedi eravamo soltanto in tre cioè in piedi voleva dire riuscire a stare soltanto in piedi non a correre in giro ma a riuscire a stare soltanto in piedi senza cadere eravamo in tre e era per puro caso che anche noi tre non eravamo ridotti come tutti gli altri che erano li stesi per terra gli altri erano tutti per terra con le ossa rotte proprio con le ossa rotte con le gambe rotte con le braccia rotte con la faccia rotta con la testa rotta col sangue dappertutto

23.

Mentre ascoltavo quella tirata minacciosa che il giudice Lince mi giaceva io cercavo disperatamente di concentrarmi su cosa dovevo fare pensavo che se quello che mi aveva raccontato era vero allora Gelso mi aveva voluto scagionare dicendo che io gli avevo subaffittata la casa ma se era una trappola non vedevo come potevo venirne fuori era un vero casino e mi rendevo conto di come ero stato ingenuo a pensare fino a quel momento che avrei potuto spiegarmi con l'interrogatorio che avrei potuto spiegare che non c'entravo un cazzo con quella storia e che loro avrebbero capito e mi avrebbero lasciato andare così mi sono messo il cuore in pace tanto non mi mollavano più qualsiasi cosa dicevo l'interrogatorio era solo una cosa che serviva solo a fregarti ancora di più e così era meglio smettere subito perché comunque continuava non avrebbe fatto che peggiorare le cose

quando ha finito Lince ha aspettato un attimo poi visto che stavo zitto ha pensato di continuare più distaccato e con un tono compiaciuto le devo dire ancora che ho raccolto anche la testimonianza del notalo Spinone proprietario della casa da lei affittata il quale afferma di avere subito da lei e da altri individui delle vere e proprie minacce anche fisiche per convincerlo a stipulare il contratto cos'ha da dirmi in proposito allora io senza nemmeno pensarci su mi è uscita fuori quasi da sola la frase mi riservo di chiarire queste vicende nel prossimo interrogatorio e così l'interrogatorio è finito non me ne fregava un cazzo se Lince prendeva quella frase per un'ammissione a quello che mi aveva detto non me ne fregava un cazzo perché era chiaro che comunque lui era li solo per mandarmi in galera in ogni modo

Lince non ha avuto obiezioni mi ha fatto leggere il verbale e me l'ha fatto firmare anche l'avvocato l'ha firmato ha detto buonasera a tutti e senza neanche darmi un'occhiata se n'è andato via precipitosamente intanto a quell'ora il carcere era già chiuso non facevano più entrare nessuno a quell'ora e allora Lince ha detto ai poliziotti di portarmi giù nelle celle di sicurezza della questura io ho preso su da terra la mia borsetta con dentro lo spazzolino e le mutande perché mi avevano tolto le manette che evidentemente servivano solo per impedirmi di strangolare il giudice tutti se ne sono andati e mi hanno fatto rifare al contrario il percorso giù per le scale strette ma arrivati á pianterreno abbiamo continuato a scendere sempre più giù

scendiamo giù lungo i muri umidi illuminati da lampadine sporche appese a fili elettrici sbrindellati arrivati in fondo mi hanno fatto entrare in una stanzetta piccolissima uno sgabuzzino dove c'era uno sbirro giovane con la pistola nella fondina sotto l'ascella e questo mi ha preso le impronte di tutte le dita delle mani prima una mano poi l'altra mano me le schiacciava su un grande tampone d'inchiostro nero e poi l'appoggiava sulla pagina di un registro poi sotto ci ha scritto le mie generalità aveva l'aria molto sfigata si capiva che non gli piaceva per niente fare quel lavoro poi mi ha allungato uno straccio sporchissimo per pulirmi le mani ma non c'era niente da fare non veniva via niente e dopo un po' che insistevo ho rinunciato e mi sono tenuto le mani nere

mi sono ripreso la mia borsetta tenendola tra le punte di due dita siamo usciti di lì e abbiamo fatto un pezzo di corridoio con continue svolte poi uno degli sbirri che mi accompagnava bussa a una grande porta di legno tutta tarlata con la vernice scrostata nessuno viene a aprire allora quello bussa più forte e chiama a voce alta agente la porta si apre e appare un omaccione con una barbaccia nera come l'inchiostro una bocca larga come un forno e due occhi rossi e che aveva in mano un grande mazzo di chiavi con cui richiude rumorosamente il portone alle mie spalle e mi ritrovo in uno stanzone fiocamente illuminato da una lampadina che pende al centro senza finestre il pavimento e le pareti sporchissime le pareti tutte scrostate dall'umidità

l'omaccione ci fa entrare e ci dirigiamo verso un lungo tavolo che sta contro il muro quello bestemmia incazzato contro non so cosa da un corridoio arriva un vociare confuso mescolato a lamenti e a grida a un certo punto un urlo più forte e l'omaccione si precipita bestemmiando furioso e dicendo frasi sconnesse in un dialetto meridionale che non capisco verso il corridoio dove c'è una fila di pesanti porte grigie apre uno spioncino dopo l'altro urlando minacce e sbattendoli poi violentemente poi torna al tavolo e urla ai due che mi accompagnavano e questo qui indicandomi col mazzo di chiavi quelli gli spiegano che devo passare la notte li l'omaccione li riaccompagna alla porta apre e richiude poi si riattacca il mazzo di chiavi a un gancio che ha sulla cintura e torna verso di me che sono rimasto li con la mia borsetta tra due dita

quello mi strappa la borsa di mano e la butta sul tavolo poi mi grida minaccioso di spogliarmi io non ci provo neanche a dirgli che mi hanno già perquisito perché mi sembra di leggergli in faccia che quello aspetta solo un mezzo pretesto per darmi una passata ha la faccia tutta sudata e l'uniforme sudicia bisunta con grandi macchie scure dappertutto e cosi si ripete tutta la storia della perquisizione ma questa volta con più violenza perché mi sembra che quello voglia strappare miei indumenti dalla foga con cui li maneggia sempre bestemmiando incazzatissimo roteando gli occhi rossi alla fine mi fa girare due o tre volte li nudo mi passa le sue manacce lerce due o tre volte tra i capelli che avevo piuttosto lunghi e finalmente mi dice di prendere la mia roba i vestiti la borsa e la roba che c'era dentro tutto sparpagliato sul tavolo e di seguirlo

non capisco se prima devo rivestirmi ma non glielo chiedo quello ha ripreso a urlare e a bestemmiare mi accorgo adesso che in quello stanzone fumoso si aggirano altri tre tipi simili a lui evidentemente suoi subalterni e lui gli grida delle cose con la sua bocca larga come un forno e allora cosi nudo prendo tutta la mia roba sottobraccio e lo seguo nel corridoio davanti alla fila di porte grigie da dove vengono sempre grida e lamenti lui apre una porta e mi spinge dentro nel buio con una gran manata sulla schiena che quasi mi butta per terra poi sbatte la porta con fracasso sento un gran freddo e di colpo penso che li può esserci anche qualcun altro che io non posso vedere ma che mi ha visto quando la porta si è aperta ho brividi per il freddo ma anche per la paura pensando che qualcuno mi può saltare addosso da un momento all'altro qualcuno orribile mostruoso perché li qualcuno non può che essere orribile

resto lì per qualche secondo paralizzato il fatto che sono nudo mi dà come la sensazione l'impossibilità di potermi difendere resto li immobile a aspettare che il mostro mi salti addosso incapace di muovere un dito la cosa mi sembra inevitabile finché sento di nuovo le bestemmie che si avvicinano e di colpo lo spioncino si apre vedo controluce la sagoma della sua testa e un fascio di luce fioca illumina per un momento il fondo della cella e vedo che è vuota sul fondo c'è solo una specie di rialzo di cemento nel buio annaspo ci salgo sopra finché con le mani arrivo a toccare la parete di fondo che è umida e fredda con un po' di pazienza riesco a rivestirmi arrotolo il giubbotto e po' mi stendo sul cemento e ci appoggio la testa sopra

chiudo gli occhi le orecchie mi si riempiono del vociare indistinto che viene dalle altre celle i lamenti le grida le bestemmie provo a tapparmi le orecchie ma è inutile ma sono stanchissimo sono esausto mi fanno male i muscoli delle gambe come se avessi corso tutta la giornata e mi addormento di colpo ma non è un sonno continuo ogni tanto mi svegliavo per le urla e per lo sbattere delle porte e poi ripiombavo nel sonno e poi di nuovo mi svegliavo a un certo punto ho sentito una voce di donna che cantava a voce altissima tutti la notte dormono ma lo non dormo mai era ubriaca poi quando l'hanno fatta smettere si è messa a piangere ancora più forte mi addormentavo e mi svegliavo in continuazione e così è passata tutta la notte

ho capito che era il mattino quando il mangiafuoco mi ha riaperto la cella e mi ha ordinato nel suo dialetto incomprensibile di venire fuori in fretta era ancora più sporco più unto e sudato e si grattava con tutte le due mani il barbone nero mi ha fatto venire fino al tavolo contro il muro dove mi ha restituito la borsetta e mi ha consegnato a tre nuovi poliziotti che erano lì per prendermi due giovani e uno più anziano in civile con la camicia bianca e cravatta appena rasati i capelli lucidi con tutti e tre lo stesso odore di dopobarba mi hanno messo le manette dietro la schiena uno ha preso la mia borsetta dopo averci guardato dentro e averci frugato un po' con le dita siamo risaliti su per le scale e arrivati al pianterreno la luce del sole mi ha fatto chiudere gli occhi

24.

Improvvisamente una luce fortissima ci illumina di colpo avevano portato li due grandi generatori a motore è cominciato un ronzio assordante e hanno cominciato a proiettare dei fari enormi in direzione dei cortili loro stavano nell'ombra e tu eri completamente illuminato con questa scena intorno di sangue dappertutto di gente con le teste rotte tutta quanta rotta e che si lamentava e hanno cominciato questi sempre mascherati nell'ombra a picchiare con le sbarre e con i manganelli sulle reti dei cortili e a urlare figli di puttana froci ve la faremo pagare a tutti in ginocchio chiedete perdono bocchinari inculati questo qua è solo l'inizio e questa è una cosa che ci faceva veramente terrorizzare cazzo se questi veramente entrano e danno anche solamente ancora dieci botte a questi che sono qua per terra conciati così basta è finita

hanno fatto tutto questo puttanaio e intanto è successo che c'era un compagno dentro la mia aria che stava li seduto immobile lo non ci ho parlato perché essendo in piedi aiutavo quelli che erano più conciati e siccome l'avevo visto li immobile seduto e apparentemente non aveva sangue né niente ho pensato l'avrà scioccato la situazione ma non ha niente quando poi le cose più gravi i feriti quelli pieni di sangue si sono un po' rimediate si è messa la gente seduta con le spalle al muro le cose minime insomma e io gli ho detto oh come stai lui mi ha detto piano mi sento qualcosa di rotto dentro in effetti questo aveva tutte le costole rotte poi l'hanno portato all'ospedale durante la notte perché rischiava di rimanerci non poteva fare il minimo movimento che urlava dal mal con tutte le costole rotte

io aspettavo quel mio compagno di cella che nel momento della confusione quando i carabinieri sono entrati ci eravamo separati ero molto preoccupato perché lui era sceso al primo piano e io pensavo che sotto era successo un disastro che c'erano i morti perché quando arrivavano man mano i compagni io chiedevo a tutti ma è morto qualcuno e uno mi aveva risposto credo più di uno e allora io aspettavo questo mio compagno e poi questo compagno l'ho visto sfilare e ho visto tutte quante le botte che gli hanno dato gliene hanno date proprio tante poi è entrato nella mia stessa aria è entrato in piedi continuando a saltellare senza staccarsi le mani da dietro la testa aveva i guanti di lana e gli ho detto come stai e lui mi ha detto bene però devo avere tutte le dita rotte allora gli ho sfilato più piano possibile i guanti dito per dito con questo che bestemmiava tutte le madonne ma non li aveva rotti tutti solo qualcuno

dopo che le guardie hanno minacciato di entrare un'altra volta nei cortili dell'aria se ne sono andate è calato un silenzio pauroso nessuno parlava più con gli altri e quella è stata una cosa alla quale poi ho ripensato perché tutti quanti in quel momento secondo me pensavano che era inutile parlare dire qualsiasi cosa c'è stato un momento in cui tutti sono rimasti immobili li cosi come si trovavano come statue pietrificati sotto la luce fortissima dei generatori e si sentiva solo il rumore dei generatori poi è tornato il fracasso le guardie erano salite nei piani e stavano spaccando tutto hanno devastato tutto hanno distrutto tutto fracassando tutto e devastando tutto quello che c'era lì urlavano come dannati e si sfogavano sulla nostra roba che stava nelle celle

hanno preso le televisioni e le hanno scaraventate per terra hanno preso tutti gli oggetti tutte le scatole tutte le bottiglie e le hanno fatte a pezzi e calpestate hanno spaccato sgabelli e tavoli hanno spaccato tutto hanno stracciato i libri hanno preso i vestiti e li hanno strappati e li hanno buttati per terra e ci hanno pisciato sopra hanno divelto i caloriferi è uscita l'acqua e ha inondato tutto il piano hanno distrutto tutto il carcere l'hanno reso inutilizzabile loro l'hanno distrutto non noi per mezz'ora si sono sfogati contro le nostre cose contro il carcere gridando urlando erano impazziti poi si sono calmati anche perché probabilmente erano arrivate le notizie le guardie sequestrate avevano detto come erano andate le cose che non erano state ferite dal prigionieri che a ferirle erano stati i carabinieri

mentre quelli sfasciavano il carcere la gente si era un po' tranquillizzata perché fintanto che sfasciavano le cose voleva dire che non venivano da noi poi si è capito che il peggio era passato quando le guardie sono tornate giù e non erano più mascherate non avevano più i passamontagna e allora li si è capito che questi non avrebbero picchiato più perché avevano la faccia scoperta e i brigadieri hanno cominciato a dire chi sta male lo portiamo all'ospedale però nessuno voleva uscire dal cortili perché non si fidava neanche quelli che stavano peggio neanche quelli che proprio stavano male e avevano le ossa rotte e allora i brigadieri hanno cominciato a dare rassicurazioni no non vi facciamo niente vi portiamo all'ospedale e quelli che stanno meno male li portiamo qua in infermeria

allora c'era un compagno che stava particolarmente male perché gli avevano dato un colpo sulla gola e non riusciva più a respirare questo qua sveniva continuamente rantolava sembrava che soffocava allora a turno bisognava mettergli le dita perché a questo qua gli si attorcigliava indietro la lingua e gli andava giù in gola non respirava più e diventava cianotico rischiava di soffocare allora bisognava tenerlo su con la schiena contro il muro e mettergli le dita io e un altro compagno lo facevamo a turno gli mettevamo a turno le dita in gola gli prendevamo con le dita la lingua cercando di schiacciargli la lingua giù di tenerla ferma per fargli passare un po' d'aria nella gola ma era difficile perché questo non stava fermo con la testa

è andata avanti per un'ora cosi e questo diceva con un filo di voce quando riuscivamo a farlo respirare un po' a forza non voglio andare all'ospedale perché ho sentito dire una guardia che mi picchiava che mi vogliono ammazzare allora cercavamo di rassicurarlo perché li cosi rischiava di morire veramente intanto altri compagni hanno cominciato a uscire per farsi tare all'ospedale poi è stata una sfilata per tutta la notte poi gente che andava all'ospedale o in infermeria e a quelli che avevano le ossa rotte gli hanno fatto le ingessature a quelli che avevano i tagli li hanno cuciti gli hanno dato i punti eccetera ma questo che non respirava era ancora li a metà della notte che non voleva uscire e si pensava che moriva poi verso le quattro le cinque del mattino ci siamo decisi e lo abbiamo accompagnato al cancello perché proprio non poteva più rimanere lì cosi

da quel momento che hanno cominciato a portare la gente all'ospedale e in infermeria le guardie non hanno più minacciato né fatto niente è passata questa notte freddissima forse era la notte di Natale non mi ricordo adesso figuriamoci se gli importava qualcosa li a qualcuno del Natale faceva un freddo sotto zero e non avevamo niente all'alba sono arrivate delle guardie con il latte incredibile con il pane e il latte caldo e le coperte la gente era ancora li tutta dolorante ma era già ingessata era passata la paura allora sono cominciate le prime voci la gente ha cominciato a parlarsi dentro ogni aria poi sono cominciate le prime voci che rimbalzavano da aria a aria perché c'erano i muri divisori e non ci si vedeva come sta quello come sta l'altro eravamo contenti che non era morto nessuno e poi la cosa principale era che ora non ci picchiavano più

per tutta la giornata siamo rimasti tutti distesi per terra su queste coperte perché venivano fuori tutti i dolori i lividi le botte a mezzogiorno ci hanno portato delle salsicce delle cose cotte dell'altro pane poi è calato ancora il buio e quella notte era splendida perché era serenissimo il cielo e c'erano tantissime stelle l'aria era freddissima e poi pian piano hanno cominciato a farci uscire uno alla volta dai cortili e ci hanno portato nelle celle del pianterreno dove c'erano i lavoranti avevano sgomberato tutto dalle celle avevano tolto tutto e avevano lasciato solo i letti il pianterreno non era stato coinvolto nella rivolta sopra non potevano metterci perché tutto era stato distrutto e allora hanno preso i lavoranti e li hanno messi da un'altra parte provvisoriamente

hanno tolto tutto nelle celle hanno tolto gli armadietti i tavoli gli sgabelli qualsiasi cosa nelle celle non c'era più niente c'erano solo le brande fissate per terra e i soliti materassi di gommapiuma che erano dei semplici pezzi di gommapiuma e basta e hanno cominciato a uno a uno a farci uscire e ci sistemavano a gruppi in queste celle a me mi hanno messo in una un cameroncina con cinque letti eravamo in dieci e una volta sdraiati tutti non c'era più spazio per camminare e eravamo li così in dieci senza niente con delle coperte con gli stessi vestiti perché mica potevamo cambiarci la nostra roba era su nel piano distrutto avevano ancora addosso gli stessi vestiti sporchi di sangue strappati sporchi e li dentro siamo rimasti in queste condizioni per tre settimane


25.

Era una bellissima giornata e non faceva freddo nel cortile della questura c'era un grande via vai di gente in uniforme e in civile macchine bianche e celesti che entravano e che uscivano velocissime mi hanno fatto salire su una macchina civile io dietro con vicino quello che portava la mia borsetta l'altro giovane guidava e quello più anziano con l'aria di un buon padre di famiglia vicino a lui siamo partiti e appena fuori mi sono guardato nello specchietto retrovisore avevo una faccia spaventosa gli occhi gonfi e rossi i capelli aggrovigliati e dritti le mani nere con cui non mi potevo nemmeno toccare ma soprattutto mi sembrava di avere sulla pelle sui vestiti sui capelli dappertutto uno strato di unto sporco e viscido come quello delle guardie in quella fogna giù da dove venivo

adesso sto andando in carcere penso che cos'è il carcere non ne so niente di preciso cerco di scavare nella memoria quel poco che avevo letto sul fogli del movimento o i racconti che avevo sentito di quelli che c'erano stati ma non saltava fuori molto per farmi immaginare che cosa mi aspettava arriviamo a un semaforo rosso l'autista frena di fianco alla macchina vedo dal finestrino c'è una ragazza su una bicicletta un piede su un pedale e l'altro appoggiato per terra mi piacerebbe anche a me adesso andare in giro in bicicletta se mi veniva in mente ieri non me ne sarebbe fregato niente avrei pensato che andare in bicicletta è una cosa che non dà nessun piacere particolare anzi è una faticaccia in più e per niente adesso invece mi sembrava una cosa bellissima

poi scatta il verde e l'auto fila via dritta mentre la ragazza è ancora lì ferma con un piede sul pedale e l'altro appoggiato per terra avrei voglia di girarmi ma non lo faccio sono lì in mezzo a dei poliziotti e il mio ruolo è quello di uno che sta andando in galera mica posso girarmi a guardare le ragazze che vanno in bicicletta quello più anziano si gira e con un tono paterno m, chiede se è la prima volta che vado dentro si gli rispondo io e lui fa una faccia dispiaciuta e mi chiede la mia età sei giovane è una brutta esperienza e scuote la testa sono sempre così quelli più vecchi quelli più giovani sono duri stanno zitti non ti dicono niente se ti parlano è solo per darti degli ordini si indovina il disprezzo e l'odio ma anche i vecchi tutti sono la stessa cosa sono rutti uguali nella sostanza fanno tutti le stesse cose lo stesso mestiere

il mio ruolo è quello di uno che sta andando in galera adesso pensavo ai compagni e questo mi consolava perché pensavo che adesso tutti si stavano mobilitando si stavano dando da fare per me non mi avrebbero lasciato solo e ero orgoglioso del fatto che avevo tutti questi compagni questa grande famiglia che si prendeva a carico la mia situazione i miei problemi che avrebbe pensato a tutto l'avvocato i soldi a tutte le altre cose che adesso non mi immaginavo sentivo che non ero solo facevo parte di una forza collettiva e questo mi dava una grande forza avrei sopportato con fierezza tutto quello a cui stavo andando incontro e pensavo che adesso dovevo comportarmi come sotto gli occhi dei compagni non ero solo c'erano loro con me sempre presenti sulla scena

arriviamo al carcere l'auto costeggia per un pezzo il muro di cinta con le torrette per le guardie poi si ferma davanti a un grande portone chiuso davanti c'è ferma una volante e intorno ci sono quattro poliziotti in uniforme con i mitra imbracciati e i giubbotti antiproiettile che si guardano intorno tesi e guardano dentro le macchine che passano lente a passo d'uomo il portone si socchiude e spunta fuori per metà un'uniforme grigia anche questo col giubbotto antiproiettile e il mitra in mano la canna un po' alzata verso l'alto quello più anziano della mia scorta scende va verso di lui gli parla e gli passa dei fogli di carta l'uniforme grigia li prende li osserva un attimo poi rientra nel portone e il portone si richiude

dopo un po' il portone si riapre quanto basta per lasciarci passare la nostra auto che si ferma davanti a un secondo portone mentre il primo portone si richiude dentro è buio nell'atrio ci sono solo le luci di due lampade fioche sulla destra c'è una guardiola chiusa da vetri antiproiettile con dentro altre uniformi grigie armate i poliziotti della scorta scendono e consegnano le loro pistole poi risalgono mentre lo non mi muovo dal sedile posteriore il secondo portone si apre e l'auto si avvia lentamente per una stradina asfaltata trenta quaranta metri e si ferma di nuovo scendiamo tutti un altro grigio ci apre un cancello che dà su un corridoio lungo stretto altra guardia altro cancello altro corridoio poi a sinistra una porta con scritto ufficio matricola

entriamo in uno stanzone pieno di scaffali pieno di registri accatastati alla rinfusa e di tavolacci di formica verde tutti screpolati e di uniformi grigie che sembrano lavorare come impiegati tra le carte sparse dappertutto c'è un bancone alto che vide la stanza in due per tutta la lunghezza i tre della scorta mi tolgono le manette parlano in fretta con quello che sembra essere lì il capufficio gli consegnano delle carte e la mia borsetta e se ne vanno senza neanche guardarmi il capufficio mi fa segno di sedermi su una panca e riprende il lavoro che stava facendo quando siamo entrati prende un mucchio di carte da un tavolo e le trasporta su un altro tavolo poi prende un altro mucchio di carte da un altro tavolo e lo trasporta sul primo tavolo ma non sembra soddisfatto e riporta tutto come prima scuotendo la testa

dopo un po' mi fa segno di venire lì al bancone tira fuori un grosso registro e un tampone e mi riprende le impronte digitali le mie mani si sporcano ancora d'inchiostro sono ormai completamente nere lo ormai so come si fa e cerco di premere da solo le dita sul foglio perché mi dà fastidio che quello prenda le mie mani fra le sue ma quello lo fa lo stesso evidentemente perché è abituato a farlo poi mi chiede anche lui le generalità le scrive sotto le impronte e ci aggiunge l'imputazione e posso leggere associazione sovversiva banda armata e detenzione di armi poi mi misura l'altezza con un trabiccolo come quelli che si usano durante la visita militare e scrive anche quello sul registro e lo mette via

alla fine mi fa consegnare il portafoglio con i soldi e la carta d'identità mi fa consegnare l'orologio e la cintura e tutte le cose che avevo in tasca l'accendino e le chiavi e le mette sul bancone vicino alla borsetta chiama due guardie e dice portatelo alle celle questo è in isolamento giudiziario non ti chiamano per nome qua tra loro le guardie ti chiamano sempre questo e io vado con le due guardie superiamo moltissimi cancelli dove a ognuno c'è sempre una guardia che apre e che chiude nei corridoi incrociamo altre guardie che passano sole o a gruppi o scortano dei detenuti a un certo punto arriviamo davanti a una porticina che una guardia ci apre e scendiamo le scale che portano all'interrato dove si trovano le celle d'isolamento

in fondo alle scale c'è un'altra porticina che ci viene aperta dall'interno c'è un largo corridoio lungo trenta quaranta metri e su ciascun lato del corridoio ogni due tre metri c'è una porta metallica grigia chiusa con uno spioncino chiuso e in fondo al corridoio c'è una parete senza finestre con una piccola porta chiusa tutto è illuminato da lampade al neon le due guardie che mi accompagnano si rivolgono a una delle guardie che sta nel corridoio chiamandolo capoposto il capoposto ha attaccato alla cintura un grosso mazzo di chiavi ne prende una e apre la porta blindata della cella numero 27 poi con la stessa chiave apre un cancello che sta dietro la porta blindata

prima di farmi entrare una delle guardie che mi scortava appiccica sul muro di fianco alla porta un cartoncino con su il mio nome e cognome e numero di matricola un numero di cinque cifre poi mi fanno segno di entrare io entro loro entrano dietro di me e mi dicono ancora una volta di spogliarmi nudo io mi spoglio nudo un'altra volta e questi mi fanno da capo una nuova perquisizione controllando bene tutti gli indumenti dove non c'è ormai più niente poi escono il capoposto chiude il cancello fa girare la chiave nella toppa poi la due passi indietro e spinge la porta e la porta si chiude con uno scatto secco sento la chiave che gira e mi ritrovo li in piedi nudo con le mani tutte nere nella cella d'isolamento numero 27